Post di Gian Maria Zavattaro.
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Eugène Delacroix, La tempesta sedata, 1841 |
Senza pretese di alcun genere - se non quella di vivere con coerenza la mia inquieta fede di laico credente in Dio Uno e Trino - sto tentando di chiarire con mia moglie come vivere l’Avvento da cittadini cristiani in questo tempo maledetto e benedetto del covid, che ha messo a fuoco la divisione della umanità tra tensioni fraterne e solidali, (l’I Care di tanti operatori sanitari, volontari ed anonimi cittadini nei loro invisibili gesti quotidiani di “attenzione” agli sventurati) e la cruda noncuranza degli indifferenti sino al cinismo inflessibile di una marea di profittatori speculatori truffatori.
L’Avvento è per il cristiano il preminente tempo dell’“attesa”(1), tempo della speranza contro la disperazione e della gioia contro la tristezza, nella duplice tensione verso il Natale (l’evento di Betlemme che ha cambiato la storia del mondo e ravviva la speranza che Dio non ci lascia soli) e verso la Parusia (la meta della storia, la seconda venuta del Signore nostro Gesù Cristo, compimento e manifestazione suprema della “presenza” che ha avuto inizio con la sua prima venuta e che continua nel mistero dell’Eucaristia, della Chiesa, della Carità e dei Poveri) (2).