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venerdì 23 aprile 2021

Resistenza e scuola nel tempo del covid.

Post di Gian Maria Zavattaro 
Vignette di Mauro Biani (con gentile autorizzazione).
 
Mauro Biani, Liberazione, 25 aprile
Il 25 aprile (quest’anno cade di domenica) siamo tutti invitati a ripensare il valore della Resistenza e della nostra libertà, proprio alla vigilia di nuove speranze nei riguardi della resistenza al covid.
 
Penso soprattutto alla scuola ed ai suoi fondamenti valoriali radicati nei primi 12 articoli della Costituzione: dignità del lavoro, diritti inviolabili della persona e pari dignità di tutti, solidarietà politica economica e sociale, impegno a rimuovere gli ostacoli che impediscono libertà uguaglianza partecipazione dei cittadini, libertà religiosa, sviluppo della cultura e libertà della ricerca, tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico, accoglienza dello straniero, ripudio della guerra come valori essenziali dell’educazione, rapporto intrinseco tra pace e giustizia sociale ed internazionale.
 
Penso alla Resistenza, radice della Costituzione, e al valore della memoria (“senza memoria l’uomo non saprebbe nulla e non saprebbe fare nulla”), centrale soprattutto per lo sviluppo di una cittadinanza attiva giovanile.
 
Per noi anziani il tempo è costituito da un passato, dal presente e in minima parte da un futuro. Per i giovani il tempo è costituito soprattutto dal presente e da un futuro che appare oggi più come minaccia che come promessa. E’ inutile che ci lamentiamo dei giovani che non sanno progettare e guardare al futuro. Uno dei risultati del modo con cui gli adulti stanno gestendo la società è proprio la deprivazione del futuro per i giovani, senza la possibilità per loro di progettare a medio e lungo termine.
L’unica realtà che oggi percepiscono è questo tempo ferito, un presente dilatato senza confini precisi: non determinato da un passato per loro poco comprensibile data la velocità dei cambiamenti e non proiettabile in un futuro data l’incertezza nella quale si vive in questo tempo di covid. Se poi osserviamo la realtà in modo impietoso, possiamo constatare che spesso siamo noi adulti - in specie non pochi di coloro che sono ai vertici dei poteri - ad essere incapaci di guardare lontano per costruire un futuro che apparterrà ad altri.

sabato 17 aprile 2021

Ėjzenštejn. La tecnica del montaggio.

Post di Rosario Grillo.

Dziga Vertov, L'uomo con la macchina da presa, 1929
“Ogni bambino per bene fa tre cose: rompe gli oggetti, sventra bambole orologi per sapere cosa c’è dentro, tortura gli animali...Io ero un bambino cattivo. Da piccolo non ho fatto la prima cosa né la seconda né la terza... E questo è certamente molto negativo. Poiché è probabile che sia proprio per questo motivo che sono diventato regista. (1) 
Un buon manuale di psicologia non può che confermare. Un grande concentrato di sapere! 
Della psicologia: in merito alla meccanica della psiche infantile; del l’antropologia: in merito al procedere della civilizzazione; della gnoseologia: in merito al rapporto tra il fare e il conoscere; della epistemologia: laddove si è sottolineato che “verum ipsum factum. 
Ora, con la spinta di Didi-Huberman, lo applico alla cinematografia. 
Nella sua opera (Popoli in lacrime...) Didi-Huberman esamina al microscopio il cinema di S. Ėjzenštejn, in modo particolare: La corazzata Potemkin, arrivando a svelare, dietro la cornice estetica e tecnica, la filosofia dialettica assieme alla filosofia dell’arte e della politica del grande regista russo. 
Come si sa, il film si sofferma sulla sollevazione che diede origine alla rivoluzione del 1905.

venerdì 9 aprile 2021

Scuola, linguaggio verbale e non verbale. Anche in Dad.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini delle illustrazioni di Fabio Magnasciutti (qui il sito instagram).
 
Fabio Magnasciutti
Possono-debbono i docenti coltivare la loro vocazione di educatori e non solo di trasmettitori di nozioni culturali anche nella Didattica a distanza (cosiddetta Dad)? Possono ravvivare con autorevolezza autentici legami relazionali con gli studenti? 
Sì, e proprio in questo tempo segnato da covid e da tante contraddizioni inquietudini tensioni disagi sofferenze e speranze. 
Giorno per giorno il docente può confermare-ravvivare la sua autorevolezza non solo grazie alla padronanza della materia che insegna ma al modo di in-segnare e di comunicare, nel remoto, la relazione con la classe e con ogni singolo alunno. Relazione strutturata su modelli non autoritari: vocazione che rispetta ogni diversità, accoglie e valorizza la pluralità di capacità conoscenze fragilità carismi di ciascuno.
 
✴️ Chi è il docente autorevole?
- il testimone di autenticità e di congruenza, propositore di un inedito modello esperienziale che lui/lei stesso/a vive, intriso del gusto di promuovere criticamente autentiche relazioni nel remoto contesto scolastico.
- colui/lei che conosce e rispetta la pluralità dei comportamenti, ideologie, valori manifesti o sottesi di ogni studente nella sua irripetibile identità e sa decifrarne le invocazioni tacite o dichiarate.
- colui/lei che facilita relazioni autentiche, persuade, non seduce, non manipola, semplicemente metacomunica, cioè continuamente comunica sulla comunicazione.

sabato 3 aprile 2021

Difficile Resurrezione.

Post di Rossana Rolando.

Andrea Mantegna, Resurrezione di Cristo, 1492 ca, Accademia Carrara, Bergamo
La recente scoperta (2018) di una sicura attribuzione ad Andrea Mantegna (1431-1506) della piccola tavola (48,5×37,5 cm), dipinta a tempera, raffigurante la Resurrezione di Cristo, mi pare già un buon motivo per dedicare un post a quest’opera, in prossimità della Pasqua.¹ Il dipinto, rimasto per cento anni nel deposito dell’Accademia Carrara di Bergamo come semplice copia del celebre pittore della Camera degli sposi, è stato “ritrovato” grazie agli indizi di incompletezza che lo hanno ricondotto alla pittura dello stesso Andrea Mantegna, Discesa di Cristo al Limbo, di cui va a costituire, in un perfetto incastro, la parte superiore.

Ma vi è un altro motivo, più intimo, che mi spinge a partire da un dipinto e dall’intensità spirituale – direbbe Hegel – che l’opera d’arte, pur percepita attraverso i sensi, è in grado di veicolare, ed è questo: la difficoltà di parlare oggi della Resurrezione.

martedì 30 marzo 2021

Dell'ermeneutica.

Post di Rosario Grillo
Immagini di Sandro Botticelli, Nozze di Mercurio (simbolo dell'ermeneutica) e Filologia” (conosciuto come Primavera).¹ 
 
Botticelli, Mercurio, particolare di Nozze di Mercurio e Filologia
Quando si dice: compenetrarsi... quando l’attore è proprio: “nella parte
”.
Quasi sempre si riserva questa “fenomenalità” al solo mondo dell’arte della recitazione. Facendo un po’ di attenzione, ci si accorge che è implicata la mimica.
Della mimesis parlò tanto Platone. Ne parlò anche Aristotele, in diverso modo. Ma un po’ tutti ne parlarono, in quel volgere di tempo (tra V e IV secolo a.C.), perché al centro dell’attenzione era la techne.
Tra Socrate e Platone, poi, ci si destreggiò per ridurre la techne alla semplice competenza artigianale, richiedendo al contempo di distinguere: una sapienza che avesse il colore del “divino”.
Facendola breve, tirando un bilancio delle discussioni che sopra vi si sono svolte, diremo di un logos che non resta confinato nell’asse teoretico, che possiede quindi dinamis pratica, da cui poieo poietica o poetica.

venerdì 26 marzo 2021

Dolore e senso.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Rogier van der Weyden, Deposizione, 1435, dettaglio
“Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa:

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»” (Matteo 27,46)

“Grido che ancora risuona in ogni umanità. … Clamore che risuona nel cuore di ogni cristianità. … Grido come se Dio stesso avesse peccato come noi, come se perfino Dio si fosse disperato, come se anche Dio avesse peccato come noi. E del più grande peccato. Quello di disperare. ... Più dei due ladroni appesi ai suoi lati che non urlavano che un grido di morte umana, perché non conoscevano che una desolazione umana. … Il Giusto solo emise il clamore eterno. Ma perché? Che aveva? Lui solo poteva gridare il clamore sovrumano. Lui solo conobbe allora quella sovrumana desolazione. Così i ladroni non gettarono che un grido che si spense nella notte. E lui gettò il grido che risuonerà sempre, eternamente sempre, il grido che non si spegnerà mai, eternamente. In nessuna notte. In nessuna notte del tempo e dell’eternità” (Ch. Pèguy, Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, AVE, Roma, 1966, p.83 passim).

Il venerdì santo è simbolicamente il giorno della croce ovvero l’icona di tutta la sofferenza che attraversa il mondo, dell’immensa realtà dell’umanità sofferente per diversissime cause: malattie, vecchiaia, avvelenamento dell’ambiente, città opprimenti senza spazi, criminalità, guerre, solitudini, tutte le forme incomprensibili di violenza miseria oppressione sfruttamento ed impotenza, estenuanti lutti familiari nella crudeltà della morte in solitudine dei propri cari e non ultima la propria angoscia della morte e tanto altro ancora.

sabato 20 marzo 2021

Unicità. Vocazione.

Post di Rossana Rolando
Immagini di Carlo Brenna (qui il sito instagram).

Carlo Brenna, In cerca di luce
Ci sono momenti in cui, improvvisamente, intuitivamente, può apparire chiaro “il motivo” per cui si vive o si potrebbe vivere¹, la “cosa che si fa con gioia, come se si avesse il fuoco nel cuore”, la tensione verso “ciò che è proprio”. In questa intuizione, capace di raccogliere tanti segnali in un lampo, si comprende il significato della “vocazione”.

Daimon, angelo, eredità, destino, chiamata… sono alcuni dei termini utilizzati da James Hillman (1926-2011) in Il codice dell’anima per indicare la spinta di fondo della vita di ciascuno, il desiderio che fa vivere. Quelle parole, a ben vedere, rimandano ad una attrazione non voluta, ma trovata, indicano un comando che supera chi lo riceve: essere chiamati a pensare, a suonare, a dipingere, a costruire, a danzare.., essere destinati, aver ereditato un compito. Vi è per tutti una vocazione profonda che caratterizza l’unicità di ciascuno: essa non si sceglie, ad essa si aderisce, si risponde.

Nelle persone eccezionali appare con chiarezza la vocazione, la lealtà nel raccoglierne gli indizi, la convinzione di fondo nel lasciarsi guidare e proprio questo fa sì che tali personalità presentino un fascino particolare. Nei grandi musicisti, per esempio, il richiamo risulta particolarmente esplicito, fin dall’infanzia: da Mozart a Mendelssohn, da Mahler a Verdi. Lo stesso vale per i grandi pensatori, scienziati, artisti.

venerdì 12 marzo 2021

La soglia "oltre".

Post di Rosario Grillo
Immagini delle illustrazioni di Anna Paolini (qui il sito).
 
Anna Paolini, L'attesa
Nel gesto si può dare comunicazione senza parola: ed è la mimica.
Ma anche: il gesto può supplire l’impossibilità della parola.
Quando il linguaggio giunge al luogo della incomunicabilità, sfera dell’ineffabile, cifra della testimonianza, il gesto viene incontro ed è come stare sulla soglia.
Giorgio Agamben parla così della testimonianza, fuori della parola o senza parola. Indica il testimone come colui che frequenta il nulla, soglia tra l’essere e l’inesprimibile. “E tuttavia il testimone non dispone per la verità di un altro luogo, di un’altra possibile via d’accesso che non sia il linguaggio. Egli crede nelle parole, malgrado la loro fragilità, resta fino all’ultimo filologo, amante della parola. Ma della parola non come asserzione: come gesto” (1).

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La stessa vibrazione dentro la filologia, da cui non una tonalità di ottimismo facile bensì un senso tragico, è stata di recente indagata ed illustrata da Massimo Cacciari nell’opera La mente inquieta.
Ivi, difendendo lo spessore filosofico dell’Umanesimo, il filosofo veneziano sfoglia le sfaccettature problematiche: non esclusivamente per linea positiva, molto spesso per via negativa. (2) (3)

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sabato 6 marzo 2021

Su interiore e spirituale.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Andrea Calisi (qui il sito instagram).

Andrea Calisi, Vincent e i corvi
Gent.le Amica, 
mi chiede se posso delineare una distinzione tra “interiore” e “spirituale”. Da profano quale sono, non ho scritti specifici sui due aggettivi che propone. Mi limito pertanto a brevi appunti, considerazioni appena abbozzate: spunti che soprattutto mi hanno ancora una volta rivelato il mio sapere di non sapere…    Spero comunque che in qualche modo Le possano servire. In caso contrario per me è stata un’utilissima riflessione e di ciò La ringrazio… 

E’ indubbia l’ambivalenza dei due termini, usati da secoli ed ancor oggi con diversi significati a volte inconciliabili. Ne conseguono: difficile decifrazione; necessità di offrire consapevolezza della equivocità dei termini; chiara presentazione che il significato proposto dei due termini, pur essendo scelta personale e perciò soggettiva, è tuttavia convinzione intersoggettiva e perciò di fatto oggettiva, largamente diffusa nella cultura attuale (in particolare nel mondo cattolico), frutto di motivate scelte teoriche ed articolate esperienze di vita, anche se non necessariamente condivise o condivisibili da tutti.