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Visualizzazione post con etichetta Antonio Ligabue. Mostra tutti i post
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venerdì 30 marzo 2018

Venerdì santo e contemporaneità.

Post di Rossana Rolando.

Antonio Ligabue, 
Crocifissione (foto personale)
Il venerdì santo - memoriale della passione e della morte di Gesù Cristo all’interno della fede cristiana - può essere anche assunto come simbolo epocale della morte di Dio (nel significato filosofico teologico del venir meno di ogni orizzonte religioso) per larga parte del sentire “contemporaneo”. Un venerdì - quest'ultimo - che non precede la domenica della resurrezione, rimanendo chiuso nel cerchio del tempo,  del tutto indifferente alla speranza.
La pagina di Guido Ceronetti sotto riportata esprime il senso potentemente tragico della morte di Dio - fatta coincidere con l'estinzione di ogni attesa messianica - avvertendo in essa l'effetto di una privazione che non libera, anzi impoverisce e disumanizza. Solo il seme di questa consapevolezza può far risorgere, nella terra odierna del disincanto, l'inquieta domanda dell’Altro e dell’Oltre.

sabato 17 marzo 2018

Antonio Ligabue commuove.

Post e fotografie di Rossana Rolando.

Antonio Ligabue, 
Scoiattolo
🌟Luciano Manicardi, monaco e priore di Bose, introduce il suo toccante intervento sugli  autoritratti di Antonio Ligabue (Zurigo 1899 - Gualtieri 1965), pubblicato in occasione della Mostra allestita a Genova presso Palazzo Ducale e ora in corso (3 marzo – 1 luglio 2018), con un racconto emblematico dello scrittore finlandese Tove Jansson (riportato nella forma riassuntiva di David Grossman) al quale lega la figura tragica, eppure umanissima, dell’artista svizzero italiano:
«Mumintroll […] gioca a nascondino con gli amici. Si nasconde nel cappello grande e nero di un vecchio mago senza sapere che tutto ciò che vi entra cambia aspetto. Quando Mumintroll esce dal cappello i suoi amici si ritraggono spaventati: il suo aspetto è cambiato e ora è terrificante, quasi mostruoso. Mumintroll, tuttavia, non sa di essere cambiato e non capisce perché gli amici fuggono. In preda al panico, intrappolato nella solitudine delle sue nuove sembianze, cerca di spiegare che è lui, è sempre lui, ma loro scappano via urlando per il terrore. In quel momento arriva la mamma di Mumintroll, lo guarda stupita e gli domanda chi è. Lui la supplica con lo sguardo di riconoscerlo perché se lei non lo capirà, come potrà vivere? Allora lei lo guarda negli occhi, osserva profondamente l’anima di quella creatura, che non assomiglia affatto al suo caro figlioletto e dice con un sorriso: “Ma tu sei il mio Mumintroll”. E in quel momento accade un piccolo miracolo: il mostro, l’estraneo, svanisce e Mumintroll torna a essere quello di prima»¹.