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sabato 27 ottobre 2018

Il monito di Simone Weil. Qual è il tuo tormento?

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Anna Masini (in arte Ninamasina), per gentile autorizzazione (http://www.ninamasina.it/).

Gli studi scolastici sono come il campo che racchiude una perla”
(S. Weil, Riflessioni sull’utilità degli studi scolastici al fine
dell’amore di Dio, 
in  Attesa di Dio, Rusconi, Mi,1991, p.84).

Ninamasina, Simone Weil
S. Weil è figura cara a questo blog, come dimostrano appassionati post firmati in particolare da Rosario. Ebbene è in corso in Italia una viva polemica, anche con dure manifestazioni di protesta, da  parte di studenti e docenti, circa l’incuria (un eufemismo?) che l’attuale governo parrebbe riservare agli “studi scolastici”, tutto proteso com’è su altri fronti (proclamazione della fine della povertà in Italia mentre si cacciano gli “sventurati” di turno - oggi i migranti e domani chi? - e si snaturano gli equilibri dei bilanci, si distribuiscono panes et circenses - ovvero condoni vari - nella ricerca vorace di consensi e di controllo dei media, denunciando miriadi di complotti e via).
Mi è parso perciò valesse la pena rilanciare un piccolo post, pubblicato al tempo dei primi vagiti di questo blog, esattamente il 16.9.2013. Si tratta di una pagina che ha conservato a mio parere tutta la sua fragranza: S. Weil con lucido ardore precisa il valore dello studio - qualsiasi studio, dalla  versione latina al problema di geometria “anche se sbagliati” - ed il suo significato sociale  umano religioso, che non è mai solo affare individuale, perché a ben vedere studio vuol dire cultura, cioè, oltre che possesso della parola, appartenenza alla comunità e responsabilità verso gli altri (1).

domenica 21 ottobre 2018

Oltre il dire.

Post di Rosario Grillo.
Immagini di alcune opere di Paul Cézanne (1839-1906).

Paul Cézanne, Ritratto di Gustave Geffroy 
(letterato francese, 1855-1926)
Giovanni Scarafile ha posto attenzione ad una “zona oscura della comunicazione, partendo dal commento di un’intervista a Paul Auster, incentrata sulla ignoranza autore/lettore di un romanzo.
Il contenuto della romanzo è pretesto, perché l’indagine è sul limite del linguaggio. Allora: il linguaggio non è trasparente? Ha “zone oscure”?
Scarafile utilizza il termine indisponibilità, battendo sul tasto della dotazione strumentale.
La comunicazione, in proposito, dispone del linguaggio. Dobbiamo inferire un limite  intrinseco al linguaggio.
Ma così veniamo turbati sul fondamento ontologico (Parmenide) e teologico (Giovanni, 1).
Il primo riconduce il linguaggio (la parola) all’essere; il secondo riconosce il titolo di fondamento alla Parola: “in principio era il Verbo”.
Andiamo ora a riempire la Parola. Ne deriva il linguaggio con il suo frutto: il sapere. Osservando bene, ne discende la cultura: un sistema composito e  normativo di conoscenze, sia teoriche che pratiche.

sabato 13 ottobre 2018

La celebrazione dell'attimo, tra arte e filosofia contemporanee.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Americo Salvatori, per gentile autorizzazione (qui il sito). 

Americo Salvatori, 
Lama di luce
I paesaggi del Montefeltro - che costituiscono lo sfondo dei quadri di Piero della Francesca - sono spesso oggetto dei dipinti di Americo Salvatori, artista, pittore e musicista che nasce ad Urbania nel 1963 e vive a Lunano (PU).
Lama di luce ne è un primo esempio (olio su tela, 60 per 80).
In esso la natura viene offerta all’occhio di chi guarda nella sua immensità spettacolare, capace di suscitare uno stupore dal sapore antico, una meraviglia (thauma: nella duplice accezione di incanto e turbamento) che talora, nell’era tecnologica, sembra essere andata perduta.
La spazialità rappresentata ha una sua immediata veridicità: un prato, le colline, qualche albero, i monti sullo sfondo. Di lontano la luminosità irrompe a strisce, a squarci, a laghi. Dal limitare dell’ombra alla trasparenza delle montagne i colori si rarefanno, secondo una gradualità ascendente.
Un quadro realistico, si potrebbe dire.
Eppure il realismo dell’opera è tutto da indagare. Sappiamo bene che l’immagine non è la realtà, è piuttosto una rappresentazione mentale della realtà. Come il mare di Piero Guccione, la natura di Americo Salvatori è “un’essenza, un pensiero” (Marco Goldìn, La fedeltà di Piero Guccione al mare).

domenica 7 ottobre 2018

E' lecito mentire per il politico?

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle caricature di uomini politici - disegnate per il periodico britannico Vanity Fair (1868-1914) - del pittore italiano Adriano Cecioni (1836-1886).

Adriano Cecioni, 
William Henry Smith
“Quid est  veritas?”  (Pilato).
-  “Il politico che dice la verità è quello che non bara, cioè quello che rispetta le regole, sintetizzabili in alcuni principi di cui abbiamo già parlato: la coerenza fra ciò che si enuncia e ciò che si fa, il rispetto dell’umanità dell’avversario, l’accettazione degli errori, l’assenza di interesse personale nelle azioni pubbliche, l’assunzione di responsabilità. Quest’ultimo punto è forse il più importante. Non trovi  inaccettabile che quando le cose vanno bene ci si attribuisca ogni merito, e quando vanno male si dica che è colpa dell’opposizione o dell’eredità di chi governava prima o, addirittura, dell’ingovernabilità della città (ogni riferimento a Roma è del tutto voluto) o del Paese?” (Gianrico Carofiglio con Jacopo Rosatelli, Con i piedi nel fango, Conversazioni su politica e verità, ed. Gruppo Abele,Torino, gennaio 2018, edito prima del 4 marzo).
- “Esiste un nesso inscindibile tra verità e democrazia perché la menzogna inganna il cittadino sullo stato delle cose e quindi gli impedisce di esercitare efficacemente i suoi diritti politici. La verità sta alla democrazia come la menzogna sta alla sua assenza” (L. Violante, Politica e menzogna, Einaudi 2013, frontespizio).
 ☆☆☆☆☆☆☆☆☆☆☆☆☆

sabato 29 settembre 2018

Variazioni intorno alla figura di Giuda.

Post di Rosario Grillo
Immagini dei dipinti del pittore russo Nikolaj Nikolaevič Ge (1831 - 1894).

Nicolaj Ge, 
Giuda
Ho preso a leggere solo adesso il libro di Zagrebelsky sulla figura di Giuda, ritratto uscito dalla trasmissione radiofonica Uomini e profeti (1).  Con il pensiero sono subito andato al bel post dell’amico Gian Maria Zavattaro pubblicato due anni fa.  Il taglio che mi suscita la lettura, nel contesto presente vissuto e rielaborato, è leggermente diverso.  Mi soffermerò, perciò, poco ​sull’ambiguità​  sottolineata da Zagrebelsky: ​conditio humana per antonomasia: frutto della libertà accreditata agli uomini, smarrita da Adamo e reintegrata da Gesù in virtù del suo sacrificio. Libertà che chiama in causa la responsabilità della scelta​ tra il bene il male.  Complemento indisgiungibile: la remissione nelle mani della giustizia divina.

domenica 23 settembre 2018

La parola proibita, Dino Buzzati.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle illustrazioni di Gianni De Conno (qui il sito)
Audiolibro di Valter Zanardi (qui il canale youtube).

Gianni De Conno, 
Il mostro
Nel formidabile racconto di Dino Buzzati, La parola proibita (in Sessanta racconti, Mondadori) letto in modo magistrale da Valter Zanardi in uno degli audiolibri offerti gratuitamente ai fruitori nel suo bel sito, si trova la parabola più completa del conformismo sociale, nell’epoca della società di massa. Il protagonista del brano si accorge da alcuni segni - sussurri, accenni, circonlocuzioni - che, nella città in cui da poco si è trasferito, vi è una parola proibita. Decide di chiedere segretamente all’amico Gironimo, ma questi si rifiuta di rivelarla per non rinnegare il paese in cui vive da vent’anni:  se non gli fosse piaciuto rimanere, lavorare, vivere in tale posto, sarebbe certo potuto fuggire, ma non lo ha fatto perché lì ha trovato sicurezza e quindi si considera vincolato da un legame che non può tradire. 
Che cosa fa sì che nessuno dica la parola interdetta e si attenga al divieto? Non il timore della punizione – cosa ormai appartenente a società del passato – non la coscienza – “ferro vecchio” che ha fatto il suo tempo – ma il desiderio di conformarsi e sentirsi quindi parte della totalità.

martedì 18 settembre 2018

L'espulsione dell'Altro.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Immagini dell'illustratore Gianni De Conno (1957-2017), per gentile autorizzazione dei curatori della pagina facebook (qui il sito). 

Gianni De Conno, 
Emergency, Bianco e Nero
“La rumorosa società della stanchezza è sorda. La società a venire potrebbe invece chiamarsi una società dell’ascolto e dell’attenzione. Oggi è necessaria una rivoluzione del tempo che dia inizio  a un nuovo tipo di  tempo completamente diverso. Si tratta di scoprire  di nuovo il tempo dell’Altro.  L’attuale crisi del tempo non riguarda l’accelerazione, bensì la totalizzazione del tempo del Sé. Il tempo dell’Altro si sottrae alla logica di incremento della prestazione e dell’efficienza, che genera una spinta all’accelerazione. La politica neoliberistica del tempo elimina il tempo dell’Altro, considerato un tempo improduttivo […] elimina anche il tempo della festa, il tempo della celebrazione, che sfugge alla logica della produzione. Il tempo festivo riguarda infatti l’improduttività. All’opposto del tempo del Sé che ci rende soli e isola, il tempo dell’Altro istituisce una comunità. Questo tempo, perciò, è un buon tempo” (Byun-Chul Han, L’espulsione dell’Altro, ed. Nottetempo, Roma, 2017, p. 100).

Seleziono alcune riflessioni contenute nel libro sopra citato di Han, stringenti e provocanti sia nella disperante pars destruens sia nella sperante pars construens. Solo in parte ritengo condivisibile il suo pessimismo nei riguardi della rete digitale di cui mette in luce limiti, patologie, aberrazioni. La mia impressione, anche sulla base del vissuto esperienziale mio e di tanti amici, è che la sua critica si rivolga non tanto alla substantia della rete, quanto all’ambivalenza presente in ogni fenomeno umano.

sabato 15 settembre 2018

Una filosofia "a cuore aperto".

Post di Rosario Grillo 
Immagini delle stampe dipinte dal pittore giapponese Ohara Koson (1877-1945), con riferimento alla simbologia occidentale e orientale.

Ohara Koson, 
Civetta [simbolo della conoscenza] 
e fiori di ciliegio [simbolo di bellezza e caducità]
La ragione ha la capacità di annullare sia i gradi preparatori pre-riflessione sia i canali differenziati di conoscenza.
Conoscenza, lo ricordo, è laboratorio complesso e composito: percezione ed appercezione ne fanno parte (includo nella percezione i multiformi  rivoli della sensazione).
È occorsa una querelle culturale prolungata, dalla fine dell’Ottocento a gran parte del Novecento, per dismettere la convinzione della primazia incondizionata della ragion pura, e in versione speculativa (Hegel) e in version scientista (Positivismo), mentre, per certi versi, si è aperta una “quaestio con il “pensiero debole”, tacciato di comprimere un po’ troppo il potenziale della ragione.
Insieme a questo si è parlato di “morte della filosofia.
Le acque, adesso, si sono calmate.
Nel frattempo la società ha conosciuto disgregazioni, sfilacciamenti e ”liquidità. Seguendo la mia inclinazione, suffragata da certe letture e dall’interesse per la Mistica, ritengo che il Vuoto possa, comunque,essere fomento di Rigenerazione. (1)
Le ideologie, sottoposte a processo, hanno ceduto le armi e ….spesso ci si trova davanti ad un Vuoto.

martedì 11 settembre 2018

Pensare da sé, Hannah Arendt.

Post di Rossana Rolando.

Hannah Arendt, 
Alcune questioni di filosofia morale
🌟 La tesi di fondo. Si può aderire a idee, sentimenti, comportamenti esecrabili non perché si è più “malvagi” o “criminali” di altri uomini, ma perché si è rinunciato a pensare e, con ciò, ad essere veramente “persone”. Questa tesi di Hannah Arendt ha una validità che va ben al di là del contesto storico nel quale è stata formulata (con particolare riferimento alla figura di Eichmann e di altri gerarchi nazisti) per estendere la sua verità ad ogni tempo e ad ogni luogo. In particolare, oggi, il modo in cui scaltri manipolatori orientano l’opinione pubblica, attraverso i social media, facendo appello ai più bassi istinti di ciascuno ed ottenendo larghissimo consenso, può portare a drammatiche conseguenze sul piano etico e politico (per la perdita del senso alto della politica intesa come ricerca del bene comune).