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sabato 23 novembre 2024

La chiarezza della mente

La chiarezza non è solo preferibile sul piano estetico, ma è anche e soprattutto una scelta di tipo etico e politico.
Post di Rossana Rolando
Immagini di Quint Buchholz (qui il sito instagram)

“Tendono alla chiarità le cose oscure…”
(Eugenio Montale)
 
💥 La chiarezza del pensare
Quint Buchholz, Il faro del libro, 1992
Assumo la chiarezza come valore programmatico da perseguire e da proporre. Non mi riferisco alla chiarezza dei rapporti interpersonali, auspicabile, ma non sempre possibile, specie nelle situazioni in cui le zone d’ombra, le parole non dette sono talora necessarie, per non ferire e conservare equilibri altrimenti precari. Parlo invece della chiarezza come esigenza mentale: nello sviluppo dei pensieri, nella comunicazione delle idee, nell’elaborazione della scrittura. Una qualità che non è immediatamente disponibile, non è dentro le cose, ma è invece il frutto di un lavoro della mente, conquista di una progressiva trasparenza del pensiero di fronte a se stesso, elaborazione di una parola pienamente afferrabile nella limpidezza finalmente raggiunta. A questo proposito leggo un passo di una lettera di Primo Levi, inviata ad Heinz Riedt, nel carteggio da poco uscito per Einaudi: “i miei gusti personali sono orientati verso la clarté, o la ricerca della medesima”, mentre altri scrittori più giovani tendono piuttosto “verso l’oscuro e l’indistinto. Benché scrittore, io tengo per chi legge: credo che se qualcosa si capisce male, la colpa non è di chi legge, ma di chi ha scritto”.¹ Per il testimone degli orrori di Auschwitz, la chiarezza non è solo preferibile sul piano estetico, ma è anche e soprattutto una scelta di tipo etico e politico
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💥 Il rifiuto della semplificazione 
Quint Buchholz, L'uomo e la scala, 1987
Talvolta, però, ci può essere il rischio di voler rendere chiare le questioni complesse e difficili, banalizzando tematiche che non possono essere ricondotte entro schemi semplificati. Da questa pseudo chiarezza, sinonimo di superficialità, è bene rifuggire. Come insegna Calvino: «Quando le cose non sono semplici, non sono chiare, pretendere la chiarezza a tutti i costi, è faciloneria, e proprio questa pretesa obbliga i discorsi a diventare generici, cioè menzogneri. Invece lo sforzo di cercare di pensare e di esprimersi con la massima precisione possibile proprio di fronte alle cose più complesse è l'unico atteggiamento onesto e utile…»
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La chiarezza, degna di essere lodata, non è, dunque, una sottovalutazione della complessità, ma, al contrario, uno sforzo per districare tutti i fili di una matassa - problema, tema, questione - evidenziandone gradualmente gli intrecci. Un movimento che è il contrario della semplificazione perché intende spiegare il sottile, dipanare il difficile, sciogliere i nodi, senza ricorrere a scorciatoie e riduzioni.
 
💥 Un’aspirazione esistenziale
Quint Buchholz, L'uomo su una scala, 1992
In questo senso, l’esercizio del chiarimento può essere l’habitus di chi studia, ma può anche diventare l’atteggiamento da adottare in qualsiasi circostanza dell’esistenza, nella tensione al veder chiaro dentro e fuori di sé. Trovo in Husserl la notazione più vicina a quello che sto cercando di esprimere: “Il tormento dell’assenza di chiarezza, del dubbio e della sua continua oscillazione, io li ho conosciuti bene […], non posso vivere senza chiarezza […]. Lotto per la mia vita. Non aspiro all’onore e alla gloria, non voglio essere ammirato, non penso agli altri né ai miei bisogni esteriori […]. Non c’è che una cosa che mi possa rendere felice: la chiarezza”
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💥 La Scuola luce
Vi è ancora un significato della chiarezza che ogni insegnante dovrebbe mantenere sempre vivo, come faro del proprio agire pedagogico. Chiarificare significa proprio rendere intelligibile, portare luce laddove c’è oscurità.
Tutti abbiamo avuto maestri che ci hanno accompagnato nella comprensione di una parola, di una poesia, di un pensiero, di un problema: hanno acceso la luce della conoscenza, inducendo in noi il passaggio dall’ignoto al noto, dal confuso al chiaro.
Quint Buchholz, Bambino con libro, 2023
La limpidezza della lezione non è solo viatico per un apprendimento efficace, ma è anche scuola di rigore logico: nell’uso delle parole, nello sviluppo dei concetti, nell’acquisizione di uno stile mentale “pulito”.
Solo in questo orientamento fondamentale verso la chiarezza - che testimonia l’impegno di chi insegna mentre impara ed impara mentre insegna - si colloca la possibilità di intendere, nel suo giusto senso, il significato dell’inciampo (errore, intoppo, titubanza), di cui parla Massimo Recalcati, nel suo L’ora di lezione. Un inciampo in nessun modo riconducibile ad impreparazione e sciatteria, piuttosto segno umanissimo del limite, rispetto alla vastità di un sapere che rimane sempre, per tutti, una meta e mai un possesso: “Il bravo insegnante è colui che sa proteggere il vuoto, il non-tutto, l’inciampo come condizione per la ricerca. Non ha né paura né vergogna del suo non sapere, della sua ignoranza (che Cusano avrebbe definito “dotta”), perché sa che i limiti del sapere sono ciò che animano la spinta della conoscenza”.
 
💥 Note
1. Primo Levi, Il carteggio con Heinz Riedt, Einaudi, Torino 2024, p. 182.
2. Cfr. Françoise Carasso, La scelta della chiarezza, Einaudi, Torino 2009.
3. Italo Calvino, Una pietra sopra, Mondadori, p. 308.
4. Husserl, Note personali
5. Massimo Recalcati, L'ora di lezione, Einaudi, Torino 2014, p. 128. 

Quint Buchholz, Stanza in riva al mare, 2003

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