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lunedì 6 settembre 2021

Il corpo. Riflessioni e polemiche.

Pensare il corpo... fino alle implicazioni odierne legate alla pandemia.
Post di Rosario Grillo.
Immagini dei dipinti di Ernst Ludwig Kirchner, pittore tedesco (1880-1938).
 
Kirchner, Ragazze che ballano in raggi i colore
Del corpo ci accorgiamo quando comincia a dar segno di disfunzione…
Questo l’approccio di un intrigante e ricco dialogo pubblicato di recente su La lettura.
Alzando lo sguardo, poi, sopra il metro delle nostre quotidianità, centrandolo sugli argomenti della filosofia, ci vengono incontro diversi momenti, continue occasioni di riflessione sul tema del “corpo”, non usciti esclusivamente dalla opzionalità tra spiritualismo e materialismo. Sempre più, del resto, in filosofia si argomenta l’inseparabilità tra corpo ed anima.
Così come nel corpo si distinguono gradualità sezioni e modalità in buon numero, nell’anima albergano livelli e protuberanze. C’è dunque una “regione di contatto”.
A confermare il mio giudizio cito la frase-manifesto di Merlau-Ponty: “io sono il mio corpo”.
Mauro Covacich e Alessandra Sarchi, entrambi menomati nel fisico dopo onorata attività fisica (maratoneta il primo, danzatrice la seconda) testimoniano un ritrovato equilibrio, una sorprendente ed insospettabile adattabilità del corpo.
“Essere un corpo, appunto, non disporne come di un attrezzo, è una cosa che sto imparando negli ultimi tempi, grazie agli acciacchi. Ho sempre corso per stare male, per non darmi tregua, ora una varietà di piccoli malanni mi sta guarendo.” (M.Covacich). Si ricava qui il senso della piena compenetrazione.
Kirchner, Bozza per la danza murale dei colori
Confermata ed esaltata da A. Sarchi, quando evidenzia l’interpolazione della parola. Perché noi, esseri comunicanti, nella parola abbiamo l’organon: per dire del nostro sentir dolore, per sublimare il “basso” in “alto”, per fare racconto dei nostri fastidi materiali, intrecciati con il corpo, per trasformare in poesia (o musica) le note e i tempi del “faticare esistendo”.
“La corsa tiene uniti il corpo e la parola, me ne accorgo ancora di più ora che mi limito a qualche sgambata nel parco insieme ai corricchianti, la comunità che prima guardavo arricciando il naso e a cui oggi appartengo. La corsa è fatta di ritmo, di respiro, come la poesia. Non sarà certo un caso se nella metrica greca e latina l’unità di misura è il piede.” (cito da La lettura).
 
👁 CONTESTO
La pandemia, nostra inquilina indesiderata da più di un anno, è lo scenario dentro il quale s’inserisce questo discorso. Dalla pandemia parte l’achtung ai nostri corpi: lockdown, super igiene, salubrità.
Attenzione molto più “reale”, meno contrassegnata dalla frivola cura cosmetica del corpo, corredata in profondità dalle urgenze sociali e confortata da opportunità sociosanitarie.
Vi aggiungo un personale appiglio dovuto a ragioni di età anagrafica, congiunto con occasioni culturali che mi portano ad accendere un fascio di luce su tale problematica.
Se poi si portano in risalto il numero delle vittime, il modo “di lacerante tragicità” in cui sono state fatte le esequie ai loro corpi, in assenza di un civile cordoglio, l’incremento sbalorditivo del numero dei corpi affamati…!
(Grida scandalo l’aumento proporzionale dei poveri, del numero dei problemi correlati con la divaricazione tra benessere ed indigenza).
Il corpo, a conferma, è termometro della salute delle nostre società, delle nostre istituzioni.
 
👀LIBERTÀ E BIOPOLITICA
Kirchner, Il violinista
Non va taciuta la speciale pregnanza, nel corpo della dottrina della Libertà, dell’habeas corpus
Si era nel XIII secolo e in Inghilterra il re riconobbe ai suoi signori feudali (non solo ad essi) un margine di “autonomia” dai decreti sovrani.
Prescindendo dai distinguo degli analisti, è riconoscibile, nell’atto sovrano, il fulcro della libertà moderna, che prenderà corpo con l’aggiunta del “libero esame” dei Protestanti e con i principi dei monarcomachi e dei giusnaturalisti, sommati alle utilità economiche e civili suggerite da Locke e Spinoza.
È nel “ vile corpo, dunque, la fonte del libero arbitrio.
Protagonismo del corpo, durante i secoli moderni, si rileva anche nella perseveranza con la quale i sovrani (e non solo essi, vedi Chiesa) intervennero per disciplinare il fenomeno del vagabondaggio: furono gli inizi degli istituti di carità e beneficenza, fu l’ospedalizzazione, ma fu, in fondo, l’ambivalente realtà delle workhouses.
Intorno al tipo di fenomenologia si concentrò l’attenzione di Michel Foucault, che diede riconoscimento alla biopolitica. Intrinseco ad essa lo stacco tra corpo-σομα e corpo-βιος (1), che denota differenze con affinità nel “dire corpo”.
Il corpo, per questo transito, è diventato oggetto della filosofia di Spinoza, è rientrato nell’area degli interessi di Kant, che intendeva applicare all’intera latitudine della realtà la “forma trascendentale”. Ne discese un’opera: Antropologia, che, pur scontando i limiti delle conoscenze kantiane, diede vigore ed impulso a studi, che più tardi diventeranno nuova scienza: antropologia culturale.
Antropologia, oggi, è campo di fecondi studi e di grandi contributi al sapere umano ed alla interdisciplinarità.
In forza della antropologia sono state acquisite categorie mentali, strategie di studio utilissime per la piena comprensione della relazione tra corpo e vita, tra corpo e società, tra corpo e cultura.
 
🤯NOTE CRITICHE
Kirchner, Scena di strada
Arrivo alle dolenti considerazioni critiche, richieste in risposta alle sconsiderate iniziative dei no vax.
La pandemia, infatti, ha richiesto il ricorso ad una campagna globale di vaccinazione (2), frenata dal movimento di persone contrarie (per ragioni molteplici: pregiudiziali ma anche no). La persistenza del pericolo ha spinto, nell’ultimo periodo, a proporre l’uso del “green pass” (non solo per ragioni legate alla ripresa dell’economia). Da qui, la sollecitazione alle manifestazioni di piazza contrarie, su scala globale.
Il loro grido: Libertà!
Ebbene, se la mia argomentazione ha un senso, il contrasto tra la radice della libertà e la loro invocazione è stridente. Nessun appiglio, nel loro movimento, in quella congerie di opportunisti e di “liberali della domenica”, ai fondamenti seri, storici e concettuali, della dottrina e della serena prassi della Libertà.
Personalmente ho un certo interesse per la filosofia di G. Agamben, del quale è nota la presa di posizione avversa al lockdown (3); non credo, però, che si possa obiettivamente estendere il “logos dell’homo sacer”, che lui ha elaborato, fino a tal punto. Perciò sconsiglio Agamben di offrire copertura ai “no pass”.
Di questi ultimi, metto sotto accusa l’intolleranza, l’individualismo aggregato in un movimento di contestazione, la radicale assenza di “responsabilità sociale”.
 
Note.
(1) Consiglio la consultazione del numero 5 (2008 ) di Pensare il bios.
(2) Purtroppo le “oscurità” del paesaggio politico hanno impedito la gratuità del vaccino.
(3) Gli argomenti portati da Agamben si inscrivono nella avversione allo “Stato della sorveglianza”. Con Agamben si è associato Cacciari e ne è derivata una feroce polemica culturale.
(4) N.B. Consiglio la lettura dell’articolo di G. Azzariti nel Manifesto del 28/07/21.

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3 commenti:

  1. È ancora mattino precoce , leggo il post e mi “ meraviglio “ della sua costruzione iconografica. Perfettamente aderente al tema, delicata e significante nel suo accompagna il testo.
    Un grazie superlativo, Rossana!🌹🌹🌹🍀🎈🎈🎈

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  2. Commento di Cristiano Cant
    Tema infinito, nodoso. Mi vengono in mente in pittura gli arti nervosi dipinti da Egon Schiele, quegli zigomi cavi, sfatti e come segnati da un'angoscia lontana, sfondi evidenti di un corpo che mostra senza scampo le sue stimmate finali. Si chiama malattia? Può chiamarsi esperienza? Può essere la vera esperienza? Può darsi. Purchè non lambisca le retoriche estetizzate della maledizione. Sentire e pensare sono corpo, scrivere, amare, cadere sono corpo. Aschenbach nella Morte a Venezia sublima il colera che avanza inseguendo un impossibile sogno d'amore. Due realtà invincibili, la concretezza di un male che devasta e l'angelica bellezza di un ragazzo a illudersi di contrastarla. Ma era corpo anche la tintura ai capelli per ringiovanirsi, tenera e ostinata resistenza di una vanità che sente gli artigli, gli affronti del corpo. A volte verrebbe da recidere ogni conflitto nella geniale frase di Bertrand Russell: "Sono arrivato a oltrepassare i novant'anni andando a piedi ai funerali dei miei amici sportivi". Ma vincere l'ironica beffa del mortale è compito arduo. Se però il corpo è tempo, il tempo deve pur tentare di scandire per come è possibile la nostra idea di fiducia nella vita. Dunque attenzione, protezione, rispetto per come è possibile in una scienza che nelle sue doppiezze ambigue è anche tragedia tecnica, ma talvolta anche voce validante. Agamben poteva calibrare meglio le sue parole, avere più misura nelle sue dichiarazioni; il suo livello di forza e di incidenza non è piccolo. Ma c'è la libertà, amen. Fra corsa e lentezza non avrei dubbi su dove crociare. Vale anche qui una meraviglia di Mark Twain che potrei portare addosso come uno stemma lustro: "Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe”. Dunque la quiete pigra. Ma se ho letto bene il tuo pezzo tutto finisce per transitare in una compassione "altra" per il corpo e il suo dramma, l'essere accanto, il chinarsi, il tendere la mano. E qui la stoffa di ogni periodo che adoperi diventa robusta ed efficace, facendosi l'unica veste vera a tentare un alito di amicizia, prossimità, verità. Abbracci Rosario, ex abundantia cordis....

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  3. Riflessioni necessarie, che condivido nello spirito e nei contenuti. Grazie.

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