In questo articolo la visione filosofica di Davide Peiretti - meno conosciuta rispetto alla passione musicale - viene assunta come chiave interpretativa della sua opera pittorica, la cui rilevanza è fondamentale nel contesto dell'arte astratta italiana del secondo Novecento.
Di Rossana Rolando.
Lame
di luce a squarci, di azzurro e di bianco. Particelle che vibrano come
pulviscolo nell’aria, nel Tutto del nero che avvolge.
Nessun possibile
riferimento ad oggetti o paesaggi a noi noti, solo segni, colori e forme.
|
Davide Peiretti,
Les Règions inconnues,
particolare |
Les Règions inconnues - le regioni sconosciute -: questo è il titolo dell'imponente trittico (1979, Tempera e metalli su tela, cm 300×178) di Davide Peiretti (Torino, 1933-2008),
pittore della figurazione astratta che opera nella culla culturalmente fervida della
Torino anni 60-90. Un artista di cui si conosce la grande passione per il mondo
della musica e la dimestichezza con gli strumenti musicali: figlio di un
liutaio divenne anch’egli abile nel restauro e nella costruzione di strumenti
musicali (la biografia può essere consultata nel sito qui). E’ stato definito
“pittore della musica”, proprio in relazione a questo intreccio che non è solo
biografico, ma risulta narrato in ogni suo dipinto: note, suoni, melodie e sinfonie si traducono - nel linguaggio pittorico - in corpuscoli, forme, onde che giungono a noi in un movimento elegante e armonioso. Del resto il connubio
tra pittura e musica è tema fondamentale nella storia dell’arte. Lo ha messo in
evidenza da par suo Philippe Daverio (leggere qui) in occasione della mostra,
dedicata a Davide Peieretti, tenuta a Gavirate (Varese) nello scorso maggio.
|
Davide Peiretti,
Les Règions inconnues,
particolare |
Ma
c’è un interesse più segreto del pittore torinese che potrebbe illuminare
questo dipinto ed è racchiuso nel suo amore per la filosofia. La pittura
astratta – ben più della rappresentazione realistica – ha una forte valenza
filosofica, perché comunica un’idea, una visione del mondo. In questo consiste
la sua grandezza: non nel semplice segno
– linee, figure, colori – ma nella potenza comunicativa di quel segno,
nel messaggio concettuale in cui si risolve l’e-mozione estetica.
La
moglie Rita, che ho contattato (anch’ella grande artista in campo musicale), mi
ha messo gentilmente in comunicazione con un Amico di casa Peiretti da cui ho
avuto notizie di quella che poteva essere (almeno in parte) la frequentazione
filosofica dell’artista: Colli e la nascita della filosofia, “l’immenso” Platone
(ineludibile come Bach nel mondo della musica) e l’anti-Platone ossia
Nietzsche e poi Spinoza, il grande pensatore del Deus sive Natura, “dell’atroce
gioco – diceva Peiretti - del Tutto che tutti Ci gioca”, “dell’immanenza impersonale che è la risposta
a tutte le domande ed a nessuna dà singolare risposta”.
|
Davide Peiretti,
Les Règions inconnues,
particolare |
Alla
luce di queste informazioni l’opera assume un senso ulteriore. Soprattutto se
la si interpreta nei termini di una metafora dell’umana conoscenza, come sembra
suggerire il titolo stesso. Peiretti amava i Presocratici non per il loro
presunto sapere, volto a dare risposte onnicomprensive (da fisici e filosofi
insieme), ma per il loro domandare, per aver piantato il germe di tutti gli
itinerari successivi del pensiero. Del resto l’interrogazione è la vocazione
più autentica della filosofia: non il sapere ma il desiderio di sapere, non il
possesso ma la ricerca.
Questo
ci dice il dipinto: la luce ci si consegna a sprazzi, attraverso feritoie, in cristalli
di pura bellezza. E sono gli attimi di beatitudine che ci si offrono
quotidianamente come frammenti di infinito, esperienza piena del valore che
risiede nelle realtà finite: la gioia degli affetti più intimi, la laboriosità soddisfatta
che salva dall’insensatezza, la liricità della natura, la luminosità di un
pensiero mai prima pensato o nuovamente ripensato, il dischiudersi del bello nella
poesia, nell’arte, nella musica e in ogni altra possibile epifania.
|
Davide Peiretti,
Les Règions inconnues,
particolare |
Il
resto – nel dipinto - è il nero, il mare del non-conosciuto, del negativo: da
intendere non come contrario del positivo, ma come ciò che non ha una forma
intelligibile per noi e rimane quindi sconosciuto. Nello stesso tempo proprio la
negazione che definisce il Tutto come enigma - assenza di colore e forma - ne afferma
l’esistenza e ne custodisce l’apertura, elevandosi al di sopra del “tumulto del
mondo” (cit. Rückert nel Lied di Mahler “Ich bin der Welt abhanden gekommen”),
in un movimento che spinozianamente dona gioia e libertà.
Questo
trittico assume quindi il senso di un viaggio nel Mistero dell’essere, di una
tensione verso regioni sconosciute, in un afflato spirituale che non approda ad
alcuna personale teofania, ma si pone comunque in un legame stretto con la
tradizione delle rappresentazioni “sacre”, nel segno di un Tutto abbracciante
in-finito che - mentre si ri-vela in attimi di “eterno” (vita piena, totalmente
degna di essere) - si nasconde.
|
Davide Peiretti,
Les Règions inconnues |
La Bellezza... un frammento del Tutto...
RispondiEliminaLa ricerca... il motore della mente e del cuore...
Sprazzi di "conoscenza" che aprono altre "vie",percorsi inevitabili per chi ama il" camminare"...
Grazie Rossana... Un caro saluto.
Sei sempre delicata, cara nele nele. E’ come dici tu, ammettere regioni sconosciute vuol dire riconoscere che ci muoviamo entro confini e, nello stesso tempo, significa indicare la possibilità di un oltre inesplorato e quindi di un cammino. Non so fin dove ci è possibile “camminare”, fino a che punto questi confini coincidono con limiti invalicabili della nostra umana natura… Un abbraccio.
EliminaRossana continua ad offrirci splendide occasioni per allargare il campo delle conoscenza di artisti odierni.
RispondiEliminaDavide Peiretti introduce alla "sinuosità della vita" : bagliori ed oscurità si amalgamano nel suo dipinto,come dolore e giioia fanno nell'andamento della vita.
Se vogliamo dar seguito alla traccia della filosofia presocratica, direi di dare la preferenza ad Anassimandro,
al modo che lui descrive in cui il determinato origina dall'Indeterminato.
La suggestione spinoziana invita a cogliere la "connessione dei modi della Sostanza" : una trama che non
annulla i modi,il finito, ma lo significa ontologicamente,enunciando a voce alta il verbo della Libertà.
Grazie Rosario per le tracce di pensiero che hai raccolto e sottolineato.
EliminaIn alcuni passaggi l'ho trovato emozionante! Veramente un bell'articolo
RispondiEliminaNon so chi sia l’anonimo lettore che ha lasciato questo commento ma, se è l’Amico di casa Peiretti che mi ha introdotto nel pensiero dell’artista, per me è motivo di particolare soddisfazione perché mi conforta nella correttezza dell’interpretazione che ho dato. E poi trasmettere e suscitare un’emozione è una delle cose più belle che può succedere a chi scrive.
Eliminaè veramente molto bello questo articolo: si direbbe che l'autrice abbia conosciuto e frequentato a lungo Davide, il suo pensiero
RispondiEliminae la sua visione della vita, della sua arte e della musica.
Renata
Grazie signora Renata per il Suo commento. So che Lei conosceva bene Davide Peiretti e quindi è per me molto importante il Suo apprezzamento.
EliminaBellissimo articolo e soprattutto meritatissimo. Che Davide fosse un grande lo sappiamo tutti.
RispondiEliminaMassimo
Gentile signor Massimo, anche se non ho conosciuto direttamente Davide Peiretti, la sua opera, il suo pensiero, l’affetto dei familiari e degli amici… tutto porta a confermare la grandezza della sua personalità di artista ma anche di uomo.
Elimina