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venerdì 27 novembre 2020

Pietro Chiodi, un testimone.

 Post di Rosario Grillo.

Pietro Chiodi

Viviamo tempi critici se qualcuno scrive: Oggi il diritto è diventato pretesa e il narcisismo diffuso, triste lascito del Sessantotto e ancor più dei movimenti successivi, ci ha portato fino all’ossessione dei selfie o dei finti dibattiti televisivi. Ormai, grazie all’elettronica, tutti noi, anche i più renitenti, siamo diventati mosche prigioniere in una rete di rimandi che più si estende più ci invischia. Lo specchio della Regina di Biancaneve è il nostro emblema. Abbiamo sempre più difficoltà a misurarci con l’altro da noi e a obbligarci nei suoi confronti. Che altro c’è alla base dei sovranismi, dei respingimenti, dell’indifferenza per i bisogni del prossimo, delle fatue ed egoistiche rivendicazioni di autonomia sanitaria (“io la mascherina non la metto!”) se non il rifiuto, il fascista me ne frego, di riconoscere l’umanità degli altri?(1)

Il rimando al nome di Pietro Chiodi mette in moto il mio bagaglio mnemonico, dal quale ripesco: un lettore della filosofia kantiana, un esponente di un esistenzialismo italiano (corrente poco conosciuta, composta dei nomi di Nicola Abbagnano, Enzo Paci, L. Pareyson, C. Fabro).

sabato 21 novembre 2020

Le cose amate.

Post di Rossana Rolando
Immagini di Kristina Kemenikova (qui il sito instagram, con gentile autorizzazione).

Kristina Kemenikova, Ufficio a casa
Il covid costringe a rimanere per molto tempo in casa. Lo slogan della prima ondata suonava proprio “Io resto a casa”.

✴️ “Casa” vuol dire stanze, disposizione degli spazi, per chi è più fortunato significa terrazzo, forse anche giardino. Per tutti comunque rappresenta un luogo circoscritto che limita, ma nello stesso tempo protegge dal contagio. Certo non da altri mali. Può diventare un inferno, quando le relazioni intra familiari siano logorate o peggio ancora ferite, turbate. Può essere la prigione in cui si prova l’angoscia opprimente dell’isolamento. Solo nei casi migliori, diventa il rifugio sicuro nel quale si gode della compagnia più intima e si loda la possibilità di stare insieme, mangiare insieme, scambiare parole vive, non essere soli.

✴️ “Casa” indica certamente le persone (e cani e gatti... se ci sono), ma anche i muri e le cose. Questi non sono semplicemente oggetti di cui ci serviamo, “come taciti schiavi”¹. Sono manifestazione dello spirito, direbbe Hegel.

venerdì 13 novembre 2020

Il futuro. Dietro avanti.

Post di Rosario Grillo.

Paul Klee, Tramonto, 1930
L’ Ottocento con il conforto di uno sviluppo enorme fu un secolo di fiducia nel progresso. Così quegli uomini portarono a compimento il disegno intellettuale ritratto in epoca illuminista.

Leopardi fu tra i pochi che si rifiutarono di accodarsi a tale fiducia. La cagione di questa disconnessione viene, in genere, attribuita alla smodata influenza del suo pessimismo che rinvia a ragioni personali e soggettive.

In pochi interpreti viene scelta un’altra strada, più attenta a ragioni oggettive: quelle che possono portare a leggere Leopardi come “una voce critica del generale consenso al progresso. In modo specifico si elegge la poesia La Ginestra a documento inoppugnabile della smentita delle “meravigliose sorti e progressive”.

Dovremmo fare uno sforzo maggiore per riuscire a cogliere fuori dal coro trionfante, voce ufficiale ma non per questo universale (1), il sentimento oppositivo, infarcito di fatiche e sofferenze. Certamente ne è partecipe il vasto strato sociale delle persone colpite piuttosto che favorite dal trend di crescita.

L’ottocento fu anche il secolo che, con la documentazione raccolta attraverso i viaggi di scoperta e di conquiste coloniali, diede man forte al decollo della antropologia. Ed è appunto quest’ultima a possedere il canale ricettivo e l’organo euristico per leggere dentro il “senso popolare”. Attribuisco a quest’ultimo, pur mancando di titoli scientifici in antropologia, una valenza dichiarativa autentica, di molto superiore all’opinione pubblica, la quale richiede una discriminazione già tra chi legge e scrive e chi no. (2)

Con questa premessa possiamo avvicinarci alla specie “oracolare della verità dei proverbi e detti popolari ed intenderne il recondito significato. Mi servo allo scopo di un valente antropologo: Vito Teti.

domenica 8 novembre 2020

Lo sguardo al tempo del covid.

Post di Gian Maria Zavattaro.

Antoon van Dyck (1599-1641), Autoritratto (1613), dettaglio

Nel tempo delle mascherine obbligatorie e delle metriche distanze pare tramontato il faccia a faccia (vis à vis, face to face) che era sancito dalle strette di mano oggi poste al bando. Che cosa rimane della irruenza non verbale dello sguardo, adesso che è estrapolato dal volto ed esiliato dal tatto? Le mascherine non nascondono gli occhi ma celano i tratti individuali identificativi del viso (mento labbra bocca gote colorito naso), contesto che immediatamente connota lo sguardo e lo rende decifrabile.

Ma è ancora possibile nella situazione attuale decifrare ed essere decifrati?

domenica 1 novembre 2020

La vera salute sta nella relazione.

Post di Rossana Rolando.

Piccola premessa.

In copertina La furia alata, Pompei, I sec. a.C
Traggo questa espressione “la vera salute sta nella relazione” dal bel libro dedicato al tema dell’amicizia, di Pietro del Soldà, bravissimo conduttore di “Tutta la città ne parla” di Radio tre¹.

Nei tempi dell’isolamento imposto dalla corsa del virus, nelle settimane difficilissime della didattica a distanza e nell’affermarsi sempre più diffuso delle varie forme di smart working… questo libro aiuta a ristabilire le giuste misure rispetto a ciò che conta.

Vi è soprattutto un capitolo che può scuotere un naturale modo di pensare provocato dai bollettini quotidiani dei contagi, che ci ricordano la nostra prossimità con la malattia e ci fanno sentire la necessità angosciosa di salvarci. Siamo abituati a ritenere comunemente, istintivamente, comprensibilmente che la prima cosa sia vivere: questo è il valore supremo che sta alla base di qualsiasi altra possibilità. Ad esso quindi debbono piegarsi tutte le altre esigenze, da quella culturale - che per prima è stata sacrificata - a quella economica - che rivendica la propria sopravvivenza nelle ultime scomposte e spesso cavalcate manifestazioni di piazza.

Eppure ci potrebbe essere qualcosa che vale più del semplice rimanere in vita, si potrebbe avvertire una paura più forte della paura della morte, come insegna Socrate nella sua testimonianza biografica.