"Persona e Comunità" è un blog di riflessione culturale, filosofica, religiosa, pedagogica, estetica. Tutti gli articoli sono scritti da: Gian Maria Zavattaro, Rossana Rolando, Rosario Grillo.
I flussi migratori non si fermeranno e anzi saranno sempre più ingenti: la vera sfida non è quella - impossibile - di fermarli, quanto piuttosto quella di gestirli con lungimiranza politica.
Post di Gian Maria Zavattaro (a partire dal libro "Libertà di migrare", seconda parte. La prima parte qui).
Immagini delle opere di Stefano Bosis (qui il sito). Per una presentazione dell'artista cliccare qui.
Stefano Bosis, Schengen 2000/51 (serie Migranti)
“Di migrazioni forzate da altri
umani sono piene le fosse, arcaiche e moderne, della storia e della geografia.
Grondano sangue, meritano quasi sempre esecrazione. Comunque ogni comunità
antropica e ogni luogo antropizzato hanno conosciuto anche migrazioni più
libere. Tutte fanno parte della nostra evoluzione, con effetti di meticciato
universale. Più o meno liberi o forzati, miliardi di umani migreranno anche in
futuro. Quale politica internazionale è necessaria per pianificare e gestire
bene, come chiedono le Nazioni Unite, l'imponente fenomeno migratorio che
abbiamo dinanzi? Affinché le migrazioni del futuro possano essere davvero
ordinate, sicure, regolari e responsabili, servono un pensiero politico che
studi e contrasti stereotipi o pregiudizi ed un'azione politica in grado di
prendere decisioni oggi i cui effetti (probabili, non sicuri) potranno essere
apprezzati dalle generazioni a venire. Proprio come per il riscaldamento
climatico. Non è certo con la facile rincorsa al consenso di breve periodo né
con le emozioni estemporanee che si potrà affrontare una realtà umana che sta
evolvendo da due milioni di anni. La virtù necessaria in questa impresa è anche
una delle più scarse al momento: la lungimiranza. Verso il passato e verso il
futuro” (V. Calzolaio – T. Pievani, Libertà di migrare. Perché ci spostiamo
da sempre ed è bene così, Einaudi, To, 2016, p. 130).
💥 E' bene premettere che il migrare dei
nostri progenitori fa parte del patrimonio genetico e culturale di ognuno di
noi.
Stefano Bosis, Appena arrivati (serie Migranti)
Migrazione e libertà.Migrare indica una partenza; il suo
contrario è restare. Il significato originario è nella radice latina mig: dare
in cambio, scambiare, cambiare, cambiare luogo, spostarsi, riferita “sia allo
scambio dei doni ospitali che trasformano lo straniero in ospite sia al cambio
di luogo”. Il greco eleutheros ed il latino liber indicavano gli appartenenti a pieno titolo ad una comunità: era il Noi (“liberi”
cioè non schiavi). diverso dagli Altri (stranieri forzati a migrare,
catturati e poi resi schiavi) (1). Una confusione di antitetiche
tipologie migratorie. Il migrare, fenomeno sociale da due milioni di anni, ancor oggi si
colloca tra costrizione forzata e libertà di singoli e di gruppi. Oggi non è
pensabile né auspicabile un'assoluta libertà per i singoli che prescinda da
regole di sostenibilità globale e da chi vive nei territori che ricevono
immigrazione. Dovere degli organismi nazionali ed internazionali è proteggere
il diritto di poter restare e vivere con dignità nel territorio dove si è nati
ed insieme garantire “una collettiva e responsabile libertà di migrare,
affinché ciascuno appartenga a ecosistemi e comunità che non neghino gli altri
e le altre”(2). In realtà oggi trionfa la disuguaglianza del diritto a migrare
ed è continuamente offesa la libertà individuale e collettiva sancita dalla
dichiarazione universale.
Stefano Bosis, I viaggiatori (serie Migranti)
Il fenomeno migratorio - confusa congerie di
antitetiche tipologie - “contempla quasi ogni motivo espellente o attirante,
volontario o coattivo: mercato del lavoro, lingua, urbanizzazione, ricchezza,
povertà, fame, sete, malattia, guerra, persecuzione, deprivazione, degrado,
inquinamenti, disastri”(3). Abissali differenze di reddito definiscono gradi di
libertà enormemente disuguali di mobilità all'interno degli stati e tra gli
stati: se i migranti forzati sono impediti e/o bloccati alle frontiere, centinaia di migliaia di turisti girano a zonzo per il mondo, possessori di passaporti che
consentono l'accesso ad una moltitudine di paesi (4), “pensionati benestanti
occidentali (specie migratoria: estate qua inverno al caldo), professionisti
migranti e nomadi professionisti che vivono di cento mestieri in decine di
patrie” (3). Insomma un grande business che muove enormi capitali insieme a
grandi masse e genera nuove disuguaglianze.
Le responsabilità.Oggi i migranti sono oltre un
miliardo di persone, per lo più in fuga da comportamenti umani violenti
(guerre, massacri, terrorismo) e “non violenti” (all'apparenza, ma
distruttivi dell'equilibrio degli ecosistemi), e disastri “naturali” (scientificamente
comprensibili, matroppe volte indotti dall'uomo), che sconvolgono
convivenze civili, provocano danni e vittime, inevitabilmente costringono a
migrazioni forzate. Disastri idrometeorologici (inondazioni cicloni tempeste
temperature estreme siccità incendi), geofisici (terremoti eruzioni tsunami,
valanghe e frane), climatici sempre più connessi a disastri biologici, quali
epidemie e infestazioni.
Stefano Bosis, L'ultimo respiro
Disastri “naturali” e impronta
antropica.C'è
ancora un acclarato intreccio tra costrizione migratoria e contesto climatico.
E' inderogabile rispettare il limite di sostenibilità per l'ecosistema
planetario se vogliamo evitare uno sconquasso in tante aree, ingentissimi costi
umani e finanziari, migrazioni forzate e insicurezza sociale. Mentre l'accordo
del 12 dicembre 2015 di Parigi si è arenato grazie alla sagacia di Trump,
l'impronta antropica globale è sempre più allarmante: “concentrazione di
anidride carbonica, perdita di biodiversità, crescita della siccità e zone
desertiche, innalzamento del mare e fusione dei ghiacci polari, acidificazione
degli oceani, riduzione della fascia di ozono della stratosfera, modificazione
dei due cicli biogeochimici dell'azoto e del fosforo, ridotta disponibilità di
acqua dolce rinnovabile e non rinnovabile, degrado del suolo, diffusione di
aerosol atmosferici, inquinamento di prodotti chimici...Precisamente i confini
entro i quali interagisce il fenomeno migratorio”.
Come affrontare le future migrazioni?
Gli autori indicano
alcuni percorsi per non subire, anzi gestire i futuri flussi migratori.
🌟 1. Dare priorità al climate
refugees e gestire le migrazioni sostenibili. L'envirommental refugee (migrante
ambientale)è termine divenuto di uso ufficiale
dacirca 30 anni per distinguerlo dal migrante economico o politico. In
realtà tutto è sempre intrecciato: le migrazioni sono sempre e comunque
ambientali, soprattutto quelle forzate, migrazioni da ecosistemi divenuti
inospitali a causa di comportamenti umani non violenti o violenti, guerre
comprese in quanto connesse al cambiamento climatico di origine antropica:
guerre per l'energia e l'acqua, distruzione degli ecosistemi, desertificazione
con armi chimiche e uranio impoverito...(6).
Stefano Bosis, Aspettando il bus (serie Migranti)
Eppure questi nuovi rifugiati
climatici ed ambientali non hanno riconoscimento. Se il dovere di
assistenza riguarda tutti i profughi (5), è oggi indilazionabile riconoscere
lo status di climate refugees, con appropriate politiche di prevenzione
assistenza mitigazione e adattamento: una sfida difficilissima per le
politiche nazionali e per la politica internazionale, ma non impossibile.
Soprattutto a seguito della guerra in Siria e nei tanti focolai trascurati dai
media (Sudan, Afghanistan Somalia....) è in corso il più grande e doloroso
esodo di migliaia di persone, profughi interni o refugees richiedenti
asilo. Nel contempo molti di coloro che cercano di attraversare il Mediterraneo
(donne, uomini, bambini/e, minori anche non accompagnati) scappano semplicemente
per non morire e tanti sono i morti nel Mediterraneo. Provengono per lo più da
Gambia Costa d'Avorio Nigeria Senegal Guinea Niger Somalia Eritrea Mali. “La
distinzione amministrativa tra rifugiato da guerre e persecuzioni politiche e
migrante economico (quelli che sono solo poveri) non regge: mancano la
comprensione dei flussi in atto e una politica estera europea” (7). Secondo gli
autori del saggio ecco cosa bisognerebbe fare: distinguere i rifugiati con
status riconosciuto o riconoscibile dagli altri migranti forzati; assistere
ogni profugo per un tempo definito; dotare di uno specifico status i rifugiati
climatici, avviando con urgenza un negoziato climatico che definisca il modo in
cui riconoscerli (8); definire le priorità riguardanti il diritto di fuga, la
negoziazione di ciò che può accadere prima e dopo, l'assistenza internazionale
(ben diversa dal campo profughi!), gli obiettivi (chiari, condivisi, scadenzati)
per evitare disastri, prevenire la fuga, organizzare gli spostamenti, valutare
se e quanto irreversibili, nel rispetto delle attese familiari sociali culturali
lavorative di chi è a rischio. (9)
Stefano Bosis, Le insolite cose della vita sotto lo stesso cielo (serie Migranti)
🌟 2. Essere lungimiranti verso il
passato e verso il futuro nel contrastare la disuguaglianza del diritto a
migrare ed alla mobilità. Il fenomeno migratorio contemporaneo avviene in un mondo di forti
disuguaglianze che inevitabilmente accrescono nelle aree povere la voglia di
fuggire e in quelle ricche la paura di arrivi perturbanti, diminuendo la
disponibilità al libero accesso. Chiudere frontiere, innalzare muri,
pattugliare confini e mare, recludere o rimpatriare a forza, oltre ad assorbire
ingenti risorse, sono inique e soprattutto non risolutive di fronte al fatto
che migrano sempre più popolazioni povere. “I diritti degli umani migranti che
rispettano le regole della convivenza civile, nonostante le odissee per deserti
e per mari, non sono garantiti come i diritti degli umani con residenza fissa
che rispettano le stesse regole. Ciò provoca clandestinità, traffici criminali,
ulteriori disuguaglianze di fame e di sete, non meno migrazioni” (10). Eppure
migliaia di studi spiegano e ripetono che dal punto di vista economico le
migrazioni sono positive, generatrici di redditi privati e di benefici
pubblici: non producono quasi mai conflitti, miseria, inquinamento, anzi fanno
crescere il PIL; non sottraggono lavoro ai locali, anzi garantiscono
occupazione utile laddove nei paesi ricchi non si trova disponibilità; aiutano
attraverso le rimesse a sopravvivere nei paesi poveri.. Non a caso, ieri come
oggi, i mercati di lavoro assorbono gli immigrati prima e più facilmente dei
sistemi politici. Di fronte al vasto numero di rifugiati climatici che ci
attendono, occorre assolutamente chiarire che cosa significa essere liberi di
esercitare il diritto di migrare.
Stefano Bosis, Rosa rosso (serie Migranti)
🌟 Conclusione. E' sufficiente rileggere la citazione iniziale. Quanto a me, laico ed inquieto
credente, sommessamente aggiungerei che trovo penosamente ridicola l'insensata
paura di imminenti invasioni che patentati faziosi ad arte diffondono; neppure
mi spaventano in un futuro più o meno remoto eventuali spostamenti di masse
di rifugiati climatici. Mi preoccupa semmai l'insensata miopia di troppi
politici europei. Ho paura della nostra sorda ipocrisia indifferente al futuro delle nuove generazioni sulle quali peseranno le nostre
colpe mortali. E' possibile allora sperare nella “lungimiranza verso il passato
e verso il futuro, virtù necessaria in questa impresa e anche una delle più
scarse al momento”? Penso e spero di sì: possiamo trasformare noi stessi e gli
stranieri in ospiti, nella fedeltà al significato originario della radice
latina mig. Mi rassicurano ogni giorno le innumerevoli voci ed azioni che si levano
in ogni angolo della terra a favore dei migranti, in primis la voce profetica e
la testimonianza di papa Francesco. Mi rasserenano il volto sorridente di Aman,
gli sguardi e gli abbracci amicali di Alì, Atal, Rahmat, Sabir, Rasib...., i
miei amici rifugiati.
Bellissime e toccante il video, pacate e vibranti le argomentazioni! Una perfetta sinergia per lanciare ancora una volta un appello in favore delle migrazioni (fenomeno), dei migranti ( Persone). Più di una volta si torna sul fatto , storico ed antropologico, della migrazione, sottolineandone la qualità di "polmone dell'Umanita' ". Nomadismo e stanzialita' è una dialettica ( o, se fa paura il concetto di dialettica, un gioco) con cui è evoluta la vita umana, sociale e culturale su questo Pianeta. Gesù ha avuto, nei suoi insegnamenti di Vita, un occhio particolare verso i Migranti. Non demordiamo!
Hai ragione: non demordiamo! Papa Francesco afferma che «migranti e rifugiati ci interpellano» e che senza fraternità anche l’uguaglianza e la libertà sono parole vuote. Non si tratta di accogliere tutti, ma pretendere corali iniziative internazionali che almeno tentino di regolare i flussi migratori in un’ottica di solidarietà europea, che denuncino non a parole ma con azioni decise gli interessi economici e politici che generano guerre ed ingiustizie sociali, che permettano alle genti di restare nelle loro terre e di non essere costrette a migrare forzatamente. Qualunque sia il prezzo, la solidarietà rimane l'unica via possibile. Come ci ricorda padre Zanotelli, è inaccettabile che merci e capitali godano di più diritti dei poveri per entrare in un paese. Una sfida per tutti noi e per noi un incitamento.
Le evidenti considerazioni umanitarie e storiche - dall'Italia sono partiti vari milioni di migranti nel secolo scorso - né la necessità di nuove persone per riequilibrare il calo demografico e assicurare forza lavoro alle nostre imprese - gli ultimi dati INPS attestano che gli immigrati regolari versano otto miliardi di contributi all'anno, ricevendone solo tre in prestazioni- riescono a ridurre il forte disagio, che sovente si trasforma in angoscia, con cui guardiamo al fenomeno dell'immigrazione. Certo l'impatto con la differenza suscita disagio, ma il confronto con la stessa differenza è talvolta ricercato e apprezzato. Ci siamo chiesti cosa possa attivare delle emozioni così forti. Forse è proprio un fatto di sguardi, come affermavi nel primo post che hai dedicato a questo argomento. Lo sguardo del povero ci destabilizza profondamente: fa emergere le nostre false sicurezze legate a ciò che abbiamo e la nostra paura di poter perdere ciò che possediamo. Lo sguardo del povero svela la miseria della cultura dell'avere, l'illusione che la felicità consista nelle cose possedute, nel poter avere sempre un po' di più. Lo sguardo del povero svela l'ingiustizia su cui si basa la nostra ricchezza e la sua indigenza. Lo sguardo del povero svela la nostra angoscia di morte che cerchiamo di calmare con i beni. Ma lasciarsi penetrare dallo scomodo sguardo del povero indica la strada che ci può condurre ad una vita più giusta, più sobria, compatibile con le limitate risorse del pianeta, in cui nessuno resti nella miseria, ricca di umanità, di culture: una decrescita felice. Un caro saluto, a presto Patrizia e Giuseppe
Carissimi Patrizia e Giuseppe, un grazie di cuore per il vostro commento, grazie sofferto pensando al cinismo, alla rassegnata indifferenza, scoperta o mascherata, che sembrano caratterizzare questi giorni. E' che la povertà si rivela solo a chi la vuole veramente sopprimere ed ogni momento storico deve saper riconoscere i poveri in categorie sociali e persone precise. Non si tratta di commuoversi o commuovere ma, come Mounier diceva e praticava,“fare entrare a forza nelle nostre preoccupazioni quotidiane la presenza permanente della ingiustizia e della sventura” . Non ho nulla da aggiungere alle vostre rilfessioni sullo “sguardo”: mi pare un modo concreto ed accessibile a tutti di evangelizzare noi stessi, chiedendoci il coraggio di andare controcorrente, sfidare il conformismo di chi sta bene ed anche l’incomprensione di chi sta male, uscire dal nostro egoismo, per non rendere vane soprattutto per noi la morte e resurrezione di Cristo.
Bellissime e toccante il video, pacate e vibranti le argomentazioni! Una perfetta sinergia per lanciare ancora una volta un appello in favore delle migrazioni (fenomeno), dei migranti ( Persone).
RispondiEliminaPiù di una volta si torna sul fatto , storico ed antropologico, della migrazione, sottolineandone la qualità di "polmone dell'Umanita' ". Nomadismo e stanzialita' è una dialettica ( o, se fa paura il concetto di dialettica, un gioco) con cui è evoluta la vita umana, sociale e culturale su questo Pianeta.
Gesù ha avuto, nei suoi insegnamenti di Vita, un occhio particolare verso i Migranti.
Non demordiamo!
Hai ragione: non demordiamo! Papa Francesco afferma che «migranti e rifugiati ci interpellano» e che senza fraternità anche l’uguaglianza e la libertà sono parole vuote. Non si tratta di accogliere tutti, ma pretendere corali iniziative internazionali che almeno tentino di regolare i flussi migratori in un’ottica di solidarietà europea, che denuncino non a parole ma con azioni decise gli interessi economici e politici che generano guerre ed ingiustizie sociali, che permettano alle genti di restare nelle loro terre e di non essere costrette a migrare forzatamente. Qualunque sia il prezzo, la solidarietà rimane l'unica via possibile. Come ci ricorda padre Zanotelli, è inaccettabile che merci e capitali godano di più diritti dei poveri per entrare in un paese. Una sfida per tutti noi e per noi un incitamento.
Eliminaè un'esigenza di noi umani....con qualche eccezione
RispondiEliminaLibertà di muoversi, di spostarsi, di migrare... per molti è l'unica via di sopravvivenza.
EliminaC'è bisogno di lungimiranza. Interessante da leggere.
RispondiEliminaGrazie!! Buona serata.
EliminaDa leggere.
RispondiEliminaGrazie! Buon fine settimana.
EliminaTesto imperdibile. Ottime le sue chiose e le sue riflessioni personali. Commovente il video finale. Grazie. Buon agosto!
RispondiEliminaGrazie per l’attenzione e la condivisione di orizzonti. Buon agosto anche a lei!
EliminaLe evidenti considerazioni umanitarie e storiche - dall'Italia sono partiti vari milioni di migranti nel secolo scorso - né la necessità di nuove persone per riequilibrare il calo demografico e assicurare forza lavoro alle nostre imprese - gli ultimi dati INPS attestano che gli immigrati regolari versano otto miliardi di contributi all'anno, ricevendone solo tre in prestazioni- riescono a ridurre il forte disagio, che sovente si trasforma in angoscia, con cui guardiamo al fenomeno dell'immigrazione.
RispondiEliminaCerto l'impatto con la differenza suscita disagio, ma il confronto con la stessa differenza è talvolta ricercato e apprezzato.
Ci siamo chiesti cosa possa attivare delle emozioni così forti.
Forse è proprio un fatto di sguardi, come affermavi nel primo post che hai dedicato a questo argomento. Lo sguardo del povero ci destabilizza profondamente: fa emergere le nostre false sicurezze legate a ciò che abbiamo e la nostra paura di poter perdere ciò che possediamo.
Lo sguardo del povero svela la miseria della cultura dell'avere, l'illusione che la felicità consista nelle cose possedute, nel poter avere sempre un po' di più.
Lo sguardo del povero svela l'ingiustizia su cui si basa la nostra ricchezza e la sua indigenza.
Lo sguardo del povero svela la nostra angoscia di morte che cerchiamo di calmare con i beni. Ma lasciarsi penetrare dallo scomodo sguardo del povero indica la strada che ci può condurre ad una vita più giusta, più sobria, compatibile con le limitate risorse del pianeta, in cui nessuno resti nella miseria, ricca di umanità, di culture: una decrescita felice.
Un caro saluto, a presto Patrizia e Giuseppe
Carissimi Patrizia e Giuseppe, un grazie di cuore per il vostro commento, grazie sofferto pensando al cinismo, alla rassegnata indifferenza, scoperta o mascherata, che sembrano caratterizzare questi giorni. E' che la povertà si rivela solo a chi la vuole veramente sopprimere ed ogni momento storico deve saper riconoscere i poveri in categorie sociali e persone precise. Non si tratta di commuoversi o commuovere ma, come Mounier diceva e praticava,“fare entrare a forza nelle nostre preoccupazioni quotidiane la presenza permanente della ingiustizia e della sventura” . Non ho nulla da aggiungere alle vostre rilfessioni sullo “sguardo”: mi pare un modo concreto ed accessibile a tutti di evangelizzare noi stessi, chiedendoci il coraggio di andare controcorrente, sfidare il conformismo di chi sta bene ed anche l’incomprensione di chi sta male, uscire dal nostro egoismo, per non rendere vane soprattutto per noi la morte e resurrezione di Cristo.
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