Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

sabato 19 novembre 2016

Chagall, le fonti dell'ispirazione.

Post e fotografie delle opere di Chagall
di Rossana Rolando.

PER L'ANALISI E IL COMMENTO DE  "LA VIE" CLICCARE QUI
Forte di Bard 
(Aosta)
Si è appena conclusa la mostra su Marc Chagall presso il Forte di Bard (di cui consigliamo la frequentazione per la bellezza del luogo e le magnifiche iniziative culturali, qui la pagina facebook). Il pezzo forte - a cui dedicheremo un prossimo post - era certamente La vie (La vita, 1964), il più grande olio di Chagall mai esposto prima in Italia. Numerosi altri quadri (265 opere) arricchivano la rassegna con i motivi che tutti associamo all’arte di Chagall (il sole, la mucca, gli amanti, il gallo, il violino…) fino alla splendida sequenza delle 105 tavole predisposte per illustrare la Bibbia.
Il gallo sopra Parigi 
(1958)
Di fronte ai quadri del pittore russo l'emozione estetica è assicurata: soggetti poetici intessuti di sogno e di incanto, meraviglia di colori, sentimento che afferra e travolge. L'arte - più che mai con Chagall - ha il potere dell'intuizione immediata (Hegel). Il pensiero riflesso subentra dopo. E così, ripensando a quelle visioni provenienti da un altrove sconosciuto, ci si può chiedere da dove Chagall abbia tratto la sua ispirazione; quali siano le fonti del suo immaginario; quale l'originalità del suo linguaggio pittorico.
C’è un percorso in cui questi interrogativi trovano una qualche possibile risposta: è il libro La mia vita scritto da Chagall tra il 1921 e il 1922 quando si trovava in Russia – ancora per poco – nel tempo della Rivoluzione (tradotto poi in francese dalla moglie Bella nel 1931 e disponibile oggi in traduzione italiana nell’edizione Se).
Per ricostruire l'origine di alcuni luoghi tematici ricorrenti nella poetica di Chagall associo alcune immagini fotografate in mostra a determinati passi della biografia di Chagall, secondo un ordine che il testo suggerisce. Sopra ogni immagine: il tema; sotto: il titolo del dipinto; a lato: una notazione tratta dal libro con una brevissima introduzione.
🔴🔵🔶🔷🔴🔵🔶🔷🔴🔵🔶🔷
La madre.
Mia madre 
(1968)
Chagall rivolge questi delicati pensieri alla madre che non c’è più. “Ecco l’anima mia […]. 
Vorrei dire che il mio talento s’era nascosto in lei, da qualche parte, che tutto mi veniva trasmesso attraverso di lei […]. 
Sono passati tanti anni da quando è morta! 
Dove sei ora, piccola madre? In cielo, sulla terra? Io sono qui, lontano. […] Dimmi, piccola madre: nell'altro mondo, in paradiso, nelle nuvole, là dove sei, ti consola il mio amore?  
Potrò con le mie parole filare per te un po’ di tenera, carezzevole dolcezza? (pp. 18-20)

domenica 13 novembre 2016

La formazione della persona, con disegni di F. Matticchio.

Di Rosario Grillo.
Immagini di Franco Matticchio.
Franco Matticchio, 
Sonno profondo
Il processo della formazione della persona umana inizia nel nucleo familiare per svilupparsi e maturare dentro la società. Comprende il delicato tema della educazione, che quindi investe la famiglia e la società.
Alla prima è affidato il compito basilare di aiutare il riconoscimento con la presa di coscienza del “sé”, di avviare assieme i prerequisiti per il riconoscimento degli altri.
Alla seconda, il radicamento in progressione della capacità di relazione.
Si è a lungo discusso del potenziamento del sentimento familiare - qui principalmente indagato come amore genitoriale verso la prole - nel corso dei secoli, evidenziando che solo a partire dal secolo XVIII avviene un vero attaccamento materno ai figli. Considerazione che va ristretta solo all’indagine storico-sociale portata avanti. Ipotesi unilaterale, per il resto, smentita attraverso la realtà di un legame ancestrale, direi quasi cosmico, quello di un essere generato verso il generante e reciprocamente, tipici di ogni ordine della natura.
Franco Matticchio, 
Nido
Il “campo” comune dell’operare educativo dovrebbe portare ad una alleanza tra la famiglia e la società.
Alleanza, che talvolta è stata sospinta fino al livello di un’integrale socializzazione delle funzioni educative, con il fine di evitare qualsiasi leggera differenza, instaurando invece una integrale uniformità.
Piuttosto, nel corso del tempo, si è variegato il modo di selezionare l’agenzia sociale deputata al compito pedagogico. Si è passato così dalla figura del precettore privato alle istituzioni culturali preposte a tale ruolo, o per iniziativa privata o per attributo pubblico.
Abbiamo già un esempio di un rapporto problematico tra la famiglia, ferma a certe tradizioni, e l’educatore, nella figura di Socrate, orientata alla rottura delle incrostazioni valoriali. Celebre, a tal proposito, il diverbio rappresentato nelle “Nuvole”, una commedia di Aristofane.

giovedì 10 novembre 2016

Poesia e disegno inediti di Tommaso D'Incalci.

SOLO UN'ALBA
Onde d'archi c'invitano a salpare
su questa piccola zattera
che il mondo non può contenere
Come viso segnato, graffiato,
la sottile ostia d'oro anche oggi
ci chiama al banchetto della vita
In una nuvola di tango
evaporiamo
siamo come buon vino,
lasciato a decantare

domenica 6 novembre 2016

Dentro la psiche.

Di Rosario Grillo.
SINTOMO ED INCONSCIO.
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Stanchezza
Il “sintomo” è la manifestazione della malattia, secondo il linguaggio semplice dei medici. Eppure la sua indagine etimologica ci porta alla soglia di una casualità, di una “coincidenza (simptoma, simpiptein), dove l’accento cade su quel sin (con), quindi sulla compartecipazione.
Risalendo per questa via si ha la possibilità di riconoscere nella natura psichica una ambivalenza (passività/attività – presenza/assenza) densa di prospettive.
Ci serve, a tal fine, seguire il percorso di Freud, maestro della psicanalisi. 
Nel “complesso d’Edipo, Freud poneva il test d’ingresso alla vita adolescente, gradino verso la conquista della maturità. In esso, attraverso connotati mitologici, si accentrano le pulsioni libidiche legate al principio del piacere, culminanti nel desiderio incestuoso di possedere la madre.
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Il bacio
Freud stesso metteva in luce che l’epigono/epilogo della vicenda era nel momento della contrapposizione e contemperanza del “principio di realtà, propedeutico a l’ingresso nella società.
Occorre far chiarezza sul “principio di realtà, che, sbrigativamente, è stato letto come un residuo di “positivismo.
Nello stesso tempo, l’analisi del “principio del piacere riconosce che vi si è trasfuso un pansessualismo, molto lontano dal vero Eros. Si è aperta la strada, così, al consenso illimitato al piacere sessuale, rompendo gli argini con l’inganno di realizzare libertà e disinibizione, di trionfare dei tabù.
Non si è rispettata, così, la mescolanza concentrata nell’inconscio di istinto e ragione, desiderio e mancanza (vi è forse dialettica?).
L’inconscio, rivelazione della psicanalisi freudiana, fondata sulla terza deantropomorfizzazione (dopo Galilei e Darwin).
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Al Salon di rue des Moulins
Ed in effetti, l’inconscio testimonia che “l’io non è padrone in casa sua, quindi implica e pratica un Io “limitato”, complementare ad un soggetto debole.
Però, dopo il cammino esaltante del Soggetto moderno, esplorato dalla filosofia e dalla scienza moderne nelle sue competenze conoscitive, tecniche ed etiche, occorre dare la giusta interpretazione di tale debolezza. Essa non nasce da vincoli di autorità o da status di eteronomia; è, invece, la risultanza di una “mancanza”, bisogno di alterità, consapevolezza di natura divisa: in-divido.

venerdì 4 novembre 2016

Una riflessione personale sul 4 novembre.

Di Gian Maria Zavattaro.
La virtù che amo di più - dice Dio - è la speranza.
 La fede non mi stupisce. Non è stupefacente. Sì, io risplendo a tal punto
nella mia creazione, che, per non vedermi, questa buona gente dovrebbe essere cieca.
 L’amore  - dice Dio -  non mi stupisce.  Queste povere creature sono così infelici:
 come potrebbero non avere pietà l’una dell’altra, a meno che non abbiano un cuore di pietra.
  Che questi poveri figli vedano come vanno le cose e credano che domani andrà meglio.
 Questo è stupefacente”
 (Ch .Pèguy)
Ripropongo  una riflessione personale su ciò che la prima
guerra mondiale ha rappresentato per tante famiglie, come la mia.

Redipuglia, Cimitero Militare
(Collezione Umberto Fabiani)
Il 4 novembre è per me un giorno di trepida mestizia, unita ad una pervicace speranza. Non riesco a provare altri sentimenti. Questo post vuole essere un tributo, tenero come un abbraccio fraterno, alle miriadi di morti, in ogni parte del mondo, a causa delle guerre di ieri e di oggi.
Secondo le stime della gran parte degli storici il totale dei morti nella prima guerra mondiale, tra militari e civili, è compreso tra i 15 e i 17 milioni, di cui circa 1.200.000 italiani (militari e civili).
Dalle doline del Carso 
(Collezione Claudio Granella)
Tra loro anche mio nonno paterno, morto sul Carso cent’anni fa (dicembre 1916), lasciando una vedova ventiquattrenne, mia nonna, e due bimbi piccoli, mio padre e mio zio. Da allora la mia famiglia è stata segnata per decenni, e lo è per certi versi ancora oggi, da questo tragico e per noi assurdo e inconcepibile lutto. Così è stato per centinaia di migliaia di famiglie in Italia e per milioni nel mondo.
Non ho nessuna voglia di celebrare il 4 novembre sotto altra forma se non quella di ricordare il pianto di vedove ed orfani prematuramente privati degli affetti più cari da un’ inutile strage”, che  nulla sembra insegnare a noi  uomini e donne del 2016. Non è questione di essere o non  essere pacifisti. Certo, mi dichiaro e voglio essere pacifico (operatore di pace, dal lat. pacifĭcus, comp. di pax-pacis ‘pace’ e il suffisso -ficus,  der. di facĕre ‘fare’), ma non pacificato dalle guerre di ieri e di oggi.

venerdì 28 ottobre 2016

Il silenzio complice di fronte ai potentati di turno, ieri e oggi.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Sergio Michilini.
Sergio Michilini, 
Che fare, Trittico 
(particolare)
Poco dopo la morte di Stalin, Nikita Krusciov (1896-1972) denunciava il “culto della personalità” (1) nei riguardi del dittatore, dichiarandolo unico esclusivo responsabile delle stragi, degli eccidi, delle torture, dei gulag pieni di innocenti. Eppure Krusciov negli anni feroci della dittatura aveva consentito  e taciuto, mentre scalava i vertici del potere. Non so se sia semplice calcolo dei pavidi e dei codardi od istinto tattico di sopravvivenza dei servi gregari oppure cinica previdente strategia dei voltagabbana. So però che la storia si ripete a scadenze fisse: quanti antifascisti dopo la caduta del fascismo, quanti anticomunisti dopo il crollo del muro di Berlino, quanti - nel tempo del recentissimo tramonto di un tristo ventennio - dediti alla transumanza verso altri lidi; e quanti al presente in questi giorni...
Oggi “il culto della personalità” (dal lat. colere = coltivare, ossequiare, venerare, avvalorare… e dal tardo lat. personalitas derivato da persona, maschera) ha subito un’inarrestabile caduta vertiginosa per quanto riguarda i partiti e la “politica” e la constatiamo ogni giorno in queste forsennate settimane di vigilia del referendum.
Sergio Michilini, 
Che fare, Trittico, 
(particolare)
E’ però su ben altri fronti ancora sicuro fenomeno vivo in questa nostra società liquida e totalizzante,  che valuta ogni cosa ed ognuno in base al successo qui e subito ed  alla capacità di consumare  sia l’effimero sia l’essenziale. Non c’è fascia di età che sia indenne, in particolare i bambini, gli adolescenti, i giovani. Non c’è settore che non ne sia coinvolto: in primis tv e media che esplicitamente lo conclamano, dichiarano e praticano; ed in ogni settore economico sociale culturale della vita pubblica e privata.
Non di questo culto della personalità vorrei parlare, ma di quello correlato, che sta a monte, nascosto dietro le quinte dell’anonimato, meno evidente, ma diventato un “habitus” introiettato nel profondo dei  comportamenti di miriadi di persone:  tacito ossequio, magari inconsapevole, dei potentati di ogni sorta.

domenica 23 ottobre 2016

Il gioco.

Di Rosario Grillo.
Museo del giocattolo 
di Napoli
Vi parrà strano che un settantenne si metta a scrivere del gioco; posso assicurarvi però che non lo faccio per uno stato di alienazione.
È, invece, sempre un risvolto della vita che voglio esplorare, per rilevarne la natura e l’importanza. Intendo il risvolto “luminoso e gioioso” della vita, che, pure nel suo insieme, è un intreccio inscindibile di gioia e di dolore.
Intreccio compreso in un orizzonte, che, per un credente, è di salvezza, di trionfo della Vita sulla Morte. Una polarizzazione, che introduce – ho in mente l’etimo greco: protepticon, che in sé implica capacità “esortatrice”, di solito trascurata nella versione tecnica: introduzione – alla relazione tra il gioco e la vita.
Senza alcun dubbio, il gioco è indice di momento di evasione, non dalla realtà, bensì dallo stress, dal “peso della vita”; gioco = svago, che produce felicità.
Museo del giocattolo 
di Napoli
Puntuale conferma di ciò si può avere nell’età tipica del gioco: quella infantile. Stando ben attenti, però, a non dare per scontata una limitazione del gioco alla sola età infantile, perché al contrario, il gioco è una componente permanente dello sviluppo biologico dell’essere umano.
Qui il pensiero va a tutti i modi, le forme, i luoghi che rappresentano il momento ludico. Da ciò discende la messa a punto del rapporto strettissimo tra sport e momento ludico. Ragione che invita a respingere ogni “adulterazione” dello sport in chiave di esercizio professionale e, peggio ancora, di strumento di affare economico.
Quanto siamo lontani dallo spirito olimpico! Dovrebbe ammonire l’entusiasmo popolare che ha circondato le ultime paraolimpiadi!

martedì 18 ottobre 2016

Beppe Giacobbe, icone della modernità.

Di Rossana Rolando.
Beppe Giacobbe (qui il sito) è un noto disegnatore italiano le cui immagini compaiono stabilmente sul Corriere della Sera (ma sono pubblicate anche da altre testate giornalistiche nazionali e internazionali e da case editrici come Einaudi, Mondadori, Laterza) ed è altresì maestro riconosciuto da giovani talenti che a lui si ispirano (per esempio Alessandro Gottardo, denominato Shout, già presentato in questo blog).  Per descrivere il suo stile visionario e il suo impegno comunicativo assumo - previa autorizzazione - alcune parole-figure che mi paiono emblematiche.

Beppe Giacobbe, 
Analfabetismo funzionale
ANALFABETISMO.
Immagine surreale e complessa, carica di enigmatiche suggestioni: da un grande libro, posto a basamento, rotolano nel nulla le lettere dell’alfabeto, vuote sagome nere che non sanno più fondare un mondo ordinato e sensato. Tutto è rovesciato. Senza nome le cose non hanno un loro posto. Nessun attrezzo è in grado di aggiustare le parole. L’analfabetismo – culturale, spirituale, emozionale - è la perdita di un codice interpretativo di se stessi e del mondo, del dentro e del fuori, dell’alto e del basso, del prima e del poi. E’ il regno del caos che rischia continuamente di travolgerci e sommergerci.

venerdì 14 ottobre 2016

A proposito del prossimo referendum.

Di Gian Maria Zavattaro.

“L’essenza dell’ottimismo non è soltanto guardare al di là della situazione presente,
 ma è una forza vitale, la forza di sperare  quando gli altri si rassegnano,
la forza di tenere alta la testa  quando sembra che tutto fallisca,
 la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro
agli avversari, il futuro lo rivendica a sé” (D. Bonhoeffer).

Beppe Giacobbe, 
Giornalismo
Non so se voterò sì o no al referendum, non ho ancora deciso.
Per ora mi limito a condividere pienamente le ansie e preoccupazioni di moltissimi Italiani, ad ascoltare gli amici, ad accogliere volentieri da loro l’invito a sentire più voci, a seguire dibattiti sulle ragioni del sì e del no (confronti pensosi tra persone pensanti, nulla a che fare con l’avanspettacolo), a non trascurare letture anche lontane dal mio odierno sentire, che non vogliono convincere a tutti i costi ma focalizzare problemi, porre interrogativi per rendere noi cittadini il più possibile consapevoli.

Beppe Giacobbe, 
Influenza dei media
Mi tocca anche sfogliare internet ed i media ed allora divento guardingo, come tutti coloro che sono cresciuti alla scuola del sospetto, di fronte al martellante spettacolo mediatico di queste settimane: passerelle di guru (gli “esperti, color che sanno”) dalla sicumera priva di inquiete incertezze, di àuguri che scrutando le viscere degli avversari sanno prevedere  il futuro, capi che indicano le strade agli altri dalle loro poltrone dorate, ragni che ci avvolgono in ragnatele paralizzanti per succhiarci il nostro voto…