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Visualizzazione post con etichetta Dostoevskij. Mostra tutti i post
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domenica 1 settembre 2024

Elezioni in Liguria: oltre il cinismo.

Post di Gian Maria Zavattaro
 
Mauro Biani, Sorridi, sono il tuo governo
Le vicende giudiziarie dei vertici regionali liguri (sulle cui responsabilità la prima e ultima parola spettano ai giudici competenti) hanno in ogni caso posto in rilievo la situazione drammatica della Regione, in particolare per quanto concerne la sanità pubblica, la scuola, i migranti, la trasparenza degli atti, il rapporto tra pubblico e privato: un sistema politico-amministrativo tutt’altro che limpido, che pare poco propenso a tener conto della sovranità dei cittadini e delle priorità dei loro bisogni.
L’impressione è che il cinismo sia oggi imperante anche in Liguria. Cinico è chi non crede di poter persuadere e ottenere consensi attraverso la ragione: non crede nella forza dell’educazione e per questo è ciò che di più antitetico vi è rispetto alla scuola. Alla forza della persuasione e del dialogo il cinico contrappone di volta in volta l’occulta manipolazione mielata dei media (social, Tv, sondaggi guidati ecc.) oppure la brutalità impudente della menzogna che irride l'avversario, la seduzione delle emozioni pilotate di contro alla forza della ragione, l'inganno di mezze verità alla forza della verità intera.
Gli effetti stravolgenti di questa strategia? La coerenza diventa burla, l'accoglienza dell'altro un cedimento e noncuranza il rispetto dei valori che l'altro rappresenta o testimonia. 

sabato 23 aprile 2022

Libertà è liberazione. Dostoevskij.

 Post di Rossana Rolando.

Vincent van Gogh, La ronda dei carcerati, 1890, particolare, Mosca
Oggi, la parola liberazione, che ogni anno ricorre, legata al 25 aprile, si carica di nuovi pesanti fraintendimenti.

Festa civile fondativa della nostra convivenza, alla base dei valori della Costituzione italiana, essa è spesso motivo di divisione tra opposte parti politiche, segno di un rapporto irrisolto con il passato. La festa del 25 aprile risulta oggetto di rivendicazioni che molto svalutano il senso della liberazione: disdegnata da chi non si riconosce nella lotta dei partigiani, erroneamente considerati espressione di un solo ben connotato schieramento politico (essendo invece il risultato di molti e diversi partiti antifascisti); rifiutata  da chi guarda in modo nostalgico al ventennio fascista o addirittura all’ideologia nazista.

La guerra russo ucraina, e l’uso – da entrambe le parti - delle parole liberazione e resistenza, accompagna inoltre questo 25 aprile, inquinandolo con ulteriori polemiche: chi annovera la posizione dell’Ucraina nell’orizzonte semantico della resistenza e della liberazione dall’aggressore e chi non intende affatto applicare al fronte ucraino questi termini, interpretando il conflitto alla stregua di una guerra tra Nato e Russia.

sabato 12 marzo 2022

Cultura ucraino russa e libertà.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini del pittore russo Viktor Michajlovič Vasnecov (1848-1926).

Viktor M. Vasnecov, Trasloco
In questi giorni di atroce guerra russo ucraina, il filosofo Vito Mancuso ha contribuito allo sviluppo della riflessione pubblica con due articoli: uno su pace e guerra e sull'invio di armi in Ucraina, da parte dell'Europa
(qui), l'altro relativo al binomio vita e libertà (qui). In quest'ultimo viene posto il seguente interrogativo: "Ci sono momenti nei quali la Storia bussa alla porta della coscienza e impone domande decisive, rispondendo alle quali si ha una rivelazione. Sono i momenti «apocalittici». Io penso che noi ne stiamo vivendo uno e la domanda apocalittica o rivelativa che sento premere dentro di me è la seguente: vale di più la vita o la libertà?  Vita e libertà sono i due valori decisivi per l’esistenza di ognuno di noi: la vita è la nostra dimensione fisica, la libertà è la nostra dimensione morale."
 
Salvare la vita in cambio della libertà e, con questo, accettare di diventare schiavi, oppure combattere per la libertà, pronti a sacrificare anche la vita? Questo è il grande dilemma che si presenta. 
Dall'altra parte, l'economista e storico dell'economia, Luigino Bruni  ha scritto di rimando (qui): "La vita è un valore etico, non è faccenda biologica, è faccenda etica e spirituale. Altrimenti la non violenza, la scelta di Abele che muore per non uccidere, non avrebbe valore etico. Inoltre la scelta della mitezza non è alternativa alla libertà, è solo un mezzo diverso per raggiungerla."

martedì 22 dicembre 2020

L'albero di Natale di Gesù.

Post di Gian Maria Zavattaro

Immagini delle opere di Carl Larsson (pittore e illustratore svedese, 1853-1919).

Carl Larsson, edizione natalizia di Idun, 1901
“Io sono un romanziere e, a quanto pare, ho inventato una “storia” io stesso. Perché scrivo “pare” quando so di sicuro che ho inventato? Eppure ho come l’impressione che ciò sia accaduto in qualche luogo una volta e, precisamente, alla vigilia di Natale, in una non so quale immensa città, mentre faceva terribilmente freddo” (F. Dostoevskij, Diario di uno scrittore, Bompiani, 2017, p.224).

Pensavo in un primo tempo di dar conto della mia lettura di alcune omelie natalizie di p. Balducci finora inedite, fresche di stampa (1). Innegabile l’attualità di pagine quasi proposte per questo tempo di covid: un invito a raccogliere nella nostra concreta situazione l’appello a riscoprire la verità del Natale fatta di infanzia spirituale, gioia autentica congiunta a “severità”, luce che vince le tenebre, speranza (“la via attraverso cui Dio ci si rivela”(2), fede nell’indicazione perentoria di Dio per cui “il fatto che Gesù sia morto come è morto e nato come è nato non è una circostanza contingente ma è invece strutturalmente eloquente riguardo a Dio”, alla Pasqua di Resurrezione, alla salvezza del mondo (3).

Poi ho capito che non potevo pretendere di presentare in sintesi gli ardenti richiami e suggestioni del libro, perché in quelle pagine si ritrova un’aria che ognuno deve respirare da sé. Posso però rivolgere un caldo invito a leggerlo, partendo dalla “verità di fondo: che Dio si manifesta contestato e ripudiato. Non è invenzione nostra, è il dato essenziale su cui dovemmo costruire anche il messaggio di consolazione. Ma se noi eliminiamo l’estraneità di Dio nei rapporti del tessuto della nostra vita, poi niente più torna. Bisogna cominciare da qui, da questo scandalo:“venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto”(Gv 1,11)” (4).

domenica 6 settembre 2020

Ritorno della scuola. Sarebbe stato diverso.

Post di Rossana Rolando
Immagini di Andrea Ucini (qui il sito).


“Io amai in lei qualcosa di più che il professore”
(Lettera di Cesare Pavese ad Augusto Monti, agosto 1926)¹.

Andrea Ucini
Sarebbe stato diverso parlare di ritorno della scuola anziché di semplice ritorno a scuola. La preposizione “della” avrebbe cambiato tutto il significato: non soltanto ritorno “a” scuola in presenza – che è una delle condizioni per poter davvero in-segnare, nel senso di imprimere segni – ma ritorno “della” scuola al centro dell’agenda politica e sociale, in quanto obiettivo prioritario per la costruzione del futuro di ciascuno e di tutti.
Non è così nella prospettiva politica, ma soprattutto - mi sembra di capire - nel sentire di molta parte della società.

✴️ Negli ultimi giorni di agosto si è scatenata, su twitter (e non solo), un’ondata d’odio nei confronti degli insegnanti descritti come nullafacenti: «solo cinque ore al giorno, gite gratis, 7 mesi di “lavoro”, 3 mesi di vacanza estiva, in ferie da febbraio 2020, con lo scoppio della pandemia e lo stipendio garantito…». Sono solo alcune delle invettive rimbalzate in rete.
Andrea Ucini
Non ho intenzione di confutare la falsità di queste affermazioni, molto lontane dalla realtà della maggior parte degli insegnanti, frutto di luoghi comuni estranei al mondo della didattica odierna, tanto più in questo difficile periodo inaugurato dal coronavirus con la scuola a distanza. Non è su questo tipo di accuse che vorrei soffermare l’attenzione. Piuttosto mi concentrerei sull’idea di insegnante e di scuola che si cela dietro queste dichiarazioni e che coinvolge anche chi non si esprime in questo modo: tutta quella parte di società che vuole docenti sempre in aula, sempre coinvolti in attività con gli studenti, intrattenitori cui è affidato il ruolo di sostegno alle famiglie, funzionari di un sistema economico, fondato sul successo che la scuola deve sempre garantire ecc… Questo si vuole dalla scuola, questo si chiede agli insegnanti.

venerdì 22 luglio 2016

L’estate e l’amore della vita.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Iconografia di Rossana Rolando.
“Amici cari, non abbiate paura della vita,
com’è bella la vita, quando si fa qualcosa di bello e di giusto!”
(Aljòša , ne I fratelli Karamazov di F. Dostoevskij, ed. Garzanti, 1981, pag.131)

Félix Vallotton, 
Il vecchio olivo (1922)
Tutte le stagioni sono un inno alla vita e tutte per il credente tempo-luogo dell’amare Dio. Ma l’estate è per me, oltre che occasione di vivificare l'inquietudine della mia fede, richiamo irresistibile alla vita, ad amarla in eterno, ad ogni piè sospinto, con le viscere, direbbe Dostoevskij per bocca di Aljòša, Ivan,  Myskin, così diversi tra loro. Amare la vita: ovvero amare se stessi e il prossimo come se stessi. Che cosa sarebbe il  nostro amore verso il  prossimo se non avessimo nel contempo cura di noi? “Caritas incipit ab egomet”: primum logico, anche se non cronologico né ontologico. 
Félix Vallotton, 
Tramonto con cielo arancione (1910)
Posso  rinnovare l’amore per me stesso - così come sono e mi riconosco e  come voglio e debbo essere - se mi apro al prossimo vicino e lontano ed ascolto e comunico con empatia; se credo nella donna che amo e con lei divido le mie giornate; se ritrovo uno sguardo lucido di tenerezza verso gli amici, i parenti, i conoscenti; se, nutrito di autentica sollecitudine, il mio sguardo è limpido verso gli esclusi ed invisibili; se scopro “ad ogni piè sospinto” quante cose belle vi sono al mondo e non mi perdo nello stordimento di mille droghe estive o nello squallido gioco del giovanilismo. Anche quando ognuno di noi è  torturato dalle proprie sofferenze e da quelle  di tanti innocenti vittime dell’odio. Anche quando ci capita di sentirci estranei ad un mondo di cui facciamo fatica a sentirci parte perché quasi incomprensibile (1).

domenica 29 novembre 2015

Rinascere. Tre storie.

Gaspare Mutolo, 
Il volo della colomba
In continuità con il post Problemi maledetti. Male e riscatto. presentiamo tre figure del pentimento e del riscatto tratte dalle pagine dostoevskijane, accompagnandole con le immagini delle opere di Gaspare Mutolo.

Gaspare Mutolo, 
Barca
Gaspare Mutolo, 
Bosco fiorito










RASKOLNIKOV. Ha lucidamente assassinato Alëna Ivanovna (avida e laida  usuraia) e subito dopo la mite ed innocente sorella Lizaveta Ivanovna, giunta in casa nel momento sbagliato. Raskòlnikov viene condannato al carcere ed alla settennale deportazione in Siberia. Non giunge subito al pentimento. Ha commesso intenzionalmente il  delitto nella convinzione che gli avrebbe rivelato e confermato  che lui non era  un uomo comune, “un pidocchio”, ma un superuomo, come tanti uomini di potere, “benefattori dell’umanità”  che, avendo avuto successo, "non sono stati mai fermati e perciò avevano ragione. In prigione si considera criminale solo in quanto non ha saputo sopportare il proprio delitto e si è indotto  ad autodenunciarsi. Pieno di tormenti e di sofferenza, è  ancora ben lungi dal rimorso di coscienza. Solo in ultimo emerge la consapevolezza del proprio fallimento, della propria   bassezza e miseria. E’ la dedizione di Sònja ad aprirgli  la via verso la progressiva coscienza del proprio male e il  pentimento redentore: “nella sua coscienza doveva elaborarsi qualcosa di assolutamente diverso”. 

venerdì 27 novembre 2015

"Problemi maledetti". Male e riscatto.

Gaspare Mutolo, Laguna
Abbiamo inserito in questo post le immagini delle opere di Gaspare Mutolo e alla fine si capirà il perché. Di lui dice Maria Falcone: “Gaspare Mutolo rientra tra quei pentiti che arrivarono alla collaborazione dopo una sofferta decisione, in un momento particolare della storia dell’Italia, e resta uno di quelli che ha creduto in questa scelta. Alla fine di questo suo percorso interiore ha incontrato anche l’arte e questo credo sia per lui un grande premio. Mi auguro che nella pittura possa trovare la pace spirituale”.


Gaspare Mutolo, 
La piovra sui rioni 
di Palermo
Che pena questo nostro tempo: contrassegnato da una parte dal disperato esodo di centinaia di migliaia di persone e da un terrorismo forsennato e disumano; dall’altra dal dilagare della corruzione e degli scandali, dallo stillicidio quotidiano di pravilegi di pochi, arroganza di troppi, egoismi fiscali corporativi regionali etnici e razzisti, dal  liberismo ad oltranza che maschera ipocrisie e giochi degli affari, da una politica svuotata e svilita.
Gaspare Mutolo, 
Vulcano
E noi - guardoni martoriati da ciò che ogni giorno i burattinai dei media decidono di far esistere e farci vedere, dimentichi della miriade di donne ed uomini che invece ogni giorno operano nella dimensione della solidarietà e comunione - rischiamo di perdere i nostri orizzonti di riferimento e la speranza di giustizia e di rigenerazione.
Gaspare Mutolo, 
Giudici
Sono andato a rileggere per l'ennesima volta alcune pagine di Dostoevskij, riguardanti indimenticabili figure del bene e del male: il principe Miskin (L’Idiota); Raskolnikov e Sònja (Delitto e Castigo); Aljòša DMitrij Ivan, lo stariez Zosima, il Visitatore misterioso (I Fratelli Karamazov)... Ne ho ricavato l’impressione di una distanza abissale del nostro tempo dai “problemi maledetti” di Dostoevskij e mi sono sentito defraudato dalla nostra sfiducia collettiva di una possibile redenzione, rigenerazione e conseguente espiazione - possibili strade aperte a tutti - che portano al miracolo del perdono. Qualcuno dirà che semplicemente è venuta meno la distinzione tra bene/male e giusto/ingiusto ed  in termini religiosi il senso del peccato. Sarà.

sabato 4 aprile 2015

“Bisogna presentarsi insieme...”. Auguri di Buona Pasqua.


Bisogna salvarsi insieme; bisogna arrivare insieme dal buon Dio,
 bisogna presentarsi insieme;  non bisogna arrivare a trovare  il buon Dio
 gli uni senza gli altri. Dovremo tornare tutti insieme nella casa del padre.
 Bisogna anche pensare un poco agli altri;
bisogna lavorare un poco gli uni per gli altri.
Che si direbbe se arrivassimo, se tornassimo gli uni senza gli altri?”
(Ch . Péguy, Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, AVE, Roma, 1066, pag. 35: 
parla Alvietta, la piccola amica di Giovanna).



Insieme ...
Auguri di Buona Pasqua a tutti:
- A tutti coloro che ogni giorno si sforzano di rinascere a nuova vita, con l’augurio sincero di una festa domenicale che sia riposo autentico dalle fatiche feriali, ri-scoperta di sé e della propria identità, ri-creazione e gioia  fatta di affetti familiari, di incontri privilegiati  di  condivisione e  convivialità,  di tutte le  modalità “belle” del nostro essere al mondo.


- Ai credenti cristiani che,  in questi giorni, celebrano il Mistero più alto e più profondo della loro fede.

- A tutti proponiamo due lievi favole - due racconti, due percorsi opposti -, la cui interpretazione è lasciata al discernimento, alla sensibilità e responsabilità  di ognuno.

Che cosa può salvare?
* Il primo racconto è questo... 
C’era una volta una donna “cattiva” che morì, senza lasciarsi dietro nemmeno un’azione virtuosa.  I diavoli l’afferrarono e la gettarono in un lago di fuoco. Ma il suo angelo custode era là e pensava: Di quale sua azione virtuosa mi posso ricordare per dirla a Dio?” Se ne ricordò una e disse a Dio: “Ha sradicato una cipolla nell’orto e l’ha data a un mendicante.” E Dio gli rispose: “Prendi dunque quella stessa cipolla, tendila a lei nel lago, che vi si aggrappi e la tenga stretta, e se tu la tirerai fuori del lago, vada in paradiso; se invece la cipolla si strapperà la donna rimanga dove è ora”.
L’angelo corse dalla donna, le tese la cipolla: “Su, donna, - le disse - attaccati e vieni”. E si mise a tirarla cautamente. L’aveva già quasi tirata fuori, ma gli altri peccatori che erano nel lago, quando videro che la traevano fuori, cominciarono ad aggrapparsi tutti a lei, per essere anch’essi tirati fuori.  Ma la donna era “cattiva” e si mise a sparar calci contro di loro, dicendo: “E’ me che si tira e non voi, la cipolla è mia e non vostra”.  Appena ebbe detto questo, la cipolla si strappò e la donna ricadde nel lago … L’angelo si mise a piangere e si allontanò. 
(cfr. F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, vol. II, Garzanti, Milano 1981, pp. 375-376).

Chi può salvarsi?
* C’è poi un secondo racconto… 
C’era una volta un cammello cieco che aveva smarrito la sua carovana. Sospirava e si lamentava, perché la cecità gli avrebbe impedito di raggiungere i suoi compagni. Ad un tratto si avvicinò una pecora zoppa che aveva perduto il gregge. Sospirava e si lamentava, perché la lentezza le avrebbe impedito di tornare all’ovile del paese prima di notte. Passò di là un vecchio eremita: “Smettetela di commiserarvi! Il cammello potrà caricare sulle spalle la pecorella: l’uno metterà le gambe, l’altra metterà gli occhi.” E fu così che in meno di un’ora il cammello e la pecora raggiunsero la meta desiderata.
(cfr. Le parabole di Anthony de Mello, a cura di Elsy Franco, Piemme).  

Da che cosa dobbiamo salvarci?

domenica 29 marzo 2015

L'amore per la vita: prospettive in Dostoevskij e Bonhoeffer.



“Amici cari, non abbiate paura della vita,
com’è bella la vita,
 quando si fa qualcosa di bello e di giusto!”
 (Aljòsa: in F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Garzanti, 1981, pag. 131)

In questi giorni della nostra vita... 
(Gustave Doré, Paradiso)
... giorni di lutto...
(Gustave Doré, Inferno)
In questi giorni luttuosi, di profonda notte quaresimale, morti insensate e stragi di innocenti sembrano dominare i media ed accrescere le nostre angosce: giorni di com-passione per tanti sofferenti vicini e lontani da noi, con i loro volti, nomi, storie, affetti, emozioni, progetti spezzati, che non conosceremo mai, ma che sappiamo non dissimili dai nostri…
...spesso dominati dal caos ...

E così mia moglie ed io abbiamo insieme ripreso letture che ci sono care, meditando sul valore della vita, sulla nostra inquieta fede (ne faremo solo un breve cenno in coda) ma soprattutto rivedendo con accorata tenerezza, molto laicamente, alcune figure illuminanti di Dostoievskij, che ci parlano dell’amore per la vita anche nelle sventure, della venerazione per le bellezze della terra, anche se “colpiti da tutti i più orribili disinganni umani”.

... schiacciati dai pesi dell'esistenza ...
L’amore per la vita (la mia, la tua,  quella di tutti gli uomini e donne, di tutti gli esseri viventi, vegetali ed animali) resiste alla disperazione anche in un mondo che pare “un caos disordinato, maledetto e diabolico”.


... si può ancora parlare 
di amore per la vita?...
E’ l’amore viscerale per la vita di Ivan, per il quale non c’è al mondo disperazione capace di vincere in lui la sua “furiosa e forse indiscreta brama di vivere”, che si esprime nell’amare “certe persone, che qualche volta, credimi, non sai nemmeno perché le ami”, nell’aver care “certe imprese umane,  nelle quali forse già da tempo hai cessato di credere, ma che veneri tuttavia per una vecchia abitudine del  cuore", nell’intenerirsi di fronte alle “foglioline che si schiudono a primavera, il cielo azzurro, ecco quello che amo!” (cfr. F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, libro quinto, cap. III,  ed. Garzanti, 1981, pag. 245).

... di un amore viscerale per la vita ...
L’amore per la vita è venerazione della terra, “sete di libertà, di spazio, d’immensità”: la volta celeste, piena di placide stelle scintillanti, la Via Lattea, una notte fresca e calma, il cielo di zaffiro, i magnifici fiori autunnali delle aiuole attorno a casa, l’attesa del mattino, il silenzio-mistero della terra che pare  fondersi e congiungersi con quello del cielo... E’ l’anima  piena di estasi di Aljòša che è in piedi e guarda, e a un tratto, come falciato, si prosterna ad abbracciare la terra e non si dà ragione del suo desiderio irresistibile di baciarla e, piangendo, giura che la amerà in eterno (cfr F. Dostoevskij, I Fratelli Karamazov, ed. Garzanti,1981, libro settimo, cap. IV, pag. 386).

...di un amore per la terra ...
L’amore per la vita è la forza del principe Myskin di essere comunque felice, nonostante i guai e le disgrazie. Nella gioia di un giorno sereno, pieno di sole - il cielo limpidamente azzurro e l’orizzonte luminoso – Myskin sa che non è possibile passare accanto a un albero senza sentirsi felici di vederlo né parlare con una persona  senza essere felice di volerle bene! Per quanto non sappia esprimere bene i suoi sentimenti, è intimamente convinto che sono tante le cose belle che vediamo ad ogni piè sospinto, al punto  che anche l’uomo più abbietto le riconosce. “Guardate un bambino, guardate l’alba divina, guardate come cresce un fuscello,  guardate negli  occhi che vi guardano a loro volta e vi vogliono bene…” (cfr. F. Dostoevskij, L’idiota, ed. Garzanti 1982, parte quarta, cap. VII, pag. 700)

... di amore per le persone ...
Insieme infine abbiamo riletto un passo della lettera (30 giugno 1944) di Bonhoeffer che, nel carcere nazista, fino all’ultimo fedele a Dio ed alla terra, canta il suo inno alla vita  in tutte le sue manifestazioni, filtrate attraverso il sole mediterraneo.
...un inno alla vita ...
«E però, sai, vorrei poterlo [il sole] percepire ancora una volta in tutta la sua forza, quando ti arde sulla pelle e a poco a poco infiamma tutto il corpo, sicché sai di nuovo che l’uomo è un essere corporeo; vorrei farmi stancare da lui anziché dai libri e dalle idee, vorrei che risvegliasse la mia esistenza animale, non quella animalità che sminuisce l’esser uomo, ma quella che lo libera dall’ammuffimento e dall’inautenticità di un’esistenza solo spirituale, e rende l’uomo più puro e più felice. Il sole vorrei insomma non solo vederlo e gustarne qualche briciola, ma sperimentarlo corporalmente. L’entusiasmo romantico per il sole, che si inebria solo di albe e tramonti, non conosce affatto il sole come forza, come realtà, ma solo come immagine. Non si può assolutamente capire perché il sole fosse adorato come Dio…”. (cfr. D. Bonhoeffer, Resistenza e resa, ed. Paoline, 1988, pag. 415).

...in questi nostri giorni
(Gustave Doré, Purgatorio)
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martedì 24 marzo 2015

Colpa ed espiazione.

Il tema dell'espiazione come liberazione ... 
(Misha Gordin)
... nasce dalla consapevolezza 
delle proprie catene... 
(Misha Gordin)
Oggi il tema dell’espiazione è inattuale e da alcuni considerato addirittura innaturale o incomprensibile, dal momento che è venuta meno la distinzione–separazione tra bene/male, giusto/ingiusto, ed  in termini religiosi si è perduto il senso del peccato. Ancor più si è ben lontani dalla consapevolezza socratica del rispetto della legge, anche quando essa pare iniqua, perché è meglio subire che commettere ingiustizia.

Riscoprire la potenza del negativo ... 
(Misha Gordin)
Eppure riscoprire la potenza del negativo è il presupposto per il riscatto, per ritrovare il volto dell’uomo.
Ecco il senso della proposta di tre figure grandiose dostoevskijane. RASKOLNIKOV, DMITRIJ, IL VISITATORE MISTERIOSO sono grandi perché capaci di ammettere il proprio male, di riconoscere che anch’esso ha una possibile apertura al bene; grandi, perché capaci di vivere l’espiazione della pena come redenzione e nascita dell’uomo nuovo.

Raskolnikov e la figura del rimorso
(Misha Gordin)
RASKOLNIKOV   
e la progressiva coscienza del proprio male  (1)
Ha compiuto un  delitto ed  ha avuto  la punizione del carcere e della settennale deportazione in Siberia. Raskòlnikov non giunge subito al pentimento. Il delitto da lui commesso avrebbe dovuto rivelargli e confermagli che non era un uomo comune, “un pidocchio”, ma un superuomo, alla pari di  tanti uomini di potere, “benefattori dell’umanità”,  che avendo avuto successo non sono stati mai fermati e “perciò avevano ragione.  In prigione  si considera criminale solo in quanto non ha saputo sopportare il proprio delitto e si è indotto  ad autodenunciarsi. E’ pieno di tormenti e sofferenza, ma è  ancora ben lungi dal rimorso di coscienza.  Solo in ultimo emerge la consapevolezza del proprio fallimento, della propria bassezza e miseria. La dedizione di Sònja gli apre la via verso il  pentimento redentore “e nella sua coscienza doveva elaborarsi qualcosa di assolutamente diverso”.

Il visitatore misterioso 
e la figura della confessione 
(Misha Gordin)
IL VISITATORE MISTERIOSO 
e la pubblica confessione   (2)
Sposo e padre di famiglia, rispettato ed onorato  da tutti, ha commesso anni prima un  insospettabile omicidio, senza  alcun rimorso. Ma né una vita onorata né una costante beneficenza riescono a lenire un  tormento che lo invade progressivamente,  sempre più insopportabile. Dopo l’incontro con lo stariez Zòsima, decide di rivoltarsi contro se stesso  e di punirsi da sé, facendo  pubblica confessione del suo delitto. Nessuno gli crede, anzi lo considerano improvvisamente impazzito. Ma  la prova è stata così straziante che egli cade mortalmente malato.

Dmitrij e la figura della pena... 
(Misha Gordin)
DMITRIJ 
e l’espiazione per tutti   (3)
Pur non avendo commesso il parricidio, è ingiustamente punito dalla legge. Accetta volentieri l’immeritata pena come espiazione della colpa che egli sente d’aver commesso per aver desiderato la morte del padre, per lui colpa non minore che se avesse realmente commesso il parricidio. Se ne pente amaramente, vuole la sofferenza dell’espiazione, spiritualmente meritata anche se giuridicamente iniqua, perché sa che solo attraverso il dolore si redimerà dalla colpa e nascerà in lui l’uomo nuovo.

... per trovare una via di riscatto... 
(Misha Gordin)
(1) RASKOLNIKOV. “Sette anni, solo sette anni! Nei primi tempi della loro felicità vi erano alcuni momenti  in cui i due giovani erano disposti a considerare quei sette anni come sette giorni. Raskòlnihov però ignorava che la nuova vita non gli sarebbe stata donata per nulla, che bisognava acquistarla a caro prezzo, pagarla con una futura grande opera. Ma ora comincia una nuova storia, la storia del graduale rinnovamento di un uomo, la storia della sua graduale rigenerazione, del suo graduale passaggio da un mondo ad un altro, dei suoi progressi nella conoscenza di una nuova realtà, fino allora completamente ignorata”. 

(F. Dostoevskij, Delitto e castigo, ed Paoline, Catania, 1965, pp. 809 - 810).
 
... per liberarsi ... 
(Misha Gordin)
(2) IL VISITATORE MISTERIOSO. So che, quando avrò confessato, spunterà per me il paradiso, spunterà immediatamente. Da quattordici anni sono all’inferno. Voglio soffrire. Accetterò la sofferenza e comincerò a vivere. Con la menzogna puoi fare il giro del mondo, ma non torni indietro. […] Dio ha avuto pietà di me e mi chiama a sé.  So che muoio, ma per la prima volta conosco la gioia e la pace dopo tanti anni.  Appena ebbi compiuto quello che bisognava,  di colpo mi sono sentito nell’anima il paradiso. Ormai oso amare i miei bambini e baciarli”.
(
F. Dostoevskij, I Fratelli Karamàzov, ed. Garzanti, 1981, vol. 1°, pp. 321 – 333, memorie dello stàrets Zòsima, in “Il visitatore misterioso”).


... per uscire fuori... 
(Misha Gordin)
(3) DMITRIJ. Fratello, in questi ultimi due mesi  mi sono sentito dentro un uomo nuovo, un uomo nuovo è risuscitato in me! […] Perché tutti sono colpevoli per tutti… E io andrò per tutti loro, perché bisogna pure che qualcuno si sacrifichi per gli altri. Io non ho ucciso nostro padre,  ma bisogna che vada.  Accetto!  […]  Tu non puoi credere, Aljòša, quanto adesso io voglia vivere, quanta sete di esistere e di sentire sia radicata in me appunto tra queste mura scalcinate! […] Sono alla gogna, ma esisto anch’io, vedo il sole, e, se non lo vedo so che esiste. E sapere che c’è il sole è già tutta la vita. Aljòša, cherubino mio, le filosofie mi uccidono, che il diavolo le porti!”
(F. Dostoevskij, I Fratelli Karamàzov, ed. Garzanti, 1981, vol. 21°, pp. 622 - 623, libro undecimo, IV – “L’inno e il segreto”).

... per tutti ...  
(Misha Gordin)

Le immagini riproducono opere di Misha Gordin - maestro nel campo della fotografia concettuale - e sono tratte dalla pagina facebook dell'autore stesso. 

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