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martedì 5 luglio 2022

I bambini ci educano.

Post di Rosario Grillo.
 
Sowerby e Emmerson, Frutto proibito
Qualcuno disse che “invecchiando si ridiventa bambini”. Di certo, lo stato di dipendenza accomuna le due età. Ma qui voglio considerare un lato creativo dell’essere-bambino, emerso in tante occasioni recenti nelle mie letture. Può trovare degno apprezzamento da un essere-senile.
Indizio di saggezza: la proba saggezza che i classici sapevano riconoscere.
 
- Wittgenstein, maestro delle elementari.
L’esperienza della docenza nelle scuole elementari è la sorpresa che colpisce gli studiosi del pensiero di Wittgenstein. Spigoloso il contrasto tra le formulazioni delle enunciazioni logiche del Tractatus e l’improvviso abbandono del cenacolo di Trinity College di Cambridge.
Se la prima ragione si trova nella partecipazione al conflitto mondiale dal quale ricavò lo stato di prigionia scontato a Cassino, la più recondita possiamo ricondurla ad uno “stupore” che lo spinse a dedicarsi all’insegnamento elementare.
Un libriccino, Ina e Ludwig (1), ricostruisce in forma romanzata la possibile fonte dello stupore provato dal filosofo viennese, che non fece ritorno al gruppo di Cambridge e scelse invece di dedicarsi all’insegnamento.
Il contatto cercato ed avuto con l’età infantile ebbe la stessa qualità di un rapporto “mistico”. (2)

martedì 28 giugno 2022

Promessa e durata.

Post di Gian Maria Zavattaro
Sculture dell'artista italiano Andrea Malfatti (1832-1917).
 
Andrea Malfatti, Mani infantili
La nostra esistenza  è costellata di promesse date e ricevute, senza le quali la nostra vita sarebbe un cammino insipido, perso nell'attimo fuggente e privo di  trepidazioni. Sono il sale della vita, ci aprono ai bagliori dell’attesa ed alla luce della speranza, ci dischiudono orizzonti impensati.
Sono tante le promesse: ci sono quelle che scavano la nostra vita, segnano avvenimenti per noi decisivi e fondano scelte definitive, come il battesimo per il credente, il matrimonio, la relazione amicale, le decisioni prime ed ultime in campo religioso, sociale, politico, professionale che impegnano tutta una vita; ci sono le promesse giuridiche-contrattuali che vincolano a una certa prestazione una  o ambedue le parti; ci sono le promesse giurate, con tutte le speciali modalità  di obbligazione, come  il voto religioso o  la promessa del celibato nel prete cattolico; ed infine le promesse che fanno parte della nostra esperienza quotidiana, non importa se esplicite o implicite o persino silenziose e non verbali.

sabato 18 giugno 2022

Ribellione.

Post di Rossana Rolando
Immagini di Friedrich Justin Bertuch, editore tedesco (1747-1822).
 
Bertuch, Drago, 1806
Le fiabe non dicono ai bambini che esistono i draghi: i bambini già sanno che esistono.
Le fiabe dicono ai bambini che i draghi possono essere sconfitti (G.K.Chesterton).
 
Ho letto recentemente il tema di un bambino di seconda elementare: uno scritto abitato da draghi, Titani, giganti e forze dirompenti, uscite dalle viscere della terra, tali da muovere l’ira dell’Olimpo e degli dei tornati guerrieri, per combattere in difesa del loro regno. Un immaginario già sviluppato e complesso in cui i temi del male e del conflitto sono lì a testimoniare un mondo di simboli mitologici ben introiettati.
Molte volte ci siamo chiesti perché nelle fiabe ci siano personaggi spaventosi: streghe, mostri, pirati crudeli… Chesterton ne fornisce una profonda interpretazione: i draghi – metafora del male che corrode il mondo - esistono e i bambini lo sanno, non li si può proteggere dalla loro presenza. Però le fiabe ci sono per dire che i draghi possono essere sconfitti e questo, in certo qual modo, pone al riparo dall’angoscia.
Poi si cresce e si continua a sapere che i draghi esistono, ma si teme di non poterli vincere.

sabato 11 giugno 2022

Pensiero e spazio.

Post di Rosario Grillo.
 
Kandinskij, Ferrovia, 1909
In fisica si è passati con grande fatica dallo spazio assoluto alla relatività dello spazio; poi, di seguito, si sono “agitate le acque” per un rapido succedersi di cambiamenti che hanno portato alla fisica dei “quanta”.
Altrove avevo già sondato il terreno della congiuntura culturale, tra fine ottocento e l’inizio del 900, per ricavarne la pregnanza della questione (arte, letteratura, filosofia, antropologia). Oggi mi concentro sulla relazione che si instaura tra il pensiero e lo spazio e dichiaro, a scanso di equivoci, di essere stato provocato da un insegnante di letteratura russa attento al tema della relazione. (1)
In questa prospettiva - semplifico - lo spazio incide sul pensiero, disponendolo alla cura della relazione. Molte situazioni ci convincono che il nostro atteggiamento mentale, con il conseguente flusso di pensieri, è influenzato dal luogo nel quale ci troviamo. La traduzione di ciò, allora, diventa il riconoscimento dello spazio come schermo (filtro) attraverso il quale pensiamo. Vale la pena dedurre, da tutto ciò, la vitalità del pensiero: ovvero, il pensiero è qualcosa di vivo, si muove non nell’Olimpo dell’astratto ma nel concreto dell’esistere.
È necessario anche stabilire il legame spazio-tempo. Solitamente li consideriamo associati. Si può riflettere quindi sul peso che ha esercitato il tempo nella formulazione della einsteiniana legge di relatività (1916); ma soprattutto si potrebbe andar dietro alla differenziazione Occidente-Oriente, riconoscendo nel primo il primato del “tempo” e nel secondo quello del “filtro spazio”. Questa dicotomia è parecchio diffusa, basata su distinte peculiarità: in Occidente prevale il pensiero razionale, che va più per l’esterno, e in Oriente prevale il sentire intuitivo, che va più per l’interno.
In molte occasioni, in certi passaggi di epoca culturale, si è prevalentemente utilizzato il codice dello schematismo geografico, dal quale il succitato distacco Occidente-Oriente si è giovato.
Maciej Bielawski ha insistito però - secondo me con ragione - sulla convenienza - ed è rilievo ontologico - a concepire interno a ciascun atto del pensare l’incidenza, con l’alternarsi e confluire nel tempo e nello spazio.
Disposti in questo modo, apriamo il pensiero al vasto campo delle emozioni. (2)

sabato 4 giugno 2022

Referendum giustizia: sì o no, pro o contro?

Post di Rossana Rolando.

James Ensor, Il giusto giudice, 1892
In questo post presento alcune analisi, volutamente prive di qualsiasi tecnicismo, sull’imminente convocazione elettorale: da una parte per contribuire a fare chiarezza in chi ne avverte il bisogno, dall’altra parte, nella convinzione che il voto sia sempre un momento da prender sul serio, come cittadini e cittadine (anche se i quesiti referendari in questione toccano materie effettivamente molto tecniche e complesse).
 
Come sappiamo, domenica 12 giugno 2022, si vota per il referendum sulla giustizia, articolato in cinque quesiti, con schede di colore diverso. In ciascuno di essi si chiede se si vuole cancellare (abrogare) una parte degli articoli di legge in questione: chi vota no ritiene che tutto debba rimanere com'è, chi vota sì vuole che vengano eliminate le parti in causa. Il referendum è vincolante se va a votare, in modo valido, il 50% + 1 (quorum).

lunedì 30 maggio 2022

Guerra: arte, professione o dovere civico?

Post di Rosario Grillo.
Immagini delle opere sull'Ucraina di Vladimir Egorovič Makovskij, pittore russo vissuto tra il 1846 e il 1920.
 
Makovskij, Piccola Russia (Ucraina), 1885
“o pensare che non sia pace, o tanto prevalersi ne' tempi della guerra, che possano nella pace nutrirsi.”
(N. Machiavelli)
 
Davanti all’orrore della guerra si ergono impellenti obblighi morali, che consistono nella comprensione e nella reazione.
Obblighi che riguardano la comunità internazionale i singoli Stati; da lì discendono (e riguardano) i cittadini membri. Si devono aggiungere alla lista organismi non politici come le chiese; quindi per quanto ci tocca, la chiesa cattolica. Di questa, conosciamo bene la conduzione dell’attuale pontefice, in sintonia con i suoi precursori, almeno a partire da Benedetto XV. Bergoglio ha rimosso qualsiasi “ombra” (e compromesso) relativa al concetto di “guerra giusta (1) e messo in chiaro una pregiudiziale opzione per la pace.
Principio altamente fondato sulla dottrina evangelica riassunta nella dichiarazione di Cristo: “vi do la pace, la vera pace”. Se questo principio evangelico ha un senso, infatti, da esso si ricava che la guerra è errore: esercizio del nostro spirito egoistico, “insinuazione diabolica”.
Entrando poi nella pratica, risulta che con esso e da esso si impronta un sistema economico che privilegia il profitto individuale, a discapito della giustizia sociale (nella sfera di ciascuno Stato e nella sfera dei rapporti tra gli Stati).

domenica 22 maggio 2022

Il tempo della vita nel tempo del mondo.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle illustrazioni di Pepe Serra (qui il sito instagram).
 
Pepe Serra, Rallentare il tempo
Nell’attesa che il nostro ospite indesiderato - il covid - se ne vada per sempre, senza oltre indugiare, da casa nostra e da ogni altra casa, mia moglie ed io trascorriamo questo tempo di privazione osservando il tempo del mondo e sondando l’essenza del tempo delle nostre vite.
 
💥 1. Il tempo del mondo. (1) Ho riletto alcune pagine del “Tempo della vita e tempo del mondo” di H. Blumenberg (Il Mulino,1996). Il tempo del mondo, diacronico, ha una sua perturbante fisionomia priva di tenerezza e misericordia, impietoso di fronte al tempo di ogni vicenda umana, indifferente alle nostre singole sincroniche vite. Ma la brevità della vita - per quanto lunga possa essere - può divenire per alcuni la più corruttrice di tutte le ossessioni: tentazione del successo supremo, quello di ricomporre ed identificare il tempo sincronico delle nostre vite con quello diacronico del mondo. Secondo Blumenberg la chiave di lettura la fornirebbe Hitler: ha cercato in ogni modo di forzare il rapporto tra tempo del mondo diacronico e tempo della vita sincronico, facendoli coincidere e smarrendo il senso del sopravvivere del mondo al singolo. E poiché l’indifferenza che il tempo del mondo riserva ai miserabili affanni delle esistenze individuali non si fermava, non gli sarebbe rimasta che l’allucinata demoniaca soluzione possibile: finirlo, inabissarlo senza alcun superstite. E’ la tentazione che può colpire tutti oggi con la catastrofe nucleare. Ubris famelica tale da spingere anche oggi a travalicare oltre i limiti, sfidare il “tempo del mondo” con l’ostentazione del potere e l’illusione dell’onnipotenza.

sabato 14 maggio 2022

La rimozione delle lucciole.

Post di Rossana Rolando.

Massimo Recalcati, Pasolini, 2022
Nel piccolo libro di Massimo Recalcati, da poco uscito, dal titolo “Pasolini. Il fantasma dell’Origine”, si dà molto spazio all’elemento del religioso e del sacro nella poetica pasoliniana.¹ In particolare, si insiste sulla tesi del mondo disincantato che caratterizza la società consumistica borghese:
non esiste un borghese che possegga un autentico sentimento religioso.² Per Pasolini il tentativo del fascismo storico di colonizzare le coscienze è riuscito solo superficialmente. Viceversa, il nuovo fascismo consumista (tecno-fascismo) ha permeato la mentalità collettiva, assorbendo in sé ogni desiderio e chiudendo l’uomo contemporaneo nella cerchia dei beni continuamente inseguiti e raggiunti. L’Altro, l’Origine, la Madre, l’Inedito - i tanti nomi di cui si riempie lo scarto tra l’aspirazione e la realtà – si eclissano dall’orizzonte del mondo, appiattendo il desiderio nell’ultimo prodotto, illusoriamente nuovo, che il mercato incessantemente propone. Il mondo non conosce più la meraviglia dell’Origine e le lucciole scomparse dalla campagna ne sono l’emblema: l’industrializzazione e le luci artificiali di stadi, concerti, schermi televisivi, hanno oscurato la capacità di vedere nel buio, da una parte, ma hanno anche azzerato la presenza stessa delle fonti di luce, metaforicamente rappresentate dai piccoli corpi volatili: “Le lucciole sono il simbolo di un tempo dove il mistero abitava ancora il mondo, un tempo che ha preceduto la violenza demitizzante della civiltà dei consumi”.³

sabato 7 maggio 2022

Preghiera.

Post di Rosario Grillo
Immagini dei dipinti della pittrice austriaca Marianne Stokes (1855-1927).
 
Marianne Stokes, Donna che prega
“Sorvoliamo - perché già denunziata - sulla carenza teologica di un concetto che non sembra ricordare che il soggetto primo della preghiera è Dio, con il suo colloquio trinitario, e soffermiamoci sull’aspetto psicologico, antropologico, culturale della obiezione.  In effetti l’uomo dell’Occidente, piuttosto refrattario alla contemplazione, non riesce più a riconoscere Dio, quando gli viene incontro, né a percepire i suoi messaggi perché sa cogliere quasi soltanto le proposte formulate in termini razionali, categoriali, didascalici ed ha atrofizzato le antenne per captare parole più profonde. Crede che Dio sia un maestro o un conversatore dialettico. Si attende da lui discorsi logici, morali, direttive pragmatiche: un aiuto, insomma tanto più comodo quanto meno profondo, un aiuto al livello di fare, di progettare, di eseguire. Invece lui no, vuol darci altro, vuol darci se stesso: vale a dire un mistero indecifrabile. Perciò la sua Parola più è vicina e meno è leggibile a livello tematico, categoriale, razionale, risolutore di problemi. Per coglierla dobbiamo sviluppare altri organi recettivi, altri modi più esistenziali e sapienziali di contatto. Perciò possono aiutarci le esperienze d’amore, l’esperienza dell’arte, i contatti esistenziali profondi con le cose: atteggiamenti, tutti, che postulano tipi diversi di rapporto, non limitati alla razionalità ma affondati in un deposito vitale più profondo.”
 
Sto centellinando con una lettura lenta il prezioso libro di Adriana Zarri, Nostro signore del deserto. Tema del libro: la preghiera (che cos’è, come nasce, i modi, le implicazioni). (1)
Nel frattempo, stimolato dalla mail di “Alzo gli occhi verso il cielo ascolto una puntata di Uomini e profeti (nuova versione), nella quale sono invitati Enzo Bianchi e Lidia Maggi. Tema della puntata: il corpo nella fede e nella società. Lo spunto provocatorio è dato da un provvedimento eccessivo, nel sistema scolastico inglese, che ha comminato una condanna pesante per un’insegnante che ha osato accarezzare un bambino con la misura dell’affetto/premio. Lo spazio è stato in effetti preso dalla disamina della considerazione corrente nella società odierna, alla luce dei due anni di pandemia e nel contesto della tragica guerra ucraina. Mi riallaccio inoltre a riflessioni continue emerse nei miei post dedicati al biopolitico, alla ecologia del pensiero, alle membra e all’espressione del corporeo.