Iscriviti ai Feed Aggiungimi su Facebook Seguimi su Twitter Aggiungimi su Google+ Seguici tramite mail

Iscriviti alla nostra newsletter!

lunedì 20 febbraio 2023

Piano Scuola 4.0. Fine di un modello pedagogico?

Post di Rossana Rolando.

Fine del modello pedagogico umanistico?
Piano Scuola 4.0
I Collegi dei docenti stanno approvando – entro il 28 febbraio – i progetti previsti per i finanziamenti del PNRR, elaborati da ogni Istituto, secondo il Piano scuola 4.0.
Si tratta di una vera e propria riforma non discussa, né in Parlamento né nei luoghi decisionali della Scuola, che sta passando senza troppe resistenze, all’insegna della modernizzazione del sistema scolastico, finalmente liberato, secondo gli slogan della moda dominante, da un sapere trasmissivo e da metodi sorpassati e ormai inefficaci, come la lezione frontale, divenuta da lungo tempo, per i suoi detrattori, la parodia di se stessa.
A ben vedere, è in questione un intero modello pedagogico, che s’intende demolire. Non si tratta semplicemente di introdurre nuovi strumenti da affiancare all’azione dell’insegnante, centro propulsore dell’azione educativa. La figura del docente, nella scuola futura, prevista dal piano 4.0, sarà del tutto stravolta. Non s'identificherà più con l’intellettuale, in grado di porsi come mediatore tra la complessità del sapere e il percorso di attivazione della conoscenza - sia ch’essa riguardi un teorema di matematica o una versione di greco o una pagina della Critica della ragion pura.
Il modello pedagogico umanistico che ha posto il sapere filosofico, storico, letterario, scientifico al servizio di un progetto educativo liberante, capace di sviluppare uno spirito critico, corrosivo rispetto alla omologazione massificante, sarà accantonato. Alcuni indirizzi, caratterizzati in modo particolare dall’intento formativo fine a se stesso, senza un diretto scopo pratico, come il Liceo classico, saranno destinati a subire un altro – forse definitivo – duro colpo.

venerdì 17 febbraio 2023

La parodia del maialino cinese.

Post di Rossana Rolando.
 
Mao, Libretto rosso, pittura popolare, 1967
C’è un aneddoto, nel libro autobiografico della grande pianista cinese vivente Zhu Xiao-Mei, che ben sintetizza il senso dell’indottrinamento tipico dei regimi. Siamo nella Cina comunista di Mao, vent’anni dopo il 1949, allorquando ha avuto inizio la rivoluzione culturale (1966-69). La protagonista ventenne si trova in un campo di rieducazione, previsto dal maoismo per formare uomini nuovi, fedeli al credo comunista contenuto nel Libretto rosso di Mao Zedong. La invitano a riflettere su un esempio edificante: una studentessa “ha dato prova di una eccezionale fedeltà a Mao. Due telegrammi successivi l’avevano informata che suo figlio era gravemente malato e che doveva tornare in fretta a Pechino. Ogni volta lei ha risposto che doveva curare un maialino, anche lui sofferente, che le era stato affidato. Un terzo telegramma le ha annunciato il decesso del figlio. Non ha versato una lacrima. Qualche giorno dopo, il maialino è morto. E lei ha pianto”. Zhu Xiao-Mei e le sue compagne “esprimono qualche riserva, ma poi finiscono per considerare la donna lodevole: un maiale nutre la collettività, l’attaccamento che si prova verso il proprio figlio è solo individualista e borghese.”¹
Chi ha letto La fattoria degli animali di Orwell avverte subito una cert’aria di famiglia. Il nobile ideale di un mondo più giusto, in cui le diseguaglianze sociali siano eliminate e il bene della comunità prevalga sull’interesse egoistico, si traduce – nei socialismi realizzati storicamente – in una parodia di se stesso.
Il libro di Xiao-Mei mi è stato suggerito da Annamaria, un’amica di Persona e Comunità, a sua volta curatrice del bellissimo blog dal titolo Gioire in musica.² L’occasione è scaturita dal post dedicato all’evento La musica nei lager nazisti di cui ho parlato qualche settimana addietro.

sabato 11 febbraio 2023

Trasmissione.

Post di Rosario Grillo.
Immagini del pittore russo Ilya Repin (1844-1930).
 
Ilya Repin, Che libertà!
Riusciremo mai a capire che il terrorismo si alimenta con l’imitazione mimetica?
La violenza esercita una forte attrazione e scatena tra gli esseri umani, a detta di alcuni,  un impulso imitativo. 
Secondo R. Girard  a questo meccanismo sottostà il "capro espiatorio" o la "vittima sacrificale". 
Non è gratuito osservare che questa tesi esercitò una certa influenza negli anni di piombo, sui brigatisti in ispecie. Indagandoci sopra, si giunge fatalmente a scoprire che l’individualismo esasperato ed eccentrico è di frequente una matrice ad hoc. 
Soprattutto nel mondo dell’anarchia si nota spesso una definita propensione, forse una  propedeutica. L’anarchia -  e mi rifaccio a Marx Stirner e alla dottrina dell’Unico -  teorizza il "senza legge", associando essa ogni legge/norma ad una istituzione, ad un corpo-totalità che la sovrasta, negante l’istanza libertaria. 
Qui bisogna far partire la differenza tra "libertario" e "liberale", dentro il seno del concetto di libertà. Il primo intende la libertà come un "incondizionato" e, per questa ragione, combatte ogni oppressione/oppressore, il secondo sa (o dovrebbe sapere) (1) che la libertà è "condizionata", in pratica è "finita" perché è definibile attraverso una limitazione, in quanto una sana libertà richiede lo scambio/riconoscimento della reciprocità. Quindi la mia libertà entra in positività quando riconosce le altrui libertà, venendone limitata. 
Per la ragione suddetta, il completamento della "libertà liberale" richiede il diritto: un corpo di principi giuridici esplicativi e confermativi della libertà. 
La Costituzione ne è il testo di riferimento.  
Le vicende storiche, tra la rivoluzione francese e i moti liberal-nazionali, sono state il documento di questa impresa. Al suo interno si accese successivamente la miccia delle rivendicazioni, a scopo di democrazia compiuta e di socialismo, fatta scoccare dal disagio per la libertà formale e dalla rivendicazione della uguaglianza reale.

venerdì 3 febbraio 2023

Il dono reciproco dell'amicizia.

Post di Gian Maria Zavattaro
Immagini della pittrice PetronaViera (Uruguay), vissuta tra il 1895 e il 1960.

PetronaViera, Tempo di gioco
Più volte nel passato abbiamo dedicato (Rossana, Rosario, io) attenzione all’amicizia con variegati spunti di riflessione. Tornare a parlarne - in questo sofferto tempo di più o meno decrescente covid, di crescente povertà, inenarrabili stragi di guerra, implacabili inimicizie, forzate migrazioni dalla fame e da ogni sorta di violenze - è insieme provocazione, invocazione, supplica, grido, anelito di speranza. È bene perciò dar conto della recente pubblicazione Sull’amicizia di E. Borgna (Raffaello Cortina 2022), emerito insigne psichiatra. Mi guardo bene dallo stilare una recensione: solo voglio accogliere in libertà l’invito a continuare a esplorare (e praticare) l’amicizia, lasciando che siano gli esperti - profano quale io sono - ad entrare nel merito delle implicanze legate alla professione medica psichiatrica. (1) È bello insistere, proprio in questo tempo, sull’amicizia, “parola sempre nuova alla quale guardare con attenzione e con stupore, recuperandone la ricchezza umana e gli infiniti orizzonti di senso” (2). Chi ha letto altri saggi di Borgna non si stupisce dei suoi continui riferimenti religiosi, filosofici storici letterari artistici, respiro inequivoco della sua “cultura”: in primis “i testi meravigliosi” di S.Weil, Teresa d’Avila, Rilke, Leopardi, Bonhoeffer, Nietzsche, Dickinson, Pozzi, Musil, Sachs, Poltawska e K.Woityla e tanti altri…(3).

Petrona Viera, Piccola storia
Amicizia: “ha il significato di un dialogo infinito, dialogo del silenzio e della parola, che continua anche quando non ci si vede, non ci si parla, non ci si incontra”. Dialogo che ogni volta che ci si rivede ravviva il linguaggio del silenzio, torna ad essere “linguaggio della parola, dei volti, degli sguardi, delle lacrime”, perché il tempo dell’amicizia non è tempo dell’orologio, ma tempo “interiore non mai slabbrato”. (4)