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Visualizzazione post con etichetta Marco Balzano. Mostra tutti i post
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martedì 23 aprile 2019

Marco Balzano, "Resto qui". Restare in quanto resistere.

Post di Rossana Rolando.

Marco Balzano, 
Resto qui, Einaudi
❄️Ho appena finito di leggere il libro “Resto qui” di Marco Balzano¹, scrittore che ho avuto il piacere e l’onore di ascoltare il 12 aprile 2019, in occasione del Premio letterario tenuto nel Liceo in cui insegno.
Se associo questo suo libro alla ricorrenza del 25 aprile non è certo per il contenuto storico di liberazione dal nazifascismo - e dall’orrore del potere rappresentato da esso - che la giornata tradizionalmente richiama.
La storia raccontata non rileva alcuna vera discontinuità tra il prima e il dopo (rispetto al 25/4/1945). Narra di un paese della Val Venosta, nel sud Tirolo, vicino alla Svizzera, che conosce l’occupazione fascista prima (fino al 1943) e quella nazista poi (fino al 1945). La politica di italianizzazione condotta dal regime nei confronti della popolazione, di lingua tedesca, innesca una guerra tra italiani e sud tirolesi, tale da condurre questi ultimi, o almeno molti di loro, a vedere nel führer una possibilità di scampo rispetto all’oppressione fascista.
E, soprattutto, racconta di una diga - progettata prima degli anni ’20, iniziata nel 1940 e portata a termine nel 1950, a guerra conclusa - che seppellisce sotto una tomba d’acqua il paese di Curon (di cui fanno parte i protagonisti del romanzo), lasciando al suo posto un grande lago, da cui emerge soltanto il campanile di una chiesa, unica vestigia di un passato dimenticato.
Tra il fascismo e il dopoguerra, per il destino del luogo – “i masi, la chiesa, le botteghe, i campi dove pascolavano le bestie”² - non cambia nulla: nessun 25 aprile interrompe quella logica per cui “il progresso vale più di un mucchietto di case”³.

❄️Dunque il motivo per il quale credo di poter associare “Resto qui” al 25 aprile va ben al di là della semplice ricorrenza storica: è lo spirito che attraversa il libro e che trova la sua sintesi nella postfazione dello stesso Marco Balzano:
“Se la storia di quella terra e della diga non mi fossero parse da subito capaci di ospitare una storia più intima e personale, attraverso cui filtrare la Storia con la s maiuscola, se non mi fossero immediatamente sembrate di valore più generale per parlare di incuria, di confini, di violenza del potere, dell’importanza e dell’impotenza della parola, non avrei, nonostante il fascino che questa realtà esercita su di me, trovato interesse sufficiente per studiare quelle vicende e scrivere un romanzo”⁴.