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giovedì 4 settembre 2025

La scuola: a che serve? Chi serve?

Inizia un nuovo anno della scuola

Post di Gian Maria Zavattaro 

Demetrio Casola, Il dettato, 1890
“Un popolo ignorante non è un popolo libero, non ha spirito critico, non è in grado di operare delle scelte consapevoli e responsabili”. 
 
“Il vero rischio della cultura contemporanea è il niente. Opinioni in libertà. Il caos non interpretato, mal interpretato, banalizzato. Per opporsi al niente bisogna ricominciare da capo: sapere su cosa possiamo contare… Tornare alla scuola del mondo e delle idee.” (M. Benasayag).
 
PREMESSA
La qualità della struttura scolastica è la prima condizione materiale del fare scuola, perché rende efficace e gradevole sia vivere nella scuola sia il coerente lavoro didattico. Purtroppo gli edifici scolastici non brillano per il loro splendore architettonico, ma per le carenze strutturali. Eppure tutti sanno che un ambiente inadeguato e scarsamente funzionale - dai docenti ed alunni percepito come estraneo e degradante - dà luogo ad una vera e propria riduzione delle possibilità educative. La condizione in cui versa l’edilizia della scuola pubblica è immediatamente rivelatrice della considerazione - valutazione - in sede politica e di governo - del suo ruolo sociale. In altre parole la pessima condizione edilizia di una scuola è indice, più che di scarsa considerazione, di grave sottovalutazione del suo ruolo: segno di un cattivo stolto irresponsabile governo.
Prima riflessione: qual è lo specifico della scuola?   
Demetrio Cosola, Il dettato, 1891
Trasmettere informazioni, nozioni continuamente superate dalle esigenze del mondo produttivo e dal progredire rapido della tecnologia, oppure educare e insieme tutti imparare ad imparare? C’è indubbiamente la necessità di offrire strumenti critici di lettura-interpretazione della realtà, anzi occorre conoscere molto più di prima, ma limitare la scuola alla trasmissione di nozioni significa renderla oggi inutile. La scuola invece è luogo di relazioni: tra pari, tra docenti che rappresentano il mondo degli adulti ed i giovani alunni, con le istituzioni locali e con il territorio (comune, provincia, regione, ASL, associazioni culturali, mondo del lavoro, volontariato ecc.) e la società globale (nazionale, europea, mondiale).
Subito traspare la responsabilità politica dei nostri governanti ed amministratori: che importanza, concreta, al di là delle parole, assicurano alla scuola? Quali sono le risorse e come sono impiegate per la formazione dei docenti, per rendere appetibile la professione anche dal punto di vista del decoro economico, per assicurare alle singole scuole capacità di risposte concrete alle attese ed ai bisogni delle famiglie e del territorio? Si badi bene: stiamo parlando del futuro dell’Italia!
Il riconoscimento del primato DELL’EDUCAZIONE implica un’operazione culturale che non sia esercizio retorico ma strategia operativa di trasformazione del reale. Dal sistema educativo dell'istruzione dipendono sia l'avvenire dell'Italia come paese civile e progredito sia i beni supremi della vita delle donne e degli uomini: la libertà, l'autonomia, la possibilità di essere a pieno titolo cittadini di un mondo dalle conoscenze e dai linguaggi sempre più complessi. Il terreno dell'educazione non può non essere perciò campo prioritario dell'azione politica e culturale.
Il comun denominatore di ogni grado di scuola dovrebbe essere assicurato dall’obiettivo di una solida cultura di base rispondente ai bisogni delle persone e della società di oggi, utilizzando percorsi diversi e sensibilità diverse, nel rispetto delle differenti attitudini-aspirazioni-attese, senza cadere nel tranello di fare della scuola pubblica il supermercato della cultura.  Ciò rimanda ad un problema ben noto: non si tratta di acquisire questo o quel sapere specialistico, si tratta invece di formare la persona, il cittadino capace di esercitare i propri diritti, doveri, responsabilità. Il problema è educare a pensare, contro ogni tentativo di clonazione da parte di troppi persuasori occulti. É questa la sfida di oggi! Che cosa significa tutto ciò? Innanzitutto porre al centro non principi e categorie immutabili, ma la persona, il suo imparare ad imparare, la sua capacità di utilizzare conoscenze e strumenti critici adeguati all’oggi per costruire positivamente la propria identità e le proprie relazioni con gli altri e le istituzioni, per progettare il proprio avvenire, assegnare un significato alla propria vita, possedere linguaggi e tecniche verbali e non verbali, utilizzare i media e le tecnologie avanzate senza lasciarsi dominare, educarsi al significato del vivere insieme, dei valori umani della vita associata, della partecipazione, rendendosi utili al prossimo, riconoscendo il valore della differenza e del dialogo interculturale, dell’accoglienza, partecipazione, integrazione: nella comune condivisione di valori quali la tolleranza, la solidarietà, l’ospitalità reciproca, le libertà sociologiche, la giustizia, la pace, la responsabilità di ognuno verso gli altri e le generazioni future.
La  COM-PETIZIONE a scuola (dal latino cum-petere) è tendere verso, ricercare insieme: non significa ognuno per sé, non  è riferibile al modello  mediato dal mercato come antagonismo conflittuale, concorrenza, mors tua vita mea. A scuola la competizione, meglio  l'emulazione,  si esalta nel dialogo, non nell'esclusione: rimanda alla piena realizzazione di tutte le potenzialità, alla valorizzazione ottimale dei talenti  di ognuno, alla riduzione delle disuguaglianze, all’attenzione ai più deboli, alle nuove e vecchie povertà, all’integrazione degli  immigrati, ai  portatori di handicap, ai ragazzi itineranti, allo studio attento del fenomeno della dispersione e delle possibili soluzioni. I divari educativi possono determinare insidiose povertà, forme di ingiustizia e di iniqua  selezione. La scuola, insieme all'uguaglianza degli accessi, deve affermare condizioni organizzative e didattiche per una uguaglianza delle opportunità di riuscita e di risultati.
Seconda riflessione: interazione scuola - società - territorio
Tutti - e non da oggi - riconosciamo la necessità di un'interazione che concretamente si può sintetizzare così: non solo la società civile chiede alla scuola ma anche la scuola chiede alla società civile. Penso alla drammatica urgente necessità del polo scolastico (di una sede dignitosa) ad Albenga. La scuola ha bisogno di un esplicito condiviso progetto culturale che risponda efficacemente, anche per vie inesplorate, alle nuove esigenze, ai fenomeni nuovi che interessano la città e il territorio: incremento demografico, nuove immigrazioni, interculturalità, nuove possibilità imprenditoriali e socioeconomiche, nuove modalità di turismo, aperture europee, corsi post-diploma,,. Una scuola che non si radica sul territorio non può vivere di vita lunga e muore asfittica. Ma la scuola nel contempo ha una sua “extraterritorialità”, non è serva di nessuno, è autonoma, nell’orizzonte della globalità…
Terza  riflessione:  Scuola, docenti,  giovani,  genitori
Docenti ed Alunni condividono gli stessi spazi ma vivono in mondi diversi: i Professori non sono assenti, ci sono, ma rischiano di restare presenze pallide, distratte, disinteressate a quel che accade davvero tra i banchi. Sono veramente in grado di aiutare i nostri giovani a rispondere, ad esempio, alle seguenti domande: “perché sono al mondo? Chi sono? Che cosa debbo fare, che cosa posso sperare?”...
Il rapporto scuola-famiglia è un punctum dolens! Il contesto scolastico costituisce insieme al contesto familiare il luogo sociale in cui i giovani esercitano ed apprendono le loro competenze relazionali. Ma vi è una specie di solitudine reciproca tra famiglia e scuola: spesso non riescono a costruire processi di legittimazione reciproca perché non sono in grado di riconoscersi reciprocamente gli scopi importanti di cui invece sono o dovrebbero essere fortemente costruttori nell’educazione. Anzi troppe famiglie appaiono sempre più assenti o sempre più iperprotettive dei figli, spesso anche polemicamente risentite…
Quarta riflessione: i docenti
I Docenti rimangono la chiave di volta: senza il loro coinvolgimento motivazionale ed emotivo non si farà un bel nulla, senza la loro partecipazione convinta, attiva e non passiva, non si andrà da nessuna parte.
Quinta riflessione: laicità ed autonomia
Nella scuola statale coesistono uomini e donne, giovani ed adulti, che si rifanno a concezioni diverse e che tuttavia non rinunciano alle idee ed agli ideali, anzi ritrovano il modo di crescere e far crescere grazie al loro confronto reciproco ed alle loro diversità. Laicità non è laicismo, non è neutralità né svuota l’insegnamento dall’attitudine a giudicare ed impegnarsi. E’ piuttosto volere che ciascun alunno acceda al pensiero personale di fronte alle questioni principali che pone e gli porrà la vita; si vieta a qualunque insegnamento dottrinario, ma non dimentica che si possono educare i giovani e suscitare vocazioni solo se si è capaci di promuovere e diffondere reciproca ospitalità. Era ai miei tempi il senso profondamente antiideologico del POF delle scuole…..
Infine un accenno alle scuole paritarie che per legge sono pubbliche, svolgono una funzione di servizio riconosciuta di pubblica utilità e sussidiaria o suppletiva. Non amo le guerre manichee, le crociate ideologiche. Io, cattolico convinto, difendo la scuola pubblica per i valori che essa esprime e deve esprimere: difendo una scuola per tutti, pretendo che i finanziamenti alle scuole paritarie rispettino il dettato costituzionale e che i politicanti - per bieche ragioni tutte loro e non a favore della comunità – non decidano impunemente di privilegiare la scuola paritaria, addirittura considerando la scuola statale suppletiva e non viceversa …
Qualche anno fa Carlo Ridolfi dichiarava “l’assoluta sfiducia nella scuola pubblica, che, di fatto, si avviava ad essere sempre di più una scuola"privata" nel senso di privata di mezzi, di intelligenze, di agibilità per un pensiero che non sia quello idiota e menzognero della “scuola dipendente come-azienda-che-deve-preparare-al-mondo-del-lavoro”… Penso invece che sia necessario, da parte di genitori attenti e di insegnanti intelligenti (moltissimi, per fortuna), pensare e vivere una scuola pubblica non dipendente,  cioè non improntata al profitto, ma a forme educative e prassi didattiche che pongano davvero al centro i singoli studenti come cittadini  coscienti e consapevoli del loro ruolo, anche attraverso il rilancio delle ore di Educazione Ambientale e Civica, delle tematiche imprescindibili riguardanti il vivere insieme nell'era tecnologica dell'I. A., senza l’imposizione di idee preconcette. Solo allora diventano  augurabili le sinergie tra istituzioni scolastiche e mondo del lavoro, tese a fornire un proficuo orientamento tramite dirette testimonianze  e stages formativi.

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