"Persona e Comunità" è un blog di riflessione culturale, filosofica, religiosa, pedagogica, estetica. Tutti gli articoli sono scritti da: Gian Maria Zavattaro, Rossana Rolando, Rosario Grillo.
Post di Rossana Rolando. Immagini delle illustrazioni di Angelo Ruta (qui il sito) per gentile autorizzazione.
Angelo Ruta, Il suono del pensiero
La vicenda dell’insegnante Rosa Maria
Dell’Aria (rientrata a scuola ieri 27 maggio, dopo la sospensione di 15 giorni) ha suscitato molte
discussioni, adesioni, distanze. Basta aprire su youtube il video “incriminato”
(qui sotto riportato) – quello preparato dagli alunni dellaII
E dell’Istituto industriale Vittorio Emanuele III di Palermo, in cui si
costruisce un parallelo tra le leggi razziali del 1938 e l’odierno Decreto
sicurezza - per capire la varietà delle reazioni, espresse in commenti di
diverso segno, in alcuni casi con un linguaggio violento, come purtroppo accade
troppo spesso in rete.
Non entro nel merito del lavoro svolto, degli
accostamenti operati dai ragazzi, della loro libera ricerca condotta senza
preventive censure.
Mi soffermo invece su un’affermazione
che ritorna spesso nei commenti al video e che si può sintetizzare negli slogan:
“fuori la politica dalla scuola”, “[I professori] devono insegnare e basta”, “la
scuola non deve essere di parte”, “La scuola deve fare la scuola e la politica
deve essere fatta nelle sedi giuste”…
Video a cura di Giovanni Grandi, professore di Filosofia Morale presso Università di Padova (qui il sito).
Rileggendo Emmanuel Mounier
Su segnalazione di mia moglie, giorni
fa ho visto-rivisto e soprattutto ascoltato il video (pubblicato su youtube)
del prof. Giovanni Grandi “pseudo valori
spirituali fascisti. Leggendo Emmanuel Mounier 1933”.
Per noi, che sei anni fa, iniziando
la nostra avventura digitale, abbiamo voluto denominare il nostro blog “Persona
e Comunità” come costante richiamo al “personalismo” di Emmanuel Mounier
(1), è stata spontanea l'istanza d’invitare chi ci legge alla visione del
filmato.
Non aggiungiamo considerazioni alla
grazia efficace delle parole del prof. Grandi.
Solo ci permettiamo, a mo’ di
cornice, due citazioni tratte entrambe da “Cos’è il personalismo?”.
La prima richiama la debolezza
storica e morale di una posizione attendista che ha lasciato crescere la
potenza della bestia hitleriana (e con questo ci ricorda di non rimanere inerti
di fronte al riemergere dei fascismi).
La seconda mette in guardia dal
pericolo di essere trattati come uomini oggetti, manipolati da un potere che
sfrutta, ai fini della propria affermazione, la nostra distratta inerzia (tanto
più oggi, attraverso i social, vere macchine per creare consenso).
✴️ 1. “Noi abbiamo cura che le nostre
adesioni si conservino vigili e non trapassino nel sonno conformista: ma
la vigilanza ha per scopo l‘assiduità dell’impegno, non lo scoraggiamento. A
ogni svolta sta in agguato la tentazione dei né-né: né fascismo né comunismo,
né dittatura né anarchia, né questo né quello, né capra né cavoli. Il
non-intervento, sotto questo aspetto pacifico, è un’arma camuffata. Noi
sosteniamo che ci sono quelli che hanno tradito col nazismo e
quelli, come Chamberlain o Daladier, che hanno tradito di fronte al
nazismo; ed è una debolezza della coscienza europea non averli citati al
medesimo tribunale (2).
✴️ 2. “Uomo, svegliati! Il vecchio
appello socratico, sempre attuale, è il nostro grido di allarme a un mondo che
si assopisce nelle sue strutture, nei suoi comodi, nelle sue miserie, nel suo
lavoro e nel suo ozio, nelle sue guerre, nella sua pace, nel suo orgoglio e nel
suo accasciamento. […] Bisogna pur giungere a distinguere oggi gli
uomini-oggetti, padroni e schiavi, dagli uomini d’umanità. Il secolo tende
sempre più, attraverso le più diverse dottrine, a instaurare un universo di
uomini-oggetti. Noi prepariamo, traversando tutte le audacie politiche, sociali
o economiche che si vorrà, un mondo di uomini di umanità. Ma proprio qui sta
forse la massima audacia, quella che accumula contro di sé il massimo di odio.
Poiché essa vuole un mondo di uomini liberi, e quando l’uomo non ama la propria
libertà più di ogni cosa al mondo, nulla egli detesta di più.” (3)
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Note.
1 . “Questo nome
risponde al dilagare dell’ondata totalitaria: da essa è nato e contro di
essa, e accentua la difesa della persona contro l’oppressione delle strutture.
Sotto quest’angolo visuale corre il rischio di trascinare con sé vecchie
reazioni individualistiche, felici di adornarsi di un nuovo blasone: di
deliberato proposito l’abbiamo fin da principio associato a “comunitario”; ma
un’insegna non è una qualificazione completa; e, quando noi ricorderemo le vie
maestre della nostra filosofia dell’uomo, vedremo che la persona non è una
cellula, nemmeno in senso sociale, ma un vertice, dal quale partono tutte le
vie del mondo” (E. Mounier, Che cos’è il
personalismo?, Einaudi, 1948, pp.13-14). E’ illuminante la premessa di
Mounier all’ edizione del 1948 , in cui precisa che il personalismo “non
sarà mai un sistema né una macchina politica“, ma una prospettiva
per la soluzione dei problemi umani. “Respingo pregiudizialmente ogni
tentativo di utilizzare “il personalismo” in favore dell’ignavia storica,
in difesa delle forme di civiltà che la storia condanna. Respingo la
tentazione, molto forte in alcuni, di chiamare “personalismo” la loro
incapacità a sopportare una lunga disciplina di azione. Mi auguro
che queste pagine aiutino a pensare e a creare, e non a difendersi contro i
richiami del mondo. La miglior sorte che possa toccare al personalismo è
questa: che dopo aver risvegliato in un sufficiente numero di uomini il
senso totale dell’uomo, si confonda talmente con l’andamento quotidiano dei
giorni da scomparire senza lasciar traccia”. cfr.o.c., pp. 9-10.
Tra gli scritti raccolti in occasione
del centenario della nascita di Primo Levi (31 luglio 1919) nel libro di Pier
Vincenzo Mengaldo, appena uscito per Einaudi, vi è un piccolo saggio del 2018
dedicato a Il canto di Ulisse² ,
contenuto in Se questo è un uomo³.
La vicenda è a tutti nota ed è appena il
caso di richiamarla sommariamente: Primo Levi e Jean Samuel, giovane studente alsaziano,
denominato Pikolo, dallo stesso Levi, si recano a ritirare il rancio e lungo il
cammino si scambiano confidenze sulle loro case, le loro letture, gli studi, le
rispettive madri tanto somiglianti, come tutte le madri. Dapprima parlano in
francese, poi Pikolo, che è stato un mese in Liguria e vorrebbe imparare l’italiano,
sollecita Primo Levi che, chissà come e perché, ricorda alcuni versi dell’Ulisse
dantesco e comincia a ricostruirel’intero canto XXVI, cercando di rammendare le parti mancanti in uno
sforzo della memoria che deve procurargli – come nota Mengaldo, citando
situazioni estreme e analoghe - intima soddisfazione. Il parallelismo Inferno –
Lager, da una parte e Poesia – Liberazione, dall’altra parte, è subito evidente.
Immagini dei disegni per la Divina Commedia di Sandro Botticelli.
Sandro Botticelli, La voragine infernale
Io che sono l’E’, il Fu
e il Sarà/ accondiscendo ancora al linguaggio/ che è tempo successivo e
simbolo./ Chi giuoca con un bimbo
giuoca con ciò che è/ prossimo e misterioso;/
io volli giocare con i
Miei figli./ Stetti fra loro con
stupore e tenerezza./ Per opera di un
incantesimo/ nacqui stranamente da
un ventre./ Vissi stregato,
prigioniero di un corpo/e di un’umile anima./Conobbi la memoria,/ moneta che non è mai
la medesima./ Il timore conobbi e la
speranza,/ questi due volti del
dubbio futuro./ Ed appresi la veglia,
il sonno, i sogni,/ l’ignoranza, la carne,/ i tardi labirinti della
mente,/ l’amicizia degli
uomini,/ la misteriosa devozione
dei cani./ Fui amato, compreso,
esaltato e sospeso a una croce./ (J.L.Borges, Giovanni I,14)
J.L.Borges ha girato molto attorno ai temi teologici
tanto da meritarsi la definizione di “teologo ateo” da parte di Leonardo
Sciascia. Il cardinale Ravasi è andato anche più in là, riconoscendogli una
“fede implicita”. (1)
Immagini dell'illustratore Francesco Bongiorni (qui il sito instagram).
Francesco Bongiorni, Crisi europea
Parlare dell’Europa è parlare di noi,
del nostro passato presente e futuro: di come intendere e vivere la nostra presenza nel mondo
globalizzato, di come preoccuparci sia di chi condivide con noi questo
tempo-spazio 2019 sia delle generazioni che si seguiranno,
consapevoli e grati per quanto ha fatto la generazione che ci ha preceduto.
Tra breve voteremo. C’è l’urgenza
pressante di dare ai tanti interrogativi sull’Europa una risposta di ferma
speranza, nutrita da un cuore ed un pensiero veramente liberi da ogni meschino
calcolo e/o subdola seduzione.
Post di Rossana Rolando. Immagini delle opere del pittore spagnolo Juan Gris (1887-1927).
Molteplicità di Italo Calvino.
Juan Gris, Pierrot con libro
Tra i termini che Calvino consegna al
nuovo millennio vi è la parola “molteplicità”, riferita alla narrazione del
romanzo (visto come rete di connessioni, intreccio di linguaggi e
moltiplicazione dei possibili), ma presupposta anche nella concezione di una
soggettività plurale da cui il racconto prende forma: “chi siamo noi, chi è
ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di
letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario
d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente
rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili”¹.
Lontano dalla concezione di un self unico, con un’identità già data e
compiuta, con una verità da rivelare, Calvino intende l’opera letteraria come
specchio di una soggettività molteplice, frutto di una pluralità di esperienze,
o addirittura vorrebbe - se mai fosse possibile – “un’opera che ci permettesse
d’uscire dalla prospettiva limitata di un io individuale, non solo per entrare
in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola,
l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in
autunno, la pietra, il cemento, la plastica…”².
Immagini di alcune opere del pittore svizzero Arnold Böcklin (1827-1901), esponente di grande rilievo del Simbolismo di area tedesca.
Arnold Böcklin, Il bosco sacro
Tu, l'al di là di tutto: come è possibile lodarTi?
Come potrà inneggiarti la parola? Nessuna parola,
infatti, può esprimerti. Come ti contemplerà l'intelletto? Nessun intelletto, infatti,
può percepirti. Tu solo sei ineffabile, poiché le parole a Te devono l'origine. Tu solo
sei inconoscibile, poiché i pensieri a Te devono l'origine. Tutto
canta Te, sia ciò che ha voce sia ciò che non l'ha. Tutto rende a Te onore, sia
ciò che ha intelletto sia ciò che non l'ha.
Comuni sono i desideri di tutti gli
esseri, comuni i gemiti che completamente circondano Te. Te supplica, con
pietosa preghiera, il tutto. A Te si dirige un inno silente: lo pronunciano
tutti gli esseri che intellettualmente contemplano ciò che Tu hai creato.
È solo per Te che tutto permane. È solo
per Te che tutto cammina nell'universale moto. Di ogni cosa Tu sei compimento:
Uno, Tutto, Nessuno, anche se non sei né unico né tutti. A Te è ogni nome: come chiamare Te,
il solo che non si può nominare? Qual intelletto, figlio del cielo, penetrerà i veli che si stendono sopra le nubi?
Sii benigno, Tu, l'al di là di tutto: come è possibile lodarTi? (Gregorio Nazianzeno).
Arnold Böcklin, L'isola dei morti (prima versione)
Sto scrivendo mentre il Vangelo di Giovanni, nel giorno di
Pasqua, ribadiva la novella del sepolcro vuoto per
ammonire prima che sulla Resurrezione, sul vuoto che
dobbiamo fare per ri-nascere, per ri-sorgere.
La morte è sconfitta, la Vita trionfa. Capitolo primo e
fondamento della fede cristiana.
Riandando alla fede, mi interrogo sull’intreccio che in essa
si aggruma tra rivelazione e mistero.
❄️Ho appena finito di leggere il libro “Resto
qui” di Marco Balzano¹, scrittore che ho avuto il piacere e l’onore di ascoltare
il 12 aprile 2019, in occasione del Premio letterario tenuto nel Liceo in cui insegno. Se associo questo suo libro alla
ricorrenza del 25 aprile non è certo per il contenuto storico di liberazione
dal nazifascismo - e dall’orrore del potere rappresentato da esso - che la
giornata tradizionalmente richiama. La storia raccontata non rileva alcuna
vera discontinuità tra il prima e il dopo (rispetto al 25/4/1945). Narra di un
paese della Val Venosta, nel sud Tirolo, vicino alla Svizzera, che conosce
l’occupazione fascista prima (fino al 1943) e quella nazista poi (fino al 1945).
La politica di italianizzazione condotta dal regime nei confronti della
popolazione, di lingua tedesca, innesca una guerra tra italiani e sud tirolesi,
tale da condurre questi ultimi, o almeno molti di loro, a vedere nel führer
una possibilità di scampo rispetto all’oppressione fascista.
E, soprattutto, racconta di una diga - progettata
prima degli anni ’20, iniziata nel 1940 e portata a termine nel 1950, a guerra conclusa - che seppellisce sotto una tomba d’acqua il paese di Curon (di cui
fanno parte i protagonisti del romanzo), lasciando al suo posto un grande lago,
da cui emerge soltanto il campanile di una chiesa, unica vestigia di un passato
dimenticato.
Tra il fascismo e il dopoguerra, per il
destino del luogo – “i masi, la chiesa, le botteghe, i campi dove pascolavano
le bestie”² - non cambia nulla: nessun 25 aprile interrompe quella
logica per cui “il progresso vale più di un mucchietto di case”³.
❄️Dunque il motivo per il quale credo di
poter associare “Resto qui” al 25 aprile va ben al di là della semplice ricorrenza
storica: è lo spirito che attraversa il libro e che trova la sua sintesi nella
postfazione dello stesso Marco Balzano: “Se la storia di quella terra e della
diga non mi fossero parse da subito capaci di ospitare una storia più intima e
personale, attraverso cui filtrare la Storia con la s maiuscola, se non mi
fossero immediatamente sembrate di valore più generale per parlare di incuria,
di confini, di violenza del potere, dell’importanza e dell’impotenza della
parola, non avrei, nonostante il fascino che questa realtà esercita su di me,
trovato interesse sufficiente per studiare quelle vicende e scrivere un
romanzo”⁴.
Immagini de Il mattino della resurrezione del pittore svizzero Eugène Burnand (1850-1921) e del Cristo nel deserto del pittore russo Ivan Nikolajevic Kramskoj (1837-1887).
Eugène Burnand, Il mattino della resurrezione, Giovanni e Pietro corrono al sepolcro (1898)
Martedì 9 aprile l’Agenda famiglia 2019
(ed. Famiglia cristiana) riportava una citazione del card. A. Comastri, che
qui trascrivo: “E quando, nell’orto degli ulivi,
Gesù soffriva un’autentica agonia pensando che stava offrendo la sua vita per
una sterminata famiglia di peccatori, spesso ingrati, spesso indifferenti, o
addirittura ostili, in quel momento sentì nel cuore il desiderio del conforto
dei discepoli e disse loro: “Vegliate e pregate con me”. Si addormentarono tutti!
E’ la storia dell’indifferenza che si ripete; è la storia terribile della
noncuranza di Dio che è davanti agli occhi di tutti anche in questo momento”. Il passo citato del card. Comastri mi
ha sollecitato a rileggere “Dietro la croce e
Il segno dei chiodi” di don Primo Mazzolari (1) e a soffermarmi su
alcune pagine dei due saggi (scritti in anni drammatici tra il 1942 e il 1943),
per me presa d’atto della mia cecità e insieme conforto e risposta alla
mia personale urgenza di congruenza.