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Visualizzazione post con etichetta Emmanuel Lévinas. Mostra tutti i post
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venerdì 19 giugno 2020

Dedicato ai pensionati vecchi e nuovi.

Post di Rossana Rolando
Illustrazioni di Alessandro Gottardo (Shout).

Alessandro Gottardo (Shout), 
Valigia
Provare a scrivere qualche riflessione sul pensionamento di persone che per lunghi anni hanno accompagnato le mie giornate lavorative, come compagni e compagne di strada, a cui mi sono nel tempo affezionata, non è semplice.
Soprattutto se tende ad uscire dal politically correct, che considera la pensione come la terra promessa da tutti agognata.
Certo vedo i miei colleghi, futuri pensionati, felici per questa tappa raggiunta, vissuta con un misto di celata malinconia - per chi ha più amato il proprio lavoro - e di manifesta soddisfazione, direi anzi liberazione.
Perché allora mi assale questo senso - sottile, pervasivo - di tristezza?
Forse proietto su di loro sentimenti che sono solo miei. Rileggo la pagina di Simone de Beauvoir, tratta dal romanzo L’età della discrezione. Parla proprio di un’insegnante:

martedì 21 agosto 2018

Eros in agonia nella società della stanchezza.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle opere in ceramica di Johnson Tsang, pubblicate per gentile concessione dell'artista di Hong Kong (qui il sito).

Johnson Tsang, 
Quarantena
In questi ultimi sei anni Nottetempo e Vita e Pensiero  hanno tradotto in italiano una serie di  agili (ma impegnativi) saggi di Byung-Chul Han, filosofo coreano di lingua tedesca considerato tra i più interessanti pensatori contemporanei, il cui pregio è quello di mettere a nudo impietosamente le nostre criticità. Si tratta di un continuum di progressive riflessioni, variamente riproposte ed approfondite, riguardanti  la società della stanchezza e della prestazione (1), l’eros in agonia (2) e l’espulsione dell’Altro (3). Tuttavia le sue sconsolate meditazioni (non del tutto condivisibili) si aprono alla prospettiva di una possibile futura società dell’ascolto e dell’attenzione che riporti il tempo dell’Altro, il buon tempo, il profumo del tempo, l’arte di indugiare sulle cose (4). Mi è impossibile riportare in pochi tratti le argomentazioni di Han, alla cui diretta lettura rimando. Da dilettante quale sono debole in filosofia ma non nell’amore per essa, medito in due post successivi su alcune soggettive suggestioni.

domenica 28 gennaio 2018

Silenzio e Parola.

Post di Rosario Grillo
Immagini Giovanni Segantini (esponente di spicco del divisionismo italiano (pittore della montagna e del silenzio), 1858-1899).

Giovanni Segantini, 
Ave Maria a trasbordo (particolare)

Facciamo silenzio
prima di ascoltare la Parola,
perché i nostri pensieri
sono già rivolti verso la Parola.
Facciamo silenzio
dopo l'ascolto della Parola,
perché questa ci parla ancora,
vive e dimora in noi.
Facciamo silenzio
la mattina presto,
perché Dio deve avere la prima Parola,
e facciamo silenzio
prima di coricarci,
perché l'ultima Parola
appartiene a Dio.
Facciamo silenzio
solo per amore della Parola.
(Dietrich Bonhoeffer)

Giovanni Segantini, 
Mezzogiorno sulle Alpi
Nelle aule scolastiche, tempo fa, il maestro intimava alla classe chiassosa il silenzio con questo ritornello: silenzio perfetto, a chi parla uno schiaffetto!
Comincio con il tono scherzoso per toccare un tema nevralgico, che attraversa tutto il corso del pensiero, se individuiamo nel mistico la figura che da sempre ha coltivato il silenzio.
Comunque il tema raggiunge il suo culmine dalla fine dell’Ottocento al Novecento, interessando filosofia, letteratura, arte e cinema.

martedì 16 gennaio 2018

Amore oggi, due sentieri.

Relazione sul tema dell'Amore, tenuta da Gian Maria Zavattaro, il giorno 12 gennaio, presso il Liceo Scientifico "G. Bruno" di Albenga.

Jan Vermeer, Donna che legge una lettera 
davanti alla finestra, particolare (1658)
🌟Vorrei iniziare con una riflessione di A. Fabris tratta da I paradossi dell’amore (ed. 2002 Morcelliana): Fin dal mondo antico ben si sa che l’amore è ferita e guarigione al tempo stesso. E dunque che esso condivide con altri fenomeni la natura ambigua del pharmacon, di ciò  che è veleno e medicina insieme. Può emergere così il vero e proprio carattere paradossale dell’amore. E allora subito dico con U. Galimberti che la filosofia deve essere il luogo dell’inquietudine, cosa ben diversa, naturalmente, dal luogo delle risposte rassicuranti¹. Amore è parola talmente evocatrice, potente, terribilmente equivoca da dover essere trattata con molta umiltà e coraggio. Quest’unica parola in italiano esprime in modo onnicomprensivo una vasta gamma di oggetti d’amore per lo più discordanti o contradditori, mentre invece altre lingue come il greco ed il latino hanno avvertito il bisogno di termini distinti per indicarne i vari tipi². Dedicare 15 minuti a discorrere sulle cose dell’amore nella nostra società globalizzata, nell’Italia  che il rapporto Censis 2017 dice carica di rancore, nell’Europa frantumata, in un mondo diviso 
dalle guerre e dalla minaccia nucleare potrebbe sembrare una follia. E poi se ne dovrebbe parlare sicuri che si condivida lo stesso significato, pena l’incomunicabilità. Eppure parlarne qui nel nostro Liceo, in questa notte bianca festosa va proprio bene, è tra le cose più belle ed insieme più provocatorie: lo si può fare per balordaggine oppure come segno di speranza che è il cuore della paideia, speranza che l’amore di ognuno di noi non finisca nel container delle passioni tristi.

domenica 26 febbraio 2017

L’altro: la sfida del XXI secolo.

🖊 Post di Gian Maria Zavattaro 
🎨 Immagini di sculture e pitture di Amedeo Modigliani (1884 - 1920). Nelle opere del noto scultore e pittore, qui raffigurate, è ben visibile il richiamo all'arte africana che influenzò - oltre lui - molti artisti novecenteschi, da Matisse a Picasso. E' proprio a partire dalle maschere africane che matura lo stile personalissimo di Modigliani, con quei volti allungati ed essenziali nei tratti che lo rendono inequivocabilmente riconoscibile.

Ryszard Kapuscinski, L'altro
“Chi sarà questo nuovo altro? Come si svolgerà il nostro incontro? Che cosa ci diremo? In quale lingua? Riusciremo ad ascoltarci e a capirci a vicenda? Riusciremo insieme a trovare, come dice Conrad, ciò che parla alla nostra capacità di provare meraviglia ed ammirazione, al senso del mistero che circonda la nostra vita, al nostro senso della pietà, del bello e del dolore, alla segreta comunione con il mondo intero e, infine, alla sottile ma insopprimibile certezza della solidarietà che unisce la solitudine di infiniti cuori umani, all’identità di sogni, gioie, dolori, aspirazioni, illusioni, speranze e paure che lega l’uomo all’uomo e accomuna l’intera umanità: i morti ai vivi e i vivi agli ancora non nati?” (Ryszard Kapuscinski, L’altro, U. E. Feltrinelli/Saggi, 2015, 4° ed., pp.76-77).

🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕🌕

Amedeo Modigliani, 
Il busto rosso, 1913,
Olio su cartone, 
Collezione privata
Ho riletto in questi giorni l'agile saggio di R. Kapuscinski,  a dieci anni dalla sua morte (1932-2007), con i suoi riferimenti ai filosofi del dialogo,  in particolare E. Lévinas e J. Tischner (1).
Più di 40 anni fa McLuhan coniò la definizione di “villaggio globale” che a Kapuscinski suona come paradosso: “l’essenza del villaggio consiste nel fatto che  i suoi abitanti si conoscono intimamente, si frequentano e condividono un destino comune.
Cosa impossibile da dirsi della società del nostro pianeta, che fa piuttosto pensare alla folla anonima di un grande aeroporto: una folla di persone frettolose, sconosciute tra loro e perfettamente indifferenti le une alla altre”(2).

lunedì 2 gennaio 2017

Il gallo e il pipistrello. Lévinas.

Post di Rossana Rolando.
Le immagini riproducono opere del pittore francese Odilon Redon (1840-1916).

Il gallo dice al pipistrello: 
“Io aspetto la luce perché la luce mi è familiare, 
ma a te cosa serve la luce?”  
(b.Sanhedrin, Capitolo XI, Talmud babilonese)

Odilon Redon, 
Uomo alato
Il gallo e il pipistrello rappresentano due simboli dell’umano rapporto con il tempo e con la storia. Il gallo è l’attesa, è la capacità di cogliere nel buio della notte le prime avvisaglie del giorno. Il pipistrello è la cecità, non raggiungibile da alcun raggio luminoso. Per l’uccello notturno la luce può anche arrivare, ma egli non ha sensori pronti a vederla. Entrambi vivono nella notte e nel buio, entrambi ne soffrono, ma il primo si fa figura “profetica” di un’alba che sta per venire o di una luce che può filtrare nel tempo, il secondo è tutto chiuso nelle sue tenebre senza poter immaginare alcun bagliore: i giorni si rincorrono come gli anni...

martedì 15 marzo 2016

I volti e l'ethos del futuro. Italo Mancini.

Omaggio ad Italo Mancini
Matthias Grünewald, 
Crocifissione,
particolare
“Nell’età futura (il terzo millennio!) il termine comprensivo di tutto dovrà diventare l’altro e il suo volto, biblicamente il prossimo, e gli si stenderà intorno una cultura di pace, e comincerà ad albeggiare, finalmente, il vangelo”
(I. Mancini, Tornino i volti, Marietti, Genova, 1989, p. 69).

Italo Mancini
Sacerdote, filosofo, teologo, Mancini (1925-1993)  è noto per il suo ampio orizzonte culturale e gli studi su Kant Hegel  Dostoevskij Nietzsche Marx Heidegger Gadamer Ricoeur..., ma soprattutto Bonhoeffer e Lévinas. Ho ripreso in mano in questi giorni i quattro saggi raccolti in “Tornino i volti”. La lettura di un libro è sempre un’avventura ed un’incognita. Lo si apre, si spera che sia come ci si attende che sia, che sazi cioè la nostra fame e plachi la nostra sete; si spera  di trovare e scoprire qualcosa di cui siamo privi – e che  cosa sia non sempre si sa – e magari alla fine il cercare e lo scoprire si concludono in un ritrovarsi e  riscoprirsi.
Italo Mancini, 
Tornino i volti, 
Marietti
Poiché leggere è sempre interpretare e selezionare alcune conoscenze, ci si accorge che il conoscere si può trasformare in un riconoscere: la lettura diventa incontro extratemporale con il mondo (l’autore, idee, valori, persone, personaggi) in una fusione od anche contrapposizione di orizzonti. Ogni buon libro finisce per mettere noi stessi  in questione: un nostro problema, una  nostra presunta certezza, quasi sempre la nostra übris, oppure qualcosa di sopito, di velato,  che reclama  di emergere alla luce. Se tutto ciò fa un buon libro, lo è “Tornino i volti”, in cui ho  riscoperto spunti di sorprendente attualità.


lunedì 25 gennaio 2016

Il bisogno della memoria, con Lelio Bonaccorso.

Sto qui“Sto qui, sto a guardare e non faccio niente. Mi ficco le mani più a fondo nelle tasche e so che si dovrebbe gridare, afferrare qualche cosa, fare qualche cosa, ma non faccio niente. Non mi resta che chiedere perdono, per me e per tutti gli altri che erano lì, di ciò che è imperdonabile”  
 (Christa Weiss).

Un albero secco che si nutre del dolore...
unico segno visibile di ciò che è stato...
 un volo di uccelli...
Un uomo passa di lì.
La legge del 2000 ha istituito la “giornata della memoria”: legge giusta, che deve essere assunta e vissuta per quello che voleva esprimere. L’obbligatorietà imposta ope legis potrebbe infatti rischiare di risolversi in un retorico “dovere della memoria”, inteso non come “sollen” ma come  “müssen”, mistificante e vissuto come alibi.  E’ quanto poneva in evidenza non molto tempo fa Elena Loewenthal nel suo Contro il giorno della memoria.

domenica 17 maggio 2015

Il caffè di Emmanuel Lévinas.


 Post a cura di Rossana Rolando.
Omaggio ad Emmanuel Lévinas
a 20 anni dalla morte.

Omaggio ad Emmanuel Lévinas 
(Ernest Ludwig Kirchner, Danza colorata)
«Vedere un volto è già udire “non ucciderai”,
è udire “giustizia sociale”»
(E. Lévinas, Difficile Libertà).

La nudità del volto 
(Ernest Ludwig Kirchner, Marcella).
Emmanuel Lévinas e l'ombra oscura del nazismo. 
Proponiamo oggi un passo molto bello di Emmanuel Lévinas (1905-1995). Si tratta di un pensatore lituano, di origine ebraica, che si trasferisce e si forma in Francia, divenendo una delle voci filosofiche più rilevanti e interessanti del Novecento. Sulla sua biografia, le cui tracce sono riassunte in Difficile libertà, pesa “il presentimento e il ricordo dell’orrore nazista”. Tra il 1940 e il 1945 Lévinas rimane internato come prigioniero di guerra in Germania.

L'orrore della bestia nazista  ...
(Kirchner, Combattimenti)
La filosofia dell'hitlerismo.
Questa drammatica esperienza viene a saldarsi con il suo pensiero: Lévinas riconosce nel nazismo la bestia orrenda nata nel ventre dell’Occidente, nell’alveo di una cultura che - di quel mostro - non ha saputo impedire la genesi e lo sviluppo perché quel mostro lo portava dentro, come una delle possibilità, la più terribile. Di questo si parla in Alcune riflessioni sulla filosofia dell’hitlerismo, un saggio pubblicato nella rivista Esprit nel 1934, appena un anno dopo l’assunzione del potere da parte di Hitler in Germania.

sabato 20 dicembre 2014

Figure del Natale. Terza figura, il gallo.



Il gallo, simbolo dell'attesa ...
(Marc Chagall, Il gallo)
L’ambivalente simbologia del gallo è indubbio segno della contraddittorietà dei modi di volere e vedere sia la vita sia la morte. Ma in questo tempo di Natale noi vogliamo vederne solo il lato positivo, associato  alla luce, all’alba, alla rinascita ed al risveglio, alla vigilanza.  

Il gallo, simbolo di vigilanza ... 
(M. Chagall, Ascoltando il gallo)
L'immagine del gallo, vigile guardiano che tutto vede ed a cui  non sfugge niente, si trova in special modo sui campanili delle chiese cristiane ad indicare non solo e non tanto il suo ruolo speciale nell'episodio evangelico del rinnegamento e del pentimento di Pietro, quanto l’annuncio di un nuovo giorno di resurrezione, l’attesa della venuta del regno di Dio e la speranza di tempi nuovi.

domenica 29 dicembre 2013

Abramo o l'uscita da sé.

Al mito di Ulisse che ritorna ad Itaca si contrappone  la storia di Abramo che lascia  per sempre la sua patria per una terra sconosciuta. Abramo, al contrario di Ulisse, è sin dall’inizio chiamato all’erranza nomadica: non c’è ritorno nel  suo cammino verso l’ignota  terra promessa. 
 

L'abbandono delle proprie sicurezze ...
Abramo in viaggio verso la terra di Canaan,
Gustave Doré
Il nomade Abramo simboleggia per Lévinas l'irruzione del nuovo che ci sorprende, che spinge ognuno di noi oltre se stesso nella direzione verso l’altro, per scoprirne il «volto» al centro della nostra esistenza: senza ritorno, perché non può esserci  reciprocità nel faccia-a-faccia, relazione sempre asimmetrica (“diaconica”) in cui il volto dell'altro non è mai definitivamente afferrabile.