Ferragosto è tempo scabroso per chi vive lo scandalo della solitudine e delle povertà.
Post di Gian Maria Zavattaro.
Illustrazioni di Giulia Pintus (qui il sito instagram)
“In questo stesso istante c’è un uomo che soffre,
un uomo torturato solo perché ama la libertà.
Ignoro dove vive, che lingua parla,
un uomo torturato solo perché ama la libertà.
Ignoro dove vive, che lingua parla,
di che colore ha la pelle, come si chiama,
ma in questo stesso istante, quando i tuoi occhi leggono
la mia piccola poesia, quell’uomo esiste, grida,
si può sentire il suo pianto di animale perseguitato
mentre si morde le labbra per non denunciare
i suoi amici. Lo senti?
si può sentire il suo pianto di animale perseguitato
mentre si morde le labbra per non denunciare
i suoi amici. Lo senti?
Un uomo solo grida ammanettato,
esiste in qualche posto.
Ho detto solo? Non senti, come me,
il dolore del suo corpo ripetuto nel tuo?
Non ti sgorga il sangue sotto i colpi ciechi?”
Ho detto solo? Non senti, come me,
il dolore del suo corpo ripetuto nel tuo?
Non ti sgorga il sangue sotto i colpi ciechi?”
(José Augustin Goytisolo,1928-1999, poeta e scrittore spagnolo del “Gruppo catalano”, traduttore di Pavese, Quasimodo, Pasolini).
In questo nostro mondo miliardi di persone viventi formano un tentacolare gigantesco turbinio, stranamente affascinante e conturbante: intreccio ambivalente di anonime storie di solitudini e di quotidiani gesti di fraternità, compresenza di tante disperazioni individuali e di altrettante speranze, misterioso spettacolo di vortici di lutti e di gioie spensierate. Umanità che si agita in balia di una febbre oscura dove tutto passa: guerra, pace, amore, rabbia, speranza, disperazione…
Eppure, a ben vedere, ognuno di noi può sempre aprire squarci di luce, ritagliare spazi e tempi dove incontrare volti non anonimi, tendere mani per insieme sperare.
Giulia Pintus, Ascoltarsi |
Giulia Pintus, Ricordi |
Non voglio fare il menagramo, semplicemente perorare che in ogni città, a partire dalla mia Albenga, ci si approssimi alle situazioni concrete degli “schiacciati”; che i media e i giornali tutti - non solo Avvenire e ben pochi altri - riconoscano e urlino che la solitudine -povertà si va presentando drammaticamente con volti inediti e nuovi. Sarebbe un modo concreto di scorticarci almeno un poco le mani e di reagire all’indifferenza che non è solo mancanza di partecipazione emotiva e non-volere-sapere, ma considerare insignificanti persone la cui esistenza non c’importa affatto. Non si tratta di cercare di commuovere o commuoverci, piuttosto di “fare entrare a forza nelle nostre preoccupazioni quotidiane la presenza permanente dell’ingiustizia e della sventura” (E. Mounier) e rammentarci e rammentare che “la povertà non si rivela se non a colui che la vuole sopprimere” (P. Ricoeur).
Giulia Pintus, Cedi la strada agli alberi |
Sia chiaro: non significa affatto rinunciare alle vacanze. Con mia moglie, i parenti e gli amici, vivrò con gioia queste giornate di festività religiosa e secolare, doverose per chi in questi mesi ha cercato di dare tutto se stesso per gli altri. A tutti auguro di scalare non senza fatica dirupi montani, di inebriarsi di paesaggi che levano il respiro; di buttarsi dalle nostre ardenti spiagge nelle onde del mare; di godere le opere d’arte sublimi e le testimonianze di passate civiltà; di frequentare sia luoghi di preghiera e di meditazione sia luoghi di svago e di divertimento; di incontrarsi tra persone lasciandosi coinvolgere dalle loro storie di vita; di degustare bevande e cibi, sopportare le code in autostrada… Ma nel contempo di chiederci che cosa ogni uomo ed ogni donna possano aspettarsi dalla vita, con lo sguardo attento e consapevole che ogni tempo può essere tempo del “kairos”: tempo che si ha a disposizione per se stessi, per gli altri e, se si è credenti, per Dio; tempo per interrogare ed interrogarci, dare senso al nostro nomadismo esistenziale, senza rinunciare al compito di vegliare, secondo modalità che ognuno di noi deve saper ritrovare, sulla solitudine altrui: uomini e donne, integrati e disadattati, ricchi e poveri, lavoratori e disoccupati, sfruttati e sfruttatori, giovani ed anziani, immigrati ed autoctoni, malati e sani, disabili ed atleti, carcerati e carcerieri, sfruttatori e sfruttati, corrotti e corruttori, santi e peccatori…
Giulia Pintus, Tutto cade giù |
Non c’è bisogno di trovarsi dietro la grata di una cella per capire quanto sia difficile restare liberi. Prima o poi arriva il momento per tutti di accorgersi che c’è una porta che non riusciamo ad aprire, forse perché piegati dall’infelicità e solitudine o forse soffocati dal successo e dal benessere.
“C’era una porta, ma non la sapevo aprire.
Non arrivavo neppure alla maniglia.
Perché non potevo uscire dal mio carcere?
Che cosa è l’inferno?
L’inferno è l’uomo stesso, solo.
Non c’è niente per cui si possa fuggire,
non c’è luogo dove si possa andare.
Si è sempre soli.”
(THOMAS ELIOT).
Note.
1. a. Solitudine come dimensione asociale (isolamento, abbandono) oppure antisociale (dannazione, stigmatizzazione, emarginazione dei malati vecchi carcerati stranieri migranti, del binomio indissolubile solitudine-povertà). b. Solitudine che rimanda alla storia personale e sofferenze psichiche di ciascuno, fino a sconfinare nella patologia e/o in morbosi egocentrismi. c. Solitudine legata all’identità irripetibile di ognuno di noi, segno di interiorità, mezzo per trovare se stessi e andare oltre se stessi: polarità costruttiva della dimensione sociale, condizione di autentica relazione con l’altro (il tu) che non ha il suo punto di partenza nel monologo ma nel dialogo, nella fraternità, nell’apertura all’amore tanto che un buon matrimonio è quello in cui ognuno dei coniugi affida all’altro il compito di vegliare sulla sua solitudine” (R.M. Rilke).
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Rosario: Ricco di umanità, senso di appartenenza, suscita con la riflessione una partecipazione empatica. È il minimo, caro Gian Maria, della risposta ad un problema, che con il tempo si aggrava sempre più, visto che, come dice il Papa, questo modello di società crea volutamente gli scartati. Tra di noi, oltretutto, circola un benefico spirito ( non coinvolgo lo Spirito Santo perché lo condividiamo nella Fede) di condivisione anche se non abbiamo molte occasioni di incontro. Apprezzo in modo particolare quel che scrivi del grave problema dei carcerati e spezzo una lancia in suo favore. Nel prosieguo delle ore ho ascoltato la canzone di Brunori Sars “ la verità liquida” ed ho confermato tutta la sintonia sul disagio di subire questo peso.
RispondiEliminaGrazie Rosario per il prezioso suggerimento! Inserisco qui il video:
RispondiElimina[video]https://www.youtube.com/watch?v=52puh32B4OI[/video]
Proprio in questi giorni sto "approfondendo la conoscenza" di Don Tonino Bello, il vescovo di Molfetta. E nelle tue parole, Gianmaria, ritrovo tanto di lui, della sua attenzione, del suo amore per gli ultimi, non pietistico, rassegnato, ma attivo, "combattivo", teso a contrastare le ingiustizie del mondo qui e ora, originate da quella eccessiva attenzione per l'interesse neramrnte economico, per il profitto a qualunque costo. Grazie per questo "cortocircuito"
RispondiEliminaGrazie. Mi capita di rileggere sovente di don Tonino Bello le pagine di "Alfabeto della vita" (ed. Paoline, Mi, 2010) e cercare di capire e praticare la "tenerezza della carità"
Elimina(Don Tonino Bello, Alfabeto della vita, ed. Paoline, Mi, 2010)