Imparare a dare nomi a sentimenti ed emozioni.
Post di Rossana Rolando
Immagini delle sculture lignee di Alessandra Aita (qui il sito).
Alessandra Aita |
La cultura e i sentimenti. Ancora una volta, si pensa di affrontare un enorme tema – come quello dell’educazione all’affettività – con qualche ora in più, in questo caso pomeridiana e libera, affidata a docenti volenterosi e psicologi.
Da anni si espropria e si svuota la scuola del suo specifico ruolo - che è quello di educare attraverso la cultura - per introdurre materie trasversali che rischiano di rispondere solo alla strategia politica di chi cerca di ottenere consenso, facendo leva sulla diffusa ansia sociale, attraverso l’offerta di soluzioni facili e semplificate rispetto a problemi difficili e complessi.
Imparare a dare nomi, relativamente a quel magma emotivo che si agita nella mente di ciascuno, è un cammino lungo e tortuoso. Non ci sono scorciatoie. I tempi interiori devono essere quelli giusti, per trovare la corrispondente accensione.
Alessandra Aita |
E si potrebbe continuare…
La scuola, se fa bene il suo mestiere, educa all’affettività nei tempi lunghi dell’incontro - sempre da ritrovare - tra la vita vissuta e la comprensione di essa, attraverso il complicato lavorio della riflessione.
L’ho detto con esempi tratti dalla filosofia.
Lo vorrei ridire facendo riferimento alla letteratura, maestra di sentimenti.
In un racconto di Čechov si narra di uno studente, figlio di un diacono, il quale esce di casa verso sera, in un imprecisato venerdì santo, giorno in cui ricorre – per i cristiani – la memoria della morte di Gesù. In casa sua si digiuna ed egli sente i morsi della fame e del freddo. Forse per distrarsi, decide di uscire e, nel suo vagabondare, giunge alla casa di due vedove che hanno appena finito di cenare, evidentemente lontane dalle consuete pratiche religiose.
Lo studente racconta loro la vicenda di Pietro, l’apostolo follemente innamorato di Gesù, che segue da lontano il suo maestro, ormai fatto prigioniero, temendo di essere a sua volta arrestato. Gesù gli ha predetto il suo futuro tradimento: “Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte”. Pietro dapprima si è schernito, poi però, di fronte alle provocazioni di chi lo ha riconosciuto come discepolo, ha confermato ripetutamente di non sapere chi fosse quell’uomo e, solo dopo aver sentito il canto del gallo, ha preso piena coscienza del suo gesto. Lo studente termina il racconto evangelico con l’immagine di un Pietro affranto dal dolore, per la sua debolezza, amaramente travolto dal pianto.
Una delle due donne, ascoltato l’episodio evangelico, inizia anch’ella a piangere, mentre l’altra è visibilmente scossa. Lo studente riflette sullo stato d’animo della prima, suscitato dal pianto dell’apostolo Pietro, un uomo vissuto in uno spazio lontano, a centinaia di anni di distanza. Non può trattarsi di un coinvolgimento dettato dalla fede, visto che le due donne non sembrano afferrate all’interno del tempo liturgico del venerdì santo. Non può essere neppure la narrazione di per sé, se in chi l’ascolta non si risveglia alcuna risonanza interiore, qualcosa che c’è già, anche senza saperlo.
Nella donna, dunque, deve essersi smosso un sentimento profondo, preesistente, in quanto universalmente umano: il pianto di Pietro si è fatto presente in lei ed è divenuto il suo pianto. Come se due fili si fossero toccati in una misteriosa catena empatica, in cui l’una ha sentito il sentire dell’altro.
Metaletteratura.
Alessandra Aita |
Čechov conclude il suo aneddoto sulla potenza della letteratura – che in questo caso è racconto del racconto - riportando in primo piano lo studente. Egli prova un’immensa gioia, data dalla scoperta di quel misterioso con-sentire (sentire insieme, pur a distanza temporale e spaziale), in cui scorge, ad un tratto, l’aspetto meraviglioso della vita e il suo vero significato.
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Rosario: Chi “ sente” ( sentimento che è più della sensazione epidermica) i momenti della scena scolastica ( incontro, lezione, domande risposte, dialettico confronto…) sa l’enorme fascio di imput educativi che transitano nel frattempo ( ognuno accompagnato da relazione affettiva). Solo da esterni osservatori, per giunta imbottiti di eteromia e di nozionismo cognitivista, vengono sollecitazioni improprie e fuorvianti. In pieno accordo con te, Rossana 👏🤗🍀
RispondiEliminaIeri mattina un alunno mi raccontava lo stile di Agostino nelle sue "Confessioni" e ricordava come si tratti di un'opera "ricca di pathos"...
RispondiEliminaEcco, l'aspetto emotivo emerge dovunque nella lezione, ma in modo mediato, attraverso gli autori e i loro scritti o anche - come dici tu - attraverso la relazione che si instaura tra insegnante ed alunni e tra gli alunni stessi, in quella scuola di convivenza che è la classe e l'intera comunità scolastica. Voler sostituire i tempi della mediazione con l'immediatezza illusoria di qualche ora - esclusivamente dedicata all'affettività - mi pare poco credibile, rispetto ai tempi lunghi della vita.
Grazie, un abbraccio, Rossana.
Quanto avrei voluto dire, cara Rossana, lo avete espresso benissimo tu e Rosario anche nei commenti.
RispondiEliminaNon si può sostituire con l'immediatezza illusoria di qualche ora dedicata specificamente all'affettività quel lungo lavoro di mediazione creato dalle relazioni tra allievi e maestri, insieme all' incontro con gli autori studiati e il loro pensiero. E' un lavoro che lascia il segno nel tempo perché è vita!
Grazie!
Grazie, Annamaria. C'è sempre una sintonia profonda nel nostro modo di vedere la scuola e le sue problematiche. In questi tempi difficili, è un conforto. Buona giornata.
Elimina"Da anni si espropria e si svuota la scuola del suo specifico ruolo - che è quello di educare attraverso la cultura - per introdurre materie trasversali che rischiano di rispondere solo alla strategia politica di chi cerca di ottenere consenso, facendo leva sulla diffusa ansia sociale, attraverso l’offerta di soluzioni facili e semplificate rispetto a problemi difficili e complessi. Imparare a dare nomi, relativamente a quel magma emotivo che si agita nella mente di ciascuno, è un cammino lungo e tortuoso. Non ci sono scorciatoie. I tempi interiori devono essere quelli giusti, per trovare la corrispondente accensione.". E ancora: "E’ necessario essere lì pronti e vigili per rendersi conto, con Spinoza, che la nostra mente è sempre “emozionata” e ogni moto dell’animo può essere definito con geometrica precisione." Mi trovi in perfetta sintonia. Mi conforta sapere che in un liceo ligure tanti studenti, grazie a te, avranno un'ottima formazione, culturale ed emotiva... Grazie. Un abbraccio.
RispondiEliminaGrazie, Maria. Spargiamo semi - come insegnanti - di frutti che possiamo solo augurarci. Un grande abbraccio.
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