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lunedì 4 dicembre 2023

I voti come risorsa educativa.

Comunicare e descrivere un percorso formativo.
Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Pepe Serra (qui il sito instagram).

Pepe Serra, Percorrendo la strada della cultura

Da tempo divampa la polemica sui voti, per taluni ostacolo all’apprendimento, da relegare semmai a fine anno e da soppiantare con annotazioni scritte in nome della “valutazione evolutiva”, nuova scoperta dell’acqua calda, che pare ignorare circa 50 anni di letteratura pedagogica sulla conditio sine qua non di ogni valutazione, compreso il voto qualis esse debet che non ha nulla da spartire con la patologia in modalità “fiscale”. Mia moglie (docente di filosofia nel nostro liceo ingauno) ed io (preside per 26 anni, pensionato) siamo convinti che la valutazione con voto sia sicura risorsa educativa se si vivono le sue inderogabili condizioni. Liberiamoci subito da equivoci e confusioni. Il voto, espressiva comunicazione matematica, è nel processo valutativo la punta dell’iceberg: non è fuori dal tempo e dal contesto senza un prima e un poi, ma comunica in sintesi di volta in volta i livelli della crescita formativa sino alla sua conclusione, in base a criteri discussi, approvati in sede collegiale e comunicati ad alunni e famiglie.  Non confondiamolo con il suo uso fiscale”, specchio di nullità pedagogica, che alunni e genitori finiscono per interpretare come intollerabile giudizio sulla persona (“tu vali e sei x”) nell’inaccettabile relazione simmetrico-competitiva. Significa ben altro: poggia sulla verifica continua del percorso didattico educativo di chi apprende e di chi insegna. Dimmi come valuti e ti dirò chi sei come insegnante e come persona nella relazione con te stesso, gli altri, il mondo. Il problema non è il voto, è vivere insieme, condiviso, il cammino formativo e le sue varie tappe, nel rispetto delle responsabilità e ruoli diversi, nella reciproca fiducia. Allora il voto nella sua sensitiva aritmetica immediatezza è sintesi eloquente, indicatore del percorso di crescita umana e culturale di ogni alunno/a.
Pepe Serra, Come ci siamo arrivati
Immagino che siamo tutti d’accordo che la scuola non debba mortificare ma liberare, che lo studio, pur esigendo fatica e rigore, non debba essere angosciante, ma debba produrre cultura ed umanità. La valutazione tramite voto ne è il riscontro, praticata all’interno di positive relazioni, nella continua attenzione-preoccupazione-verifica del percorso di crescita di ogni alunno. Valutare è dimensione fondamentale quotidiana di chi educa insegnando. Non riguarda l’avere ma l’essere: comunicazione in cui tutti imparano (docenti discenti genitori) e prendono atto della situazione in quel particolare momento, i passi compiuti e/o da compiere. Atto educativo che non lede l’autostima di nessuno, funzione promozionale all’apprendimento per procedere avanti rispetto alle idee o abilità possedute. Insomma strategia educativa essenzialmente finalizzata alla costante verifica dell’azione didattica. Valutare è capire, rendersi conto, esercitare criticamente la propria ragione entro relazioni interpersonali volte ad umanizzare, rispettare incondizionatamente l'alunno, comprenderne il vissuto e coglierne gli aspetti variegati della personalità. Non è assegnare un voto e basta, ma - per suo tramite - verificare l'efficacia didattica del docente e l’esito formativo di ogni conoscenza nuova, il passo che compie l'allievo/a rispetto ai livelli prima posseduti e il punto su cui può appoggiarsi per una ripresa o revisione del cammino. E' evidente che tutto ciò è realizzabile solo se si utilizzano tecniche trasparenti e misurazioni attendibili in un contesto relazionale dialogico. Il docente serio che dà i voti si distingue per l'atteggiamento critico verso il proprio insegnamento, consapevole che la propria soggettività rischia di essere disturbata da meccanismi proiettivi, pregiudizi e stereotipi che tiene sotto controllo. Altrimenti diventa violenza.
Pepe Serra, Coppa veloce o campionato lento
Non è certo facile conciliare la dimensione dialogica relazionale della didattica con l’esigenza amministrativa di accertare il know how, ovvero il sapere configurato in conoscenze e capacità, certificabili e documentabili. Il punto d’incontro tra queste due prospettive è nella precisa azione valutativa che si delinea sotto due aspetti: tecnico-procedurale (measurement: diagnosi, controllo periodico, comparazione dell’apprendimento con lo standard previsto al termine di un determinato percorso, sintesi conclusiva) e culturale-educativo (evaluation che guarda agli aspetti psicologici e sociali della valutazione, tocca la natura profonda del rapporto docente-discente, investe la sfera delle aspirazioni ed attese dell’allievo nel considerare se stesso e le sue scelte di orientamento nel rapportarsi con il mondo. In nessun modo possono essere separati i due aspetti. Il voto finale al termine del percorso non è la resa dei conti, ma segno del cammino di crescita. Non si dà il voto alla persona, ma al comportamento e alle cose se e come sono state fatte: occorre farlo percepire chiaramente ad alunni e famiglie.
Con tutto ciò la valutazione è e deve rimanere "soggettiva", ma nell'unico significato possibile: atto responsabile di un soggetto interiormente libero e professionista capace. Così strutturata la valutazione per voti non sarà mai violenza e può rispondere serenamente alla domanda A chi e a che cosa servono i voti?” Sono l’informazione di ritorno (feedback), servono a rendere tutti più consapevoli. Agli studenti e famiglie: indicano la qualità del lavoro svolto e degli apprendimenti realizzati, in vista di eventuali miglioramenti. Agli insegnanti, per calibrare la didattica sulle capacità degli studenti e sugli obiettivi raggiunti o non raggiunti, in una prassi adeguata alle necessità dello studente e del gruppo in cui è inserito.
Pepe Serra, Il cammino
Naturalmente sono necessarie indispensabili condizioni da parte di tutti: da parte dello studente la consapevolezza che la scuola esiste per aiutarlo ad imparare e che lui solo può imparare e nessuno può farlo al suo posto e che il docente non è giudice né potenziale nemico; da parte dell’insegnante la capacità d’indicare allo studente la strada della conoscenza, accompagnarlo nel cammino, sorreggerlo, spronarlo, confortarlo nei momenti difficili; da parte dei genitori in particolare liberarsi dell’ipertrofica importanza del voto fiscale che ricerca senza riguardi il “successo” del figlio, che non può essere messo in discussione da voti percepiti come ingiusti, immeritati, insoddisfacenti.
Non c’è valutazione senza comunicazione, non c’è comunicazione senza feed-back: comunicare è interagire, interagire è scambio di continue valutazioni e messaggi (contenuti e relazioni) nel linguaggio verbale e non verbale. Nella valutazione, come in ogni comunicazione, è sempre presente la metacomunicazione: che cosa comunica la tua comunicazione che avviene all’interno della dinamica del gruppo classe, ovvero all’interno di una precisa definizione di relazioni con gli altri? Quale relazione contrassegna la tua classe? Democratica, autocratica, permissiva? Rigida, flessibile simmetrico competitiva?
Infine la cultura della responsabilità non prescinde dall’esprimere voti negativi, perché in questo contesto il negativo acquista il valore di positività: non nasce dalla volontà di escludere o di segregare ma dall’esigenza di guidare, aiutare a comprendere se stessi, ma anche di proteggere la comunità dall’incompetenza di chi rifiuta di riconoscersi tale e dall’arroganza che pretende di arrivare senza averne i requisiti. È proprio nel momento del voto negativo che il docente dimostra la sua irrinunciabile vocazione a promuovere con passione la non resa, se sa valutare di ogni allievo “non quanto le sue spalle siano ancora inadeguate, ma quanto un giorno si dimostreranno robuste”.
 
Pepe Serra, Vie alternative
In conclusione il voto assume il suo pieno significato didattico ed educativo solo se il docente:

- sa comunicare e ascoltare, ha consapevolezza delle interazioni verbali e non verbali proprie della relazione educativa e didattica - inserisce il suo intervento nel contesto sistemico della classe e della scuola, consapevole della interdipendenza tra comunicazione e valutazione (dove il feed-back è elemento decisivo) - è consapevole del significato promozionale e non fiscale del voto

- le sue misurazioni sono attendibili sia nel senso del rigore docimologico sia della sua capacità di comunicare e descrivere un percorso formativo, valutando sia il pensiero convergente sia il pensiero divergente.

- sopratutto - segno d’intelligenza socratica nell’avventura spirituale e materiale che è l’esserci a scuola come docente - si mette in discussione: in discussione i propri canali di comunicazione, le proprie difese ed abitudini, i propri pregiudizi che molto hanno a che fare con la valutazione. E riflette, discute, provoca,sollecita. E mai dimentica che, come gli insegnanti dedicano una parte notevole del loro tempo a valutare, così anche gli alunni sono continuamente impegnati a valutare il docente…

“Nello studio dell’appartamento dove vivo, al Quirinale, ho collocato un disegno che raffigura un ragazzino, di quattordici anni, annegato, con centinaia di altre persone, nel Mediterraneo. Recuperato il suo corpo si è visto che, nella fodera della giacca, aveva cucita la sua pagella: come fosse il suo passaporto, la dimostrazione che voleva venire in Europa per studiare” (Mattarella). (qui)

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4 commenti:

  1. Tema ardimentoso e poliedrico. Tu, caro Gian Maria, lo esamini in modo esperto e con la competenza di un docente e di preside ( che grande equilibrio dev’esserci in colui che dirige un’intera comunità scolastica?). Ma… la società squinternata odierna, la disattesa delle competenze e la conflittualità permanente impediscono di affrontare con rigore ed oggettività il problema. Concorre la deficienza della cornice morale. Così stando le cose, si va in cerca dell’ “asino che vola”. Riusciamo riportare la scuola alla sua profonda dimensione educativa? Un abbraccio Rosario

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    1. Caro Rosario, aggiungo alla tua telefonata di qualche ora fa la mia piena condivisione sul "riportare la scuola alla sua profonda dimensione educativa", nell'impegno quotidiano di tanti docenti (e nostro) a liberare la scuola dalla "deficienza della cornice morale.

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  2. fa piangere. è tristissimo ripensare al bambino di quattordici anni annegato con dentro la sua giacca, la pagella. circa i voti, non ho un parere chiaro. oscilla tra sì voti, no voti. grazie

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