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giovedì 17 agosto 2023

Dei colori.

I colori e il loro valore simbolico artistico.

Post di Rosario Grillo.

Kandinsky, Sul bianco II, 1923
Kandinsky: «Il bianco, che è spesso considerato un non-colore (…) ci colpisce come un grande silenzio che ci sembra assoluto. È un silenzio che non è morto, ma è ricco di potenzialità».

 
È condivisibile l’ipotesi di P. Sloterdijk, che fa del grigio la coloritura della modernità? La sua “ suggestione”, argomentata (1) e documentata, addirittura sull’arco della storia, suscita in me dei dubbi, e, nello stesso tempo, mi catapulta nella complessa questione dei colori. 
Tuttavia, a fugar certe obiezioni, corre obbligo citare prima la zona grigia descritta da Primo Levi: “dai contorni mal definiti, che insieme separa e congiunge i due campi dei padroni e dei servi. Possiede una struttura incredibilmente complicata, e alberga in sé quanto basta per confondere il nostro potere di giudicare” (2). La precisazione del celebre “deportato” torinese condensa la sua specifica scienza, la chimica, con la fine espressione letteraria; essa descrive l’immensa area dei non schierati, dei conformisti, dei collaborazionisti del Potere che opprime. Con essa esterno la mia diffidenza della politica del “giusto mezzo”, teorizzata da F. Guizot nel 1848 e transitata nel “centrismo” dei nostri tempi (con tutte le sue sfumature).
Tema multidisciplinare, la dottrina dei colori, con implicazione di fisica, logica, psicologia, biologia, filosofia, storia dell’arte.
 
Kandinsky, Nel grigio, 1919
💥 Ma, prima di avventurarmi in digressioni ed argomentazioni, esprimo con semplicità la mia “meraviglia” davanti ai colori dei fiori, al colore del firmamento, ai colori variopinti del Creato, serbando dentro di me la sensazione spirituale che Kierkegaard ha evocato parlando del “giglio nel campo e l’uccello nel cielo” (3)
Sloterdijk risale fino ai greci, quando fa della “caverna platonica” l’emblema del grigiore: offuscamento ingannevole, d’impedimento alla trasparenza del vedere e dell’intelligere.
Nei greci, nella poesia greca, a cominciare da Omero ed Esiodo, prende corpo la gamma dei colori, coi quali si raffigurano le cose e i sentimenti. Possiamo commentare che, solo in parte, la gamma corrisponde alla nostra, ma questo ci induce di già a mettere a punto che: la soggettività è parte intrinseca della “quaestio” che non possiamo, non dobbiamo, ridurre a fenomeno oggettivo.
Su questo binario corre il rigetto del tentativo d’inclusione della “coloristica” nel paradigma meccanicista. Per questo approccio si rimanda alla rivoluzione scientifica dei secoli moderni e si indica in Newton l’autore di un’interpretazione risolutamente meccano- matematica dei colori (Ottica del 1704) (4).
Kandinsky, Nero e viola, 1923
Peraltro, se prendiamo esempio dalla gnoseologia, seguendo le distinzioni che gli empiristi, vedi Locke, operarono, ne deriviamo la classificazione dei colori nel gruppo delle qualità secondarie, sensibili ed inaffidabili. Ciò ci introduce al principio chiave che, nella dottrina dei colori, non fa pesare distinguo tra piano empirico e piano ideale; ci rimanda inoltre agli studi di Goethe.
 
💥 Parlando di Goethe, va evidenziato il cammino della stagione culturale alla quale appartiene e, di conseguenza, il frutto che se ne ricava, che consiste in un diverso rapporto da intrattenere con la Natura.
Goethe smentisce Newton, reintroduce la chiave neoplatonica e plotiniana, per cui potrà scrivere: “Se l’occhio non fosse solare/ come potremmo vedere la luce?/ Se non vivesse in noi la forza propria di Dio,/ come potrebbe estasiarci il divino?” (5) È entrato di peso il rapporto che intratteniamo con la natura, alla quale apparteniamo - essa non se ne sta statica, a lasciarsi osservare sperimentalmente -. 
Da Goethe discende la natura primaria del bianco e del nero, quella derivata degli altri colori, riconducibili a gradazioni e misture, frutto di interazione delle due polarità: bianco/ oscurità.
 
Kandinsky, Macchia rossa, 1921
💥 A questo punto, richiamo in causa il filosofo tedesco (Sloterdijk) per colorare, assieme a lui, di rosso la stagione rivoluzionaria. Si comincia dalla rivoluzione francese e si passa a quelle nazional-patriottiche, per concludere con il rosso socialcomunista (6). È piuttosto sul terreno della filosofia che c’è la migliore definizione della tematica.
Da uno studio di Alice Barale (7) estrapolo una considerazione: “ci si rende conto che ad essere escluso dal discorso è proprio ciò che verrebbe più semplicemente in mente a chiunque non fosse avvezzo al discorso filosofico, cioè il rapporto che intercorre tra i colori e il loro valore simbolico e artistico” (8). Viene suffragata dai nomi di W. Benjamin – Proust - Wittgenstein e indica la via del linguaggio.
Di esso si occupa L. Wittgenstein, figura singolare nel panorama della filosofia della logica. Egli dedica un’operetta ai colori, dove è registrato il mutamento del suo punto di vista, nel transito dal Trattato logico-philophicus alle Ricerche filosofiche. Hanno preso forma, cioè, i sui giochi linguistici, assimilabili a giochi di vita; segnalano il peso che la vita pratica viene ora a prendere, per W., rispetto alla purezza matematico-logica della prima maniera.
Kandinsky, Linea angolare, 1930
In questo contesto, egli sottolinea l’appartenenza dei colori alla sfera empirica ed insieme logica. Ma… “ Spesso si usano proposizioni che stanno sul confine tra logica ed empiria, cosicché il loro senso oscilla da una parte e dall’altra di questo confine; ed esse valgono, ora come espressione di una nuova norma, ora come espressione di un’esperienza. (Infatti non è certo un fenomeno psichico collaterale - così ci si immagina ‘i pensieri’ - ma l’impiego, a distinguere la proposizione logica dalla proposizione empirica)” (9). E poi insiste: “I concetti di colori sono da trattarsi in modo simile ai concetti delle percezioni sensibili” (10).
È evidente che egli fa rientrare i colori nella sfera psicologica; bisogna prestare attenzione, per ciò, al modo con cui considera la psicologia, partecipando in pieno alla mutazione che questa scienza stava conoscendo in quel momento.
Due notazioni occorrono per centrare la sua filosofia dei colori, a: mette in evidenza il ruolo del tempo [“Ecco un giuoco linguistico: riferire se un determinato corpo è più chiaro o più scuro di un altro. - Ma ora eccone un altro affine: Enunciare qualcosa sulla relazione tra la chiarezza di due determinate tonalità di colore. (Si può paragonare con questo: Determinare la relazione tra la lunghezza di due sbarre - e la relazione tra due numeri). - Nei due giuochi linguistici la forma della proposizione è la medesima: ' X è più chiaro di Y '. Ma nel primo caso si tratta di una relazione esterna e la proposizione è temporale, nel secondo caso si tratta di una relazione interna e la proposizione è a-temporale”]; b: la sfera psicologica funge da filtro.
Peter Sloterkijk, Grigio
L’interesse volto alla psicologia indica ancora di più il peso che ha preso la vita pratica nella sua riflessione. Infatti egli è ben lontano dal “mentalismo” di Wundt e risente sia del punto di vista di W. James che di quello della fenomenologia. Di conseguenza, vede gli stati psichici in complementarità con l’utilizzo di concetti - idee - sensazioni - emozioni.
Possiamo così chiudere con questa citazione esplicativa: “Ma è soprattutto con le ricerche successive di Wittgenstein, dove il colore viene ricondotto nella categoria più ampia di gioco linguistico, che appare evidente il legame tra colore e vita, la parola gioco linguistico infatti è destinata a mettere in evidenza il fatto che il parlare sia una forma di attività o una forma di vita. Il legame indissolubile tra i colori e la vita è evidente nel ruolo che gioca la memoria nella trattazione di Wittgenstein” (11).

Chiudo anche la partita con Sloterdijk. Lasciando salva la sua ermeneutica sulle stagioni della filosofia occidentale, posso contestare la natura primaria del grigio, che è nel suo assunto. Il grigio è un colore derivato e risente di un approccio soggettivo, di specie depressiva, alle cose ed alle Weltaschauung.

💥 Note.

(1) P. Sloterdijk, Grigio, Marsilio.
(2) Primo Levi, I sommersi e i salvati.
(3) S. Kierkegaard, Il giglio nel campo e l’uccello nel cielo, Donzelli. Sullo stupore suscitato dai colori, cfr. anche l'articolo su Doppiozero di Marco Belpoliti, relativo a Narciso Silvestrini, Il maestro dell'apparire dei colori.
(4) La sua teoria corpuscolare si distinse da quella ondulatoria di Helmotz fino ad una “parificazione” dovuta alla fisica dei quanti.
(5) citazione ricavata dalla voce Goethe su Treccani.
(6) In questo caso, sarà il nero (fascismo) o il rosso bruno (nazionalsocialismo) ad interrompere l’epopea rossa.
(7) Alice Barale, Il giallo del colore. Un’indagine filosofica, Jaca book 2020 (8) ivi, ricavato da https://philosophykitchen.com/2020/11/filosofia-dei-colori/.
(9) L. Wittgenstein, Osservazioni sui colori, 32 (10), ivi, 72
(11) da Alice Barale, supra.

2 commenti:

  1. Rosario esprime un ringraziamento particolare a Rossana, che cura l’uscita del post e, occupandosi dell’apparato iconografico, lo ha arricchito con le figure di Kandinsky. Grazie Rossana!🤗🌹👼

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  2. Riflessioni 'cromatiche' assai intriganti... grazie!

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