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giovedì 30 marzo 2023

Meridione meridiano.

 Post di Rosario Grillo
Immagini dei dipinti di Michele Catti (Palermo, 1855-1914), paesaggista siciliano.

Michele Catti, Porta Nuova (Palermo)
🍀
PREMESSA
“Colonialità” è un termine che condensa strutture mentali e basamenti economico-sociali globalmente intervenuti a portare sottomissione ed a svuotare di ogni germe vitale tutto ciò che è stato pensato ed agito, liberamente e autonomamente, nei territori di margini e periferie.
 
🍀 INTRODUZIONE 
La geometria ha dato riconoscimento al  frattale, figura in cui lo spazio assume proprietà omotetiche.
Il mio consiglio è di servircene per dare un campo unitario all’insieme sparso ma omogeneo dei fenomeni storici, socio-popolari, del sud Italia.  
Il loro inizio potrebbe perdersi nei secoli, ma lavoro organico chiede di situare tra il 1799 e il secondo dopoguerra, in modo da rappresentare una nuova interpretazione della questione meridionale.
Lo spunto mi viene dalla lettura di un’opera con specifico circuito di diffusione editoriale:  Il rovescio della nazione  di Carmine Conelli (ed. Atu).
In essa si focalizza innanzitutto il contributo che Antonio Gramsci diede alle questioni della storia nei Quaderni del carcere e si dà corso ad un diverso esaminare storico, mescolando i suoi frutti con nuovi assi storiografici in scala de- eurocentrica e decoloniale.
Il primo effetto si viene a trovare nel concetto di nazione, che, a ben guardare, risulta artefatto, privo di  spontaneità natural-oggettiva (come finora si è pensato). Da qui …il rovescio della nazione.
L’autore esplicita, dalla introduzione, che si vuol far “emergere la storia del sud Italia non dagli stati- nazione ma dai perduranti effetti del colonialismo europeo” (2).
Nell’orizzonte di codesta istanza, il revisionismo si applica già al concetto di modernità.
Anch’esso, infatti, è funzionale ad un processo storico modellato a sancire, con l’affermazione della borghesia, lo Stato sovrano "ammanigliato" con il potere economico-industriale. Sistema vincente, proteso al dominio coloniale.

venerdì 24 marzo 2023

Pedagogia e deriva tecnocratica.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini dei disegni di Elena Griscioli (qui il sito instagram).
 
Elena Griscioli, Autoritratto (rivisitazione Escher)
Giorni fa il ministro della PIM intimava di non demonizzare l’intelligenza artificiale e dichiarava la necessità e la volontà di andare “oltre” la “lezione frontale”, dando per scontato che fosse qualcosa di brutto, oscenamente scipita, senza precisare che cosa per lui e per gli altri (docenti, alunni, famiglie, gli italiani tutti) significasse l’avverbio-preposizione “oltre”: esempio insigne di formazione reattiva che a sua volta demonizza. Insomma la lezione frontale in questo nostro tempo sarebbe qualcosa di “diabolico”  proprio nel senso etimologico del termine: qualcosa che separa divide allontana rende nemici. Esattamente l’opposto di ciò che è ogni giorno da secoli la lezione-relazione faccia a faccia, detta frontale.
Più o meno negli stessi giorni usciva alle stampe il libro-manifesto (2 vol. pagine1330) In difesa dell’umano (ed. Vivarium Novum) con l'esplicito intento di salvare la scuola e l’università dalla deriva tecnocratica ed economicistica, offrendo 48 contributi di studiosi di area umanistica e scientifica (1). Avvenire a questo tema ha dedicato molti articoli, Provo a sintetizzare l’articolo di Righetto, dal titolo citato in epigrafe (2), che illustra il senso del libro-manifesto.

domenica 19 marzo 2023

Senex, puer e intelligenza artificiale.

 Post di Rossana Rolando.

Craiyon, immagine codificata automaticamente
Nell’articolo di Alessandro D’Avenia su scuola e intelligenza artificiale (ChatGPT)¹ si prende così sul serio l’introduzione di questa tecnologia informatica, da ipotizzare, sui banchi di scuola, una vera rivoluzione metodologica, tutta volta a promuovere il pensiero creativo e innovatore rispetto al processo di raccolta, sintesi, memorizzazione che la macchina sa fare bene e in fretta, molto meglio di qualsiasi umano. La sfida è saper produrre un capolavoro, piccolo o grande che sia, generare quel novum che la macchina – interrogata al proposito - dichiara di non poter fare. D’Avenia cita il bel passo del musicista Rick Rubin: «Creare vuol dire portare all’esistenza qualcosa che prima non c’era. Potrebbe essere anche solo una conversazione, la soluzione a un problema, un biglietto per una persona cara, una nuova disposizione dei mobili, una strada diversa per tornare a casa».

Ho letto con interesse. Ho riflettuto e mi son chiesta se sia possibile promuovere l’intuizione, la creatività, fin’anche la genialità, senza passare attraverso la regola del pensiero che prima impara a raccogliere, selezionare, ordinare. La creatività – come sa bene D’Avenia – non è spontaneità, ma è frutto maturo di una crescita faticosa e disciplinata.

Utilizzo - per formulare la mia obiezione - due concetti che la psicoanalisi di Jung e di Hillmann ha approntato,² teorizzando le due figure archetipiche e complementari di senex e puer. Non si tratta solo di una polarità presente in tutte le fasi della vita – se l’eterno bambino che è in noi non viene soffocato da cronos – o, ancora, di una classificazione sociologica – giovani vecchi – ma, per quel che conta qui, di una doppia categoria pedagogica.

domenica 12 marzo 2023

Se vuoi la pace prepara la pace.

Post di Rosario Grillo. 

Al vecchio detto si vis pacem para bellum 
propongo di sostituire si vis pacem para pacem
R. G. 
GUERRE
Ludwig Knaus(1829-1910), Eirene (Pace), particolare
La guerra ucraina sta turbandoci a tal punto da farci scoprire (finalmente) che il mondo attuale è interessato da molti conflitti distribuiti in varie sue parti.
Prima no.  Sbadatamente si sgranavano le "stazioni" di ogni evento bellico, dacché il muro di Berlino era crollato, senza  coinvolgimento politico e nemmeno emotivo. Guerre lontane. Delle quali non si metteva in conto una nostra eventuale responsabilità. Le parole del Papa che denunciavano una "guerra a pezzetti e bocconi" passavano inosservate.
Eppure, nella martoriata Africa, dal Sudan al Congo eccetera, le guerre si susseguivano senza soluzione di continuità, nei Balcani vedevamo conflagrare la confederazione jugoslava, in Arabia si è protratta la guerra yemenita, la "lotta al terrorismo" ci ha fatto piazzare bandierine inutili in Afghanistan in Siria in Somalia, dopo l’esplosione della guerra in Iraq.
In sostanza non ci si è soffermati a riflettere sulla permanenza della guerra  né si è avviata una riconsiderazione sulla "ontologia" del fatto bellico.
La guerra si dice scaturisca dal lato aggressivo dell’essere umano (Freud: Eros versus Thanatos), mentre Eraclito nel VI sec. a. C. ci descriveva "polemos padre di tutte le cose". Concretamente, però, dobbiamo spostarci allo scenario moderno: a- della formazione dello "Stato nazionale", b- della competizione "mercantilista" con il seguito della penetrazione coloniale europea (1), c- delle guerre di religione. 
Lì, la paura incrociò il mostro Leviatano e ci fu l’occasione (fondamento) della  necessità della guerra dentro al consorzio umano.  (2) 

venerdì 3 marzo 2023

Scuola e tecnologia. Dove si sta andando?

 Post di Gian Maria Zavattaro.

Guido Scarabottolo, Cosa vedete?
“Oggi appare sempre più chiaramente che gli sviluppi della scienza, della tecnica, dell’industria sono ambivalenti, senza che sia possibile stabilire se prevarrà il peggio o il meglio” (E. Morin-S.Naïr, Una politica di civiltà, Asterios 1999).
 
In questo “tempo di privazione” mia moglie ed io continuiamo a coltivare un sano “ottimismo tragico”. Capire il presente è sempre percepirlo ed interpretarlo da un punto di vista selettivo e non esaustivo. Chiunque pontifichi di averlo interamente compreso mi pare incline all’impudicizia (“aneideia”): non sa o non vuole esplorare fino in fondo, non ama il dubbio, non ha sospetti nel propinare la sua “doxa”, verità apparente, altra cosa dalla verità nascosta (a-letheia), non va oltre l’apparenza, ascolta il canto delle sirene, non mette a nudo i nodi essenziali delle tre domande kantiane ridotte al silenzio o all’oblio dall’“inferno della stupidità”. Parliamo allora con prudente reticenza della tecnologia ogni giorno più pervasiva, in accelerazione geometrica non matematica nelle nostre quotidiane relazioni, ed ora pesantemente imposta dall’alto in tutte le scuole italiane: per noi invito ad esercitare un “sano scetticismo” anche se - come suggeriva anni fa Stoll - “verrete subito etichettati come luddisti o trogloditi”.