"Persona e Comunità" è un blog di riflessione culturale, filosofica, religiosa, pedagogica, estetica. Tutti gli articoli sono scritti da: Gian Maria Zavattaro, Rossana Rolando, Rosario Grillo.
Ottorino Stefanini, Labirinto Mentale 2 Rosso e Grigio, 2015
I pregiudizi portati dalla natura limitata dell’uomo.
Idòla
tribus: sono gli idoli fondati sulla limitatezza della natura umana. Bacone porta
l’esempio dei sensi (ci fidiamo dei sensi e questi ci portano a sbagliare). Ma
potremmo dire che essi sono gli errori in cui cadiamo ogniqualvolta non riflettiamo
abbastanza sulla nostra costitutiva ignoranza e pensiamo di sapere, di
conoscere, assolutizzando la nostra piccola prospettiva sul Mistero
dell’universo.
I pregiudizi che
provengono dalla storia individuale.
Idòla
specus: sono i pregiudizi che vanno a caratterizzare ogni individuo. La nostra
mente è paragonabile ad una caverna oscura in cui la luce filtra deformata e
umbratile. Tutto può diventare gabbia senza che noi ce ne accorgiamo: Bacone
porta l’esempio di un libro letto in maniera acritica, di una personaammirata e
seguita ciecamente… Ciascuno di noi è un impasto di tante esperienze: nasciamo all’interno di
una famiglia, con una determinata lingua, una cultura, una religione… tutto
questo struttura la nostra psiche in un certo modo, va a costituire le nostre convinzioni.
Se non ci rendiamo conto di questa genesi delle nostre idee rischiamo di
assolutizzarle, pensando che siano le uniche possibili e vere.
C’è
un passaggio fondamentale nella riflessione sugli idoli che si colloca nello
snodo filosofico di inizio dell’età moderna.
Nel pensiero biblico, religioso e
teologico gli idoli sono feticci, simulacri di Dio che vengono adorati al posto
di Dio. In una accezione più larga, essi vanno poi ad indicare tutti quei
surrogati di Dio che possono diventare così importanti nella scala dei nostri valori
da costituire di fatto il senso ultimo della vita: il denaro, il potere, il
successo… In termini politici l’idolatria si realizza nel momento in cui un’ideologia
o un capo carismatico assumono un significato salvifico (com’è accaduto in modo
eclatante nel Novecento). Comunque, in tutti questi casi, si tratta sempre di idoli identificabili con
oggetti esterni a noi – materiali o immateriali - assolutizzati e divinizzati.
Ottorino Stefanini, La Gabbia 2014 (Stucchi)
Gli idoli: idee che
imprigionano la nostra mente. Il
passaggio cruciale che porta ad una riflessione ulteriore, ricca di prospettive
per la contemporaneità è dato dalla teoria degli idòla di Francesco Bacone
(1561-1626).
Il mistero della creazione (Tommaso D'Incalci, Il primo respiro)
Per il credente il silenzioè
atteggiamento che riconosce la finitezza umana, èannuncio del mistero di
fronte al mondo creato, è luogo privilegiato per entrare in contatto con Dio e
con il Sacro.
Qualche anno fa papa Benedetto XVI
annotava: “La grande tradizione patristica ci insegna che i misteri di
Cristo sono legati al silenzio e solo in esso la Parola può trovare dimora in
noi, come è accaduto in Maria, inseparabilmente donna della Parola e del
silenzio”.
Perché non provare nel bel
mezzo di ogni giornata a sedersi in silenzio almeno per qualche minuto? So
bene che non è semplice, presi come siamo da mille cose: famiglia,
lavoro, spese, scadenze di ogni sorta, lezioni da preparare, libri da leggere,
progetti e relazioni sociali da coltivare, problemi a non finire, casa da
accudire, radio e tv, internet, sms, mail, cellulare!!!... Insomma
anneghiamo la giornata in tante cose (nessuna delle quali in sé negativa),
nella frenesia di un attivismo o viceversa nell’inerzia di un’abulia che
esigono come sottofondo la “geenna del rumore”, scudo di protezione dalla
fatica di fermarci, o viceversa destarci, a pensare le questioni fondamentali:
“Dove sononella vita? Davanti ad ogni dramma dove mi colloco io? Dov’è il mio
posto rispetto a mia moglie, alle persone che incontro ogni giorno, ai morti, ai
vivi?”(1).
Rumori (Anna Forlati)
Siamo immersi in un oceano verbale segnato da nebbie semantiche non casuali: frasi fatte, enunciati oscuri, vocaboli
diventati ambigui come solidarietà, pace, ambiente, accoglienza, destra,
sinistra… E così la nostra vita quotidiana
trascorre nella “galleria del vento di pettegolezzi e di chiacchiere”:
baconiani “idòla fori” finzioni della nostra mente, pubblici dibattiti di
gargarismi linguistici, parole fantasma consumate ed usurate dai media che ogni
giorno ci confermano di vivere “nell’era della menzogna organizzata” (2). Ma che cosa è il silenzio?
Stefano Nava, Mosè guarda la terra promessa dal monte Nebo
In questi giorni ho riletto
alcuni libri degli anni della mia prima e tarda giovinezza editi da AVE (es.:
C. Carozzo - Gruppo del Gallo di Genova - Due profeti l’amore
il potere, minima 65, 1971) e da Cittadella di Assisi (es.: E.
Schùngel-Strauman, Sofonia-Naum-Abacuc-Abdia-Giona,
Israele e gli altri?,1989). E mi sono chiesto: questo nostro tempo, come
ogni altro tempo, ha un forte bisogno di profeti. Ma chi sono, dove sono?
Sappiamo riconoscerli? Distinguerli dai falsi profeti?
Stefano Nava, Elia sul monte Oreb
Non sono che un esperto di nulla, di
professione sono un inquieto ricercatore, ma da quel poco che ho capito dei
profeti dell’AT, da quel tanto e poco che la mia vita mi ha insegnato, ho
solo griglie di interpretazione mutevolmente flessibili, che pretendono un
ascolto il più possibile in profondità degli avvenimenti che ogni giorno
viviamo. So bene che profeta non è colui o
colei che si rivolge agli uomini e donne del futuro, prevedendone e
predicendone fatti e situazioni. Profeta, ieri come oggi, è colui che si situa
nel proprio presente e si rivolge agli uomini e donne del suo tempo, al
suo mondo, al divenire quotidiano della nostra vita ed alla storia
dei nostri giorni. Avverso ad ogni idolatria, tanto intransigente quanto tenero e misericordioso,
rifiuta ogni dualismo tra il gusto per la vita in tutte le sue
manifestazioni e la fede che si nutre di tutti i frutti della terra. Vive
nella passione per l’uomo e nell’adorazione di Dio, inscindibili.
Caravaggio (il pittore del buio), Vocazione di San Matteo, particolare
Che significa indifferenza?
Chiudere volutamente gli occhi, “non volere avere fastidi”,
“non-volerne-sapere”, rifiutare la responsabilità di essere donne ed uomini cui
sta a cuore non solo la propria integrità psicofisica ma anche il diritto
dell’altro a sviluppare le sue possibilità personali e sociali.
Ogni giorno siamo chiamati a
resistere all’escalation dell’indifferenza, che estinguerebbe in ognuno di noi
ogni istanza di coinvolgimento, di partecipazione, di presa di posizione sulle
mille realtà di ingiustizia sociale che ci attorniano.
Caravaggio (il pittore della luce), Vocazione di San Matteo, particolare
E’ la malattia mortale
dell’accidia (akedeia, come la definisce il monachesimo antico ed odierno),
disfatta davanti al mistero dell’esistenza, rifiuto di condividere la
sofferenza e la responsabilità del vivere con gli altri, rinuncia ad ogni
anelito comunitario, “tristezza per i beni divini”, come la definiva S.
Tommaso d’Aquino. La tradizione cattolica la considera uno dei sette vizi
capitali, perché fuga di fronte alle domande essenziali, atteggiamento
negativo fondamentale di fronte alla vita, in quanto ne viola la
dimensione sia profana sia religiosa, riducendola a "perenne agonia
dell’umano".
J. Vermeer, Lettera d'amore, particolare(una donna riceve una lettera d'amore )
Ci sono alcune pagine
del Simposio platonico che contengono il fuoco di una verità entusiasmante:
l’atto d’amare – nelle sue molteplici forme – è
espansivo, generativo, procreativo. Come nel dipinto di Vermeer -Lettera d'amore -la tensione amorosa trasfigura la quotidianitàe diventa musica, così in Platone l'amore del bello genera nuova vita. Al di là delle pur profonde, ma talora
riduttive, letture psicoanalitiche, Platone ci racconta l’origine della
creatività, non solo fisica, ma anche e soprattutto spirituale.
Questi in sintesi i
passaggi fondamentali delle pagine del Simposio cui le citazioni fanno
riferimento:
Amore
non è possesso ma mancanza, desiderio
di
ciò che è bello e
che può rendere felici Quindi
ciò che è bello è anche ciò che è bene per chi lo desidera. Perciò
“l’amore è desiderio di possedere il bene per sempre”.
Siamo
soliti restringere il significato dell’amore all’attrazione verso una persona,
ma
la passione può rivolgersi ad altre realtà: l’arte, la poesia, la musica, la politica, l’economia,
lo sport…
Quindi
vi sono tante forme di amore e tanti modi di essere amanti, in rapporto all’oggetto
che desideriamo. E
se siamo “gravidi” ovvero se c’è in noi una qualche creatività, il
bello suscita la capacità di generare,
perché
vicino al bello l’animo diventa gaio ed è spinto a procreare,mentre accostandosi
al brutto lo spirito si intristisce e si contrae.
E
allora è quell’atto creativo che cerchiamo quando amiamo e checi rende felici
più di ogni altra cosa,
poiché
creare vuol dire lasciare una parte di sé oltre la morte
e
quindi è gesto immortale - divino - di un essere mortale.
Perciò
amore è desiderio di immortalità.
E
l’immortalità può essere cercata fisicamente nei figli,
spiritualmente nelle
opere dell’arte, della poesia, dellamusica… della politica…
La tolleranza non rinnega se stessa
neppure di fronte all’intolleranza responsabile di massacri e
profanazioni, senza mai concederle “sigle di legittimazione”. Non
c’è tolleranza senza il corrispondente concreto impegno ad evitare “con
ogni mezzo ed ogni sforzo” ogni forma di violenza.
Sicuramente attesa paziente, ma non
illimitata né senza difese, essa conosce bene il “fino a qua e non oltre”,
perché “con ogni mezzo ed ogni sforzo” non è affatto da confondere con
“ad ogni costo ed a qualsiasi prezzo”, ovvero con l’oltre.
El Lissitzky, Proun 19D
Impegnarsi “con ogni mezzo ed ogni
sforzo” significa primariamente la rimozione politica ed economica delle cause
dell’intolleranzaattraverso gli interventi di pressione ed esclusione
economica, gli strumenti di isolamento ed azione politica, il coinvolgimento e
l'impegno comune, nel contesto delle relazioni tra Stati, ad allontanare
il male dal proprio ambito di realtà. E’ insieme lotta contro gli armamenti
insensati, le guerre regionalmente “allevate”, la sindrome ricattatoria di un
terrore e di una distruttività che minaccia il bene comune.
Tolleranza
non è una brutta parola, non significa supina accettazione e sopportazionedell’altro, non ha neppure nulla in comune con l’indifferenza o il permissivismo
o la pavida debolezza: alla faccia delle distorsioni di qualche postnietzschiano per il quale rimane una “subdola malattia moderna”.
Lesser Ury, Serata al caffè Bauer
E’
semplicemente un principio dell’esistenza personale e sociale. Si fonda sul
valore e la libertà di ogni singola persona, di cui non è possibile disporre, e
riconosce senza riserve il diritto alla pienezza di vita di chi è “diverso”
nella religione, nella cultura, nell’ideologia, nei comportamenti.
Conseguentemente si manifesta e si realizza nella prassi che rinuncia ad
assolutizzare il proprio punto di vista ed a costringere con violenza, non importa se manifesta o subdola, altri
alla perdita della propria identità.
Tolleranza -
dal latino “tollere”, ovvero assumere su di sé oneri e responsabilità,
portare il peso dell’altro – è segno di solidarietà tra tutti gli uomini,
è coscienza che i problemi della società plurale possono essere
affrontati e superati solo se tutti (persone, stati, religioni,
ideologie) si rispettano reciprocamente e si curano gli uni degli altri.