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Visualizzazione post con etichetta Ernesto Balducci. Mostra tutti i post
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mercoledì 22 novembre 2023

La via di Francesco.

Post di Rosario Grillo
Immagini tratte dal sito Museo francescano virtuale (qui).
 
Mimmo Paladino, San Francesco, 1993
La misura della crisi, alla luce della feroce guerra arabo-israeliana in corso, è davvero così orribile (1) da legittimare il ricorso al “ritorno alle origini”, come avveniva un tempo? (2) I fatti dicono: che una specie di terza guerra globale “a pezzi” è in corso - sono tanti i focolai accesi. Mettono ancora in evidenza un crescendo di strage di civili durante i conflitti (guerra in Ucraina e guerra in Terra Santa). Suggeriscono la facilità della scelta del ricorso alle armi sia per situazioni conclamate di crisi sia come facile strumento per instaurare un nuovo assetto geopolitico. Rappresentano un’obiettiva défaillance della prassi democratica.
Correndo su questo binario, al seguito dell’indicazione data da Umberto Baldocchi, ho fatto l’incontro con il libro che padre Ernesto Balducci ha dedicato alla figura di Francesco d’Assisi. (3)
È veramente, il nostro, un tempo di crisi apocalittica? Quali sono, se ci sono, le analogie tra il nostro e il tempo di Francesco?
Un segnale, di certo, è dato dall’attuale pontefice, che ha voluto assumere il nome del frate d’Assisi, imprimendo al suo pontificato il sigillo della “misericordia di Dio”, adottando in diverse occasioni il volto della povertà: il tocco del “servizio ai deboli e bisognosi”. Nel crinale del paradosso - essere contro il “secolo” ma servirsi degli strumenti tecnici del “secolo” - Papa Francesco ha di recente utilizzato lo strumento mediatico e risposto, nell’intervista del Tg1, spiegando di non considerarsi un “papa comunista” (4). Una risposta confermata dalla consonanza della sua azione ai principi ed alla condotta della Chiesa primitiva, sentita come “esemplare maniera” di mettersi sulle orme di Gesù.
Anche Francesco d’Assisi - ce lo ricordava Machiavelli - si è mosso per riportare la Chiesa alle origini, considerando queste ultime consustanziali alla natura comunitaria: indice incontrovertibile della pratica della fraternità.
Esplorando con autenticità la biografia del Santo, vengono in risalto le motivazioni reali delle scelte del frate assisano, dall’abbandono della casa paterna (e dei suoi agi) all’impostazione della “regula” fino al Testamento, segni tangibili di una Chiesa riportata sulle orme di Gesù. I movimenti pauperistici, diffusi in quel periodo, avevano appunto il comune denominatore della scelta della povertà: rimedio per curare la “malattia della potenza” che affliggeva la Chiesa del tempo. (5)

martedì 22 dicembre 2020

L'albero di Natale di Gesù.

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini delle opere di Carl Larsson (pittore e illustratore svedese, 1853-1919).

Carl Larsson, edizione natalizia di Idun, 1901
“Io sono un romanziere e, a quanto pare, ho inventato una “storia” io stesso. Perché scrivo “pare” quando so di sicuro che ho inventato? Eppure ho come l’impressione che ciò sia accaduto in qualche luogo una volta e, precisamente, alla vigilia di Natale, in una non so quale immensa città, mentre faceva terribilmente freddo” (F. Dostoevskij, Diario di uno scrittore, Bompiani, 2017, p.224).

Pensavo in un primo tempo di dar conto della mia lettura di alcune omelie natalizie di p. Balducci finora inedite, fresche di stampa (1). Innegabile l’attualità di pagine quasi proposte per questo tempo di covid: un invito a raccogliere nella nostra concreta situazione l’appello a riscoprire la verità del Natale fatta di infanzia spirituale, gioia autentica congiunta a “severità”, luce che vince le tenebre, speranza (“la via attraverso cui Dio ci si rivela”(2), fede nell’indicazione perentoria di Dio per cui “il fatto che Gesù sia morto come è morto e nato come è nato non è una circostanza contingente ma è invece strutturalmente eloquente riguardo a Dio”, alla Pasqua di Resurrezione, alla salvezza del mondo (3).

Poi ho capito che non potevo pretendere di presentare in sintesi gli ardenti richiami e suggestioni del libro, perché in quelle pagine si ritrova un’aria che ognuno deve respirare da sé. Posso però rivolgere un caldo invito a leggerlo, partendo dalla “verità di fondo: che Dio si manifesta contestato e ripudiato. Non è invenzione nostra, è il dato essenziale su cui dovemmo costruire anche il messaggio di consolazione. Ma se noi eliminiamo l’estraneità di Dio nei rapporti del tessuto della nostra vita, poi niente più torna. Bisogna cominciare da qui, da questo scandalo:“venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”(Gv 1,11)” (4).

mercoledì 2 gennaio 2019

Sprazzi di vita e spirito. E. Balducci e G. La Pira.

Post di Rosario Grillo.

Giorgio La Pira 
ed Ernesto Balducci
A che serve un bilancio in pareggio se non è in pareggio la vita?
“Bisogna entrare in politica con due soldi e uscirne con uno solo.”

Sarebbe grave richiamare il passato per ricevere un effetto consolatorio.
È una tentazione, però, fortissima e difficilissima da combattere, quando si ritorna su figure come quelle di Ernesto Balducci e di Giorgio La Pira.
Si intrecciano i loro destini negli anni travagliati dei Cinquanta in una Firenze che allungava il passo, come gran parte dell’Italia in preparazione del “miracolo economico.
Provenienze diverse: toscano l’uno, di origini siciliane l’altro, ma accomunati dalla stessa curiosità per il profondo: sociale, culturale, spirituale e politico.
Nel ‘51 La Pira si trovò eletto sindaco di Firenze e nel ‘52 i due diedero vita alla feconda esperienza de Il Cenacolo, embrione del futuro “Testimonianze”, rivista che fu un tutt’uno con il lavoro culturale e teologico di padre Balducci.

martedì 7 novembre 2017

Ernesto Balducci: la liberazione.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini del pittore brasiliano Arthur Timótheo da Costa (1882-1922), con particolare riferimento alla rappresentazione di un'umanità dolente.

 Il termine “liberazione” esprime il modo proprio in cui la coscienza  cristiana degli anni 70 avverte e traduce  
il suo impegno con la storia e la sua fede in Gesù Cristo” (1).

Arthur Timótheo da Costa, 
Uomo che prega
P. Balducci scrive agli inizi degli anni '70 la voce Liberazione per il Dizionario Teologico edito nel 1974 da Cittadella. E’ fondamentale tenere presente il contesto che caratterizza quegli anni, anche per capire il coraggio di questo prete cinquantenne nell’affrontare - in termini squisitamente fenomenologici, non giudicanti ma criticamente descrittivi - un movimento “non in tutto e per tutto coerente” sviluppatosi da circa un decennio, enucleandone i tratti essenziali, la visione antropologica e cristologica. La bibliografia a fine articolo fa precipuo riferimento, oltre ai teologi della politica e della speranza, a Assmann. L. Boff, Freire, Girardi, Gutierrez, Torres.
Balducci non poteva prevedere la futura storia tormentata e conflittuale della TdL (2), ma forse oggi non sarebbe neppure sorpreso dell’attenzione che i nostri giorni stanno offrendo ai suoi “principi positivi”.

☆☆☆☆☆☆☆
Sul finire degli anni ‘60 la società occidentale è scossa dalla crisi della ideologia capitalistica e dalla critica allo sviluppo tecnocratico, ampiamente contestato sia nell’Occidente sia nei paesi sottosviluppati. Tra il ’68-‘69 in molte città  occidentali vi è come un’insurrezione ideologica, che segna – soprattutto con il maggio francese - il punto di rottura di molti giovani con le  vecchie generazioni.  
Arthur Timótheo da Costa, 
Ritratto di uomo nero
Il cosiddetto terzo mondo diventa per loro “un punto di riferimento globale contro il  primo mondo, quello dell’economia di mercato, e contro il secondo mondo,  quello della burocrazia socialista di tipo sovietico” (3). Il terzo mondo ha la sua rivincita umanistica: ai valori ed ai modelli mistificanti della società borghese la contestazione giovanile sostituisce Castro, Che Guevara, Ho Chi Minh… Nel contempo il marxismo recupera l’istanza utopica delle sue origini (Lukacs, Bloch, Garaudy, Schaff…) rimettendo in luce il Marx giovane, mentre la scuola di Francoforte (Fromm, Horkeimer, Marcuse in particolare) acquista una grande popolarità grazie all’analisi dell’”eclissi della ragione” nel mondo capitalistico e nella civiltà illuministica (4).

martedì 31 ottobre 2017

San Francesco di padre Balducci.

🖊Post di Gian Maria Zavattaro
🎨Immagini degli affreschi di Giotto nella Basilica Superiore di Assisi.
 
Giotto, Stimmate 
presso il Monte della Verna
“Allora che ne è stato di Francesco? […] Io ho cercato di penetrare, per così dire,  tramite il riferimento al Cristo della Verna, in questa profondità sofferta, escatologica di Francesco d’Assisi. Per me, lo dico subito, rimane una legge, che chi ha una speranza profonda e universale è, in fondo, condannato alla disperazione o alla speranza escatologica. Chi desidera una società fraterna, giusta e in pace, deve portare questa speranza, ma se per caso questa speranza urta nell’insuccesso (quanti ne abbiamo visti!) essa si trasforma in disperazione o in  violenza. C’è nella speranza della totalità una componente implicitamente teologale che si adempie solo nel mistero del Cristo crocifisso, nell’uomo fallito per eccellenza. Noi siamo salvati da un fallimento. Perché la vittoria non è storica, è metastorica. La Resurrezione non è fatto storico in senso proprio. E’ la decisione di Dio che crediamo per fede, ma la storia sembra legata ai ritmi tragici della crocifissione. E il mistero di Francesco  per me è strettamente conforme al mistero di Cristo. Al di sotto di questo vertice inimitabile, ma ricco, nella memoria della fede, di suggerimenti, di aperture, abbiamo il mediocre e deludente accomodamento storico, non c’è dubbio”. (Ernesto Balducci, Tra istituzione e rinnovamento evangelico in Francesco un ‘pazzo’ da slegare, Atti del 40° Corso di Studi Cristiani, Cittadella ed (1° ed. 1983), 3° ed. 1997, Assisi, pp.88-89)  (1)

Lo scritto qui presentato è l’intervento di p. Balducci, sessantenne, al 40° convegno di Cittadella “Francesco un ‘pazzo’ da slegare”, i cui atti sono stati pubblicati nel 1983.

giovedì 19 ottobre 2017

Balducci e l'ateismo letterario.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Copertina del libro 
"Io e don Milani", ed.  San Paolo
A 25 anni dal dies natalis  di padre Ernesto Balducci (1922-1992) mi pare doveroso rendergli  un umile riconoscente omaggio. Non l’ho conosciuto personalmente, non sono certo un profondo conoscitore della sua opera e del  suo pensiero, ma  per me  molti della mia generazione negli anni postconciliari  è stato  uno dei riferimenti non marginali nel cammino di fedeltà al Vaticano II, nell’esercitare la mia professione  prima di insegnante di storia e filosofia (1) e poi di preside, nel dialogo con le culture contemporanee e con i non credenti, in particolare allora con i marxisti, nel quotidiano impegno sociale e nelle scelte,  decisive, di stare con e dalla  parte degli umiliati ed oppressi.  Fu in  prima fila nel diffondere la nuova ventata del Concilio, forte della speranza, senza nascondere amarezze per il tardivo rinnovamento religioso; fu  prete e scolopo  scomodo (non meno degli amici  don Milani padre Turoldo, G. La Pira…), osteggiato dagli ambienti curiali retrivi e dal loro seguito ultraconservatore; fu  allontanato dalla diocesi di Firenze, processato e condannato per apologia di reato per aver difeso l’obiezione di coscienza (con  denuncia al S. Uffizio); fu il fondatore della  rivista Testimonianze, l’animatore dei convegni  "Se vuoi la pace prepara la pace" .