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mercoledì 29 agosto 2018

Jacques Derrida, la scrittura e internet.

Post di Rossana Rolando
Immagini delle illustrazioni di Cinzia Piazza (qui il sito), per gentile autorizzazione.

E' presente nel cuore dell'esperienza. 
Presente non come presenza totale, ma come la traccia
(Jacques Derrida, La scrittura e la differenza).

Cinzia Piazza, Contatto
🌟 Si assiste oggi ad una esplosione della scrittura (messaggi sui telefonini, pubblicazione di post e di tweet, commenti sui social), nell’ambivalenza dei suoi risvolti.
Il pensiero va subito agli effetti deleteri di un certo uso dei social, espressione di una negazione della riflessione e dell’argomentazione, spesso per scopi propagandistici volti ad incrementare consenso. Si comunica con  slogan, si semplifica, si commenta senza leggere e senza pensare. Si scrivono insulti e volgarità. Ci si nasconde dietro lo schermo per affermare e dire ciò che non si direbbe nel rapporto vivo e personale (anche se c’è il rischio che tanta violenza e tanto veleno stiano entrando o siano già entrati nelle arterie e nelle vene del corpo sociale, non solo nelle sue espressioni digitali).
Ma c’è anche chi consegna alla scrittura online (su siti, su blog, sui social stessi) pensieri complessi, punti di vista articolati, arricchenti ragionamenti. Ci sono coloro che condividono articoli di qualità, provenienti dalle più diverse agenzie culturali. Si trovano, su facebook e su twitter,  persone che pubblicano profonde riflessioni, aforismi, ritagli di saggezza e poesia, annotazioni meditate e colte, simili a schegge di un diario interiore.
Tutti (anche chi non frequenta i social) sono coinvolti, in diversa misura: ciascuno porta con sé la propria personale biblioteca (sms, pendrive, registrazioni).

sabato 25 agosto 2018

Pellegrini di ieri e di oggi.

Post di Rosario Grillo.
Immagini delle opere fotografiche di Jamie Heiden (qui il sito) per gentile autorizzazione.

Jamie Heiden
Non sono tempi di pellegrini, i nostri!
Eppure una figura esemplare di pellegrino manda ancora i suoi “diari di viaggio” e in tanti li leggiamo con interesse e con amore.
Parlo di Paolo Rumiz, instancabile “globe-trotter” sulle strade dell’Europa, dell’Asia, dell’Appia antica, dei fronti della Grande Guerra, della rete delle abbazie medievali.
I suoi quaderni possiedono una pratica di fabulazione non comune: hanno capacità miste di meraviglia, di scandaglio, di denuncia, di amore frugale e di piena condivisione dei ritmi di un tempo. Senza nostalgia retrò, con la consapevolezza dell’appartenenza al tempo presente.
Pellegrino: era un personaggio tipico del periodo antico, in ispecie di quello medievale.

martedì 21 agosto 2018

Eros in agonia nella società della stanchezza.

Post di Gian Maria Zavattaro.
Immagini delle opere in ceramica di Johnson Tsang, pubblicate per gentile concessione dell'artista di Hong Kong (qui il sito).

Johnson Tsang, 
Quarantena
In questi ultimi sei anni Nottetempo e Vita e Pensiero  hanno tradotto in italiano una serie di  agili (ma impegnativi) saggi di Byung-Chul Han, filosofo coreano di lingua tedesca considerato tra i più interessanti pensatori contemporanei, il cui pregio è quello di mettere a nudo impietosamente le nostre criticità. Si tratta di un continuum di progressive riflessioni, variamente riproposte ed approfondite, riguardanti  la società della stanchezza e della prestazione (1), l’eros in agonia (2) e l’espulsione dell’Altro (3). Tuttavia le sue sconsolate meditazioni (non del tutto condivisibili) si aprono alla prospettiva di una possibile futura società dell’ascolto e dell’attenzione che riporti il tempo dell’Altro, il buon tempo, il profumo del tempo, l’arte di indugiare sulle cose (4). Mi è impossibile riportare in pochi tratti le argomentazioni di Han, alla cui diretta lettura rimando. Da dilettante quale sono debole in filosofia ma non nell’amore per essa, medito in due post successivi su alcune soggettive suggestioni.

giovedì 16 agosto 2018

Giorno di lutto per Genova.

Perché senza quel ponte come si fa? 
Ogni volta che lo guardiamo, che precipitiamo in uno di quegli svincoli micidiali, come diceva il cantante (De Gregori), 
quel ponte ci terrorizza. 
Perché è insieme tragico e bello. 
E' qualcosa di spropositato che attraversa la valle 
(Maurizio Maggiani, qui).


Genova, 14 agosto 2018 
(composizioni fotografiche di Rossana Rolando)
Gian Maria Zavattaro.
In questi giorni il silenzio  vale più che la parola, soprattutto se è parola inopportuna, fatta  di scontate lamentazioni e di rivalse puramente ideologiche,  fuori luogo e  fuori tempo. A volte però la parola  può servire ad incontrarci più a fondo.
La morte assurda di tante persone sconosciute che  ci  ha colpito  rinvia  al  mistero della vita e della persona umana,  scuote le nostre abitudini e ci obbliga ad interrompere le nostre corse frenetiche e  a domandarci per quanto tempo ci ricorderemo  delle  vittime scomparse  (e di tutte le innumerevoli vittime di ogni dove e di ogni tempo), per quanto tempo saremo disposti a  guardare all’essenziale,  per quanto tempo assumeremo la  precarietà del nostro esserci nel mondo e  soprattutto per quanto tempo veramente assumeremo la sofferenza e la solitudine - per dirla con Montale - di chi  sopravvissuto (padre, madre, figlio/a , nipote amico/a) - “è sfuggito attraverso la maglia rotta della rete che ci stringe quando la sera si fa lunga e non c’è nessuno a cui consegnare la propria vita”.

lunedì 13 agosto 2018

Spiritualità e sapienza del vivere. Thoreau, Ascoltare gli alberi.

Post e fotografie di Rossana Rolando.

Sentiero da Carnino a Pian Rosso, 
Alpi liguri e piemontesi
Uso “spiritualità” per indicare un insieme di principi che nutrono la vita e orientano l’agire, generalmente in alternativa ad un modello dominante che appiattisce e disumanizza. Spirituale è ciò che coltiva l’umano nella sua dignità ed interezza. E’ una sapienza di vita che può attingere alle più diverse fonti. Lo dico perché la parola “spirito” può prestarsi ad equivoci e contrapposizioni (spirituale materiale, mente corpo, dentro fuori) riferibili a ben precise correnti filosofiche che non intendo qui richiamare. Né vorrei restringere il significato del termine all’ambito religioso: esso ha senz’altro a che fare con le religioni, ma non si identifica con queste.
Come ha affermato Vito Mancuso, la spiritualità sta alla religione come la giustizia si rapporta alla legalità o la cultura al sapere (vedi video qui sotto). La giustizia, infatti, deve codificarsi nel diritto positivo, ma non coincide con le leggi, tanto è vero che vi può essere un sistema giuridico ingiusto (es. nazismo). La stessa cosa vale per il sapere, necessario perché si dia cultura, ma non sovrapponibile ad essa, altrimenti si parlerebbe di semplice erudizione. Nello stesso modo la spiritualità può tradursi in religione e rito, ma può anche esistere una religione ridotta a pura ritualità e priva di anima.

giovedì 9 agosto 2018

Il "contemplativo" nel tempo.

Post di Rosario Grillo
Immagini delle sculture (acciaio inox intrecciato a mano) di Giuseppe Inglese (qui il sito).

Giuseppe Inglese, Respiro nel sogno
È vero: la vita richiede il divenire, movimento!
Lo aveva enunciato con epigrafica chiarezza Eraclito: “tutto scorre”.
La putrefazione, fenomeno  che interviene al momento della stasi, ne è una conferma.
Mi premuro di aggiungere che nell’economia - prendo la questione nella immediatezza dell’ordine naturale quando il fare umano si struttura nelle relazioni sociali - la stagnazione è condizione evidente di crisi.
Movimento c’è, ma con prudenza, nei bozzetti di vita agreste dentro i testi biblici. Marco (4:26-29) narra l’analogia che Gesù stesso evoca tra il regno di Dio e la pratica della semina. Il seme si nasconde, si nutre della terra e dell’acqua, germoglia e dà frutto.
Senza forzature, nel rispetto dei ritmi della natura, con lentezza, il seme (la vita) radical(mente) prende forma e sviluppo: pieni.

lunedì 6 agosto 2018

La psicologia e la poetica della "casa".

Post di Rossana Rolando 
Immagini fotografiche dei disegni di Tullio Pericoli (da La casa ideale di Robert Louis Stevenson). 

Tullio Pericoli
C’è un impressionante racconto di Kafka dal titolo “La tana” (nella traduzione italiana), disponibile anche in audiolibro gratuito su youtube, con la lettura efficace di Valter Zanardi (cliccare qui), che racconta la non-storia (perché non accade veramente nulla, pur essendo del tutto avvincente la narrazione) di un essere (non si sa quanto animale e quanto uomo, come ne La Metamorfosi dello stesso Kafka) che lucidamente progetta e costruisce una casa sotterranea, fatta di cunicoli, gallerie, incroci, piazzette rotonde e una piazzaforte centrale (con la precisa conoscenza di tutta la rete sotterranea e la rispettiva distribuzione delle provviste), allo scopo di mantenersi sicuro da qualsiasi nemico esterno ed interno. Ragiona, analizza, considera, calcola, controlla, sogna: ha edificato una tana perfetta. Un giorno però, nell'immenso silenzio della sua dimora, l’animale uomo ode un sibilo, un rumore nuovo di cui non riesce a scoprire la provenienza e che lo porta a ipotizzare le più diverse origini. Scava qua e là, cerca di non lasciarsi prendere dalla smania, valuta tutte le possibilità, ma non arriva a nulla, tutto rimane immutato e fisso: l’ansia e il sibilo impercettibile sono sempre lì (si conclude così la narrazione incompleta, l’ultima di Kafka, scritta pochi mesi prima di morire).

venerdì 3 agosto 2018

Al bivio tra civiltà e barbarie.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini di Fuad Aziz (dalla pagina facebook, per gentile concessione).
 
Maledetto chi calpesta il diritto del forestiero, dell’orfano e della vedova  
(Deuteronomio 27:19).

Fuad Aziz
Quale pena sentire il ministro dell’Interno rispondere al monito del cardinal Ravasi (“ero straniero e non mi avete accolto”) ribattendo di aver fatto una “bella cosa”! Se l’indifferenza circa la “pacchia” dei cosiddetti migranti di oggi è già in sé tremenda, insopportabile è la tracotanza di chi fa  del calvario dei disperati il suo trofeo con una retorica comunicativa finalizzata non solo alla loro esclusione, ma a svilirne l’esistenza sulla base delle convenienze elettorali e di meschine ipocrisie (1).
Non siamo usciti dall’inverno sociale, come auspicava poco tempo fa il card. Bassetti, anzi l’ombra del gelo si sta allungando a dismisura. E provo, non rabbia, solo accorata mestizia per il vasto gregge di truppe cammellate e di bulletti digitali smarriti nell’esplosione della incomunicabilità  tra le persone, storditi e sedotti dalle blandizie del mondo virtuale dove le ingiurie sono lecite e permesse, si approntano liste di proscrizione, si minacciano (e si iniziano a praticare) linciaggi non solo verbali. Semmai la mia rabbia va contro i burattinai, quelli visibili e  quelli celati dietro le quinte a dirigere il traffico ed a manovrare marionette, agitando lo spauracchio di mille paure, rinfocolando un reale malessere ed indirizzando cieco risentimento e sordo rancore contro comodi capri espiatori. E’ la stagione dei mestatori, dei predatori, dei ladri dell’altrui fragilità e credulità.

mercoledì 1 agosto 2018

Sergio Marchionne, necrologio.

Post di Rosario Grillo.

Sergio Marchionne (a sinistra)
 in visita ufficiale alla JNAP di Detroit 
nel 2011
L’intento che mi guida è insito nel primato dell’Uomo, anzi a dir meglio del Creato.
È necessario perciò una ripuntualizzazione sul concetto di creazione.
L’azione di dono e di cura di Dio per l’Essere.
Al suo interno, senza pretesa di dominio, trova posto l’uomo, coagente della creazione continua. In questa misura l’uomo riflette e partecipa all’azione del Donare.
Mi carico pure l’onere delle repliche che arriveranno, consideranti il mio pensiero fatuo Irenismo (e buonismo), che inneggeranno invece al “lavoro e utilità”, sorretti e corroborati dalla logica del dominio.
Aperto al dialogo nell’orizzonte della condivisione, confermo la chiave di volta della Comunità che interagisce.
Nel disegno che impronto, confortato da certi assunti teologici (1), l’uomo alza il senso del suo fare, il valore del lavoro che compie.
(In quest’ordine ho già scritto: il lavoro è preghiera. Ma non voglio tormentare per avere consenso alla mia tesi. Il denominatore è semplicemente: la qualità umana del lavoro).
Premessa doverosa per fare un necrologio, nella conferma del livello umanistico di Sergio Marchionne.