A partire dal racconto di Kafka, "La tana", si sviluppa un percorso filosofico letterario sul tema de "la casa" e sul suo ricchissimo significato metaforico.
Post di Rossana Rolando
Immagini fotografiche dei disegni di Tullio Pericoli (da “La casa ideale di Robert Louis Stevenson”).
Tullio Pericoli |
Il
racconto si presta a diversi piani di lettura:
Tullio Pericoli |
2. La
casa identità. Un secondo livello è quello sociologico: la sicurezza – di cui
la paura è l’altra faccia – viene assunta come principio fondante da un soggetto che
costruisce la propria identità sulla base dell’appartenenza ad uno spazio
(l'unione indissolubile con la tana), dell’attaccamento ad un
suolo di cui si sente Padrone assoluto. Nella
tana non può entrare nessuno: è stata concepita in modo tale da non permettere
ad altri di penetrare (l’accesso visibile è illusorio, finisce contro una
roccia, quello vero è nascosto dal musco e solo il padrone - che non si fida di
nessuno - può scendervi). Perciò la scoperta di quel fastidioso rumore è la
minaccia manifesta alla propria sicurezza: qualcuno sta scavando molto vicino
(il rumore), sta invadendo il territorio (che non può essere condiviso, il
vicinato non è tollerabile).
Tullio Pericoli |
Un racconto ricchissimo di risonanze, come sempre in Kafka, grande soprattutto nel richiamare alla mente le angosce dell’uomo, le sue paure e le sue molteplici malattie.
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La
casa è tema su cui si è esercitata la letteratura e la filosofia: da Stevenson
a Rilke, da Bergson a Jung, fino al saggio stupendo di Bachelard, “La poetica
dello spazio” (ed. Dedalo, Bari 2015), in cui la casa ha un ruolo fondamentale.In relazione a quest’ultima opera, evoco soltanto tre suggestioni (corrispondenti - a mo’ di controcanto - alle tre letture di Kafka sopra menzionate):
Tullio Pericoli |
2. La
casa porta. La dialettica del “dentro” e del “fuori” è divisa dalla soglia (“Una
soglia è una cosa sacra”, dice Porfirio). La porta ne racchiude il mistero: “a
volte, eccola ben chiusa, sbarrata con il paletto o con il catenaccio; a volte,
eccola aperta, cioè spalancata”. La vita di ogni uomo è la storia di tutte
“le porte che si sono chiuse, aperte, di
tutte le porte che si vorrebbero riaprire” e di quelle che è bene mantenere
chiuse (p. 259). Per questo l’uomo può essere definito come “l’essere
socchiuso” (nella duplicità sempre contrastata intimamente dell’aprire e del chiudere).
3. La
casa intimità. L’interiorità è il luogo in cui si custodisce il mistero
dell’essere. Nello spazio della casa si comprimono i tempi e i ricordi. La
poesia sa dirlo meglio della filosofia: “Il mondo è grande, ma in noi è
profondo come il mare” (R. M. Rilke); “Lo spazio mi ha sempre reso silenzioso” (J.
Vallès); noi siamo “abitanti delicati delle foreste di noi stessi”, J.
Supervielle (pp. 217 e 221).
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Tullio Pericoli, La casa ideale di Robert Louis Stevenson |
È una perla ! Innanzitutto perché nella metafora kafkiana racchiude, senza gridare, l’assurdita’ dei confini che ritornano, la barbarie della “ identità isolata”. Poi perché allarga l’orizzonte: epistemologico, con Bachelard che modella tutt’altro genere di casa; poetico, con Rilke che dipinge la coesistenza dei contrari. Grazie!🌹
RispondiEliminaGrazie Rosario per il tuo graditissimo commento che credo possa anche avvicinare ad un post il cui tema potrebbe sembrare strano. Invece, la casa, è una potente metafora di molte dimensioni del nostro vivere (mentali e sociali). Un caro abbraccio.
EliminaDa leggere.
RispondiEliminaOttimo spunto per capire..per pensare la propria esperienza.grazie
RispondiEliminaGrazie a lei per il commento e per la condivisione di pensieri. Buona giornata.
EliminaSi, Rossana, nel post avverto qualche stranezza, non tanto nel tema certamente importante ma, forse, nell'equilibrio delle sue parti. Comunque sia, per me, questo post si sta rivelando molto importante.
RispondiEliminaEro certamente in piena adolescenza quando mi capitò di leggere un racconto di Kafka su una macchina per la tortura.L'impressione fu così forte che non ho voluto leggere mai più Kafka, tranne, pochi anni fa, una lettera al padre, e con un occhio solo.
Mai.
Poi è arrivato il tuo post e credo che sia stata la relazione di fiducia che ho con "Persona e Comunità" che mi ha consentito di leggere tranquillamente le tue considerazioni, di ascoltare la presentazione vocale e infine di ascoltare, in alcune riprese, "La Tana".
Ho tirato fuori i Meridiani, regalo di trent'anni fa, ho aperto i Racconti e mi sono letto La metamorfosi. Bellissimo. Uno scrittore di una potenza unica, ma questo lo sapevo già. Ho trovato il titolo del racconto della macchina della tortura e sarà il prossimo!
Un profondo, riverente grazie.
Che meraviglia Gianni (ti rispondo solo ora per problemi di connessione). Sono davvero felice di questo tuo ri-trovamento e di esserne stata l'occasione. Mi hai fatto anche sorridere (mi auguro che la macchina della tortura sia oggi meno torturante...). Buona giornata e grazie a te per l'amicizia che contraccambiamo con uguale riverenza.
EliminaHo portato a termine la lettura di "Nella colonia penale" (1914) abbastanza agevolmente, forse vaccinato. La macchina alla fine viene sconfitta, si distrugge e uccide, fuori dagli schemi previsti, l'"Ufficiale" che, sconfitto, si immola. La sconfitta nasce dal NO dell'"Esploratore" che responsabilmente si oppone alla fascinazione delirante. Veniamo a sapere, però, che i seguaci del "vecchio comandante" sono numerosi seppure al momento tacitati. La salma del leader non riposa in terra consacrata ma nel pavomento di una bettola, coperta da un comune tavolo.
EliminaBuona domenica, miei cari.
Davvero prezioso questo tuo post: ricco di risonanti suggestioni, sulle quali vorrò "soggiornare". Grazie. Buon Ferragosto.
RispondiEliminaGrazie a te Maria. Ricambio l'augurio per questi giorni estivi e per Ferragosto. Un abbraccio.
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