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sabato 15 agosto 2020

Solitudini di ferragosto.

Il coronavirus ci ha obbligati a riconoscere che la nostra società presenta vaste zone d’ombra, sacche di povertà-solitudine e di esclusione sociale che prima non vedevamo e che non possono essere più ignorate.
Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini di Fabio Delvò, con gentile autorizzazione (qui il sito)
 
”Segui i desideri del tuo cuore e lo stupore dei tuoi occhi.
 Sappi, però, che per tutto Dio ti convocherà in giudizio.” (Qohelet)


Fabio Delvò, 
Solitudine
Siamo soli, cantava Vasco: è vero! La solitudine, con implicanze e costi assai diversi, riguarda ognuno di noi anche in questi giorni di ferragosto. Ma “solitudine” è parola equivoca e significa diverse e divergenti realtà:
✴️ a- Solitudine come dimensione asociale (isolamento, abbandono) oppure antisociale (dannazione, stigmatizzazione, emarginazione dei malati vecchi stranieri migranti nel binomio indissolubile solitudine-povertà).
✴️ b- Solitudine che rimanda alla storia personale e sofferenze psichiche di ciascuno,  fino a sconfinare nella patologia e/o in morbosi egocentrismi.
✴️ c- Solitudine legata all’identità irripetibile di ognuno di noi, segno di interiorità, mezzo  per trovare se stessi e andare oltre se stessi, polarità costruttiva della dimensione sociale, condizione di autentica relazione con l’altro (il tu) che non ha il suo punto di partenza nel monologo ma nel dialogo, nella fraternità, nell’apertura all’amore tanto che “un buon matrimonio è quello in cui ognuno dei coniugi affida all’altro il compito di vegliare sulla sua solitudine” (R.M. Rilke).
E’ a ferragosto che la solitudine si rivela in tutte le sue contraddizioni,  alla faccia del coronavirus a cui  ormai abbiamo fatto il callo, tanto che molti di noi - troppi - non ci fanno più caso.
Fabio Delvò, 
Contagio coronavirus
Da una parte si risponde alla solitudine con il bagno di folla nel solleone di ferragosto, al mare, in montagna, ai laghi in una frenesia competitiva e mimetica, dove tutti soggiacciono ad un medesimo modello, ad un unico processo di competizione e di consumo, lasciando libero adito al dilagare del covit... Dall’altra si decreta più o meno tacitamente la sospensione dell’attenzione e della disposizione a percepire la sofferenza di chi è prigioniero del binomio solitudine-povertà: i migranti, gli schiacciati sparsi nel mondo (penso in particolare agli uomini donne bambini di Beirut), gli invisibili ultimi penultimi di cui le nostre città sono piene. Si sospende più o meno provvisoriamente  il proposito di lasciarsi interpellare investire dalla loro condizione, perché in questi giorni si ha il diritto di vivere  un periodo di sovraffollato ottundimento quotidiano, al mare o in montagna, senza patire il fastidio permanente delle miserie altrui. Ma la solitudine degli schiacciati resta, insieme al loro silenzioso grido ed alla loro maledizione: non è frutto di un ineluttabile infausto fato privo di senso, perché esce da mani umane, è lo sfruttamento, la miseria,  l’intima disperazione ed abiezione dello sconfinato mare dell’alienazione e della non comunicabilità.
In concreto che posso fare io semplice cittadino, pensionato, in questi giorni spensierati?  Penso a chi continua ad essere in trincea negli ospedali, nei luoghi di cura, nelle scuole, nei centri di accoglienza, nei gesti del volontariato. A chi è in trincea non ho nulla da insegnare.
Fabio Delvò
Vorrei semplicemente perorare che in ogni città, a partire dalla mia Albenga, si aprisse una puntuale “cronaca degli schiacciati” per approssimarci alle situazioni concrete, riconoscere i fenomeni sociali emergenti e, attraverso le testimonianze di chi è in prima linea, prendere atto che il binomio solitudine-povertà si va presentando drammaticamente con volti inediti e nuovi. È un modo concreto di  scorticarci  almeno un poco le mani e di reagire all’indifferenza  che non è solo mancanza di partecipazione emotiva  e non-volere-sapere, ma è anche riduzione all’insignificanza delle persone la cui esistenza non importa affatto. Non  si tratta di cercare di commuoversi, scriveva Mounier, piuttosto di “fare entrare a forza nelle nostre preoccupazioni quotidiane la presenza permanente della ingiustizia e della sventura”. E Ricoeur rammentava che la povertà non si rivela se non a colui che la vuole sopprimere.
Ferragosto è tempo scabroso  per chi vive lo scandalo della solitudine della povertà. Essere con chi è solo e povero esige specie in questi giorni formule pratiche che ciascuno deve trovare nei limiti delle sue condizioni, ma a tutti si può richiedere il coraggio di andare controcorrente, di sfidare il conformismo estivo.
Fabio Delvò, 
Aspettando
Il coronavirus ci ha obbligati a riconoscere che la nostra società presenta vaste zone d’ombra, sacche di povertà-solitudine e  di esclusione sociale che prima non vedevamo e che non possono essere più ignorate. Forse ci può insegnare a vivere e praticare la solitudine-c che, sia chiaro, non significa affatto dover rinunciare alle vacanze. Viviamo con gioia queste giornate di festività religiosa e secolare,  doverose per chi in questi mesi ha dato tutto se stesso per gli altri; scaliamo non senza fatica dirupi montani, inebriamoci di paesaggi che levano il respiro, dalle nostre ardenti spiagge italiote buttiamoci nelle onde del mare, godiamo le opere d’arte sublimi e  le testimonianze di passate civiltà, frequentiamo sia luoghi di preghiera e di meditazione sia luoghi di svago e di divertimento, incontriamoci tra persone lasciandoci coinvolgere dalle loro storie di vita, degustiamo bevande e cibi, sopportiamo le code in autostrada…. ma nel contempo chiediamoci che cosa ogni uomo ed ogni donna possano aspettarsi dalla vita, con lo sguardo attento - ci  suggerisce M. BUBER - al nucleo centrale segreto di ogni uomo e donna: l’attenzione all’evento di tutti i giorni “nella pienezza di ogni ora mortale ricca di appello e di responsabilità”, non superoccupata nella banalità e trivialità.
Fabio Delvò, 
Percezione del tempo

Ogni tempo può essere tempo del “kairos”: tempo che si ha a disposizione per se stessi, per gli altri e, se si è credenti, per Dio; tempo per interrogare ed interrogarci, dare senso al nostro nomadismo esistenziale, senza rinunciare al compito di vegliare sulla solitudine altrui secondo modalità che ognuno  saprà ritrovare.

15 commenti:

  1. Elena Emanuela Ciampoli15 agosto 2020 alle ore 13:31

    Sempre molto stimolanti e convolgenti i tuoi scritti! Buona festa dell'Assunta.

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    1. Grazie, gent-le Elena Emanuela. Ricambio con mia moglie gli auguri di buona Assunzione.

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  2. Buon Ferragosto a tutti i frequentatori di questo luogo di riflessione.Anna Rosa

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    1. Grazie anche a nome dei nostri quattro lettori frequentatori ….

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  3. Grazie della profonda e stimolante riflessione, che condivido in rete. Buona festa!

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    1. Giudizio il suo che ci conforta non poco…. Buona festa a Lei, gent.le Paola.

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  4. Grazie di cuore. Le tue parole ci ricordano che non siamo soli, ci invitano ad alzare lo sguardo, guardare e cercare cosa c’è vicino a noi, cosa e chi ci è prossimo. Mi viene spontaneo andare alle parole del Vangelo di oggi in cui si racconta la gioia di due mamme che si incontrano e celebrano insieme lo stupore e la meraviglia suscitati dalla propria fede. In questo incontro si sentono visitate dalla misericordia del Signore e rendono lode per questa presenza costante che accompagna, conforta e si serve delle nostre mani per aiutare, accarezzare, accudire chi è solo e bisognoso.
    Grazie per aver condiviso questa riflessione. Mi ritrovo pienamente in sintonia e ciò mi fa sentire meno sola. A presto

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  5. Cara Patrizia, sono io a ringraziarti per il tuo commento che non solo conferma, come ben sappiamo, il reciproco sentire, ma lo illumina e lo inquadra nella, festa odierna dell’Assunzione, che celebra – come ben sottolinei – lo stupore e la meraviglia della fede e rende lode alla misericordia di Dio e alla sua presenza costante presso chi è solo e bisognoso. Un caro saluto a te e Giuseppe da parte mia e di Rossana.

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  6. Grazie delle sue riflessioni. Le ferie - Ferragosto e, purtroppo spesso anche Dicembre, si trasformano spessi in momenti di festa sguaiati e scomposti - dovrebbero sempre essere vissute con sguardi attenti all'alterità, alle solitudini e ai poveri ed emarginati. Saluti cordiali.

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    1. Gent. Maria,”anche Dicembre” - ha ragione -
      dove le ferie e le feste in questa società mai sazia di consumismo si risolvono senza “sguardi attenti all’alterità, alle solitudini e ai poveri ed emarginati”. Lo diciamo e lo dico senza retorica moralistica, ben sapendo che la tentazione dell’intellettualismo etico è sempre dietro la mia porta… Grazie, augurandole di tutto cuore una serena e feconda settimana anche da parte della mia Rossana.

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  7. Il punto "C" è indubbiamente il più stimolante nella tua introduzione. Grazie per averci ricordato la "beata solitudine"!!

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  8. Il punto "C" è indubbiamente il più stimolante nella tua introduzione. Grazie per averci ricordato la "beata solitudine"!!

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    1. Ha ragione: quando S. Bernardo affermava “ Beata solitudo sola beatitudo” immagino facesse proprio riferimento a quella che ho chiamato solitudine c-, condizione per aprirsi al tempo del kairos, inestricabile dialogo con Dio e con il prossimo.

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  9. Lucidissima analisi. Mi colpiscono tante espressioni, ma soprattutto due: la vacanza che diventa "sovraffollato ottundimento quotidiano" e dall'altra parte il "kairos", l'occasione invece per interrogarci e ritrovarci. Poi, il discorso sarebbe lungo.
    Grazie di cuore, buone vacanze a voi e un grande abbraccio a Rossana!

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    1. Gent.ma Annamaria, penso alla frase che ho citato di M. Buber: all’appello ed alla responsabilità per ognuno di noi di gestire con pienezza ogni nostra ora mortale , di fronte alla nostra coscienza, a Dio ed all’umanità tutta. Già Marziale ci ammoniva che Horae pereunt et imputantur, il tempo corre via e ci viene messo in conto…..Rossana ricambia con tutto il cuore il suo abbraccio.

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