Il paradosso della gratitudine vera: un debito senza debito.
Post di Rossana Rolando.
“Ai miei studenti.
E anche a tutti quelli che imparano
o già esercitano il mestiere di Socrate”
(Dedica che faccio mia, da Roberta De
Monticelli).
|
Stefano Nava, Legami
|
Come ormai non mi capitava da alcuni
anni, al termine del percorso liceale classico, alcune alunne particolarmente
sensibili e coinvolte nelle discipline filosofico storiche mi hanno espresso la
loro gratitudine attraverso lettere, messaggi, gesti di vario tipo. La
commozione che ha accompagnato questi momenti è stata per me molto intensa. Che
l’impegno, la passione, il desiderio di
una comunicazione profonda - sulla vita, su ciò che davvero vale, sulla
bellezza della conoscenza, sul dono reciproco dell’insegnare e dell’imparare -
siano colti da giovani menti, tra i mille frastuoni del tempo in cui viviamo, è
cosa niente affatto scontata, degna di meraviglia.
Che
cos’è la gratitudine? In concomitanza con questi eventi, ho
terminato la lettura dell’importante e appassionato libro di Roberta De
Monticelli, Il dono dei vincoli. Per
leggere Husserl.¹ L’introduzione alla comprensione autentica del grande
filosofo di area tedesca, di origine ebraica, vissuto nel periodo terribile del
nazismo, si traduce anche nell’invito a renderlo vivo, cercando di fare
filosofia secondo il suo metodo, detto fenomenologico. |
Stefano Nava, Sedie nel cuore
|
Esso propone un cammino
di ricerca della verità che solo l’intuizione filosofica può percorrere e che
rimane del tutto estraneo agli altri ambiti della conoscenza, dediti alla
raccolta di dati empirici, di fatti, poi catalogati e classificati secondo
leggi scientifiche (dalla psicologia alla sociologia alle scienze naturali…).
La sfida è quella di cogliere l’essenza di un determinato oggetto sottoposto ad
indagine, secondo un approccio che la scienza ha escluso fin dai tempi di
Galileo, ma che il filosofo può e deve recuperare, se non vuole rinunciare alla
propria vocazione di “funzionario dell’umanità”.²La domanda sul “che cos’è” – ripresa
dalla fenomenologia - richiama direttamente la figura di Socrate, centrale in
tanta parte del pensiero novecentesco, soprattutto quello volto a riflettere
sull’agire e sulla dimensione etica. Non è un caso che la dedica del libro di
De Monticelli, riportata in limine a questo post, reciti: “Ai miei studenti. E
anche a tutti quelli che imparano o già esercitano il mestiere di Socrate”.³
L’idea
di gratitudine. Per tornare direttamente al tema, provo
dunque ad applicare il metodo fenomenologico al mio vissuto, in relazione alle
mie alunne e ai loro messaggi, nel tentativo di andare anche oltre la specifica
esperienza per cogliere il “che cos’è” della gratitudine. Nel far questo
sgombro il campo da letture auto elogiative che non avrebbero alcun significato
in termini conoscitivi (fenomenologici).
|
Stefano Nava, Passi quotidiani
|
Si tratta anzitutto di spogliare il concetto
(epochè) di tutte le varianti inessenziali – per es. il grazie meccanico che si
rivolge agli altri in diverse occasioni, espressione di cortesia e buone
maniere – ed arrivare al cuore della cosa, alla sua essenza. Non un’idea
platonica situata in un mondo altro dal nostro, ma il carattere proprio di
tutti i gesti che esprimono gratitudine, l’elemento invariante, tale che se
viene a mancare non si può più parlare di gratitudine.
Il
termine (gratitudo, gratus) anzitutto porta in sé il
concetto di riconoscenza per qualcosa che si è ricevuto. “Grazie per…” è il
contenuto che si specifica in diversi modi nei messaggi che ho ricevuto. Spinoza
lo dice benissimo nella sua Etica: “La Riconoscenza o Gratitudine è desiderio o
sollecitazione d’Amore, mediante il quale ci sforziamo di fare del bene a chi
ci ha arrecato un beneficio per un uguale affetto (moto dell'animo) di Amore”.⁴
La
sfera del sentire. Amore, stato d’animo, desiderio… si
capisce che stiamo parlando di un sentimento, non inteso come emozione passeggera,
ma come un insieme di strati mentali, di cose sentite che si sono sedimentate
nel tempo e radicate in una dimensione affettiva di riconoscimento. L’avverbio
che accompagna le lettere delle mie alunne è proprio relativo alla permanenza
temporale: le sarò “sempre” grata.
|
Stefano Nava, Nuovi passi
|
Un
debito senza debito. Oggi la gratitudine è tanto più
preziosa perché rara. L’ingombro dell’io – narcisismo, aspettative,
frustrazione – ne impedisce il sorgere. Non a caso Spinoza afferma ancora: “Solo gli
uomini liberi sono veramente grati gli uni verso gli altri”.⁵
Si
tratta, infatti, di un sentire che, per arrivare ad espressione ed assumere
quindi anche il valore di una postura etica nei confronti dell’altro, deve
essere capace di cogliere un debito. La parola “debito”, usata in ambito
economico, richiama il dovere di un risarcimento, del tutto escluso dalla
dimensione della gratitudine che, per sua natura, è un grazie senza
restituzione e tale deve rimanere. Come afferma Derrida, il debito della
gratitudine è sempre senza misura, non quantificabile, «al di là di ogni riconoscenza
e dunque di ogni gratitudine possibile, un debito che per una volta non fa
pesare nessun sentimento di colpa, “grave senza essere pesante”».⁶ Ecco
qui espresso il paradosso della gratitudine vera, un grazie che non restituisce
nulla perché nulla deve restituire, ma riconosce un resto impagabile, qualcosa
che rimane. E la consapevolezza del “senza misura” che accompagna ogni vera riconoscenza
ritorna in alcuni dei messaggi più commoventi delle mie grandi alunne.
Note.
1. Roberta De Monticelli, Il dono dei vincoli. Per leggere Husserl, Garzanti, Milano 2020.
2. L'espressione è di Edmund Husserl, in La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Il Saggiatore, Milano 1997, p. 46.
3. Roberta De Monticelli, Il dono dei vincoli. Per leggere Husserl, cit., p. 7.
4. Baruch Spinoza, Etica, Sansoni, Firenze 1963, parte terza, XXXIV, p. 387.
5. Spinoza, Etica, cit., parte quarta, LXXI, p. 541.
6. Jacques Derrida, Il maestro o il supplemento di infinito, Il Melangolo, Genova 2015, p. 25.
Innanzitutto rilevo ( e ne gioisco con te) la gratitudine, vera e imparagonabile equivalente nel rapporto pedagogico. Poi valorizzo il peso che il tuo scritto ha nel l’approccio ad Husserl, quindi ripasso i termini che segnano il percorso compiuto ( “ senza misura” a segnare “ un debito che non è debito “, la “ postura etica” verso gli altri, la presenza di amicizia Amore desiderio). Un senso di ben-essere. Rosario
RispondiEliminaCaro Rosario, grazie del tuo commento. E' verissimo quanto dici in conclusione: credo che la gratitudine sia un sentimento che fa star bene (ben-essere), che espande la vita propria e degli altri. In Melanie Klein, "Invidia e gratitudine", si legge: "Il sentimento di gratitudine è una delle espressioni più evidenti della capacità di amare. La gratitudine è un fattore essenziale per stabilire il rapporto con l'oggetto buono e per poter apprezzare la bontà degli altri e la propria".
EliminaCara Rossana, come sempre le tue riflessioni toccano la mia anima. Ho preso nota del testo di Roberta Monticelli. Il tuo post è così pregnante che lo rilancerò nel mio blog. Con gratitudine! Un abbraccio.
RispondiEliminaGrazie, cara Maria. Il libro "Il dono dei vincoli" è davvero prezioso e la ripresa husserliana di Socrate è nel segno di una filosofia eticamente impegnata, nella ricerca di ciò che è giusto, bello, degno. Oggi abbiamo bisogno di questo tipo di filosofia.... Un abbraccio.
RispondiElimina