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venerdì 28 dicembre 2018

Per una nuova rinascita sociale.

Una riflessione sulla attuale situazione politico sociale e sulla possibilità di una rinascita a partire dal pensiero di Emmanuel Mounier.
Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini dei dipinti di Giuliano Giuggioli, per gentile autorizzazione (qui la pagina facebook). Il pittore è in mostra ad Albenga fino al 13 gennaio 2019, presso Palazzo Oddo: un ringraziamento particolare a Francesca Bogliolo - curatrice della mostra - che ci ha permesso di conoscere l'artista.

Giuliano Giuggioli, 
Dobbiamo proteggere i nostri sogni. Il sorvegliante
“L'azione politica, quale si concepisce oggi, è viziata nel suo più profondo modo d'essere. I suoi fini sono limitati: la conquista del potere e la conservazione o la riforma delle istituzioni. Ora l'azione politica di oggi è divenuta, quasi insensibilmente, totalitaria nelle sue esigenze” (E. Mounier. Rivoluzione personalista e comunitaria, Ed. Comunità, Milano 1955, pp. 343 s.).

Ottantasei anni fa, nell’ottobre 1932, il giovane Emmanuel Mounier pubblicava il primo numero di “Esprit”, rivista oggi ancora ben presente nel panorama europeo, che soprattutto nel secondo dopoguerra  fu punto di riferimento per molti cattolici italiani. Mounier è stato anche voce ispiratrice del Vaticano II ed ancor oggi, nella sua inattualità,  offre spunti  formidabili di riflessione in questo “tempo di privazione”.

Di fronte alla crisi generale degli anni ’30 il giovane Mounier  lanciava la sua sfida: “Refaire la Renaissance”.  Dunque un profondo “cambiamento”: non fittizio, non parolaio, ma articolato su due poli, la persona e la comunità.
Giuliano Giuggioli, 
Isole guerriere
Anche oggi eventi e drammi di ogni genere, dentro e fuori l’Italia, sembrano segnare una crisi apparentemente irreversibile: guerre e stragi del terrore, uso sprezzante di armi micidiali contro innocenti bambini e donne, spirali di corruzione, migrazioni dei dannati della terra, crescenti disuguaglianze, partiti asfittici, ciarlatori incompetenti improvvisati governanti, rigurgiti nazionalisti e razzisti, vecchi-nuovi egoismi che fanno lega con “l’inferno della stupidità”.  
Il giovane Mounier riteneva che la ribellione e l’indignazione fossero il primo passo necessario contro il “disordine stabilito”, la stratificazione delle ingiustizie sociali, l’egoismo dei sepolcri imbiancati, l’alibi del disincanto e della rassegnazione, le insulse piccinerie in cui si prostituiscono le cose dello spirito. L’indignazione si  traduceva in un irresistibile bisogno di presenza e di impegno. Per Mounier cristiano ciò significava prima di tutto testimoniare la rottura con il "disordine stabilito". E chiariva che non si trattava solo di prendere coscienza od indignarsi, ma di prendere posizione, uscire dal silenzio, denunciare le mistificazioni dei valori e la soppressione dei diritti universali, richiedere a gran voce la riorganizzazione della classe dirigente, reclamare volti nuovi, persone preparate e motivate al bonum commune.
Giuliano Giuggioli, 
L'anticonformista
La motivazione e l’impegno per Mounier non erano dati dalla scelta del partito, ma dal cambiamento personale, dalla testimonianza come fedeltà permanente alla verità. Le condizioni che allora intravedeva per una possibile rinascita civile, nella loro inattualità oggi sono così attuali da poter essere riproposte, adattate all'oggi, almeno come provocazione:
🌟 - ideali cenacoli di donne e uomini perfettamente liberi che, al di là delle diversità di parte e di fede, innanzitutto si prefiggono di parlare chiaro, dire nient’altro che la verità, nella condivisa visione di una società inclusiva 
🌟 -  persone  che non si curano né di referenze né di deferenze, riconoscono il primato dell’etica sulla politica, nella giusta armonia tra radicalità di valori alti e realismo delle soluzioni possibili; testimoni, contro ogni perfettismo, di un rigorismo morale privo di illusioni, ma straripante di ideali  
🌟 - persone che pongono al centro del loro programma l’ascolto dei meno garantiti e il confronto con tutti, senza manicheismi, sapendo individuare regole e valori per la convivenza delle differenti anime del paese
Giuliano Giuggioli, 
I messaggeri
🌟 - persone in dialogo naturale con le organizzazioni sociali ed economiche, senza le quali non si costruisce la comunità e la società civile
🌟 - persone disposte, sulla base delle proprie competenze, a ricoprire incarichi pubblici ed assumersi pesanti responsabilità,  radicate nell’abitudine a vedere i problemi dal punto di vista del bene comunitario e non degli interessi corporativi o dei profitti individuali o dei risultati elettorali     
🌟 - persone che sanno rendere concrete agli occhi della gente parole come pace solidarietà inclusione accoglienza giustizia sociale, rendendole visibili nelle piccole e grandi scelte politiche di ogni giorno.
Mounier non temeva né l’accusa di utopia né i rischi dello scacco.  Alla “sicurezza degli arrivati” ed “al male di vivere degli anemici della lotta spirituale” opponeva la “plenitudine tragica” della fede cristiana che anche nell’esperienza quotidiana della notte e del deserto, anche toccando “il tragico ai vertici”, rifiuta la rassegnazione e la disperazione, perché trabocca di speranza. Il suo non era un Cristianesimo di gente pantofolaia: era di vasto respiro, segnato dalle “virtù di fuoco” della fortezza e carità.   
Nelle vicende attuali italiane mi sorge un interrogativo: si deve dialogare con tutti, si può condividere il cammino  con guitti, servi, opportunisti?
Giuliano Giuggioli, 
Il manovratore
Nessuno deve essere escluso a priori  dalla possibilità di dialogo: vorrei “parlare” con chiunque, qualunque sia la convinzione filosofica o religiosa; vorrei condividere con chiunque  responsabilità e rischi per insieme ritrovare le necessarie “convergenze etiche” e consentire  ad ognuno di essere, secondo le proprie motivazioni e condizioni, elemento attivo nella comunità,  capace di  resistere alle fatiche, alle tentazioni di scoraggiamento e di tradimento.
Ma c’è una conditio sine qua non. Occorre il condiviso riconoscimento che il significato della politica non viene dalla politica, si trova oltre,  scaturisce dalle scelte fondamentali che investono il  senso che attribuiamo alla nostra storia comunitaria e personale: l’umanità  che vogliamo promuovere, i volti che vogliamo incontrare od escludere, le relazioni che vogliamo instaurare o negare, gli  orientamenti per l’avvenire. Su questa premessa è difficile, forse impossibile, il dialogo con l’opportunista, il mercenario, il manovratore, il calcolatore della carrozza giusta su cui salire per il proprio tornaconto. E’ invece possibile, anzi indispensabile, il dialogo  tra  persone diverse per cultura e fede - credenti e non credenti - uomini e donne fermi nel subordinare la politica ad un’ulteriorità.
Giuliano Giuggioli, 
L'uomo nuovo
Conosco tantissimi credenti per i quali lo specifico è nella sovramotivazione della fede: intensità del rispetto altrui, acutezza del discernimento, sforzo per concretizzare la fraternità nei rapporti tra culture diverse, impegno politico e sociale vissuto come disinteressato servizio,  passione evangelica per colui che si proclama nemico e che invece è “fraterno avversario”, senza giudicare e tanto meno condannare. Il fondamento si trova nel Vangelo,  nell’attenzione verso coloro che non hanno né voce né parola, nello schierarsi con gli ultimi e tutti i soggetti delle Beatitudini, “soggetti più biblici di altri”: i poveri, gli schiacciati, i puri di cuore, coloro che hanno fame e sete di giustizia, i perseguitati.  
Conosco tantissime  persone per le quali, indipendentemente o fuori dalla fede, la politica è sempre il penultimo mentre l’etica ed il volto dell’altro sono il primo e l’ultimo; persone che vivono e testimoniano ogni giorno la loro opzione e passione politica costantemente sorrette da una tensione morale che non si piega a compromessi, coscienti delle proprie responsabilità nei riguardi della comunità locale e globale.
Con questi uomini e donne mia moglie ed io abbiamo scelto di camminare idealmente assieme nel tempo dell’Attesa.
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Il video riprende la poesia di Bertolt Brecht A chi esita (qui il testo), nella recitazione di Toni Servillo, all'interno del film Viva la libertà.
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3 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. Ardua l’impresa...e difatti rari sono i commenti.
    Forse è necessario abbandonare la via aristotelica che parla di natura tendenza umana alla politica ( entelechia) e tentare, a denti stretti la via di Machiavelli e poi di Hobbes, che si situa - verità effettuale- sulla tendenza asociale degli uomini, motivata dal loro insaziabile egoismo.
    Dopodiché è sempre necessario imbastire con le nostre facoltà e con l’abito utopico e con la “ fede laica” la costruzione di un tessuto di relazioni sociali Ed istituzioni adibite a governarci. Mounier - e i suoi tempi mettevano veramente alla prova - ha lanciato il suo cuore e le sue facoltà razionali dando modo di costruire una esperienza che ci ha guidato per diverso tempo. È essa esaurita; dobbiamo trovarne un’altra? Qualcuno diceva che “ siamo nani che portiamo sulle spalle dei giganti”...
    Bisogna farsi piccini ed umili, ma pieni del coraggio e della forza ideali, per procedere all’impresa, più che mai necessaria.
    Sulla lotta non si costruisce, con il principio della accoglienza, raccogliendo da diversi Rivoli Sì.

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    1. Raccolgo e riprendo la tua conclusione, che condivido, nel pieno del mio pellegrinaggio. Credo che oggi ognuno debba fare i conti con il proprio coraggio di uscire dal silenzio e di testimoniare soprattutto ai giovani, non solo a parole ma con i fatti (“piccini ed umili, ma pieni di coraggio e della forza ideali!”), il principio speranza ed “il principio dell’accoglienza, raccogliendo da diversi rivoli”. Ut unum sint, con le diverse fedi e differenti identità, per ricostruire ciò che si sta perdendo.

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