Ciò che comunichiamo agli altri ... |
“La
sopravvivenza della società sembra opera del caso”, visto che il costume
degli Italiani, sin dai tempi del Leopardi, è
quello di odiarsi, insidiarsi, nuocersi
gli uni gli altri, vicendevolmente scambiarsi cinismo, disprezzo, derisione, offesa,
reciproca indifferenza. Il “Discorso
sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani” del nostro Filosofo-Poeta, pubblicato postumo da Le Monnier nel 1906, risale agli anni 1824-1826. Che cosa è cambiato da allora? Tutto, nulla, qualcosa? Dopo aver assistito ai vari dibattiti pubblici
e televisivi con certi personaggi politici, disseminati come
gramigna su tutto il territorio italiano, è ancora il caso di commentare? No!
"La
conservazione della società sembra opera
piuttosto del caso che d’altra cagione e
riesce veramente meraviglioso che ella possa aver luogo tra individui
che continuamente si odiano s’insidiano
e cercano in tutti i modi di nuocersi gli uni agli altri. […]
Derisione e offesa. (Misha Gordin) |
Indifferenza profonda |
La disposizione, dico, la più ragionevole è quella di un pieno e continuo cinismo d’animo, di pensiero, di carattere, di costumi, d’opinione, di parole e d’azioni. […] Il più savio partito è quello di ridere indistintamente e abitualmente d’ogni cosa e d’ognuno, incominciando da se medesimi.[…] Gl’italiani ridono della vita: ne ridono assai più, e con più verità e persuasione intima di disprezzo e freddezza che non fa niun’altra nazione. […]
L'annullarsi della persona nella società. (Misha Gordin) |
Le classi superiori d’Italia sono le più ciniche di tutte le loro pari nelle altre nazioni. Il popolaccio italiano è il più cinico dei popolacci. […]
Le classi superiori d'Italia sono le più ciniche ... |
Per tutto si ride e questa è la principale occupazione delle conversazioni, ma gli altri popoli altrettanto e più filosofi di noi, ma con più vita, e d’altronde con più società, ridono piuttosto delle cose che degli uomini, piuttosto degli assenti che dei presenti, perché una società stretta non può durare tra uomini continuamente occupati a deridersi in faccia gli uni e gli altri, e darsi continui segni di scambievole disprezzo. In Italia il più del riso è sopra gli uomini e i presenti. […]
Altrove è il maggior pregio rispettare gli altri ... |
Come altrove è il maggior pregio il rispettare gli altri, il risparmiare il loro amor proprio, senza di che non vi può avere società, il lusingarlo senza bassezza, il procurar che gli altri sieno contenti di voi, così in Italia la principale e la più necessaria dote di chi vuol conversare, è il mostrar colle parole e coi modi di ogni sorta di disprezzo verso altrui, l’offendere quanto più si possa il loro amor proprio, il lasciarli più che sia possibile mal soddisfatti di se stessi e per conseguenza di voi. Sono incalcolabili i danni che nascono ai costumi da questo abito di cinismo.”
Giacomo
Leopardi, “Discorso sopra lo stato
presente dei costumi degl’Italiani” in
Poesie e Prose, vol. secondo, I meridiani, a cura di R. Damiani,
Mondadori, 1998, pagg.447-456-461-462-463-464.
Analisi schietta quella di Leopardi, parole dure e lapidarie a cui c'è poco da aggiungere.
RispondiEliminaEppure, sempre più sovente, quando mi soffermo a pensare, mi pare che non ci resti che essere "OBBLIGATI ALLA SPERANZA"
( Una speranza calata nel reale e concreta, una speranza come obbligo morale. Accostamento improprio?)
Grazie per i numerosi post diventati ormai quotidiano motivo di riflessione.
“Obbligati alla speranza …” Una sottolineatura interessante. Sarebbe bello discutere su questo tema: la speranza appartiene all’etica? Alla religione? Chi può sperare, che cosa, a quali condizioni? Tutte domande molto aperte …
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