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Visualizzazione post con etichetta gratitudine. Mostra tutti i post
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lunedì 15 luglio 2024

Ai miei studenti. Che cos'è la gratitudine?

Post di Rossana Rolando.
Immagini e dipinti di Stefano Nava (qui il sito)
 
 “Ai miei studenti.
 E anche a tutti quelli che imparano
 o già esercitano il mestiere di Socrate”
(Dedica che faccio mia, da Roberta De Monticelli).

Stefano Nava, Legami
Come ormai non mi capitava da alcuni anni, al termine del percorso liceale classico, alcune alunne particolarmente sensibili e coinvolte nelle discipline filosofico storiche mi hanno espresso la loro gratitudine attraverso lettere, messaggi, gesti di vario tipo. La commozione che ha accompagnato questi momenti è stata per me molto intensa. Che l’impegno, la passione, il desiderio di  una comunicazione profonda - sulla vita, su ciò che davvero vale, sulla bellezza della conoscenza, sul dono reciproco dell’insegnare e dell’imparare - siano colti da giovani menti, tra i mille frastuoni del tempo in cui viviamo, è cosa niente affatto scontata, degna di meraviglia.
 
Che cos’è la gratitudine? In concomitanza con questi eventi, ho terminato la lettura dell’importante e appassionato libro di Roberta De Monticelli, Il dono dei vincoli. Per leggere Husserl.¹ L’introduzione alla comprensione autentica del grande filosofo di area tedesca, di origine ebraica, vissuto nel periodo terribile del nazismo, si traduce anche nell’invito a renderlo vivo, cercando di fare filosofia secondo il suo metodo, detto fenomenologico.

martedì 5 novembre 2019

Il tabù della gratitudine. Massimo Recalcati.

Post di Rossana Rolando

L'immagine di copertina è di 
Gabriella Giandelli
La gratitudine viene posta, da Massimo Recalcati, tra i tabù del nostro universo mentale. Perché un tabù?
Il termine indicava, nel passato, “un luogo inaccessibile, inviolabile” e, nello stesso tempo, un limite da trasgredire, un restringimento da oltrepassare. Oggi, nell’epoca della liberazione da qualsiasi legge, il tabù può assumere il significato di un ammonimento che rimanda all’esperienza umanizzante del limite, esso stesso tabù: “segno che la vita non ci appartiene mai come una semplice presenza di cui siamo proprietari, ma è qualcosa che porta con sé la cifra – trascendente e impossibile da svelare – del mistero” (1).
La gratitudine si collocherebbe in questo spazio del riconoscimento del limite, nell’avvertimento della propria dipendenza da altri e nella consapevolezza di essere in larga misura il frutto di quello che abbiamo ricevuto.

venerdì 17 febbraio 2017

Il cammino della gratitudine.

🖊 Post di Gian Maria Zavattaro
🔨 Immagini delle sculture di Michele Carafa (qui il sito), la cui presentazione si può trovare nel post Gratitudine e riconoscenza, premessa del presente articolo.
  
Michele Carafa, Chiesa Santo Spirito, 
Campomarino,
marmo statuario, onice miele, bronzo, 2007.
Ogni giorno la gratitudine può illuminare i nostri quotidiani affetti familiari, relazioni interpersonali e sociali. Ma non solo: ogni giorno in mille eventi anche inaspettati (quelli grandi, che ti segnano la vita; quelli piccoli, che te l'addolciscono) posso ricevere da donatori impensati, spesso ignari del loro donare, i più svariati doni e benefici (nuovi orizzonti o semplicemente un sorriso, uno sguardo, una parola, un’attenzione, una precedenza per strada…); ogni giorno posso sentirmi battere il cuore per una gratuità che non richiede restituzioni ed essere invogliato anch’io a contraccambiare alla prima occasione.
Michele Carafa, Rifugio, 
ceramica, 40×60
La gratitudine ad ognuno di noi si presenta come un possibile stile di vita,  un cammino che si realizza nella durata, memoria del passato, riconoscimento nel presente, promessa per il futuro. Un cammino  in cui io imparo a riconoscere come doni gratuiti che non mi sono dovuti l’esistenza umana ed in essa  soprattutto l’amore e la bellezza. Un percorso che richiede permanenti orizzonti di conversione del cuore e riconoscimento dei propri limiti. Una strada in cui l’esistenza è vissuta come mutualità del dare e ricevere, perché tutti abbiamo  bisogno degli altri e  tutti possiamo liberamente moltiplicare i gesti di reciproca riconoscenza ed inclusione,  divenire donne ed uomini “veramente grati gli uni verso gli altri”.

mercoledì 15 febbraio 2017

Gratitudine e riconoscenza.

🖊 Post di Gian Maria Zavattaro.
🔨 Tutte le immagini riproducono sculture di Michele Carafa, artista italiano specializzato in arte liturgica (qui il sito). Le opere che abbiamo scelto (con il gentile consenso dell'autore) hanno un valore universalmente umano e raccolgono ciascuna, in una sintesi potente di materia e spirito (idea, concetto, ispirazione), un sentimento o una condizione del nostro stare al mondo. 
Per ogni immagine abbiamo inserito, prima del titolo originale, un breve collegamento ai contenuti del post.

                                                🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕

(I gradi della gratitudine)
 Michele Carafa, Rifugio,
ceramica, cm 40×60, 2015
“La gratitudine ha diversi gradi secondo l’ordine degli elementi da lei richiesti. Il primo di essi è che il beneficiato riconosca  il beneficio ricevuto; il secondo è che ringrazi a parole; il terzo  è che ricompensi a tempo secondo le proprie capacità” (T. d’Aquino, Summa theologiae, II-II, nuova ed. ital. online, a cura di P. Tito, S. Centi, P. Angelo, Z. Belloni, 2009, p. 3932: ww.documentacatholicaomnia).
“Solo gli uomini liberi sono veramente grati gli uni verso gli altri” (B. Spinoza, Ethica, Sansoni, Firenze, 1963, p.541). 

 🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕

La gratitudine  pare oggi assente, grande misconosciuta in una società dove la “fuga dalla libertà” - come direbbe Fromm sulla scia di Spinoza - rende impossibile essere grati.
Leggo sul Vocabolario Treccani online che la gratitudine è “sentimento e disposizione d’animo che comporta affetto verso chi ci ha fatto del bene, ricordo del beneficio ricevuto e desiderio di poterlo ricambiare (è sinonimo di riconoscenza, ma può indicare un sentimento più intimo e cordiale)”.   
(Gratitudine e tempo)
Michele Carafa, Meridiana,
ceramica, 50×60× 20, 2015
La gratitudine-riconoscenza comporterebbe tre dimensioni: nel passato, prossimo o remoto, qualcuno mi ha fatto del bene; nel presente riconosco il dono o beneficio ricevuto senza merito; nel futuro, prossimo  o remoto, desidero ricambiare in qualche modo il bene ricevuto (gratias agere, fare grazie, rendere grazie, ringraziare, anche nella forma della lode).                 
Nel 1963 Martin Buber indirizzava poche righe di ringraziamento, riportate da E. Lévinas, a coloro che  gli avevano inviato gli auguri per il suo 85mo compleanno (1). Da quelle righe  di cortesia muovono le mie riflessioni.

venerdì 27 marzo 2015

“Mi piace”. Agli amici di facebook.


Vorremmo esprimere con semplicità il nostro grazie a tutti coloro che hanno ritenuto e ritengono di esprimere liberamente il loro “mi piace” sulla nostra pagina facebook “Persona e Comunità”. Per noi il “mi piace” è un segno che non sottende né pretende alcuna reciprocità od analoga restituzione, perché significativo solo se gratuito.
Il mi piace.
Conosciamo bene il rischio narcisistico del “mi piace” dato od accettato e spesso anche ricercato, al quale tutti, noi compresi, possiamo soggiacere. Resta il fatto che per noi la pagina facebook ha la funzione  di facilitare la conoscenza del blog ed eventualmente la notifica dei post per i molti “amici” di rete. 

Il significato della nostra 
pagina facebook.
Il “mi piace” è  il gioco richiesto da facebook: in sé qualcosa di effimero che non ci interessa ricercare  come fine a se stesso, ma utile solo  se  è una via per invitare a leggere i post.

Il rimando al blog...
Lo interpretiamo come un sostegno al lavoro di riflessione che stiamo cercando di fare, non ristretto solo alla cerchia degli amici che fisicamente frequentiamo e vediamo ma a tutti gli “amici” che on-line possono essere interessati ad uno scambio dialogico (bidirezionale) di pensieri ed emozioni. 

Grazie e tutti gli amici di facebook.
Chi desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.
 

venerdì 20 febbraio 2015

Il sentimento della gratitudine. Video.


Grazie alla danza 
di una foglia d'autunno...
“Io sosterrò sempre che il ringraziamento è la più alta forma di pensiero
 e che la gratitudine non è altro che una felicità raddoppiata dalla sorpresa…
Tu ringrazi prima dei pasti. Bene. Ma io dico grazie
 prima del concerto e dell’opera, prima del gioco e della commedia,
quando apro un libro, disegno, dipingo, nuoto, faccio scherma e pugilato,
 cammino, gioco, ballo e dico grazie quando tuffo la penna nell’inchiostro”.
(G.K. Chesterton)
 
“Alziamoci in piedi per ringraziare per il fatto
 che se non abbiamo imparato molto, almeno abbiamo imparato un po’,
 e se non abbiamo imparato un po’, almeno non ci siamo ammalati,
e se ci siamo ammalati, almeno non siamo morti.
Perciò siamo grati. Ci sarà sempre qualcosa
per cui vale la pena di ringraziare “.
(Buddha).


Il segno di un grazie...
(J. Miró, Danzatrice)
Grazie [s. f. pl.di grazia (lat. gratia; gr. χάρις) e interiez.], gratitudine  [dal lat. tardo gratitudo-dĭnis, der. di gratus «grato, riconoscente»]: parole oggi per molti desuete se non insignificanti, che meritano  una riflessione. Che cosa è mai la gratitudine, questa sconosciuta? Che cosa significa veramente “grazie”? Secondo i dizionari “gratitudine” evoca riconoscenza e ringraziamento, indicando però un sentimento positivo più intimo e profondo, che si esprime di solito verbalmente attraverso il “grazie”: tante grazie! mille grazie! grazie di cuore!

Il perché della gratitudine ... 
(R. Magritte, Il riconoscimento infinito)
Diciamo  così tante volte grazie nella nostra vita quotidiana che spesso questa parolina rischia di diventare un flatus vocis abitudinario, inconsapevole come un riflesso condizionato o, peggio, un inavvertito stereotipo che intenzionalmente  non comunica nulla. E’ il grazie anche spesso ipocrita delle buone maniere o dell’automatismo professionale (penso al “prego”- la cui ricchezza semantica si perde nel buio dei manierismi - del cameriere quando serve un piatto, prima ancora del mio “grazie” che segue precipitosamente a ruota).

Il grazie come frutto 
di una convenzione sociale 
(Juan Gris, Pierrot)
No, la gratitudine è ben più che un rituale delle buone maniere: è  sentimento più profondo di ogni possibile parola, che spesso risulta del tutto inadeguata, e allora sentiamo prepotente il bisogno di comunicare in termini non verbali, con il calore di una stretta di mano, il sorriso di uno sguardo, il gesto più personale dell’abbraccio e più intimo del bacio; è il rendere grazie che presuppone uno stile, un orientamento di amabilità verso il mondo e le persone che lo abitano, un benedire che è bene – dire.

Il grazie verso il mondo... 
(M. Chagall, Violinista sul tetto)
Io credo che tutti noi – e sfido chiunque a contraddirmi – abbiamo provato o proviamo o potremmo comunque provare gratitudine per chi ci ha dato la vita, per chi ci ha educato e preso cura di noi,  per chi ci ha protetto e fatto dono del suo tempo e del suo amore, per chi ci ha aiutato a divenire autonomi e perciò quelli che siamo, per chi ci ha sorretto nelle difficoltà,  confortato anche solo con un gesto uno sguardo un sorriso.

Il grazie "naturale", 
verso chi ci ha amato e protetto 
(P. Picasso, Maternità)
Eppure la gratitudine è molto più che un sentimento reattivo di riconoscenza-riconoscimento per un gesto, un dono o un evento particolare. Può (o dovrebbe?) essere un sentimento permanente, una disposizione d’animo, un abito virtuoso, un atteggiamento di fondo.

La gratitudine come atteggiamento di fondo 
(R. Delaunay, La gioia di vivere)
Giuliani nel suo aureo libretto sulla “responsabilità di essere grati e riconoscere che l’essenziale nella vita è dono”, dichiara che “la virtù della gratitudine non è né religiosa né laica, semplicemente umana; imparare a dire grazie rafforza la nostra dignità e rafforza il grado di giustizia della società in cui viviamo” (cfr. De Benedetti–Giuliani, Dire grazie l’hallelujah della gratitudine, Morcelliana, Brescia, 2014, pagg.77-78). Gratitudine dunque per la vita e il tempo che ogni giorno trascorriamo, per ciò che abbiamo e non abbiamo,  per ciò che siamo e desideriamo,  per le persone a noi care e le infinite persone a noi sconosciute, per la bellezza del mare e dei monti, ”il cinguettio degli uccelli e lo sbocciare dei fiori” (De Benedetti!),  per lo stupore delle albe e dei tramonti,  per la verità e la bontà che con fatica ricerchiamo in ogni incontro e relazione umana.

Gratitudine per la vita ... 
(P. Klee, Paesaggio con uccelli gialli)
Ma anche indubbiamente gratitudine del credente: inno di lode al Creatore per il dono della vita, della luce, dell’amore, nel riconoscimento della finitezza come sentiero di salvezza; inno di lode che si eleva nel “Gloria” della messa domenicale, nel “Te Deum laudamus” di fine anno, negli innumerevoli osanna ed alleluia ripetuti nel tempo, nel “Cantico delle creature” di  S. Francesco; inno di lode infine del “Nunc dimittis servum tuum”  a Colui che fa tornare in vita i morti, “grato per il mio passato ed il mio futuro ed anche per il passato e il futuro degli altri, il cui destino io metto con la preghiera, per così dire,  nelle mani di Dio. Sono poi grato anche al mio prossimo, umano e non umano, penso anche agli animali domestici, che hanno condiviso la nostra casa, i nostri cani e i nostri gatti…” (De  Benedetti, pagg. 77-78).

Gratitudine per il nostro prossimo, 
umano e non umano ... 
(F. Marc, Il cane bianco)
Tuttavia anche la gratitudine, come ogni ambivalente aspetto umano, può essere contraffatta, contrabbandata, tradita, banalizzata in operazioni di trasformismo: da assertiva espressione di libero (gratuito!) consenso, da moto spontaneo e sorprendente di ringraziamento e lode può trasmutarsi nell’ironico sarcasmo di certi grazie (grazie tanto!...), può rivelarsi strumento per accattivarsi l’altro o per pareggiare e saldare conti e debiti con gli interessi.

Gratitudine senza maschere 
(G. de Chirico, Le maschere)
Il grazie della gratitudine non è dunque di tutti e per tutti: è un segno di profonda umanità, di sguardo amorevole verso  chi  è prossimo, di esaltazione della loro esistenza, della loro diversità, del loro lavoro e servizio; è partecipazione al bene che è la vita di tutti;  è il contrario del risentimento perché sintomo di benessere interiore, di empatia, di congruenza con se stessi, condizioni indispensabili per il suo esprimersi; è il grazie del malato e del sofferente, il volto di una solitudine non più sola, la consapevolezza che l’amicizia l’amore la solidarietà sono più forti della morte.

La gratitudine presuppone armonia, 
benessere interiore 
(H. Matisse, Armonia in rosso)
Molti psicologi sono convinti che dire “grazie” non significa solo rispettare le buone maniere, ma fare del bene a noi stessi, migliorare il nostro benessere psicofisico e rafforzare le nostre relazioni sociali. Diciamolo chiaro con le parole della psicanalista Melanie Klein, citata da Giuliani: non tutti possono vivere nella dimensione della gratitudine, se permangono chiusi in se stessi ed incapaci di centrarsi sull’altro.

Gli aculei dell'ingratitudine... 
(V. Kandinskij, Punte nell'arco)
Tre blocchi psichici impediscono loro la possibilità di riconoscere e dunque provare gratitudine: l’invidia (sentimento di rabbia perché un’altra persona possiede qualcosa che desideriamo e ne gode), la gelosia (timore e angoscia di perdere ciò che abbiamo, una persona o un oggetto amati), l’avidità (desiderio imperioso e insaziabile). Forse la lista potrebbe  essere anche più lunga, ma è certo che ”il sentimento di gratitudine è una delle espressioni più evidenti della capacità di amare. La gratitudine è un fattore essenziale per stabilire il rapporto con l’oggetto buono e per poter apprezzare la bontà degli altri e la propria” (M. Klein, Invidia e gratitudine, Giunti, Firenze, 2012, pag. 26-27, citata da Giuliani a pag. 24).

La gratitudine è vietata 
agli invidiosi, ai gelosi e agli avidi 
(E. Munch, Gelosia)
Forse non ha torto Maestro Eckhart quando afferma che “se la sola preghiera che dirai mai nella tua intera vita è “grazie”, quella sarà sufficiente”.

Si consiglia di mettere in pausa la musica del blog prima di avviare il video.

                                   

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