Videocrazia, democrazia digitale: parodia tragica di ingannevoli sirene.
Post di Gian Maria Zavattaro
Disegni del noto illustratore Doriano Solinas, per gentile autorizzazione.
Illustrazione di Doriano Solinas |
(Massimo L. Salvadori, LE
INGANNEVOLI SIRENE. La sinistra tra populismi, sovranismi e partiti liquidi,
Donzelli ed., Roma, 2019, retrocopertina).
Il cittadino è in grado di giudicare chi amministra grandi-medie città, chi governa il Paese, chi decide del futuro dell’Europa? Su cosa si fonda l’odierno consenso politico? In quali forme di autentica democrazia partecipata possiamo sperare?
Il cittadino è in grado di giudicare chi amministra grandi-medie città, chi governa il Paese, chi decide del futuro dell’Europa? Su cosa si fonda l’odierno consenso politico? In quali forme di autentica democrazia partecipata possiamo sperare?
Vecchi-nuovi interrogativi ai quali non credo di
sapere rispondere adeguatamente, ma che mi spronano a due
riflessioni.
❋ La prima fa riferimento al recente agile saggio di Salvadori, per il quale il “governo del cambiamento” è “lo specchio di una regressione nazionale che evoca i momenti più bui della nostra storia”: aggregazione di propagandisti di demagogiche promesse che rivelano incompetenza, irresponsabilità politica ed economica, atteggiamenti inconsulti, isolando l’Italia, sfidando l’Europa, aumentando il debito pubblico (1). Salvadori ritiene che l’ondata sovranista e populista non sia fenomeno solo italiano od europeo (2). La sua matrice è nelle vicende storiche, politiche sociali culturali economiche militari, dell’Occidente a partire dalla fine Ottocento e va collocata nel contesto dell’attuale globalizzazione: “vento che soffia nel mondo” (3).
In Italia l’insicurezza di chi si sente minacciato
dalla povertà, l’ansia per il presente ed il futuro, la disillusione nei
riguardi dei partiti tradizionali ormai deprivati della loro
fedele base elettorale (partiti “liquidi” e bacini elettorali “fluidi”), hanno
provocato il divampare di un collettivo risentimento sociale e politico
alimentato dall’avversione all’immigrazione dei “dannati della terra”. Le
speranze di molti si sono rivolte verso nuove forze politiche sovraniste
e populiste pronte con promesse mirabolanti a cavalcare la delusione ed il
risentimento di chi non si può attrarre con la moderazione o l’approccio
razionale ai problemi, ma si conquista inducendolo a credere alle sirene ed ai
pifferai di turno, ad applaudire nuovi leader che si pongono alla guida
del paese valendosi in modo spudorato della videocrazia, social media e
democrazia digitale. Spudorati o no, sono sostenuti da un forte consenso
popolare. Possibile?
❋ La seconda riflessione riguarda la mia rilettura di
un “vecchio” testo “per non specialisti” di Giuliano Della Pergola
(4). Ne ricavo l’impressione di un divario incolmabile tra governanti e
governati: il singolo cittadino non è in grado di esprimere fondati
giudizi su dati fattuali, e non conclamate menzogne oracolari,
circa le complesse scelte politiche ed economiche regionali e nazionali, queste
ultime oggi persino precluse di fatto al Parlamento. Eppure nella democrazia
“sostanziale” “partecipata” l’informazione corretta dovrebbe ridurre il divario
tra governanti e governati. IN TEORIA.
In pratica si cade in
una spirale viziosa: io voglio informarmi e ridurre il divario, entro nel giro
dei media, perdo i miei connotati di cittadino per acquisire quelli di
fruitore mediatico, smetto cioè di essere parte della società civile per
trasformarmi in spettatore, parte dell’opinione pubblica, fascia d’ascolto e
indice di gradimento. Cesso di essere cittadino che lavora ama si impegna si
ribella s’indigna si rassegna ride piange prova sentimenti ed emozioni con la
sua irripetibile identità e vita. E divento spettatore al quale semmai si
richiedono quesiti pilotati o maliziosamente preordinati (es. a risposta chiusa
binaria sì-no) in nome di una conclamata democrazia digitale, fluido
evanescente, collettivo virtuale senza vita propria. Il divario tra governanti
e cittadini, in apparenza colmato dalla democrazia digitale, persiste come
prima: il consenso politico non è che consenso dello spettacolo. Circolo
vizioso denunciato già anni fa da M. Bookchin (5): la democrazia come spettacolo,
la quale si affida ai media che a loro volta si affidano all’immagine che
il comunicatore sa trasmettere, cioè al suo “carisma oracolare”. Espressione
questa volutamente spropositata: imbroglio-raggiro-inganno e
illusionista-sirena (“il 2019 sarà
bellissimo”,“abolita la povertà in Italia” e così via…).
Il guaio è che il “carisma oracolare” è più consono ai fascismi che non alla vita democratica, mentre i cittadini sono doppiamente beffati: senza dignità di cittadinanza, sviliti a spettatori bidonati.
❋ A chi affidarsi? Per Salvadori
occorre riappropriarsi della cittadinanza, far risorgere dalle ceneri dei
“partiti liquidi e bacini elettorali fluidi” un nuovo partito “della
conoscenza della cultura della partecipazione”. Esortazione convincente, che
però ha il limite della ricetta accademica, perché la politica è
azione, prassi. Ebbene proprio in questi ultimi mesi ci sono segni del tramonto
della stagione dei partiti liquidi e dei bacini elettorali fluidi ed insieme il
disvelamento del cinismo sovranista e populista (6). Penso alle manifestazioni
di Milano e Roma, soprattutto agli studenti del 15 marzo a cui appartiene il
presente di oggi ed il futuro di domani. Penso soprattutto alle associazioni di
volontariato, imprese e cooperative sociali, bellamente ignorate se non
avversate dai politici dello spettacolo, tutte caratterizzate da forte richiamo
al bene comune e da convinta solidarietà: Sono in permanente
mobilitazione a favore dei diritti di tutti, vigili sentinelle nel praticare ogni
giorno il vero significato del ”cambiamento”. Che non è convertire la politica
in spettacolo seduttivo, ma ritessere il “noi” del vivere comunitario. Non è
questione di demonizzare nessuno, semmai questione per me credente di
“ottimismo tragico”: non disponibile ad essere stordito da nessuno, ma
teso a rinnovare la speranza nel quotidiano “ora et labora”.
❋ La prima fa riferimento al recente agile saggio di Salvadori, per il quale il “governo del cambiamento” è “lo specchio di una regressione nazionale che evoca i momenti più bui della nostra storia”: aggregazione di propagandisti di demagogiche promesse che rivelano incompetenza, irresponsabilità politica ed economica, atteggiamenti inconsulti, isolando l’Italia, sfidando l’Europa, aumentando il debito pubblico (1). Salvadori ritiene che l’ondata sovranista e populista non sia fenomeno solo italiano od europeo (2). La sua matrice è nelle vicende storiche, politiche sociali culturali economiche militari, dell’Occidente a partire dalla fine Ottocento e va collocata nel contesto dell’attuale globalizzazione: “vento che soffia nel mondo” (3).
Illustrazione di Doriano Solinas |
Illustrazione di Doriano Solinas |
Il guaio è che il “carisma oracolare” è più consono ai fascismi che non alla vita democratica, mentre i cittadini sono doppiamente beffati: senza dignità di cittadinanza, sviliti a spettatori bidonati.
Illustrazione di Doriano Solinas |
🌟Note
Illustrazione di Doriano Solinas |
2 Vedi Trump, Ungheria, Medio Oriente, America Latina, Corea del nord, Cina…
3. Nel suo excursus storico Salvadori esamina il trapasso nel mondo occidentale dai sistemi liberali ai sistemi liberaldemocratici /pp.22-27), l’avvento dei grandi partiti organizzati e popolari , gli ultimi decenni dell’800 e la prima guerra mondiale (pp.27-41). Dedica poi varie pagine al PCI ed alla DC tra il 1945 e il 1991 (pp.41-57). Si sofferma poi sul rapporto tra gli stati sovrani e i grandi partiti di massa, le super-potenze medie-potenze stati dipendenti, la guerra fredda e le opposte globalizzazioni politiche economiche militari, l’offensiva neoliberista, il cedimento dei controlli degli Stati sull’economia e la nuova mappa dei poteri negli stati fra gli stati al di sopra degli stati, il volto “buono” e “cattivo” della globalizzazione (pp. 57-75). Ed arriviamo al divampare del risentimento sociale e politico dei ceti impoveriti (pp.75-77), all’immigrazione dei “dannati della terra”, alla combinazione del risentimento per l’invasione dei diversi e per la globalizzazione, alla reazione populista e sovranista e la sua matrice storica internazionale in USA ed Europa (pp.78-94); l’Italia modello e laboratorio politico del populismo europeo (pp.94-100); le ragioni del consenso dipendenti dalla videocrazia social media e democrazia digitale, dai partiti “liquidi” e bacini elettorali “fluidi” e dallo sbandamento degli antipopulisti sulla risposta da dare (pp.100-116).
4 cfr. GIULIANO DELLA PERGOLA Vivere la città, guida ai problemi urbani per non specialisti (Cittadella editrice, Assisi, 1995): “un invito – scrive Pergola – a capire le città degli uomini per poterle meglio criticare”. Si veda anche su questo il post dell’amico Rosario sulla crisi della democrazia (vedere qui).
5 cfr. Democrazia diretta, idee per un municipalismo libertario, Elèuthera, Milano, 1993.
6 A ben vedere sovranismo e populismo sono l’imperante aggiornata forma nei nostri tempi del cinismo, quello della “convertibilità degli opposti” dove ogni atto viene giustificato perché mai contradditorio rispetto a nulla, quello che non crede di poter persuadere attraverso la ragione e proprio per questo è antitetico rispetto alla forza dell’educazione ed alla scuola, segno terribile della tragedia di una gioventù ingannata, preda di false guide. Al cinico non rimane che la seduzione delle emozioni pilotate, l’inganno delle mezze verità, l'occulta manipolazione della videocrazia e dei twitter, spesso la brutalità verbaiola che irride l'avversario, così scaltra da asservire i creduloni e cooptare chi si ritiene avveduto, così impudente da sapere che con gli stolti si può andare sempre a cavallo, purché li si liberi dal peso gravoso del pensare.
Il tuo post, caro amico, affronta un denso numero di problemi derivanti dalla crisi della democrazia ed è meglio prima orientarsi sulla fattibilità dei rimedi. Per questo dico : crisi non è fine, è trasformazione...ed è logico che con “ l’era digitale “ la democrazia debba apportare qualche cambiamento. Saranno i partiti, i sindacati... dico solo che si richiede che si dismetta la corazza burocratica, ecco perché le associazioni riescono meglio.
RispondiEliminaDopo mi concentrerei sulla opinione pubblica, perché in quell’ambito, come dici tu Gian Maria, la videocrazia e il “ carisma oracolare” debbono essere affrontati per depurare il fulcro della circolazione delle idee e delle informazioni, da cui discende l’opianione pubblica.
Mettiamoci al lavoro : siamo tutti coinvolti!
Il digitale e l’informazione, come tutti i fenomeni umani, sono ambivalenti. C’è un uso legittimo, oserei dire promotore di umanità, liberatorio,oggi più utopico che reale; e un uso ,oggi dominante nelle relazioni sociali politiche ed economiche, invece strumentale,asservente, oserei dire cinico. Una rivoluzione che appunto implica una “conversione” nel conoscere, nel vivere i rapporti sociali economici culturali, nel partecipare alla cittadinanza attiva, che spero le prossime lezioni europee possano in qualche modo iniziare ad attestare.
EliminaAnalisi molto lucida e ahimè vera
RispondiEliminaGrazie
Grazie a Lei, caro Paolo.
EliminaUna disamina veramente eccellente sulla attuale "Democrazia".
RispondiEliminaCaro Franco, apprezzo molto il tuo commento. Grazie.
RispondiEliminaGrazie delle sue riflessioni, che condivido. Le rilancerò nel mio blog. Buona settimana.
RispondiEliminaP.s. Penso che le persone di buona volontà dovrebbero riuscire a mettersi insieme e, in qualche modo, "fare sistema", anche se di minoranza.
Gent.le Maria,condivido il suo invito “a mettersi insieme” e “fare sistema”, superando i nostri piccoli muretti fossati e steccati che finiscono per dividere anche coloro che sinceramente combattono i muri e le barriere del sovranismo e del narcisismo collettivo. Un caro saluto.
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