L'articolo avvicina alla figura del pensatore Byung-Chul Han e, attraverso di lui, a molte criticità del vivere contemporaneo.
Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle opere in ceramica di Johnson Tsang, pubblicate per gentile concessione dell'artista di Hong Kong (qui il sito).
Johnson Tsang, Quarantena |
🌟 1. La società della stanchezza.
La “società disciplinare”
del XX secolo era una “società della
negatività” del divieto e del no, in cui i cittadini erano “soggetti
d’obbedienza”. La sua caratteristica era il paradigma immunologico,
difesa-attacco sia a livello biologico sia sociale: tutto ciò che era estraneo,
altro, esterno, nemico provocava una reazione immunitaria e veniva attaccato.
Oggi la società è completamente diversa con l’abbattimento di barriere confini frontiere muri che impediscono l’universale processo di scambio: “il paradigma
immunologico non è compatibile con il processo di globalizzazione odierna” (5).
(Annotazione interessante per valutare ad es. la questione migranti ed il
“cambiamento” in atto nella nostra Italia, che mi pare regressiva reazione
immunologica di retroguardia).
Johnson Tsang, In gabbia |
Esiste tuttavia un’altra forma di
possibile “stanchezza”: profonda, fiduciosa del mondo, capace di dire “no
grazie”, di aprirsi ad uno spazio dove è possibile indugiare,
soffermarsi non su ciò che devo fare, ma su ciò che mi circonda. Stanchezza che
nulla ha a che vedere con l’esaurimento, perché è elevarsi ad
un’attenzione ben diversa dalla sbrigativa ed effimera iper-attenzione
del nostro mondo frenetico che non tollera pause.
E’ l’indugiare
della vita contemplativa, “una particolare pedagogia del vedere anche
l’odore delle cose”: “la sua atmosfera fondamentale è lo stupore per l’essere
così delle cose” (9) che impedisce “l’erranza degli occhi” e consente
l’arte e la cultura. Dunque una stanchezza che cura,
“danza statica” che si sottrae completamente al
principio di prestazione.
Johnson Tsang, Discorso sull'anima |
La società della stanchezza e della prestazione, in cui
tutto è possibile, “non ha alcun accesso all’amore”, perché, afferma Lévinas,
“l’amore non è una possibilità, non si deve alla nostra iniziativa, è senza
fondamento, ci coglie di sorpresa e ci ferisce” (10). Alla radice c’è
“l’erosione dell’Altro, che ha luogo attualmente in ogni ambito della vita e si
accompagna alla crescente trasformazione narcisistica del sé” (11). Il fatto che
l’Altro scompaia
drammaticamente avviene senza essere rilevato dai più. Il soggetto narcisista
non è capace di riconoscere l’Altro nella sua alterità e di accettarla: “per
lui ha senso solo ciò in cui può riconoscere, in qualche modo, se stesso”(12).
L’Altro non è più una persona, un
“tu”,“non si può rivolgergli
la parola”, non ha neppure un “volto”. Non può essere amato, ma solo
consumato. L’amore non è più un evento, una
trama, una narrazione, un dramma, solo emozione ed eccitazione (13). All'amore come esperienza sacra e al carattere sacro della
stessa sessualità subentra la «profanazione»
nella pornografia, che calca solo “il palcoscenico dell’uno” e cancella
interamente l’alterità.
L”Eros in agonia” comporta conseguenze ben al
di là della sfera dei rapporti interpersonali. Al venir meno della base
dell’amore cioè della esperienza dell'altro come altro, entrano in crisi la
fantasia (“le fantasie per l’Altro”) e conseguentemente la letteratura, l'arte
e la politica (14).
Johnson Tsang, Aprire la mente |
Non è vero, come ritiene Anderson (18), che grazie
a Google non c’è più bisogno della teoria, cioè di interpretazione e
spiegazione dei dati. Le teorie “non sono modelli che si possono sostituire con
l’analisi dei dati”, ci dicono “cosa deve essere e cosa no”, tracciano scelte
essenziali che illuminano il mondo prima di spiegarlo (19).
Logos ed Eros, pensare ed amare - ci insegnano
Socrate e Platone - sono in relazione intima: il logos è privo di forza senza
la potenza dell’Eros, figlio di “poros”, che indica al pensiero la via del
non-percorso, “l’impercorso”. Platone chiama Eros “philosophos”: un amico, un
amante, non una persona esterna ma ”presenza intrinseca al pensiero. una
condizione di possibilità del pensiero stesso, una categoria vivente” (20). Si
deve essere stati amici, amanti per poter pensare. La filosofia è traduzione
dell’eros in logos e deve al primo la sua vivezza e inquietudine.
Indugiare
nell’attenzione profonda, riscoprire l’Altro: preannuncio delle riflessioni
in “L’espulsione
dell’Altro” e “Il
profumo del tempo”.
Johnson Tsang, Contro il muro |
1. Byung-Chul
Han, La società
della stanchezza, Nottetempo Roma, 2012 (ristampa giugno 2017), p.21.
2. Byung-Chul Han, Eros in agonia,
Nottetempo, Roma, 2013, sesta ristampa 2017.
3. Byung-Chul Han, L’espulsione
dell’altro, Nottetempo, Roma, 2017.
4. Byung-Chul Han, IL PROFUMO DEL
TEMPO,L’arte di indugiare sulle cose, Vita e Pensiero, Mi, 2017.
5.Byung.Chul Han, La società della stanchezza, cit., p.12
6. o.c. cfr.p.7.
7. o.c. p.19. Gli “infarti psichici” sono depressione,
sindrome da deficit di attenzione e iperattività, disturbo borderline, sindrome
di burnout.
8. o.c p. 26. Cfr. anche Byung-Chul Han, Eros in agonia,
o.c. pp.19-22: “L’autosfruttamento del singolo individuo è molto più efficace
dello sfruttamento estraneo, perché si accompagna a un sentimento di libertà.
Lo sfruttamento diventa possibile così anche senza dominio. […] La
costrizione autoindotta appare come libertà, così da non essere riconosciuta in
quanto costrizione. Il “tu puoi” esercita persino più costrizione del “tu
devi”. […] Il regime neoliberale nasconde la propria struttura
costrittiva dietro l’apparente libertà del singolo individuo…[…] Chi fallisce
è per di più lui stesso, colpevole, e da quel momento in poi porta questa colpa
con sé. Non c’è neppure alcuna possibilità di perdono e di espiazione. Ne
deriva non solo la crisi della colpa, ma anche della gratificazione.[…] Queste
crisi rendono evidente che il capitalismo non è una religione, perché ogni
religione opera per mezzo di colpa e di perdono. Il capitalismo è soltanto
colpevolizzante […] La depressione del soggetto di prestazione presenta,
insieme all’esaurimento (burnout), un
fallimento irrimediabile
del potere, ovvero un’insolvenza psichica.
“Insolvenza” significa letteralmente l’impossibilità di estinguere (solvere) la
colpa”.
9. o.c. cfr.pp 34-356 e 47 e seg.
10. Byung-Chul Han, Eros in agonia,
o.c. p. 25
11.o.c. p.6
12. o.c. p.8
13. o.c. p.25
14. o.c. p.67. Si vedano inoltre le pp. 57-76
15.o.c.p.9
16.o.c.p.30
17.o.c. p.73
18. o.c. p. Redattore
capo della rivista di informativa “Wired”: riferimento al suo articolo
“La fine della teoria”.
19. o.c. p. 79 e 81
20.o.c. p.85
21.o.c. p.
Splendida riflessione. Grazie.
RispondiEliminaSono io a ringraziarLa.
EliminaNella sintesi di un compendio, con la forza di una “summa” Gian Maria illustra l’interessante percorso di un giovane filosofo, che apre l’osservatorio sulla società del presente. Apparentemente dinamica, essa è involta nell’autoesaltazione del narcisismo e brucia velocemente i suoi futili scopi all’altare dell’efficienza.
RispondiEliminaSono convinto, a dispetto di quanti minimizzano e criticano, riducendo tutto alla “ decrescita felice”, che solo dal ripiegamento nel Se’ può venire la rinascita.
Grazie Gian Maria! 🎈
“Osservatorio” decisamente impietoso e pur tuttavia non disperante, anzi stimolo ad un vero “cambiamento” che può avvenire solo ripristinando a livello globale il tempo in cui c’è l’Altro, ovvero l’incontro e l’ascolto.
EliminaRiflessione molto intensa. Indubbiamente, dà da pensare. E dovremmo sempre trovare il tempo per farlo....
RispondiEliminaE' vero! Trovare il tempo, l’arte di perdere tempo, prendere tempo, vincere il tempo: ridare posto alla vita contemplativa nella sua forma più quotidiana, riapprendere a ‘indugiare’, cioè a restituire al tempo il suo ‘profumo’ di memoria, di vigile sguardo sul mondo presente e di attesa. Grazie.
EliminaMolto interessante il suo articolo, grazie. Ho letto "La società della stanchezza" e altri di Byung-Chul Han, mi piacciono le sue analisi (che anch'io non condivido "in toto").
RispondiEliminaConfermo che anch’io non condivido “in toto” le sue analisi, che a volte mi paiono troppo pessimistiche e quasi apocalittiche. Tuttavia, al di là di alcune affermazioni forse paradossali e non sempre approfonditamente argomentate, rilevo la non comune e lucida immersione nella cultura odierna, l’autentico I Care, l’ urgente impegno di ricostruzione di una comunità umana basata sull’ascolto ed apertura all’Altro. Grazie.
EliminaCerto, bella riflessione.
RispondiEliminaGrazie.
EliminaDa leggere.
RispondiEliminaGrazie.
Eliminagrazie. condivido il pensiero di Han. ho avuto bisogno di soffermarmi sulla nota a piè di pagina, pp 19 - 22. grazie
RispondiEliminaGent.le Roberta, immagino si riferisca alle pagine di “Eros in agonia”, sulle quali anch’io ho ritenuto di soffermarmi. Buona serata.
EliminaGrazie, trovo questo articolo molto stimolante.
RispondiEliminaLa ringrazio per il Suo generoso apprezzamento.
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