Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

lunedì 16 marzo 2015

Vita quotidiana alienata.. Video.


La vita quotidiana ti ha visto e già succhiato
come il caffè che bevi appena alzato
e l' acqua fredda in faccia cancella già i tuoi sogni
e col bisogno annega la speranza
e mentre la dolcezza del sonno si allontana,
inizia la tua vita quotidiana...
Francesco Guccini.


La possibile prigione 
della vita quotidiana...
Proponiamo di seguito un video, consigliatoci da un'amica qualche tempo fa. L'abbiamo trovato davvero impressionante e capace di suggerire un messaggio su cui val la pena riflettere. Sono tanti i premi ed i riconoscimenti internazionali che ha avuto. 

... la prigione 
dell'incomunicabilità...
Ma soprattutto ciò che ci ha stimolato a condividerlo su questo blog è l'amara fotografia  di una vita quotidiana imprigionata in una paralizzante incomunicabilità tra le persone o, forse peggio, in una stratificata e gerarchizzata prassi comunicativa che trasforma gli altri in oggetti strumentali e che si distende in progressive consolidate abitudini e rituali compulsivi, che non sono altro che rapporti neppur tanto mascherati di dominanza - sottomissione .... 

... la prigione 
delle abitudini ...
Non condividiamo il pessimismo di fondo, non crediamo che i  rapporti sociali, familiari e professionali, siano dominati da un inconsapevole sadomasochismo, anzi!
Sappiamo quanto sia diffuso - magari silente e nascosto, e quindi invisibile - il gesto abituale del dono che non richiede reciprocità. Ma solo dalla consapevolezza e dalla messa in discussione di ciò che siamo e dei rischi che corriamo nascono e crescono speranza ed azioni di cambiamento.

Si consiglia di mettere in pausa la musica del blog prima di avviare il video.





Chi desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.

sabato 14 marzo 2015

Legalità visibile e ingiustizia invisibile. Il mito di Gige.


Che cosa si nasconde dietro l'apparente 
e sbandierata legalità?

“Gige, resosi conto di questo fatto, sperimentò se fosse l’anello
ad avere questo potere e gli accadde proprio così,
quando volgeva il castone verso l’interno
diventava invisibile, 
verso l’esterno visibile.
Accortosi di ciò, fece in modo di diventare
 uno dei messaggeri che vengono inviati dal re e,
sedotta sua moglie dopo essere giunto (a corte),
 teso un tranello con lei al re, lo uccise e così ottenne il potere.”
 (Platone, Repubblica, II 358a-360d)


Il visibile e l'invisibile in noi.
Da ogni parte siamo continuamente inondati dagli scandali, divenuti ormai habitus di troppi amministratori e politici. Non ci sorprende tanto e non solo la loro corruzione, con il correlato latrocinio, ma il fatto che questi tristi personaggi occupassero strategiche posizioni di difesa del bene pubblico e si  atteggiassero anche, prima di essere colti con le mani nel sacco, ad irreprensibili soloni di moralità e di giustizia, assordandoci persino con la loro roboante retorica (antimafia, anticorruzione, anti parassitismo, anti ogni forma di ingiusta appropriazione di beni pubblici e privati).

La legalità visibile 
è la maschera dell'ingiustizia invisibile 
di molti personaggi?...
Paradossalmente la loro visibilità di parolai integerrimi ci era di conforto e noi  poveri travet ci sentivamo meno soli nel pensare un mondo più giusto, mentre l'ipocrita maschera nascondeva la loro invisibilità di ladroni, corruttori e corrotti. Non so quanti predatori siano ancora in giro per l’Italia, temo però che siano tanti e molto più accorti.
Ma, a ben considerare, il problema coinvolge ognuno di noi molto più profondamente di quanto sembri, perché queste vicende pongono interrogativi impietosi circa l’invisibile che abita in ciascuno di noi: quell'invisibile raffigurato da Platone nel mito di Gige.

... o l'ingiustizia invisibile 
abita in ciascuno di noi?

IL MITO DI GIGE

E’ Glaucone, uno dei tanti interlocutori di Socrate, a narrare il mito ed a provocarci. 
Gige era un pastore servo del  re di Lidia.

Gige è un pastore servo del re di Lidia... 
(Arthur Rackham)
Un giorno, mentre accudiva il suo armento, viene sorpreso da un violento nubifragio, cui si accompagna uno squassante terremoto che apre nei pressi una voragine.

... si affaccia sull'orlo della voragine ... 
(Arthur Rackham)
Tremebondo e insieme curioso si affaccia sull’orlo della faglia, scorge con stupore un cavallo di bronzo, scende cautamente per controllare da vicino e scopre che l’interno cavo della statua cela un cadavere dalle proporzioni smisurate che nulla ha indosso, salvo un anello d’oro.

... trova un anello d'oro, 
dotato di magiche proprietà... 
(Arthur Rackham)
Gige glielo sfila e fugge via. Durante una riunione con altri pastori scopre la meravigliosa proprietà dell’anello di rendere invisibile la persona che lo possiede, a seconda di come si ruota il castone. Prova e riprova: non si tratta di un’illusione.

... ne approfitta per sedurre la regina... 
(Arthur Rackham)
Gige allora non perde tempo: fa in modo  di essere inviato dal re e, sfruttando l'invisibilità garantitagli dall'anello, seduce la regina, uccide il re e si impadronisce del potere.

... per uccidere il re ... 
(Arthur Rackham)
La conclusione di Glaucone è impietosamente provocatoria: la giustizia vale solo nel mondo delle persone visibili, laddove il controllo sociale rende possibile imporre  comportamenti giusti;  si é giusti solo per timore di essere scoperti; nessun uomo è così virtuoso da poter resistere alla tentazione di fare azioni anche terribili, se gli altri non lo possono vedere. L’invisibilità e la conseguente impunibilità dissolvono ogni differenza tra l’uomo giusto e l'uomo empio, perché si comporterebbero alla stessa maniera, non dovendo rendere conto a nessuno delle loro azioni.

... dal momento che è invisibile 
e quindi impunibile... 
(Arthur Rackham)
Anzi, conclude Glaucone, “se qualcuno, impadronitosi di questa facoltà, non volesse commettere ingiustizia e neppure sfiorasse i beni degli altri, sembrerebbe essere sciaguratissimo e folle…”.

... chi non si comporterebbe come lui 
se solo lo potesse? ... 
(Arthur Rackham)
La risposta di Socrate non si fa attendere: servendosi della maieutica, traccia, in nome della suprema idea del Bene, le differenti vite dell' uomo giusto e di quello ingiusto.

... e allora ... può ancora fare luce 
l'idea del bene? 
(Arthur Rackham)
L'ambivalenza della invisibilità.
Ciò che mi colpisce e mi ferisce è l'attualità del disincanto di Glaucone  nel quotidiano delle nostre vite: l’invisibilità epidemica della corruzione; l'invisibilità del disamore per la cosa pubblica; l'invisibilità degli evasori fiscali; l'invisibilità di chi trova un portafoglio, lo svuota di tutti gli euro e lo fa pervenire in qualche modo al malcapitato, lui  ben  contento che almeno non gli tocca rifare tutti i documenti; l’anonimato di chi  sfrutta ogni bene ed ogni mezzo pubblico quasi fosse atto meritorio di cui vantarsi; l'anonimato delle violenze negli stadi, nell’uso offensivo ed aggressivo  di  internet (v. ”l’effetto Gige” nella rete secondo gli studi di M. Lea e R. Spears), nel nascondersi  nella confusione della massa o nei sodalizi non solo mafiosi di consorterie segrete…

L'invisibilità è il grembo oscuro della corruzione, 
del cinismo, della violenza ...
Eppure l’anonimato e l’invisibilità non sono certo forieri di male, ma semplicemente ambivalenti: ci  si può nascondere per operare contro il bene comune per i propri esclusivi interessi, oppure si può scegliere l’anonimato per operare in silenzio per il bene di tutti,  specie  dei più deboli, perché il bene non esige né la risonanza  delle grancasse né vuole reciprocità. E di queste  persone per fortuna è pieno il mondo…

... l'invisibilità è anche il grembo nascosto 
di tanto bene silenzioso ...
Ognuno di noi deve ogni giorno dirimere l’ambivalenza dell’anonimato e  scegliere tra il disincanto di Glaucone e la stimolante avventura di Socrate, tra l’invisibilità predatoria e l'invisibilità oblativa, tra giocare sulla pelle degli altri   e giocarsi  invece per gli altri.

... si tratta di scegliere 
che cosa vogliamo far emergere...
Scegliere, almeno a parole, sembra facile, ma non è così scontato. Scegliere la via socratica, suscitatrice di dubbi salutari, ci apre giocoforza  ad una vita di coerenza. E’ una via  dove non è certo richiesto né tanto meno preteso - ci mancherebbe! - l’eroismo paradossale della morte di Socrate, alla cui narrazione Platone ha dedicato in particolare il Fedone, “uno di quei pochi libri che invitano di volta in volta gli uomini a indagare se sono degni del loro nome” (Romano Guardini, La morte di Socrate nei dialoghi platonici, Morcelliana, Brescia, 1981, pag. 344). Ma rimane la via di un normale quotidiano coraggio.

... lungo la via del normale 
coraggio quotidiano ...
Chi desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.

sabato 7 marzo 2015

"Il Signore della danza". Video.

All'Amico Mario, 
perché torni presto a danzare la vita ...

Un tuffo nel cielo ...

... danzando ...

Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
 perché io possa cantare senza posa
(Sal 30. 12-13)

...ballando con il cielo...
 Potrei credere solo in un Dio che sappia danzare
(Nietzsche)

Qual è il significato della danza?
Ho riletto in questi giorni “CRISTO SIGNORE DELLA DANZA” (Lord of the dance) del poeta cantautore Sidney Carter (1915-2004). Debbo dire che di primo acchito ho trovato ostico capire ed apprezzare. Condizione preliminare era attribuire un significato univoco alla “danza” che come ogni fenomeno umano è qualcosa di tremendamente ambivalente, tanto che il suo linguaggio specifico rischia di sfuggire ad ogni possibilità di definizione e di traduzione in parola.

La danza è espressione collettiva ... 
profondamente umana...
Non so danzare né ballare, eppure la danza ha sempre esercitato un sottile fascino su di me: forse perché so bene che da tempi immemori in ogni cultura ed etnia è forma espressiva collettiva, profondamene umana, anteriore alla parola scritta; forse perché è un'arte capace di comunicare attraverso il corpo i sentimenti più profondi ed i momenti salienti della vita individuale e sociale, come la gioia, il dolore, il lutto, la festa, la speranza, l’attesa (ad es. della pioggia ovvero della vita!); forse perché si accompagna incondizionatamente alla musica, la regina delle arti, anzi è essa stessa corporea espressione musicale; forse perché sono nato in un paesino del Monferrato che per anni è stato centro di appuntamenti internazionali di danza; forse perché da piccolo, prima dell’invasione delle discoteche, vedevo zii e zie frequentare balere e dancing e ritornare a casa piacevolmente spossati e felici…

La danza è un'arte 
capace di comunicare attraverso il corpo ...
Nella sua forma pura sembra  favorire un’autentica estasi: uno stato di completo distacco ma insieme di forte comunione, in una tensione volta a superare i limiti spaziali  ed a  trasformare il tempo; esperienza  intensa personale, ma insieme corale e coinvolgente, persino stravolgente; dimensione ludica, avventura di un gioco inebriante, con la sua specifica componente di gratuità che è linguaggio alternativo liberante, controparte del quotidiano linguaggio utilitaristico della vita adulta.

... avventura di un gioco inebriante ... 
linguaggio alternativo liberante ...
Dicevo: fascino ambivalente di attrazione e repulsione. Repulsione – almeno per me – se la danza è intesa e vissuta come orgia di balli che sballano nelle discoteche di tutte le notti e dei fine settimana, se forma lasciva di tentazioni demoniache (la seduzione assassina di Salomè, la danza del ventre nelle grossolane raffigurazioni stereotipe a buon mercato...).

Anche la danza, come ogni fenomeno umano, 
è ambivalente ...
Attrazione se la danza è intesa e vissuta come raffinata eterea arte corporea, che si libra in ginniche e sinuose sequenze di movimenti angelicati, musica che si fa visione di armonie corporee, mito di un’eterna inafferrabile giovinezza, segno spazio-temporale di identità e differenze culturali.

... la danza come rimando 
ad un'eterna giovinezza ...
E, non ultima, universale espressione di un profondo sentire religioso che è preghiera, lode, supplica, ringraziamento, adorazione, invocazione. Ecco ci siamo: è così che ho incontrato una pagina di don Tonino Bello (“l’eleganza della suora”) ed ho compreso  che la danza, nella sua forma pura, può contenere in sé il  dono estatico dell’accostarsi a Dio nella preghiera e nella lode del ringraziamento. E’ così che si fa illuminante la visione poetica  di Sidney Carter.

... la danza come espressione di lode... 
di preghiera ...
“L’ELEGANZA DELLA SUORA”
“Alla fine viene una suora, giovanissima anche lei. Era stata in Palestina ed era tornata da qualche giorno. Ha portato un vasetto di alabastro con dell’unguento orientale profumatissimo. E’ venuta vicino all’altare e, senza dire nulla, si è tolta i sandali e ha attivato un registratore. Aveva preparato la marcia nuziale di Mendhelsonn -  quella che suonerà quando  vi sposerete voi - e ha fatto una danza con questo vaso di alabastro sulle note della marcia nuziale. Lei, suora, che di marce nuziali … soltanto per analogia poteva averci a che fare. Ha fatto una danza splendida, con un’espressione artistica di grande livello, tant’è che ho detto: “Accidenti, qua le suore si esercitano nella danza invece che fare le monache!”. Poi mi hanno spiegato che era una suora missionaria; era arrivata lì in Etiopia da un anno, e fino a due anni prima aveva frequentato danza classica in una scuola annessa alla Scala di Milano…” (Don Tonino Bello, Alfabeto della vita, ed. Paoline, Mi, 2010, pag. 55) .

... danzate, ovunque voi siate ...

... perché io sono il Signore della danza.

“CRISTO SIGNORE DELLA DANZA”
 “Danzate, ovunque voi siate, dice Dio,
perché io sono il Signore della danza:
io guiderò la danza di tutti voi.
Dovunque voi siate,
io guiderò la danza di tutti voi.
Io danzavo
il primo mattino dell'universo,
io danzavo circondato dalla luna,
dalle stelle e dal sole,
disceso dal cielo danzavo sulla terra
e sono venuto al mondo a Betlemme.
Io danzavo per lo scriba e il fariseo,
ma essi non hanno voluto seguirmi;
io danzavo per i peccatori,
per Giacomo e per Giovanni,
ed essi mi hanno seguito
e sono entrati nella danza.
Io danzavo il giorno di sabato,
io ho guarito il paralitico,
la gente diceva che era vergogna.
Mi hanno sferzato
mi hanno lasciato nudo
e mi hanno appeso ben in alto
su una croce per morirvi.
Io danzavo il Venerdì,
quando il cielo divenne tenebre.
Oh, è difficile danzare
con il demonio sulle spalle!
Essi hanno sepolto il mio corpo
e hanno creduto che fosse tutto finito,
ma io sono la danza
e guido sempre il ballo.
Essi hanno voluto sopprimermi
ma io sono balzato ancora più in alto
perché io sono la Vita
che non può morire:
e io vivrò in voi e voi vivrete in me
perché io sono, dice Dio,
il Signore della danza.”
(Sidney Carter)

Si consiglia di mettere in pausa la musica del blog prima di avviare il video.



Chi desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.

lunedì 2 marzo 2015

La città ed il Liceo musicale... Video.

 

Perché un Liceo musicale?
Il Consiglio Comunale di Albenga ha deliberato, per quanto di sua competenza e  su istanza della minoranza, l’istituzione in città del Liceo musicale. La delibera è stata approvata all’unanimità, anche se offuscata dal fastidioso teatrino  di reciproche  accuse e   dichiarazioni di primogenitura (“albo signanda lapillo” negli annali della storia ingauna!).  Bella cosa l’unanimità, che mi ricorda  vecchie e recenti delibere relative al polo scolastico…

...un'approvazione unanime ...
Poi l’intervento su facebook – che condivido pienamente – del Sig. Tommaso Giulla, alunno del Liceo G. Bruno e rappresentante degli Studenti, mi  ha invogliato  a esternare su  questo blog interrogativi che mia moglie ed io condividevamo con una ristretta cerchia di persone.

...alcuni interrogativi ...
Premessa l’urgenza della questione logistica sulla quale il rappresentante degli studenti ha insistito, gli interrogativi sono questi: che cosa comporta per un Liceo l’indirizzo musicale? Che cosa significa un Liceo musicale per una città ed il suo territorio, per gli uomini e le donne che vi abitano e soprattutto per le giovani generazioni? Quali realistiche concrete opportunità  può offrire a breve, medio e lungo termine? Quale progetto culturale e territoriale di grande respiro presuppone?

... per guardare lontano ...
Il Liceo G. Bruno di Albenga tentò di rispondere a queste domande nel  2005 e nel 2008, quando richiese formalmente e reiteratamente a Regione e Ministero il Liceo musicale (e coreutico) insieme ad altri indirizzi liceali. Le richieste furono precedute da due indagini conoscitive, volte a verificare a 360 gradi quali nuovi indirizzi si ritenessero utili e necessari per il territorio ingauno.

... a partire dal territorio ...
I questionari coinvolsero ripetutamente le scuole elementari e medie del territorio (genitori e docenti) e tutti gli amministratori locali territoriali, i sindacati, le associazioni culturali professionali e lavorative significative. I corposi dati pervenuti da docenti e genitori furono a suo tempo esemplarmente e rigorosamente elaborati e resi pubblici dal prof. Mauro Basso, riconosciuto esperto in materia. Amministratori ed associazioni, pur con alcune lodevoli eccezioni, brillarono invece per il loro assordante silenzio. Anche i competenti uffici ministeriali  e regionali non si degnarono di accusare ricevuta. Evidentemente i tempi non erano maturi. Oggi i tempi sono mutati, sono cambiate le persone (o le loro precedenti opinioni), gli interessi, le esigenze, le sensibilità, le valutazioni.

..oggi ...  i tempi 
sono politicamente mutati ...
Rimangono comunque gli interrogativi iniziali che credo si possano sintetizzare in una semplice cruda domanda: merita Albenga il Liceo musicale (e coreutico)?

... ma gli interrogativi rimangono aperti ... 
merita Albenga il Liceo musicale?
Lo merita sicuramente il “G. Bruno”: basta semplicemente considerare l’impegno quotidiano profuso dalla Preside prof.ssa Barile, dai Docenti, dai Rappresentanti dei Genitori e degli Alunni; basta prendere atto della crescita delle iscrizioni ed in particolare del lusinghiero decollo del Liceo artistico, scommessa ampiamente vinta dal Liceo e dalla Città.

..lo merita sicuramente il Liceo G. Bruno...
Ma lo merita la città? Non lo so, a meno che ci si  limiti ad uno splendido fiore all’occhiello che potrebbe nel tempo trasformarsi in un gravoso insostenibile peso. Come ogni istituzione scolastica (sia essa  pubblica statale o paritaria) anche il Liceo musicale è  un dono  offerto alla città, ma un dono che, se non lo si vuole subito perdere o deteriorare, deve immediatamente trasformarsi in meritoria progressiva continua conquista, definita sia da una sinergia di interventi, in base ai ruoli ed alle competenze di ognuno, sia soprattutto da un  condiviso progetto  culturale e formativo non improvvisato né abborracciato, da parte della città e del  territorio.

...ma la città è in grado di conquistare 
il dono di un Liceo musicale?...
Qual è questo progetto territoriale ad Albenga? Quali le priorità dichiarate e praticate, a cominciare dal polo scolastico, chiarendone una volta per tutte la consistenza? Quali le priorità di fattibilità?
Mi pare che lo studente del G. Bruno abbia lucidamente riportato ed elencato le condizioni e gli interventi necessari da parte della città e del territorio per  rendere vivo ed operante il Liceo musicale. Io mi permetterei di sottolineare l'urgente necessità della creazione di un circuito “città-musica-territorio”, fatto di azioni (non mozioni) atte a coinvolgere tutta la cittadinanza in forme di reciproca permanente educazione culturale, che sola può garantire il salto qualitativo di civiltà di un territorio che vuole e deve rimanere fondamentale centro ortofrutticolo ma anche vuole divenire città d’arte e di musica.

... è in grado di aprirsi all'arte ... 
alla musica?
Il che significa aprire la comunità al sublime, alle armoniche celestiali dimensioni della poesia lirica e della musica (qualsiasi vera musica, classica e moderna, vocale, strumentale, persino virtuale...), la cui protettrice nella mitologia greca era "colei che rallegra", la musa Euterpe (dal gr. Ευτέρπη).

... è in grado, la città, di rallegrarsi?...
Del resto, si sa, l'arte musicale era l’unica arte alla quale Platone attribuiva un giudizio positivo in quanto gli appariva la sola a non essere "imitazione dell'imitazione", ma indiscussa manifestazione di  libertà e di creatività.

...è in grado di lasciar spazio 
alla creatività? ...
E’ indubbio: non c’è tempo da perdere, ma non solo e non tanto perché l’urgenza del Liceo musicale è dettata dal fatto che altrimenti altre città concorrenti ce lo ruberebbero,  in una logica a me del tutto ostica del “mors tua vita mea”. Non si tratta neppure di confidare esageratamente sul sostegno strumentale e transitorio  di poche o tante famiglie interessate per i loro figli, sostegno che oggi c’è e domani chissà.

... è in grado di lasciarsi coinvolgere? ...
La vera urgenza è quella di costruire da subito e poi pazientemente nel tempo un nuovo habitus quotidiano: la convinzione vissuta di  tutti i cittadini, a partire dagli amministratori ed associazioni locali, di un Liceo musicale ed una città in corrispondenza biunivoca di amorosi sensi.

... è in grado la città di sognare?...
Altrettanto indispensabile e determinante è il coinvolgimento più ampio possibile almeno del territorio savonese ed imperiese perché il Liceo non sarà solo per coloro che risiedono in città e dintorni, che  non garantirebbero da soli la stabilità dell’utenza  e quindi dello stesso Liceo musicale.

...un Liceo musicale aperto ...
E’ un’operazione culturale non da poco per la quale non so quanto sia disposta a giocarsi  la presente amministrazione, nella sua maggioranza e minoranza: unico criterio di verità saranno i fatti e le promesse mantenute.
Se noi cittadini non siamo convinti dell’urgenza di questo virtuale e permanente circuito, se non esigiamo una buona volta che si passi dalle mozioni rituali alle azioni concrete volte a dimostrare nella concretezza il preminente  valore culturale, civile, educativo e formativo della scuola (e, nel nostro caso, della scuola di musica) non solo per i giovani ma per tutti noi e per la nostra vita quotidiana, non illudiamoci, il Liceo musicale  avrà vita stentata e breve.

...ma è necessario credere 
nella scuola...
Immagino che tutti conoscano la favola della cicala canterina ed “il mito delle cicale” offertoci da Platone proprio in riferimento alla musica. Forse ad ognuno di noi tocca scegliere tra due modalità di vivere la città e la musica proposte dalla  favola  e dal mito. La favola ci presenta  la cicala chiacchierina e chiacchierona che  non combina nulla ed alla fine rischia  di far morire d’inedia se stessa e, aggiungo io, la città.

... scegliendo tra la cicala chiacchierina 
e chiacchierona ...
Il mito  (Fedro, 259)  ci esorta  a non lasciarci incantare dal “canto” di nessuno, anche se apparentemente delizioso, ma di ascoltarlo ed utilizzarlo in modo libero e critico, avendo in mente il presente ed il futuro della città, umilmente ma fermamente convinti che, se si vuole davvero meritare il dono del Liceo Musicale, “per molte ragioni nel mezzogiorno bisogna parlare e non dormire”. Io preferisco quest’ultimo,  dove il dono si trasforma in conquista.

.. e il parlare motivato e responsabile...
“E inoltre mi sembra che in questa soffocante calura le cicale,
 sopra le nostre teste, cantando e   discorrendo tra di loro
 guardino anche noi. Se, allora, vedessero che anche noi due,
 come la maggior parte della gente nel mezzogiorno,
  non discorriamo, ma sonnecchiamo e ci lasciamo incantare
da loro per pigrizia del nostro pensiero,
ci deriderebbero giustamente considerandoci schiavi
 venuti da loro per dormire in questo rifugio, come  pecore
che trascorrono il pomeriggio  presso una fonte.
 Invece, se ci vedono discorrere e navigare,
passando davanti alle Sirene non ammaliati,
forse ci ammireranno e ci daranno quel dono
che gli dei possono dare agli uomini ….” 
(Fedro, 259)


Si consiglia di mettere in pausa la musica del blog prima di avviare il video.



Chi desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.