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Visualizzazione post con etichetta Michel Foucault. Mostra tutti i post
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domenica 23 febbraio 2025

Comparazione

 Post di Rosario Grillo

Hieronymus Bosch, La nave dei folli, 1494
“Esso suscitava lo Straniero proprio là dove nessuno l’aveva presentito; rompeva la trama, scioglieva le familiarità; per mezzo suo qualcosa di umano è stato messo fuori della portata dell’uomo, e retrocesso indefinitamente dal nostro orizzonte. In una parola, si può affermare che quel gesto ha creato un’alienazione” (M. Foucault).
 
C’è una sorta di stordimento davanti alla rapidità e capillarità di esecuzione della “messa a sistema” del dispositivo di potere adottato dalle forze sovraniste nazionaliste autocratiche.
Nel volgere delle crisi del capitalismo (1), in conseguenza della gelida delusione degli spiragli di alternative, intravisti all’ora del Covid, si è concretato davanti a noi un ordine di cose con prospettive geopolitiche, politico-sociali, etico-politiche e culturali di scarso respiro democratico, anzi in gran parte antidemocratico. (2)
Si dice che la storia non si ripete mai, ma nella cornice del classico motto: historia magistra vitae, possiamo provare a cercare le forme nuove dell’accadere, visto che, nel sottofondo, sono costanti le pulsioni umane (antropologia) e certi meccanismi del potere (politica e social).
Con tale premessa rileggo il classico lavoro di Michel Foucault “Storia della follia”, la sua archeologia del sapere, la sua micro fisica del potere.

giovedì 9 maggio 2024

Fuori della "gabbia d'acciaio".

Post di Rosario Grillo.

Charlie Chaplin, Tempi moderni
Remo Bodei nel capitolo VII, Il mondo e lo sguardo, de La filosofia del ‘900 (1), passa in rassegna filosofi lontani e vicini alla nostra epoca, da Husserl a Foucault, mirando a definire la cosalità, aderente alla funzionalità tecnica e deviata dalla libertà del soggetto. Richiama così Odradek, uno strano congegno meccanico descritto in uno dei racconti di Kafka. Ne fa un simbolo di un importuno “intralcio”: per arcano, capace di reinventare la sua esistenza. Kafka ne consiglia l’oblio. Bodei chiosa l’episodio: “per Heidegger bisogna, al contrario, sottrarre le cose dall’oblio della metafisica, farle aprire nuovamente a un dialogo, dar voce alla loro alterità, rifondarne il senso, renderle, attraverso il linguaggio, crocevia di relazione, supporti di una diversa possibile esperienza non manipolata” (2).
*
Ricordo la definizione data alla tecnica da Max Weber: gabbia d’acciaio. Riproduce alla perfezione il meccanismo infernale in cui si trova incastrato l’operaio Charlot di Tempi moderni. Qualche decennio prima la sociologia americana aveva configurato il sistema taylorista (3): una piena sincronizzazione delle fasi della produzione (catena di montaggio), cronometrazione, asettica pianificazione, momenti di una radicale razionalizzazione. La “ragione strumentale” prendeva il sopravvento accompagnandosi alla calcolabilità, alla serialità ed alla riproducibilità tecnica.

martedì 7 gennaio 2020

I corpi, le piazze, la rete.

Post di Rosario Grillo
Immagini delle vignette di Mauro Biani (con gentile autorizzazione).

“Nei linguaggi naturali tutte le voci del mondo chiedono la parola”
(Il bibliotecario di Leibniz).

Mauro Biani, 2019
Dei corpi, la politica moderna si è occupata seguendo la logica della biopolitica, ovvero togliendo gli ideali ed incrementando l’azione oggettiva ed oggettivante, per ridurre l’uomo a “nuda vita”.
L’analisi di Giorgio Agamben smossa dagli studi di Foucault, ha spostato l’inizio della biopolitica sull’intero corso della storia moderna, guardandolo come incubatore inconsapevole del potere assoluto di vita e di morte che nella gestione del potere totalitario è sottrazione di vita privata.
L’attenzione posta sul corpo sacer fa da battistrada, mentre diventa emblematico l’habeas corpus del 1215 in quanto, pur contemplando le libertà (particolari) concesse, le colloca su l’elemento corpo (nomen omen).
Più avanti, ma con il concorso della democrazia, che predica l’uguaglianza dei diritti introducendo il concetto di massa sociale (insieme di corpi), si estrinseca una politica concentrata a vigilare su tutto l’arco dell’esistenza del cittadino, dalla vita alla morte, fino a regolamentare ogni battito di vita di questi corpi. Compressi (o spostati nel retrobottega): individualità, sentimenti, differenze. (1)
La mia umile taglia non mi autorizza a sbilanciarmi nella valutazione se il “tempo di esercizio” della dottrina biopolitica sia di già esaurito.
Di certo, restringendo la visuale alla nostra ottica nazionale, abbiamo di recente osservato un passo falso del sovranismo nazionalista, che aveva messo in opera la capacità di manipolazione collegata alla biopolitica. Un sovranismo che ha pigiato i tasti funzionali alla sollecitazione del populismo: con la propaganda della paura, con lo sbandieramento della minaccia occupazionale e addirittura culturale.

domenica 12 novembre 2017

Sul cominciare. Con Calvino, Borges e Foucault.

Post di Rossana Rolando.
Immagini dell'illustratore e pittore inglese Frederick Cayley Robinson (1862-1927).

Frederick Cayley Robinson, Illustrazione 
tratta da L'uccellino azzurro di Maurice Maeterlinck
Non è l’inizio al singolare – il principio di tutto – che qui vorrei evocare, ma gli inizi al plurale, i modi del cominciare, gli atti con cui si dà avvio a qualcosa. In prima battuta mi interessa il principio della narrazione, e subito dopo l’avvio di ogni discorso, non solo in campo letterario.

🌸L’inizio del raccontare.
Nei capolavori della letteratura le parole di apertura si caricano di una grande energia, come se la potenza creativa dell’opera fosse già tutta contenuta nel principio. Per questo, come ricorda Italo Calvino - che al tema ha dedicato un libro ben noto, dal titolo Se una notte d’inverno un viaggiatore -, gli inizi dei romanzi sono generalmente più memorabili dei loro rispettivi finali. Gioia dell’inizio: questo si respira negli incipit meglio riusciti.
Frederick Cayley Robinson, 
Il mondo
Nel suo testo inedito sul “Cominciare e finire” (pubblicato in Appendice a Lezioni americane, Mondadori, Milano 2016) lo stesso Calvino descrive l’inizio come l’uscita “dalla potenzialità illimitata e multiforme” dell’esperienza - data dalla “possibilità di dire tutto”, in tutti i modi e i linguaggi possibili - per  entrare “in qualcosa che ancora non esiste”, facendo ingresso in “un mondo completamente diverso”, “un mondo verbale”. La molteplicità del reale offre un’infinita ricchezza di materiale “raccontabile” da cui lo scrittore cattura, isola, seleziona dati che poi rimescola e rielabora per dare origine alla sua storia.

giovedì 26 ottobre 2017

L'occhio che tutto controlla (panopticon).

Post di Rosario Grillo
Premessa di Rossana Rolando e Gian Maria Zavattaro
Il dipinto di V. van Gogh, La ronda dei carcerati, è ripreso dall'incisione di Gustave Doré.

Paul Klee, L'occhio, 
1938
Il panopticon è una costruzione carceraria progettata da J.Bentham nel 1791 e ripresa da Foucault come metafora del potere nella società contemporanea: macchina di dominio sociopolitico e di controllo economico-consumistico, invisibile e onniveggente, fondata sul principio del massimo d’inconsapevole coazione e del minimo di effettiva libertà. La figura del Panopticon, che ha ispirato il grande fratello di G. Orwell, richiama il diffuso controllo odierno su ognuno di noi (attraverso tabulati telefonici, tracciati elettronici, uso di internet, persuasori occulti, ecc.). 
Ci sono interrogativi ai quali ognuno di noi dovrebbe dare risposta: Siamo ancora consapevoli ed in grado di riconoscere come estraneo un potere diventato gradualmente invisibile? Non è forse diventato un sistema “ideale” che per funzionare non ha bisogno di strutture“reali”, dal momento che viene interiorizzato  dai cittadini sin dall’infanzia attraverso processi  che di fatto sono una sorta di “addestramento”?  La rete internet può essere considerata  come il Panopticon ed al limite usata per controllare chi la utilizza? I gestori dei provider, o dei social network possono accedere alle informazioni degli utenti senza che essi lo sappiano o abbiano a loro volta la possibilità di controllare. In questa asimmetria chi controlla Internet?  
Le puntuali riflessioni di ROSARIO ci   possono aiutare a dare risposta.

mercoledì 13 settembre 2017

Michel Foucault, Parresia.

Post di Rossana Rolando 
Immagini delle opere di Ida Budetta (qui il sito).

Foucault, Discorso e verità 
nella Grecia antica
Il testo uscito in italiano nel 1996 riporta le lezioni tenute da Foucault nel 1983 presso l’Università di Berkeley ed è diviso in quattro parti. Qui ricostruisco i contenuti della prima sezione, dedicata al “significato ed evoluzione della parola parresia”
1. Origine della parola: la parola compare per la prima volta nella letteratura greca in Euripide (484-407 a. C.) per poi essere utilizzata dal V secolo a. C. al V secolo d. C. rispettivamente nel mondo greco e nei testi patristici cristiani (molte volte in Giovanni Crisostomo).
In italiano il termine “parresia” significa “parlare chiaro”, dire la verità e colui che si esercita in essa viene chiamato da Foucault parresiasta.
2. Etimologia: parresiazestai significa “dire tutto”, da pan (tutto) e rhema (ciò che viene detto). La parresia implica quindi l’espressione chiara di ciò che si pensa, senza orpelli retorici, in modo diretto e schietto, in una identificazione totale tra ciò che viene detto e colui che dice.