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martedì 17 agosto 2021

Costituente della Terra.

Ripensare i diritti di ciascuno nell'ottica di un bene più grande che supera l'individualità.
Post di Rosario Grillo.
 
Terra, NASA
“La forza bruta non è sovrana quaggiù. È per natura cieca e indeterminata. Ciò che è sovrano qui è la determinazione, il limite” (S.Weil, La prima radice).
 
PREMESSA.
Come illuminazione, facendo parte del gruppo che sta lavorando, sotto la guida di Raniero La Valle, a una COSTITUZIONE DELLA TERRA, mi è venuta l’idea di associare lo studio di Alain Supiot alle note feconde della filosofia di Simone Weil, riferendole al momento attuale e alla necessità impellente di curare la “crisi dell’uomo, della società e della natura” rispondendo alla sollecitazione di Papa Francesco e al bisogno di uscire dalla pandemia.
 
Rendiconto di uno studio recente.
Il giurista Alain Supiot è un intellettuale rappresentativo dell’Alta scuola di formazione storica e sociale francese (dentro vi soffia l’esperienza delle Annales). Nella sua ultima fatica mette a fuoco l’impasse del momento attuale spiegandolo nell’ottica di un “imperium” del liberismo deforme.
Non è sano il liberismo che invita alla competizione sfrenata, manipolata in definitiva dal Potere finanziario, disperso per migliaia di uscite ma concentrato in una centrale di comando; esso non discende dall’armonica ricerca dell’utile che prendeva forma dall’interesse “del birraio” secondo gli schemi di A. Smith e compagni, è invece una folle corsa su “l’ottovolante” dell’economia rapace, basata sulla Forza. (1)
L’opera di Supiot porta il titolo La sovranità del limite (mimesis); in essa si segue il tracciato della sovranità moderna, frutto della riflessione prima di Bodin e poi di Hobbes, senza celebrarne la potenza, sottolineando invece, in essa, la limitazione che riceve la volontà. Richiama, per questo motivo, la dottrina cabalistica dello Tzimtzum (contrazione di Dio) rinviante alla auto limitazione in Dio della sua onnipotenza.
Supiot continua con Montesquieu (indipendenza dei poteri come reciproca limitazione), seguendo la parabola che va a finire nella teoria della società aperta.
Esplicita chiaramente il debito che questa riflessione ha con la filosofia di Simone Weil, acuta e pervicace nemica del culto della Forza (2).
 
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Ancora Simone Weil.
A dimostrazione della pregnanza della filosofia di S. Weil, distribuita in varie opere, a-sistematica ma coagulata sull’asse: la grazia e la necessità, mi è richiesto ritornare su di Lei e mettere a fuoco la combinazione tra Libertà e Limite.
L’exergo inquadra il problema. Con esso si può scorrere la biografia di Simone e verificare la sua testimonianza. Dal passaggio come educatrice scolastica, alla difficile “tuta di operaia”, all’esperienza di combattente nella guerra civile spagnola: ogni momento, ogni scelta scandiscono una missione ed è quella di “donna del radicamento”.
La Weil, difatti, invoca per l’uomo “diseredato” la riconquista della sua “radice prima”. Il “radicamento è categoria della ontologia umana e dell’esistenza del mondo, della inscindibile unione tra corpo e anima.
Della “prima radice” Simone traccia il filo della sequenza: ordine, libertà, ubbidienza, responsabilità, uguaglianza, gerarchia, onore, punizione, libertà di opinione, sicurezza, rischio, proprietà privata, proprietà collettiva, verità. Un tutt’uno che intendeva proporre come bozza della Costituzione “di una rifondata democrazia” dopo la notte nazista. In essa vi è una stretta relazione tra diritti e doveri, Dovere che mette la briglia alla “forza astratta” del Diritto. (4) La verità svetta, anche se inseparabile dall’insieme, frutto maturo di una evoluzione cosmica: pensata, “creata”.
 
Il presente.
Terra vista dalla luna, NASA
Dopo queste precisazioni, ritornando sul testo dì Supiot, si riesce a comprenderne l’immensa valenza. Esso va fatto rientrare negli appelli dei pochi intellettuali interessati ad ovviare alla “diaspora” dell’umanità, ad aiutare l’uomo moderno ad uscire dalla sua crisi: crisi immane, che ha compromesso le società, le istituzioni, la natura.
Sull’abbrivio riprendo qualche considerazione di Paolo Farina, laddove segue, passo per passo, il ragionamento di Simone e sottolinea dal suo libro: “Poiché il pensiero collettivo non può esistere come pensiero, esso passa nelle cose (segni, macchine...). Ne consegue questo paradosso: la cosa pensa, e l’uomo è ridotto allo stato di cosa. Dipendenza dell’individuo rispetto alla collettività, dell’uomo rispetto alle cose: una eademque res”. Oppure, quando fa rientrare nel “recupero al radicamento” anche la condizione contadina, allo stato attuale alienata. “Il problema dello sradicamento contadino non è meno grave di quello dello sradicamento operaio. Benché la malattia sia meno acuta, è ancora più scandalosa; perché è contro natura che la terra venga coltivata da uomini sradicati”. (5) Paolo Farina così di seguito commenta : “La Weil già conosceva e puntava il dito contro il fenomeno dello spopolamento delle campagne” (6).
Personalmente - fedeltà alle mie origini in una paese di campagna (d’altura) - credo molto nel riequilibrio tra città e campagna come condizione di una ritrovata armonia, a beneficio della società e dell’economia, della humanitas.
L’orizzonte, in aggiunta, è più largo, globale, a dimostrazione della curvatura che la storia ha preso e della necessità di intervenire con cognizione di causa.
Nel mezzo - di grande impatto - la rieducazione dei cittadini, tutti, al senso del limite rappresenta la prima cura.
 
Mercurio, Venere, Terra, Marte, Immagine NASA
Note.
(1) Papà Francesco nell’ultima enciclica scrive : “La persona umana, coi suoi diritti inalienabili, è naturalmente aperta ai legami. Nella sua stessa radice abita la chiamata a trascendere sé stessa nell’incontro con gli altri. Per questo «occorre prestare attenzione per non cadere in alcuni equivoci che possono nascere da un fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso. Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali – sono tentato di dire individualistici –, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” (monás), sempre più insensibile […]. Se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni…”85
(2) Molti i libri dedicati da Lei a questo tema, tra i quali il celebre Iliade o il poema della forza .
(3) "A quattordici anni sono caduta in uno di questi stati di disperazione senza fondo propri dell’adolescenza, e ho seriamente pensato alla morte, a causa delle mie mediocri facoltà naturali. Le doti di mio fratello, che ha avuto un’infanzia e una giovinezza paragonabili a quelle di Pascal, mi obbligavano a rendermene conto. Non invidiavo i suoi successi esteriori, ma il non poter sperare di entrare in quel regno trascendente dove entrano solamente gli uomini di autentico valore, e dove abita la verità. Preferivo morire piuttosto che vivere senza di essa. Dopo mesi di tenebre interiori, ebbi d’improvviso e per sempre la certezza che qualsiasi essere umano, anche se le sue facoltà naturali sono pressoché nulle, penetra in questo regno della verità riservata al genio, purché desideri la verità e faccia un continuo sforzo per raggiungerla", in Simone Weil, Attesa di Dio, trad. it. di Orsola Nemi, Rusconi, Milano 1991, p. 38 sottolineatura mia
(4) È da evidenziare la ricorrenza dell’accento posto sul Dovere in quei/le pensatori/trici che hanno forte tempra morale e con la morale intendono intessere la società umana. Merita così una menzione il nostro Mazzini.
(5) I brani della Weil riportati appartengono a la prima radice.
(6) www.unive.it Simone Weil e il male dello sradicamento sociale.

2 commenti:

  1. Caro Rosario, grazie di cuore. Il tuo persistente tenace caparbio impegno volto a curare la “crisi dell’uomo, della società e della natura” sotto la guida del caro e grande Raniero La Valle è una bella attesa lezione, mirata ad istruire ed educare con “leggerezza” (quella descritta da Calvino nelle sue “lezioni americane”) che è offerta a tutti i nostri lettori e che nobilita questo nostro blog. Infine sempre coinvolgenti, nella critica impietosa al “liberismo deforme”, le citazioni di S. Weil, volte a sollecitare tutti noi “diseredati” alla riconquista del “radicamento”.

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  2. Ti rispondo da un angolino di Scicli mentre attorno è tutta un’esplosione di barocco. Il barocco lo voglio riprendere non come espressione di ricercatezza e manierismo ma nella dimensione della fantasia che con l’immaginazione cerca forme nuove ( in effetti così fu nel barocco siciliano esploso dopo la distruzione del terremoto di fine ‘600.)
    In misura uguale abbiamo bisogno di volare via dal consunto ( il consumismo che eccita fuor di equilibrio), di inventare le vie del riscatto dell’Umano. S. Weil ci dice che non potrà avvenire al di là della Terra. Cielo e Terra sono congiunti! ( ancora e sempre Incarnazione…) Perciò si richiede l’Impegno totale a salvare la Terra.
    Tu Gian Maria hai inteso ed esaltato il messaggio, riconoscendomi meriti al di sopra delle mie capacità. Rossana si è dedicata, come sempre e più di prima, nella cura dell’impaginazione e del commento visivo. Del bog, vostra creatura, debbo dire che mi illumina e mi arricchisce.

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