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lunedì 27 luglio 2015

Un pensiero mattutino, con Ionesco e Van Gogh. Hanno dimenticato che si può guardare il cielo.



“Hanno dimenticato che si può guardare il cielo: gli uomini girano intorno in quella loro gabbia che è il pianeta, perché hanno dimenticato che si può guardare il cielo. Come vivere, come vivere bene, come possedere il mondo, come goderne, come rimpinzarci, dunque come produrre oggetti amabili, strumenti del nostro piacere, come godere continuamente senza tenere conto degli altri, rifiutando loro il godimento senza neanche porsi il problema della loro felicità o infelicità, come industrializzare l’umanità fino alla saturazione. Ecco che cosa si sono proposti gli uomini e quello che si chiama umanesimo. Si tratta dell’abbandono delle cure spirituali o metafisiche. Il problema del nostro destino, della nostra esistenza nell’universo, del valore o della precarietà delle condizioni  esistenziali nelle quali viviamo non è più stato preso in considerazione … Solo l’arte e la filosofia, solo le interrogazioni vive possono tenere sveglia l’umanità  e impedire che l’anima si assopisca, soltanto l’arte e la filosofia possono sviluppare il meglio che c’è in ciascuno di noi” 
(Eugène Ionesco, Il mondo è invivibile).

Il cielo di Van Gogh 
non è vuoto 
(La Notte stellata).
Che cosa significa “guardare” il cielo? Certamente chiedersi quanti di noi oggi, ieri, l’altro ieri hanno osservato la notte stellata o la luna o semplicemente l’alba e il tramonto. E, se non è il cielo,  un paesaggio montano, il mare, una farfalla posata sul fiore o, meglio ancora, il volto dell'altro o, più a fondo, il mondo morale dentro di noi.

La notte stellata di Van Gogh (particolare)
non è una semplice riproduzione naturalistica.
“Guardare”: contemplare, meditare. Le mode e le tendenze correnti oggi  non  incoraggiano queste pratiche così avverse ed estranee al conformismo imperante.

La Notte stellata (particolare) è visione della mente 
e proiezione di sentimenti forti, 
pennellati attraverso i colori.
Secondo G. Dorfles (Conformisti, la morte dell’autenticità, 2° ed. Castelvecchi, 2008), chi più chi meno, tutti ci stiamo  conformando per essere moderni, per non essere isolati od esclusi. Conformisti nei pensieri, nelle azioni, negli interessi, nei gusti, nel comportamento, nel linguaggio, nella vita domestica e in quella pubblica, nei bisogni e nelle aspirazioni. E non ci accorgiamo di perdere noi stessi, la nostra autenticità, la nostra  voce in un contesto, la società liquida, in cui l’umanità è frazionata in tanti comportamenti e linguaggi tutti accolti passivamente. Sono tante le tipologie: dai bambini ai giovani, dagli  adulti agli anziani e persino ai defunti. Ed ognuna mostra come in ogni modo e tempo della vita si obbedisce  a quanto giunge dai media e dall’esterno,  “sino alla saturazione”, senza tener conto degli altri.

La simbologia della Notte stellata (particolare) è ricca: 
il cipresso esprime la tensione verso l'alto, 
sorta di ponte tra terra e cielo.
L’invito di Ionesco è di non rinunciare alle cure spirituali o metafisiche” o al “problema del nostro destino”. Ognuno di noi, se vuole, può ogni giorno riscoprire ciò che non dovrebbe cessare di destare la meraviglia (quella celebrata da Kant), che è all’origine della filosofia, che è nutrimento della poesia e dell’arte, che è fonte delle nostre “vive interrogazioni.

Il paesino avvolto nell'oscurità del sonno indica la tranquillità degli uomini che non si accorgono di quella vivida bellezza della notte, 
attraversata da vortici stellari 
(La Notte stellata, particolare).
Ognuno di noi a suo modo può essere e diventare filosofo-poeta-artista, a suo modo “tenere sveglia l’umanità”, “impedire che l’anima si assopisca”. Per chi si ostina a guardare il cielo sopra “la gabbia del nostro pianeta” e quello tutto interiore dentro di noi c'è sicuramente un rischio: l’inciampo dell’incauto Talete, incurante della frenesia della vita di corsa, distratto dal cielo, costretto a subire le risate di scherno delle servette di turno …

Il video restituisce efficacemente la misura di un cielo vivo e parlante. Si consiglia di mettere in pausa la musica del blog prima di avviarlo.


Coloro che desiderano seguire le nostre pubblicazioni possono cliccare a destra sul pulsante “segui” e aggiungere così il blog Persona e comunità alle proprie cerchie. Grazie a tutti.

sabato 17 maggio 2014

Riascoltando don Rinaldo Bertonasco.

Il 17 maggio è trascorso un mese da quando ci ha lasciato il nostro caro Rinaldo. Abbiamo parlato molto di lui … ci siamo scambiati foto … per reagire in qualche modo al vuoto … Pensiamo possa essere una gioia per tutti – seppure velata di malinconia – leggere alcune parole che don Rinaldo ha scritto per i suoi confratelli. Ciascuno di noi potrà - forse anche con un sorriso, come avrebbe certamente voluto lui - riconoscere un accento, un aspetto, un tratto.

L'intensa, bellissima foto scattata
da Tommaso Giulla

SCRIVE  RINALDO:

Su come migliorare nella “predica” domenicale …
«L’omelia. Meriterebbe non uno, ma diversi articoli e studi seri. […]
... due verifiche per lo meno dovremmo farle tutti …: 
Proviamo a farci registrare l’omelia e poi risentiamocela con calma (se qualcuno ha una spiccata vocazione alla mortificazione, può risentirla con un gruppo di fedeli, possibilmente giovani e, possibilmente non in atteggiamento adorante). Se mi accorgo, per esempio, che non riesco, dopo averla sentita, a darle un titolo preciso (Di che cosa si parla?) o a suddividerla in capitoletti (Come si sviluppa la trattazione?), vuol dire che devo cambiare qualcosa, perché “non” è comprensibile agli uditori (a me succede quasi tutte le volte che faccio la prova).
Cerchiamo la verifica diretta nei confronti dei fedeli. Guardiamo se sono attenti e coinvolti, o se si annoiano (d’estate, quando lo sventolio dei foglietti diventa frenetico, è decisamente ora di chiudere). Controllare i tempi: a parte occasioni o situazioni particolari, 10-12 minuti sono più che sufficienti, a mio avviso (7-8 ancora meglio). Se ho una cosa da dire e parlo in modo bello e attraente, in 8-12 minuti riesco a dirla ampiamente; se invece parlo in modo involuto, difficile o un po’ sconclusionato, fino a quel limite di tempo riescono a sopportarmi quasi tutti».

sabato 26 aprile 2014

Facile tradire i valori della Resistenza...


No alla retorica, 
ma  anche no alla cancellazione della memoria. 
Festeggiare in modo stanco il 25 aprile, 
non avere il senso delle radici della propria libertà 
significa essere già in pericolo …

Per noi liguri l'agave 
è simbolo di resistenza ...
I continui odierni dissidi tra partiti, la compra-vendita di parlamentari, il populismo imperversante, l’iniquità fiscale, il dilagare di quella che don Gallo amava definire “società delle spettanze” mi hanno riportato in mente un  articolo di C. A. Jemolo apparso su   “La Stampa” tanti anni fa e che già allora – io imberbe studentello alle soglie del ginnasio – mi aveva colpito e che ripropongo in alcune parti.

... la Resistenza è un fatto storico ...
Jemolo invitava a tralasciare le celebrazioni agiografiche della Resistenza, per soffermarsi a riflettere sui  suoi valori, per mantenersi fedeli ad essi nella costruzione dell’oggi e del domani. 

...ma è soprattutto un atteggiamento, 
un modo di vedere la vita ....
”Si assottiglierebbe  molto il numero di coloro che oggi inneggiano alla Resistenza”, ma tornerebbero a rifiorire le speranze in  una vera unità Europea dei popoli e non solo dei governi, nella collaborazione  tra i diversi partiti per  il bene del paese, nel rispetto delle diverse opinioni, nella solidarietà e mobilità sociale, nella democrazia sostanziale e non formale, nell’equità fiscale, nel ripudio della guerra, nell’ovvio dovere da parte di tutti i governanti di vita limpida, estranea ad ogni forma di  corruzione e clientelismo. 

... non cedendo a forme di corruzione, 
clientelismo, ...
Pagine di estrema attualità, che invitano a guardarsi bene dall’inneggiare alla Resistenza  ed ai partigiani, se i nostri comportamenti  non corrispondono  a  “quei valori  per cui essi s’immolarono”.

... un modo di sentire la vita 
che non può essere ridotto a monumento ... 
(Cuneo)
... a rievocazione ... 
(Parma)
.... se si vuole che rimanga acceso 
il fuoco dei valori resistenziali...
“Si parla troppo della Resistenza e poco si riflette sui suoi valori. Nulla da stupire. In ogni religione è più facile genuflettersi e cantare inni che chinarsi al giogo delle leggi. Ma ammonirei a ricordare ciò che la storia di ogni paese insegna: quanto sia facile seppellire gl’ideali innalzando marmi a coloro che li asseverarono. […] Bisogna asseverare  i valori della Resistenza; non parlandone in blocco come di cosa nota, bensì discernendoli, mettendoli a fuoco, proiettandoli in ciò che si costruisce, in quanto si vuole realizzare domani.

... riscoprendo quei valori uno a uno ...
Ricorderemo allora che la Resistenza volle essere fenomeno europeo, avviamento ad una Europa unita nella libertà, dove ci fossero cordiali rapporti di popoli piuttosto che di governi. […]   
La Resistenza fu collaborazione fra partiti diversi;  accantonamento di dissensi, guardare alle mete comuni. E’ tradita dove i contrasti si esasperano senza un perché, dove le maggioranze rifiutano ogni collaborazione con le minoranze, non accettano i loro voti, fanno questione di prestigio nel respingere ogni loro proposta, ogni suggerimento. 

... per non tradirli nelle divisioni ... 
ed essere così incapaci di lavorare 
nella prospettiva di mete comuni ...
Fu unione di credenti e di atei;  questi ultimi rispettosi della fede dei primi, pronti a riconoscere l’opera di bene, il gesto coraggioso del sacerdote e della suora. Sono contro il suo spirito gli ecclesiastici che vogliono imporre direttive  ai partiti, come ogni resurrezione di vecchio anticlericalismo, che neghi i valori religiosi. […]
La Resistenza fu sacrificio e rinuncia; il suo spirito, la generosità, l’accettazione conscia della povertà in omaggio alla solidarietà. Sarebbe stato consono ad esso contenere con l’arma fiscale le grandi ricchezze od almeno gli alti redditi, i munifici stipendi; adottare e magari imporre un tenore di vita semplice, di cui le amministrazioni pubbliche dessero l’esempio con la modestia degli edifici, con i viaggi dei ministri in forma dimessa. Ma il suo spirito avrebbe voluto che pure i più umili volessero servire la cosa pubblica, che impiegati ed operai considerassero l’ azienda pubblica come loro […]  Si tradisce quello spirito quando si vuole che nel pubblico impiego, nella stessa magistratura, non si selezionino i più capaci, si dia il bando ad esami e concorsi, si leghi la carriera all’anzianità.  […]

... per non ridurre parole come solidarietà 
e giustizia a involucri vuoti ...
Se così si fissasse lo spirito della Resistenza, si vedrebbe quanti realmente lo onorano e quanti lo aborrono [...]. Certo si assottiglierebbe  molto il numero di coloro che oggi inneggiano alla Resistenza,  ma son certo che “se cosa di qua in ciel  si cura”, quanti caddero per la Resistenza sarebbero ben lieti di vedere dimenticati i loro nomi, senza un fiore le loro lapidi, pur che restassero vivi (fosse pure coltivati da una minoranza) quei valori  per cui essi s’immolarono”.

... trasformando così la Resistenza 
in un albero secco che non porta più frutti ...
Arturo Carlo Jemolo (1891–1981), da “La Stampa”,  24 luglio1960.

Chi desidera intervenire può andare qui sotto su "commenta come", nel menù a tendina selezionare "nome/URL", inserire solo nome e cognome e cliccare su continua. Quindi può scrivere il proprio contributo sul quale rimarrà il suo nome ed eventualmente, se lo ritiene opportuno, può lasciare la sua mail.  

lunedì 30 settembre 2013

Il rispetto della dignità dell'uomo.





Van Gogh - I mangiatori di patate. 
Il rispetto della dignità dell'uomo
non dipende dal grado sociale.

“Il rispetto della dignità umana significa la  disposizione incondizionata a considerare e difendere ogni essere umano, come una realtà di cui non si può disporre.

Il rispetto si oppone quindi a tutte quelle maniere  che abbandonano l’uomo alla “impudicizia”: fargli violenza, servirsene senza riguardi o logorarlo, degradarlo a puro mezzo per il conseguimento di fini oggettivi (in base a calcoli economici, sociali o politici).
Van Gogh, Chi percuote.
Il rispetto della dignità dell'uomo
 è incondizionato, nonostante le colpe.


Il rispetto si oppone anche a ogni teoria scientifica che ammette di poter misurare e pianificare l’uomo secondo criteri interamente razionali.

Van Gogh, Autoritratto.
Il rispetto della dignità dell'uomo
dipende solo dal nudo volto dell'uomo.

Del resto, senza rispetto non è possibile alcun criterio assiologico vincolante”.

Bernhard Stoeckle

domenica 29 settembre 2013

La realtà della vita non è la sensazione.


Per chi lo desideri rimandiamo alla pagina (link laterale) di approfondimento biografico: "Settanta anni fa moriva Simone Weil".

Provare tutto ... il mito della velocità.
Mario Guido dal Monte, Il motociclista, 1927.

“La tua lettera mi ha costernata. Se insisti a porti  come obiettivo principale della tua adolescenza il conoscere tutte le possibili sensazioni – anche se alla tua età, come stato d’animo passeggero, ciò può essere un obiettivo normale – non farai molta strada.

Ti preferivo quando volevi prendere contatto con la vita reale.


 Non fermarsi alla superficie della realtà. Escher, Profondità, 1955.



Forse credi che sia la stessa cosa; in realtà, è esattamente il contrario. C’è gente che vive solo di sensazioni e per le sensazioni. In realtà, la vita l’inganna.  E siccome confusamente lo sentono, cadono  in una tristezza profonda dove non resta loro altra risorsa che quella di stordirsi e ancora stordirsi. 




Vivere di sensazioni ...
Pippo Rizzo, Donna che fuma, 1920.

La realtà della vita non è infatti la sensazione: è l’attività, e intendo dire l’attività del pensiero e dell’azione.”

(Simone  Weil,  1909–1943, filosofa, mistica e scrittrice francese)

venerdì 27 settembre 2013

Parlamento e libertà ieri e oggi.




Camillo Benso di Cavour

 

 
Cavour  nel 1860 dichiarava senza mezzi termini  che non si lasciava “intimidire dalla violenza dei partiti”, perché “figlio della libertà”. Non so come oggi reagirebbero, in un mondo  dove si dice tutto ed il contrario di tutto e  si vive tranquillamente la convertibilità degli opposti,  coloro che ormai sono assuefatti a considerare una consistente parte del Parlamento proprietà privata di un burattinaio, che  sballotta e mette o dimette-toglie a piacimento sul palcoscenico della politica il coacervo delle sue marionette, tutte ovviamente  programmate ad inneggiare a quella “libertà” che Cavour avrebbe definito  servitù. E sfido chiunque a tacciare Cavour come “comunista”.


Da parte mia, non ho alcuna fiducia nella dittatura e soprattutto nelle dittature civili. Io credo che con un parlamento si possano fare parecchie cose che sarebbero impossibili per un potere assoluto. Un’esperienza di tredici anni m’ha convinto che un ministero onesto ed energico, che non abbia nulla da temere dalle rivelazioni della tribuna e non si lasci intimidire dalla violenza dei partiti, ha tutto da guadagnare dalle lotte parlamentari. Io non mi sono mai sentito debole se non quando le camere erano chiuse. D’altra parte non potrei tradire la mia origine, rinnegare i principi di tutta la mia vita. Sono figlio della libertà: è ad essa che  debbo tutto quel che sono.  Se bisognasse mettere un velo sulla sua statua, non sarei io a farlo. Se si dovesse riuscire a persuadere gli italiani che hanno bisogno di un dittatore, essi sceglierebbero Garibaldi e non me. Ed avrebbero ragione.  La via parlamentare è più lunga, ma è più sicura.”

 (Camillo Benso di Cavour, da lettera del 29 dicembre 1860,  in  Denis Mack Smith, Il Risorgimento italiano, Bari, Laterza).





Remigio Schmitzer, 1939


 

giovedì 26 settembre 2013

Osservate più spesso le stelle ...





... riempire il tempo di un contenuto sostanziale ...

“La vita vola via come un sogno, e non si fa in tempo a fare niente in quell’attimo che è la vita. Perciò bisogna apprendere l’arte del vivere, la più difficile e la più importante delle arti: quella di riempire ogni ora di un contenuto sostanziale, pensando che quell’ora non tornerà mai più”. (p.397)

Apparire anziché essere.


“Tu non puoi capire cosa prova un padre che desidera che i suoi figli siano  non solo irreprensibili, ma rappresentino come l’immagine stessa del valore. Non per  gli altri, ma per se stessi bisogna essere così, e non importa cosa gli altri penseranno di voi: essere, e non apparire. Avere una disposizione d’animo chiara e trasparente, una percezione del mondo integrale e portare avanti un’idea disinteressata: vivere così da poter dire nella vecchiaia di avere preso il meglio della vita, di aver fatto proprie le cose più nobili e più belle del mondo e di non aver macchiato la coscienza con le sozzure di cui si sporca la gente e che, una volta esaurita la passione, lasciano un profondo disprezzo. Ti mando un grosso bacio, mia cara.” (p.400-401)

luci nella notte

 

“E’ da tanto che voglio scrivere: osservate più spesso le stelle.  Quando avrete un peso nell’animo, guardate  le stelle o l’azzurro del cielo.  Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, quando qualcosa non vi riuscirà, quando la tempesta si scatenerà nel vostro animo, uscite all’aria aperta e intrattenetevi da soli col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete.” (p.418)

Pavel A. Florenskij, Non dimenticatemi, Le lettere dal gulag del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, Mondadori, Milano 2006.

è V. Pagine: Florenskiy: lo scienziato, il filosofo, il teologo vittima del gulag.