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mercoledì 26 agosto 2020

Povertà ieri ed oggi.

Pandemia e svolta della giustizia sociale.
Post di Rosario Grillo
Immagini e video di Stefano Nava (qui il sito).

Presente.
Stefano Nava, 
Pane
Siamo ad un bivio della storia.
Sembrerà esagerato, ma l’esame dell'insieme delle cause che hanno provocato l'attuale pandemia spinge a confermare la dichiarazione iniziale. Ad un bivio, due opzioni. O la conferma di un ordine, di una concatenazione, di un equilibrio di forze, tutti intonati alla competizione, inclinati al Merito, che non è mai neutrale, sottomessi al Mercato estremo, nel cui seno non circolano più beni o merci ma futures. O la via alternativa, improntata alla salvaguardia dei beni comuni, in difesa del Welfare, perorando lo svolgimento come democrazia sociale, via amministratrice delle risorse della Terra (perché viviamo in un sistema finito).
Le encicliche degli ultimi pontefici si sono soffermate sull’orizzonte della seconda via. Ancor di più vi ha insistito Papa Francesco, che nella Laudato sii, ha lucidamente esposto il nesso tra rispetto della natura e giustizia sociale. (1)
Bergoglio non è un neofita della causa. La sua attenzione al problema sociale è di vecchia data, maturato nel continente della sua formazione, America Latina, aduso al dramma sociale. ( 2)
Il succo della scelta chiama in causa l'anima di ogni fede  religiosa, se con essa intendiamo la cura dell’uomo, la Salvezza, rispettando il prospetto di un vero ecumenismo (da oikos); come tale, rinsaldando un percorso di fede che unisce e non divide.
Nello specifico del Cristianesimo, si scinde cristianità da cristianesimo; (3) discendente la prima da un'impronta teocratica/secolare, quindi compromessa nel lungo periodo del potere temporale della Chiesa romana. Fedele, il secondo, allo spirito genuino del messaggio evangelico proteso verso la liberazione dell’uomo. Coerentemente il Santo Padre ha esplicitamente evocato, nell’ultimo periodo, la pratica della comunione dei beni nella Chiesa primitiva. (3)

Il Passato.
Stefano Nava, 
Mensa
La stagione della peste nera, che provocò morte e mutamenti profondi nel Trecento, ha molte analogie, mutatis mutandis, con il presente. L’assetto dell’Occidente europeo ne uscirà cambiato negli ordini, istituzionale ed economico sociale. Lo Stato moderno vide il suo embrione nelle monarchie feudali, che poi lasceranno il passo a quelle nazionali. La transizione della bannalità feudale cedette il posto ai burgenses, prototipo della borghesia, protagonista quest'ultima delle nuove professioni, tra cui il mercante.
La moneta stava per diventare il valore dominante.
Con l'occhio dello storico di lunga durata, quella fu la stagione che vide la vittoria, dopo un duello con la povertà, della ricchezza, con il suo simbolo: la moneta.
Senza demonizzare la spinta di miglioramento, insita nell'essere umano, che cerca ben-essere, - celebrata a gran voce nell’umanesimo - conduco un’argomentazione che vuole mettere in luce un senso largo ed alto dell'ideale della povertà, legato al mondo dei beni comuni.
In quel tempo le riserve dei beni comuni, veri e propri ritagli fuori della signoria feudale, furono aggrediti ed eliminati dall’avanzata dei nuovi poteri sociali. (4)
La Chiesa romana andò sempre più vestendo i panni di un potere temporale, assorbendo corruzione e nepotismo, respingendo con armi diplomatiche il modello della povertà (esempio più tipico la contrattazione delle regola francescana).

Dalle eresie a Guglielmo di Occam.
Stefano Nava, 
Passi quotidiani
Diede man forte alle scelte dei primi Cristiani il vescovo Giovanni Crisostomo nel IV secolo, quando aveva scritto frasi forti per esaltare la povertà.
Poi furono le eresie medievali da XI secolo in avanti a fare proprio questo messaggio, unendolo alla richiesta di una Chiesa di popolo, libera da troppe bardature rituali, leggera nello splendore di una nuova Gerusalemme.
La rinascita dopo il Mille, nel frattempo, metteva le ali ad un continuo tumulto di nuove energie, di forti passioni, di ambigui sogni palingenetici.
Gli ordini mendicanti, oltre a confermare la tradizione della scelta monacale dei benedettini, mettevano a ruolo la scelta della povertà.
Francesco d’Assisi incarnò a pieno tale sequela di Cristo, che sul piano esistenziale seguì, con le stigmate e la Porziuncola, fedelmente il modello di Gesù. ( 5)

Agamben studia la “regola “ francescana.
Stefano Nava, 
Francesco, terra umile
È d'uopo menzionare il tema indagato a lungo dal filosofo Agamben. Collegandosi con la ricerca avviata da M. Foucault sulla biopolitica, il pensatore italiano ha analizzato la nuda vita, complemento di uno  stato d'eccezione, nella articolata serie di Homo sacer. Per questa via viene in evidenza la pregnanza inclusa nella nominata nuda vita, che spiegata di primo acchito, è come una vita disadorna, priva cioè di qualsiasi orpello o artificio, storico/culturale, che vada ad alterare la oggettività uscita dal grembo della natura. (6)  In Altissima povertà Agamben disseziona la vita monastica per fare emergere l’habitus  che contraddistingue (accezione aristotelica), la comunità francescana, fino a dar risalto alla piena identità di vita e regola.
Al momento, però, di traslare il vissuto in regola bollata, cioè riconosciuta dalla Chiesa ed ufficializzata, resistenze curiali e fattori contingenti, legati quest'ultimi alla difficoltà di mantenere in comunità allargate la stessa austerità di vita, mise a dura prova il movimento francescano provocando la scissione tra conventuali e spirituali.
Agamben mette a fuoco la diversità della scelta pauperistica di San Francesco rispetto ai regolamenti propri  di una sanzione giuridica. Non per diritto, non secondo legge esterna, può essere assunta, può essere regolamentata la scelta della povertà. Povertà è forma di vita, secondo l’exemplum di Gesù. (7)

Riprendo da Occam.
Stefano Nava, 
Nuovi passi
Umberto Eco ha romanzato, da par suo, l'epoca che va dal Duecento al Trecento, dentro la quale si dispiegò il conflitto teologico ed ecclesiastico, etico e sociale, e nella figura di Guglielmo dei Baskerville adombrò il filosofo Guglielmo di Occam.
In altre occasioni si è già ricordata la sua filosofia. Qui è bene dire che, parteggiando per l'imperatore Ludovico il Bavaro, egli comprovava la necessità di una radicale riforma, in interiore ecclesiae. Riforma improntata al riconoscimento della  multitudo fidelium, dottrina conciliarista, anti gerarchica, aperta soprattutto al rinnovamento dei costumi, secondo gli ideali pauperistici.
Francescano egli stesso, scrisse a sostegno del generale Michele da Cesena e poté applicare l’arma del nominalismo per indebolire la serrata pontificia sui titoli del papa monarca per investitura divina. Michele da Cesena, Bonagrazia da Bergamo, Pietro di Giovanni Olivi furono suoi compagni; essi difesero, contro la chiesa avignonese, diretta da Giovanni XXII, la tesi che riconosceva ai francescani non la proprietà dei beni, ma l'uso delle cose. (8)
Categorica la risposta di Giovanni XXII che fece dichiarare eretica la dottrina di Michele da Cesena, come pure qualsiasi proposizione sulla povertà di Cristo, al di fuori della carità.
Nel contempo si apprestò al perfezionamento dei prelievi dalle chiese locali che avrebbero sostenuto finanziariamente la Chiesa, ordine temporale.
Dopo lo Scisma d'Occidente la chiesa rientrava a Roma e costruiva lo Stato della Chiesa, che andrà a morire nel 1870.
Nota Bene.
Stefano Nava, 
Insieme


Debbo avvertire, senza alterare il senso della mia argomentazione, che Agamben riconosce a San Francesco la fedeltà alla Chiesa. L’unità inscindibile tra “forma di vita” e “regola” rendeva superflua la rivendicazione della povertà, per via teologica. La regola era, nel suo vissuto, un tutt’uno con la povertà, stile o forma di vita, simpliciter: maniera di vivere in conformità a Gesù.

Note.
(1)10. Non voglio procedere in questa Enciclica senza ricorrere a un esempio bello e motivante. Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. E’ il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore.(da Laudato sii)
(2) “Quell’idea delle politiche sociali concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che riunisca i popoli, mi sembra a volte una specie di carro mascherato per contenere gli scarti del sistema” (dal Discorso al III incontro mondiale dei movimenti popolari 2016)
(3) Vedi discorso in occasione del 1 Maggio e in omelie tenute a Santa Marta durante il coronavirus.
(4) Emblematico l’episodio dei Lollardi, che, sotto certi aspetti, si può legare al tumulto dei Ciompi e portare ad esempio dei tentativi sconfitti di difendere il “vecchio ordine”. L’insieme si può considerare concluso nel 1524 , rivoluzione dei contadini tedeschi.
(5) La vita è il documento oggettivo del Cristianesimo vissuto da Francesco… e poi: il Cantico delle creature. In ogni angolo, piena conferma della comunione di Bene.
(6) Essendo venuta meno la distinzione bios - zoe, la  nuda vita è ridotta solo alla seconda, con connotati biologici. “Altissima povertà” si inserisce come primo libro della IV parte di Homo sacer.
(7) “Come abbiamo già visto per l’espressione regula vitae, il genitivo non è soltanto oggettivo, ma anche soggettivo; la forma non è una norma imposta alla vita, ma un vivere che, nella sequela della vita di Cristo, si dà e si fa forma” Altissima povertà, p. 131.
(8) Vedi Idem p.139.

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4 commenti:

  1. Non poveri, con uno stile di vita ispirato al non possesso di cose, ma al loro uso condiviso, ma caritatevoli, ossia proprietari di beni e ricchezze ma generosi verso gli " altri", i poveri appunto, che non faranno mai parte né della società dell'opulenza né della Chiesa gerarchica, assimilata ai Regni della Terra. I ricchi, per quanto si sforzino, non sapranno mai cosa vuol dire essere "poveri", nascere nella povertà e vivere nella povertà non solo di beni ma anche di opportunità.

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    1. La povertà spirituale si associa talvolta alla povertà materiale, soprattutto ha radici e si sostanzia nel principio del bene comune. Entro la Chiesa ha corrispondenza con la comunità e rifugge dalla gerarchia.

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  2. Caro Rosario, il tuo post - dalle moltissime visualizzazioni – ha toccato un punctum dolens che costringe a non fare finta di nulla, mettendo ben in evidenza le mille contraddizioni, responsabilità ed ipocrisie collettive ed individuali di ieri e di oggi. Potrei fermarmi qui per ringraziarti, ma vorrei meditare a voce alta su quel che dichiari “bivio della storia” e due possibili opzioni. Il tutto correlato alla comparsa dell’evento traumatico del covit che ha prodotto un percorso di impoverimento brusco quanto inatteso di molte famiglie che fino a poco tempo prima ce la facevano benissimo, che non avrebbero mai immaginato di dover chiedere oggi aiuti di sopravvivenza quotidiana, a forte rischio di intraprendere una carriera di povertà. Così abbiamo (meglio alcuni hanno) scoperto una grossa area di vulnerabilità sociale e abbiamo (meglio alcuni hanno) preso coscienza della drammaticità della povertà e delle sue molteplici forme che non ricadono esclusivamente nella sfera economica ma possono riguardare mille altri e più complessi disagi relazionali, culturali, sociali. Dal covit possiamo, se vogliamo imparare la lezione che un povero può far parte di più dimensioni contemporaneamente ed è sempre più probabile che chi presenta una forma di povertà in un ambito ne viva altre in settori anche non contigui. Prospettive non rosee: la disuguaglianza tra gli italiani si sta cronicizzando, la frattura tra ricchi e poveri da congiunturale rischia di essere strutturale, alla faccia dell’art. 3 della Costituzione. Alla disuguaglianza orizzontale-territoriale che rischia di tagliare in due l’Italia corrisponde la disuguaglianza verticale all’interno di tutte le singole regioni. Come sempre individui e fai regnare la speranza: quella ardita controversa “povertà spirituale-materiale” che descrivi con passione nella seconda parte del tuo scritto, che trova oggi il suo autentico testimone in papa Francesco. Un abbraccio fraterno.

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  3. Nelle vicende della vita, la grazia aiuta a trovare amici di affine sentire. È capitato a me e rendo grazie a Dio. Il mio umile contributo, sorto nel “ sangue della sofferenza “ ( l’aggressione della pandemia era al suo apice e, in Italia in ispecie, lutti ...e preghiere ), ha acquistato ancor più senso e valore con le scelte di Rossana ( sublimi ) e con il generoso ed illuminante tuo commento, caro Gian Maria. Un grazie immenso ed un abbraccio forte.💫🎈🌈🤗

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