Due racconti, due percorsi opposti ...
Il primo racconto è questo...
C’era
una volta una donna cattiva cattiva che morì, senza lasciarsi dietro nemmeno un’azione
virtuosa.
I diavoli l’afferrarono e la gettarono in un lago di fuoco. Ma il suo angelo custode era là e pensava: di quale sua azione virtuosa mi posso ricordare per dirla a Dio? Se ne ricordò una e disse a Dio:
... una donna che aveva sempre ignorato il volto dell'altro ... |
I diavoli l’afferrarono e la gettarono in un lago di fuoco. Ma il suo angelo custode era là e pensava: di quale sua azione virtuosa mi posso ricordare per dirla a Dio? Se ne ricordò una e disse a Dio:
“Ha
sradicato una cipolla nell’orto e l’ha data a una mendicante.”
E
Dio gli rispose:
“Prendi
dunque quella stessa cipolla, tendila a lei nel lago, che vi si aggrappi e la
tenga stretta, e se tu la tirerai fuori del lago, vada in paradiso; se invece
la cipolla si strapperà la donna rimanga dove è ora”.
L’angelo
corse dalla donna, le tese la cipolla:
“Su,
donna,” le disse, “attaccati e tieni”.
E
si mise a tirarla cautamente, e l’aveva già quasi tirata fuori, ma gli altri
peccatori che erano nel lago, quando videro che la traevano fuori cominciarono
ad aggrapparsi tutti a lei, per essere anch’essi tirati fuori.
Ma la donna era cattiva cattiva e si mise a sparar calci contro di loro, dicendo:
Gli altri si aggraparono ... |
Ma la donna era cattiva cattiva e si mise a sparar calci contro di loro, dicendo:
“E’
me che si tira e non voi, la cipolla è mia e non vostra”.
Appena ebbe detto questo, la cipolla si strappò e la donna cadde nel lago e brucia ancora.
E l’angelo si mise a piangere e si allontanò.
E' me che si tira fuori, non voi. |
Appena ebbe detto questo, la cipolla si strappò e la donna cadde nel lago e brucia ancora.
E l’angelo si mise a piangere e si allontanò.
F.
Dostoevskij, I fratelli Karamazov, vol.
II, Garzanti, Milano 1981, pp. 375-376).
C'è poi un secondo racconto ...
C’era una volta un cammello cieco
che aveva smarrito la sua carovana. Sospirava e si lamentava, perché la cecità
gli avrebbe impedito di raggiungere i suoi compagni.
Ad un tratto si avvicinò una pecora
zoppa che aveva perduto il gregge. Sospirava e si lamentava, perché la lentezza
le avrebbe impedito di tornare all’ovile del paese prima di notte. Passò
di là un vecchio eremita:
“Smettetela di commiserarvi! Il
cammello potrà caricare sulle spalle la pecorella: l’uno metterà le gambe, l’altra
metterà gli occhi.”
La complementarietà. |
E fu così che in meno di un’ora il cammello e la pecora raggiunsero la meta desiderata.
Tutte le immagini riproducono opere dell'artista africano Renè Bokoul, oggi profugo in Italia.
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Due storie che, partendo da immagini di immediata comprensione- persino semplici, ad una prima lettura- sono molto profonde e significative: è la fiducia la chiave di svolta di una vita buona e piena.
RispondiEliminaPorto un esempio volutamente provocatore: se portassimo alle estreme conseguenze logiche il non porre fiducia in chi ci sta accanto, non potremmo neppure più sederci a tavola a mangiare, poichè chi ha preparato il pasto potrebbe averlo avvelenato...
Una vita senza fiducia conduce alla solitudine e alla disperazione.
Spesso dobbiamo saperci buttare senza paracadute, con la speranza, la fiducia, che qualcuno ci prenderà....
Fidarci, dunque, tanto nelle piccole, quanto nelle grandi scelte...
Per quella che è la mia personale formazione ed esperienza, Le cito un episodio che trovo significativo a tal proposito e pure attuale per l'età, il tempo- di scelte, anche fondamentale- che sto vivendo...
Quando Andrea e Giovanni chiedono a Gesù "Maestro, dove abiti?", Egli risponde "Venite e vedrete", non "abito in tal luogo, in tale via, in tale casa": Andrea e Giovanni si sono fidati!
Così anche a me, a ciascuno di noi- penso- quando chiediamo "Dove mi porti, Signore?", Egli risponde "Vieni e vedrai"...
La fiducia, dunque, è elemento caratterizzante di una ricca umanità, attraverso la quale si aprono di fronte a noi ampie prospettive di senso che la trascendono...
Un caro saluto a Lei e alla prof.,
Marco
Caro Sig. Marco, è così: la fiducia è nella nostra vita quotidiana “la chiave di svolta”: nell’amore coniugale, famiglia, amicizia, lavoro; quando salgo sul bus o sul treno e con ciò mi fido del guidatore che non conosco; quando giro per le strade in bici o in moto e do’ per scontato che di quelli che incrocerò, che non conosco, nessuno andrà contro mano; quando acquisto qualsiasi cosa in qualsiasi emporio… E’ quasi una fiducia illimitata, premessa per sopravvivere e socializzare. E infine per il cristiano, ultima e prima, la fiducia profonda che risponde ad un Appello, quella della fede che dà senso alla vita, apre alla speranza ed esige l'impegno dell'amore.
RispondiEliminaMi pare che questi due raccontini si possano leggere almeno a due livelli. Vi potrebbe essere una lettura di tipo etico, anche molto laica: gli altri ci richiamano alle nostre responsabilità, ci rivolgono un comando (coloro che si aggrappano nel racconto di Dostoevskij), ci ricordano la nostra insufficienza (il cammello mette le gambe, la pecora gli occhi).
RispondiEliminaVi potrebbe essere anche una lettura di tipo religioso, quella che Marco propone, e che risulta forse meno immediata ma certamente fondata e profonda. Essa sposta l’attenzione dal piano etico al piano religioso, espresso nella fiducia negata (dalla donna che non si fida dell’angelo, della sua capacità di tirarla fuori dal lago di fuoco) e nella fiducia accordata (dal cammello e dalla pecora che accolgono l’invito del vecchio eremita).
Non c’è mai un solo piano di lettura: grazie a Marco che ci ha permesso di riflettere su questo.