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lunedì 30 agosto 2021

In dialogo con la solitudine.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini dei dipinti di Enrico Ganz (qui, il sito).

Enrico Ganz, Uomo solo
La solitudine è comunione, apertura agli altri e non c’è comunicazione che non abbia come premessa la solitudine che dia ali alle parole e le riempia di contemplazione e di silenzio. La solitudine nasce dall’interiorità ed è uno stato dell’anima che si costituisce come momento diastolico della vita: come dimensione essenziale di ogni relazione fondata sull’alterità. E’ un’esperienza interiore che ci aiuta a dare senso alla vita di ogni giorno e ci consente di distinguere le cose essenziali da quelle che non lo sono … Nella solitudine e nel silenzio che sono in noi avvertiamo l’importanza della riflessione e meditazione, delle attese e delle speranze alle quali ispirare i nostri pensieri e le nostre azioni. Solo così è possibile sfuggire all’egoismo e alla mancanza di amore, alla noncuranza e all’indifferenza, tentazioni che non ci consentono di realizzare i valori autentici della vita: la comunione e la donazione, la partecipazione al destino degli altri e l’immedesimazione nella gioia e nelle sofferenze degli altri. Valori che realizziamo solo se riusciamo a tenere viva nel cuore una solitudine aperta al mondo della vita” (E. Borgna,  In dialogo con la solitudine, Einaudi, To 2021, pp. 94-95).
 
“La solitudine è l’anima nascosta e segreta della vita, ma come non avere la sensazione che oggi nel mondo della comunicazione digitale sia grande il rischio di naufragare nell’isolamento? L’espressione della pandemia, che ancora permane, ha posto tutti di fronte al significato della solitudine…” (1).
 
In questo nostro mondo sorpreso dal covid ogni giorno assistiamo ad un tentacolare conturbante intreccio di innumerevoli solitudini, isolamenti e gesti di fraternità - compresenza di speranze e disperazioni - vortici di sconvolgenti tragedie e babelici incuranti divertimenti: umanità che si agita in balia di una febbre dove “tutto passa e sia rabbia, amore o demenza tutto passa, con volo fulmineo, varca i limiti cupi d’ogni coscienza e tutto si  presenta e si indovina prima che affondi in cuore, come spina dritta, d’un colpo solo” (2).

martedì 24 agosto 2021

Errore, fallibilità, errare.

 Post di Rossana Rolando.

Monica Barengo, Errore, per Edizioni Motus
Queste riflessioni prendono avvio dal discorso tenuto presso l’Università Normale di Pisa, da parte di tre giovani neolaureate, al momento della consegna dei diplomi (video in fondo al post). Il contenuto espresso ha richiamato molti commenti positivi e qualche critica.¹ Per parte mia vorrei soffermarmi sulle parole conclusive: “la retorica dell’eccellenza è incompatibile con l’incompletezza e la fallibilità di ognuno”.
Ecco, il tema dell’errore, della fallibilità di cui le tre studentesse hanno acquisito piena consapevolezza, mi pare centrale. Non solo come antidoto all’arrivismo, alla competizione esasperata che ammorba la nostra scuola, anche fuori dalle sedi universitarie - per esempio nei percorsi liceali, nelle attese dei genitori sui propri figli, nella corsa degli istituti scolastici ad emergere con le valutazioni più alte - ma soprattutto come via di una reale umanizzazione che non resti semplicemente intrappolata nelle maschere vuote dell’apparenza.

martedì 17 agosto 2021

Costituente della Terra.

Post di Rosario Grillo.
 
Terra, NASA
“La forza bruta non è sovrana quaggiù. È per natura cieca e indeterminata. Ciò che è sovrano qui è la determinazione, il limite” (S.Weil, La prima radice).
 
PREMESSA.
Come illuminazione, facendo parte del gruppo che sta lavorando, sotto la guida di Raniero La Valle, a una COSTITUZIONE DELLA TERRA, mi è venuta l’idea di associare lo studio di Alain Supiot alle note feconde della filosofia di Simone Weil, riferendole al momento attuale e alla necessità impellente di curare la “crisi dell’uomo, della società e della natura” rispondendo alla sollecitazione di Papa Francesco e al bisogno di uscire dalla pandemia.

martedì 10 agosto 2021

E' possibile costruire comunità oggi?

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Ottorino Stefanini (qui il sito).

Ottorino Stefanini, Singolare collettivo
In un mondo dove tutto è visto come provvisorio, dove si chiede disponibilità e flessibilità, dove ci vogliono sempre pronti con la valigia in mano per adattarsi ai bisogni del lavoro, per cogliere nuove opportunità, è possibile "Costruire comunità"? Quali spazi vi sono per prendersi cura degli altri, per assumersi la responsabilità di collaborare a costruire una comunità? La società liquida è la fine delle comunità? Segna il tramonto dell'Uomo come persona e il trionfo dell'Uomo come individuo? Un individuo senza comunità quali punti di forza può sviluppare e a quali debolezze e povertà va incontro? Cosa si può fare per permettere agli uomini di essere persone, parti di comunità dove ci si prende cura gli uni degli altri? Quale ruolo della fede? quale ruolo della cultura? quale ruolo della politica? Quale ruolo delle associazioni? Qual é il nostro ruolo di persone che credono ancora che una vita "ricca" debba essere vissuta nelle comunità degli uomini?”
(Prof. Paolo Gallana, Biella 2013).
 
Quello che oggi noi di “Persona e Comunità” vorremmo comunicare è chiarire, senza pretese astrattive, innanzitutto a noi stessi, il significato di comunità in questo tempo di covid e riflettere  non su che cosa fare ma su come fare per essere-diventare persone e perseverare nel costruire comunità.
È un cammino in atto - per lo più silenzioso - ovunque nel mondo, laddove abitano tenerezza e agape, si lenisce il dolore, si vive la fraternità e sororità. La comunità esiste ed è esistita nella mente e nel cuore di tanti e, anche se realizzata in modo incompiuto in tempi-luoghi circoscritti, rappresenta un'aspirazione fattibile per quanto imperfetta, per il credente anticipazione-presagio del Regno. E tanto per essere concreti chiediamoci allora se la viviamo in famiglia a scuola nel lavoro nel sociale nella fede che professiamo. 

mercoledì 4 agosto 2021

Luglio 2021, due avvenimenti.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle opere di Kasimir Severinovič Malevič, pittore russo vissuto tra il 1879 e il 1935.
 
Immagine copertina di Kasimir Severinovič Malevič, Busto di donna
🔳
Due avvenimenti hanno segnato quest’ultimo luglio 2021 nel mondo culturale: il premio Strega a Due vite di Emanuele Trevi¹ l
8 luglio e la morte del grande Roberto Calasso, intellettuale, presidente della prestigiosa casa editrice Adelphi e scrittore egli stesso, il 28 luglio.
Il collegamento non è solo temporale, ma si allaccia ad alcune notazioni che vorrei proporre qui.
 
🔳 Partiamo da Trevi. Ho letto Due vite in poche ore. 
Sono pagine tese, coinvolgenti. Hanno un filo che le lega: la storia della sentita intensa amicizia di due scrittori realmente vissuti e morti rispettivamente nel 2008 e nel 2016 - Rocco Carbone e Pia Pera - tra loro e con lo stesso Emanuele Trevi. Le attraversa un sicuro gusto estetico, assaporabile nei molti riferimenti all’arte pittorica; una vasta conoscenza critico letteraria, impreziosita dai numerosi agganci filosofici; una sapienza della psiche, con squarci rivelativi dei più nascosti labirinti mentali; una ricerca sul tema della scrittura nella sua struttura formale (lingua scritta e lingua parlata), nei suoi effetti, anche terapeutici², e nei suoi risvolti simbolici, capaci di cogliere la verità del tempo biografico e l’unicità della vita personale.
Alcune citazioni possono rendere espliciti questi aspetti:

venerdì 30 luglio 2021

In cerca di un nuovo paradigma.

Post di Rosario Grillo.
Immagini dei dipinti di El Lissitzky, pittore russo vissuto tra il 1890-1941.

El Lissitzky, Proun
Quando le nostre iniziative rimangono invischiate nel corpo, nel linguaggio o in questo mondo smisurato che ci è dato da finire, non è perché un genio maligno ci opponga le sue volontà: si tratta solo di una specie di inerzia, di una resistenza passiva, di un venir meno del senso: di una avversità anonima. Ma anche il bene è contingente. Non si dirige il corpo reprimendolo, né il linguaggio ponendosi nel pensiero, né la storia ricorrendo continuamente a giudizi di valore: si deve sempre sposare ognuna di queste situazioni, e quando esse si superano, lo fanno spontaneamente (L'uomo e l'avversità, pp. 271-272, Merlau-Ponty).

Nel piano della problematica epistemologica quando i neo positivisti da una parte e Popper dall’altra dibattevano il cliché della verità scientifica, Thomas Kuhn chiarì che la loro disputa non avrebbe avuto esito se non si fosse trovato un modello. Solo il modello poteva impegnare tutti i membri della comunità scientifica, della società intera. Vi era intrinseco la comprensione del valore sociale proprio della scienza; venivano messi in luce la cogenza, universalità: vincoli per tutti. Gli diede il nome di paradigma.

sabato 24 luglio 2021

Senso di vuoto.

Post di Rossana Rolando.
 
Léon Spilliaert, Vertigini, 1908
La percezione del vuoto è una profonda esperienza umana che si distingue dall’elaborazione del concetto stesso di vuoto in campo filosofico e fisico (1).
 
💥 Paura del vuoto.
Nell’identità di ciascuno, infatti, la paura del vuoto si presenta in molti modi. Nell’infanzia è il timore del buio, primo rivelatore di un’assenza, non solo di luce, ma di voce e presenza: perciò il bambino chiede di non rimanere al buio o di essere accompagnato per attraversarlo.
Diventa poi la paura di un vuoto interiore che si rivela come mancanza sul piano degli affetti (della mamma del papà dell’amicizia dell’amore) e come terrore del nulla di sé, di “non essere” per gli altri importante, di sentirsi insignificante.
Lo dice splendidamente Emanuele Coccia nel suo ultimo libro La filosofia della casa. In esso la casa non rappresenta solo la dimora nella quale effettivamente abitiamo, ma diventa il modo per pensare i luoghi della mente. E così, a proposito dei corridoi, “spazi scabri, oscuri, senza identità”, si legge: “Per molti anni ho avuto paura di non essere che un lungo corridoio, uno spazio vuoto, dove non c’era nulla di veramente mio, nulla di intimo. Ho avuto paura di essere un posto buio dove c’era sempre molto vento, dove nessuno restava e tutti passavano senza lasciare ricordi e che non lasciava ricordi in chi passava” (2) (p. 91)
La consapevolezza del vuoto, sebbene dolorosa, è tuttavia necessaria, come lo sono i corridoi in una casa: spazi di passaggio che servono a “cambiare luogo” e soprattutto a “cambiare noi stessi”. (3)

domenica 18 luglio 2021

Chi è straniero?

Post di Gian Maria Zavattaro
Fotografie di Oliviero Masseroli (con gentile autorizzazione, qui il sito).
 
Oliviero Masseroli, La vita in dettaglio, Bangladesh
“Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati ed oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri”. (Documenti del processo di don Milani, L’obbedienza non è più un virtù, LEF,1977, p.12)
 
Forzati o meno, assistiti o meno, impauriti o impaurenti, ci saranno ovunque milioni e milioni di migranti in cammino per tutto il pianeta. Non c'è norma o violenza che li fermerà. E saranno comunque in futuro come già in passato un fattore evolutivo primario per continenti stati popoli ecosistemi”. (V. Calzolaio - T. Pievani, Libertà di migrare. Perché ci spostiamo da sempre ed è bene così, Einaudi, To, 2016, p. 130)
 
Oggi “l’altro” non è solo chi appartiene alla mia nazione razza lingua cultura religione, è soprattutto l'”estraneo”, lontano dal mio modo di vedere e vivere la vita, colui che ha la pelle di colore diverso, che parla una lingua incomprensibile.
La sfida del nostro tempo è incontrare questo altro, avendo chiaro il senso della propria cultura e valori, della propria identità per rispettare quella altrui: “Io è un altro e, per quanto diverso e molteplice, anche l’altro è un Io”.
 

mercoledì 14 luglio 2021

Complessità.

Post di Rosario Grillo.

Piet Mondrian, Terra n. 1, 1913
La percentuale crescente del numero di persone anziane dentro le società ha comportato come risposta immediata la diffusione dei giochi di brain test, tesi a favorire l’allenamento “salva Alzheimer”.
Debbo dire che l’apparente reazione del mercato del consumo, pronto a mutare in profitto di parte le défaillance di una quota importante di cittadini, ha trovato compensazione negli studi di approfondimento su l’oggetto: cervello e reti neuronali. Ne è sortita la scoperta della plasticità del cervello. In essa: la risorsa umana per non soccombere al decadimento fisico più alcuni ponderati consigli per rivisitare potenziando l’educazione permanente.
Uno studio scientifico esplicita: “In passato gli scienziati ritenevano che le diverse aree del cervello umano fossero predefinite e immutabili e che la produzione di neuroni cessasse dopo l’età dello sviluppo, ad eccezione delle strutture dedicate alla memoria, le quali seguitano a produrre neuroni anche in età adulta. Ciò faceva del cervello un organismo che, una volta raggiunto il suo pieno sviluppo, diveniva statico e incapace di crescere ulteriormente ed era perciò condannato a un lento e inesorabile declino. Nella seconda metà del Novecento ha iniziato a diffondersi, suffragata da dati sperimentali, l’idea che il cervello è sufficientemente plastico da potersi riorganizzare in caso di bisogno anche in età adulta. Il cervello umano non è “cablato” con circuiti neurali fissi e immutabili; la rete sinaptica cerebrale e le strutture correlate, compresa la corteccia cerebrale, si riorganizzano attivamente grazie all’esperienza e alla pratica”. [Mahncke et al., 2006; Doidge, 2007] (1)