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sabato 16 ottobre 2021

Il vaccino, la persona, la comunità.

Il tempo presente alla luce del personalismo.
 Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini di Andrea Ucini (qui il sito)

Andrea Ucini, Caduta libera
“La menzogna, la durezza di cuore, la vigliaccheria, l’egoismo fanno silenziosamente ogni giorno sotto i nostri occhi vittime altrettanto numerose e più lentamente torturate di quanto non sappia fare la guerra: chi ha bisogno che sia il cannone ad aprirgli le orecchie non comprende più da lungo tempo questo tumulto dei tempi di pace”
(E. Mounier).
“È un delitto lasciare la politica agli avventurieri, è un sacrilegio relegarla nelle mani di incompetenti che non studiano le leggi, che non vanno in fondo ai problemi, che snobbano le fatiche metodologiche della ricerca e magari pensano di salvarsi con il buon cuore senza adoperare il buon cervello” (d. Tonino Bello).
 
Viviamo in una società irta di continue provocazioni e contraddizioni, dove ci si imbatte continuamente e ci si ritrova costretti ad ogni piè sospinto - e spesso è impresa eroica - a discernere tra verità e menzogna, forza e violenza, mediazione e compromesso, bene comune ed interessi di parte, diritti/doveri di tutti e spettanze esclusive. Il tutto oggi aggravato dall’inasprirsi strategico, fraudolentemente correlato al no-vax ed al no-green pass, di violenze ed assalti a pubbliche istituzioni democratiche: violenze in realtà intese a rinchiuderci nel mutismo della maggioranza silenziosa, a fomentare sfiducia e stanchezza nelle istituzioni democratiche, a diffondere assuefazione antidemocratica ed esaltare l’impunità trasgressiva.
Andrea Ucini, Perché ignoriamo l'ovvio?
Di fronte a questa sfida non è forse urgente e necessaria la reattiva presenza di ogni cittadino consapevole dei valori della democrazia reale? Non basta la generica condanna verbale dell’aggressione politica e dei social conniventi. È necessaria - oserei dire soprattutto per i laici cristiani - una presa di posizione radicale, perché metafisica: riflessioni e azioni che siano insieme impegno totale per una conversione personale e comunitaria che trova il fondamento nelle Beatitudini e riferimento ai principi della nostra Costituzione. Si tratta semplicemente, per quanto riguarda noi di “persona e comunità” di avere il coraggio di essere laici che non temono di comunicare in questa società secolare la loro identità cristiana: laici che decidono di stare con i poveri in spirito, i miti, coloro che piangono, coloro che hanno sete e fame di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, coloro che fanno regnare la pace e coloro che sono perseguitati a causa della giustizia; laici che “dimorano sulla terra, ma sono cittadini del cielo, obbediscono alle leggi statali, ma con il loro modo di vivere vanno ben al di là delle leggi, amano tutti…”(1).
Presumo che sulla propria scelta del sì-no al vaccino tutti abbiano deciso con responsabile discernimento secondo coscienza. In ogni caso rinchiudersi nella monade egotista del proprio io è uno scacco al rapporto con gli altri, è trasformare l’alter, biblicamente il prossimo, in alienus. Per quanto mi riguarda, il no significa rinnegare l’ispirazione mouneriana del nostro blog “persona e comunità”: “si potrebbe quasi dire che io esisto soltanto nella misura in cui esisto per gli altri e, al limite, che essere significa amare. Queste verità sono tutto il personalismo comunitario”. (2)
Andrea Ucini, L'arte di essere se stessi
In questo momento di ridondanza frastornante di improvvisati presunti maestri e sofisti, per me contano solo le
parole espresse in linguaggio chiaro e pulito, oltre ogni equivoco concettuale, e contano solo le azioni coerenti. Non si tratta d’essere di destra o sinistra. Scriveva Mounier: “Ci sono cattolici di destra e cattolici di sinistra: è un fatto ed è un fatto opportuno. Ciò prova che il cattolicesimo supera tutte queste vicende politiche. Se si colpissero nella Chiesa apertamente i cattolici di destra, io domanderei per essi il diritto all’espressione...“Non progressisti perché cristiani” ma neppure “reazionari perché cristiani”. Ma in qualsiasi schieramento politico la vita del laico cristiano dovrebbe essere tutta una presenza agli avvenimenti del proprio tempo, tensione morale che mai si piega a compromessi, impegno vissuto come forma efficace di amore, fedele alla terra e a Dio. Temo invece che sia ancor ben saldo un modello che Pèguy e Mounier definivano "borghese" non in riferimento a specifica categoria socioeconomica ma alla “metafisica della solitudine integrale”: non più “persona”ma “individuo” vuoto di “attenzione” per gli altri (biblicamente il prossimo), pervaso di “risentimento” e avarizia spirituale, privo di dubbi lacerazioni insicurezze, teso ad oltranza alla difesa della propria tranquillità e delle proprie spettanze contro ogni diversità, povertà od ostacolo anche istituzionale. 
Andrea Ucini, Non chiamarlo amore
Penso alla dura accusa di Peguy ai cattolici “languidi e senza “carne”: “Perché non hanno forza e grazia per essere della natura, credono di essere della grazia. Perché non hanno il coraggio temporale, credono di essere entrati nella comprensione profonda dell’eterno. Perché non hanno il coraggio d’essere del mondo, credono d’essere di Dio. Perché non hanno il coraggio di scegliere tra i partiti dell’uomo, credono d’aver scelto il partito di Dio. Perché non amano nessuno, credono di amare Dio” (3).
Viviamo oggi, per certi versi anche in termini brutali, una situazione di cronica ordinaria emergenza senza poterci riferire a rassicuranti ricette preconfezionate, soprattutto a fronte di improvvisi accadimenti. Occorre riscoprire l’affrontement, il gusto dell’avventura, norma generale della vita cristiana, anzi della vita di ogni uomo: per riconoscere la direzione del nostro cammino tutto deve passare attraverso il crogiolo della ricerca nelle zone oscure del quotidiano, tutti dobbiamo affrontare il rischio della storia, far divenire abituale la disponibilità ad accogliere l’imprevisto, habitus mentale intriso di speranza dalla quale si impara, praticandola, che si può sbagliare, accettare l’errore come fatto naturale e non come smacco o catastrofe, e ricominciare.
Le ultime vicende di violenza fascista mi permettono di focalizzare alcune riflessioni sul futuro prossimo, nel segno di consapevole “ottimismo tragico”:
Andrea Ucini, Riunione
- I tempi e gli spazi dell’incontro con gli altri non possono che essere lo spazio della fraternità - terreno di vita con tutti, specie con i poveri - e il tempo della misericordia, non delle condanne senza appello, come sempre ci rammenta papa Francesco.
- Tutti noi in questo momento storico ed in questa parte del mondo abbiamo la possibilità di connettere la nostra azione con moltissimi altri e potenziare la prassi del camminare insieme: la sfida è nell’attualizzare questa possibilità.
- La laicità non è un’ideologia, ma “una consapevolezza che si fa carico dell’universale condizione terrestre, della corresponsabilità, dell’ospitalità, del dialogo come dinamica di gestazione delle decisioni collettive, della giustizia verso chiunque” (4). Laico è ogni uomo che si fa carico della condizione umana. Profondamente laici sono dunque i cristiani, nella tensione tra “polo politico” e “polo profetico, tra mistica e politica: è la “plenitudine tragica” della fede cristiana che, pur nell’esperienza quotidiana della notte e del deserto, pur portando “il tragico ai vertici”, rifiuta la disperazione perché trabocca di speranza. Nella Lumen gentium (5) al secondo capitolo (“il popolo di Dio”) i laici non sono compresi a procedere dal riferimento al loro rapporto subalterno e costitutivo nei confronti della gerarchia, ma compresi a procedere dalla vocazione comune a tutto il ‘popolo di Dio’. 
Andrea Ucini, Terapia della luce
I laici cristiani, senza alcuna protervia nei riguardi dei propri pastori, vivono con umiltà ed obbedienza per quanto concerne la fede e la dottrina, ma senza alcuna sudditanza per quanto concerne l’ambito sociale e politico. Il laico cristiano è colui che vive la fede speranza carità incrociandole con il suo vissuto personale e il suo impegno sociale, in costante rapporto con la realtà ecclesiale e pastorale che accompagna ed illumina il suo cammino, lo aiuta a pregare (6), ad ascoltare e leggere la Parola, e nei tempi opportuni gli rammenta che non si può essere cristiani senza Eucaristia.
- Il nostro futuro è legato alla comunione dei volti. Già Italo Mancini auspicava (7) che nel terzo millennio compito urgente fosse la costruzione di una cultura della riconciliazione non attuata a tavolino ma nell’impegno e nel confronto del vivere quotidiano. Riconciliazione che nel rispetto delle diversità deve unire uomini e donne in una possibile convergenza etica “sulla pace, sul pane, sulla casa, sul lavoro, sulla lotta alla corruzione e ad ogni forma di sopraffazione e violenza, sull’ospitalità dello straniero, in altre parole sulla “non-in-differenza” e sul “dis-inter-esse”. Era convinto che sarebbero stati in tanti a sentire, ad acconsentire, a non tirarsi da parte e che il laico cristiano, fedele a Dio ed alla terra, doveva prendere l’iniziativa.
Allora svegliamoci! È possibile preparare, traversando tutte le traversie politiche, sociali o economiche che si vorrà, "un mondo di donne ed uomini di umanità". (8)
 
Note.
Andrea Ucini, Amicizia a distanza
1. Lettera a Diogneto, cfr. V,1-11.
2. Il nostro debito verso Mounier? Lo dico con le parole del suo “amico” Ricoeur: ”Questa maniera di legare la riflessione filosofica, in apparenza la più lontana dall’attualità, ai problemi viventi del nostro tempo, questo rifiuto di dissociare una criteriologia della verità da una pedagogia politica, questo gusto di non separare il “risveglio della persona” dalla “rivoluzione comunitaria”, questo rifiuto di essere portato al pregiudizio antitecnicista con il pretesto dell’interiorità, questa diffidenza per il ‘purismo’ e il catastrofismo, e infine, questo ‘ottimismo tragico’, tutto ciò io definisco il mio debito verso Emmanuel Mounier” (P. Ricoeur, tr. it. Storia e verità, Marco editore, Lungro di Cosenza 1995, pp.XIII-XIV).
3. cfr. Ch. Pèguy, Oeuvres en prose,1909-1914,Gallimard, Paris1961,1444.
4. cfr. Roberto Mancini, Sperare con tutti, Ed. Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano (Bi), 2010, pp. 107-109.
5. “Col nome di laici si intendono qui tutti i fedeli ad esclusione dei membri dell’ordine sacro e dello stato religioso sancito nella Chiesa, i fedeli cioè che, dopo essere stati incorporati a Cristo col battesimo e costituiti popolo di Dio, e nella loro misura, resi partecipi dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano. … Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli i doveri e gli affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi all’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio del proprio ufficio e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo, a manifestare Cristo agli altri. Principalmente con la testimonianza della loro stessa vita, e con il fulgore della loro fede, della loro speranza e carità. A loro quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le cose temporali, alle quali sono strettamente legati, in modo che sempre siano fatte secondo Cristo, e crescano e siano di lode al Creatore e Redentore”.Il Decreto conciliare sull’apostolato dei laici (Apostolicam actuositatem,7) mi pare proprio molto attuale: “L’azione caritativa ora può e deve abbracciare tutti assolutamente gli uomini e tutte quante le necessità. Ovunque vi è chi manca di cibo, di bevanda, di vestito, di casa, di medicine, di lavoro, di istruzione, dei mezzi necessari per condurre una vita veramente umana, ovunque vi è chi afflitto da tribolazioni e da malferma salute, chi soffre l’esilio o il carcere, la carità cristiana deve cercarli e trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli porgendo loro aiuto. E quest’obbligo si impone prima di tutto ai singoli uomini e popoli che vivono nella prosperità”.
6.“Al termine dei nostri giorni saremo giudicati sull’amore, non tanto sulla preghiera, ma la preghiera è, appunto, una prova privilegiata del nostro amore per Dio e, se è autentica, conduce pure all’amore per gli altri. Perché è un impulso progressivo che ci rivela che la Persona che noi incontriamo nella preghiera, dobbiamo ugualmente incontrarla negli altri” (Segundo Galilea, Contemplazione e impegno,Cittadella,Assisi,1975 pp.9-10).
7. cfr. Italo Mancini, Tornino i volti, Marietti, Genova, 1989.
8. “Uomo, svegliati! Il vecchio appello socratico, sempre attuale, è il nostro grido di allarme a un mondo che si assopisce nelle sue strutture, nei suoi comodi, nelle sue miserie, nel suo lavoro e nel suo ozio, nelle sue guerre, nella sua pace, nel suo orgoglio e nel suo accasciamento. […] Bisogna pur giungere a distinguere oggi gli uomini-oggetti, padroni e schiavi, dagli uomini d’umanità. Il secolo tende sempre più, attraverso le più diverse dottrine, a instaurare un universo di uomini-oggetti. Noi prepariamo, traversando tutte le audacie politiche, sociali o economiche che si vorrà, un mondo di uomini di umanità. Ma proprio qui sta forse la massima audacia, quella che accumula contro di sé il massimo di odio. Poiché essa vuole un mondo di uomini liberi, e quando l’uomo non ama la propria libertà più di ogni cosa al mondo, nulla egli detesta di più (E. Mounier, Che cos’è il personalismo?, Einaudi ed., 1948, pp. 79 e 81-82).

11 commenti:

  1. Grazie Gian per questa offerta massiccia e cogente di riflessioni mattutine, ottimo viatico per l’intera giornata. Dino

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  2. Letto d'un fiato. Riletto. E poi riletto. Manifesto eccellente di una condizione e di un "tendere a" in cui mi ritrovo appieno. Grazie. Grazie. E ancora grazie.

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  3. Grazie, bellissimo, tutto da meditare e lo farò...e lo faremo!(È un "futuro continuativo" non un "futuro rimandativo"!!!), intanto ritwitto.

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    1. Molto opportuno il suo rimarcare il “futuro continuativo”, una promessa, una scommessa, una speranza. Grazie di cuore.

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  4. Strano, Facebook non ha neppure notificato l’uscita! C’è di mezzo il COVID. Quando si parla di vaccino, di green pass…L’attacco, che è chiedere scusa per non aver partecipato alla diffusione, si spiega anche per mettere in guardia dal clima, dal focus di rappresentazione dei problemi attuali che il conformismo vuol far passare. Non è così, non dev’essere così… e nel post trovo una sorta di appello i questa direzione. ASSUMERE LA LIBERTÀ DI PAROLA E DI AZIONE VERSO IL BENE COMUNE. La giustificazione, con la messa in opera dei fondamenti teologici etici e filosofici, è puntuale ed incontrovertibile. Dal Personalismo al significato pregnante della Speranza, alla Libertà che contraddistingue il laico , senza inciampo della Indifferenza, senza il passo dell’Individuo, ma con l’armonia della Comunità. Grande Gian Maria!🫂

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    1. Caro amico e compagno di viaggio, opportuna come sempre la tua sintesi e le tue magnanime sottolineature, in perfetta sintonia con i tuoi post! Un caro saluto.

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  5. Da leggere, rileggere, meditare, assimilare ...e trasformare in vita vissuta... Grazie!!!
    Valentina

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    1. Cara professoressa, grazie a lei per ricordare a me ed a tutti che la parola deve essere trasformata in testimonianza. Ne approfitto per dirle tutta la mia ammirazione ed affetto per gli anni trascorsi insieme al Liceo, compreso il bel ricordo del “caso Che Guevara”….

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  6. Mi associo al commento della signora Valeria Cupis: riflessioni importanti su cui meditare. Grazie.

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