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Visualizzazione post con etichetta Barbara Spinelli. Mostra tutti i post
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domenica 1 luglio 2018

Ricordati che eri straniero. Qualunquismo e uomo qualunque.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Pia Valentinis (qui il sito).

“Mi gridano da Seir:  Sentinella quanto resta della notte?
Sentinella, quanto resta della notte?
La sentinella risponde: viene il mattino, e poi anche la notte; 
se volete domandare, domandate,  convertitevi, venite (Isaia 21, 1-12). (1)

Pia Valentinis, 
Mano
Non confondiamo “qualunque” con “qualunquista”. Non mi vergogno affatto di essere una persona “qualunque”, persona “comune, come tanti altri, cittadino medio, uomo della strada” (2). Piuttosto non mi va di essere “qualunquista” (3), appellativo che almeno in prima istanza non implica un inappellabile giudizio negativo, ma denota e connota un diffusissimo modo di essere, dal quale comunque subito prendo le distanze. 
Essere una persona qualunque è una bella cosa: nella sua irripetibile identità ognuno di noi è cittadino uguale agli altri in fatto di diritti-doveri e in quanto possiede la parola ed appartiene alla comunità nazionale ed umana (4).  Come ogni persona qualunque non ho bisogno di distinguermi con  il “lei non sa chi sono io”: so benissimo chi sono, persona che non “conta”, che si sente a casa propria con tutti, in specie con gli ultimi i penultimi i terz’ultimi i quart’ultimi e i quint’ultimi… e con  coloro che sono con e per gli ultimi.
Pia Valentinis, 
Storie di paura
Eppure dal qualunquismo nessuno è immune, a cominciare dal sottoscritto. E’ un modello  che si sta prepotentemente imponendo sul mercato degli indici di gradimento: tentazione che  non risparmia nessun gruppo sociale e nessun colore politico. Le sue categorie? Il risentimento, la paura dell’altro, l’incapacità di amare, di ammirare, di meravigliarsi. I suoi valori? L'indice di gradimento sociale, la rivendicazione ad oltranza delle proprie spettanze esclusive contro ogni diversità ed i grandi dolori degli ultimi, che pretende siano rimossi dalla vista e rimangano invisibili.

martedì 21 febbraio 2017

Suicidi anomici.

🎨 Immagini delle opere di Jan Toorop, pittore olandese vissuto tra il 1858 e il 1928. Fortemente influenzato dal simbolismo (in particolare si avverte la parentela stilistica con Odilon Redon), sviluppa un linguaggio pittorico denso di rimandi e di segrete cifre, adatto a suggerire riflessioni sugli estremi inconoscibili - nascita e morte - del vivere. 
🖊 Post di Rosario Grillo, Montebelluna, 08/02/2017.

Jan Toorop, 
O morte, dov'è la vittoria? (1892)
Lascio la data della prima stesura, onde evidenziare la persistenza di un fenomeno di crisi, legato certamente ad un mutamento “d’epoca”.
Voglio aggiungere al numero e allo “stile” (sic) dei suicidi quello recente del ragazzo friulano (trentenne) che, a causa della esposizione-denuncia dei suoi genitori, sta generando un grosso dibattito.
Dai giornali e dai blog emerge già che è impossibile ridurre al disagio socioeconomico la spinta predisponente al suo suicidio. La lettera, di per sé, segnala molteplici fronti di disagio del giovane, che si possono ascrivere alla “condizione giovanile”, ad un temperamento fragile e melanconico.
Tra tutte le focalizzazioni, mi piace riportare il succo di quella fatta da Gilioli su Espresso. Egli riconduce il movente alla denuncia del “vincismo”: un comportamento, una mentalità, che esaltano il fare gladiatorio”, il trionfo sociale di chi corre per vincere, costi quel che costi, a prescindere.
Jan Toorop, 
Desiderio e soddisfazione
Dopodiché, è necessario soffermarsi... “sospendere la corsa”... riflettere sulla perdita di un sapore irrinunciabile, prezioso, della vita, precedente all’affannosa (e alienante?!) ricerca del posto di lavoro. Si identifica con la rete delle amicizie - il sodalizio di un tempo - , con il tempo della meditazione e del consumo personale della cultura – con tanto gusto! – (teatro, cinema, libri, musica, turismo).
Momenti “magici del riconoscimento di se stesso.
Si conferma, comunque, la “radice amara di tanti, troppi, suicidi della nostra epoca, a cui Durkheim aveva dato il nome di suicidi “anomici”.