Il legame inscindibile tra cultura - parola libera e liberante - e condivisione di essa. Nel centenario della nascita di Primo Levi.
Post di Rossana Rolando.
Cari amici, qui dico amici
Nel senso vasto della parola:
Moglie, sorella, sodali, parenti,
Compagne e compagni di scuola,
Persone viste una volta sola
O praticate per tutta la vita:
Purché fra noi, per almeno un
momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita
(Primo Levi, Agli amici).¹
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Pier Vincenzo Mengaldo, Per Primo Levi |
La vicenda è a tutti nota ed è appena il
caso di richiamarla sommariamente: Primo Levi e Jean Samuel, giovane studente alsaziano,
denominato Pikolo, dallo stesso Levi, si recano a ritirare il rancio e lungo il
cammino si scambiano confidenze sulle loro case, le loro letture, gli studi, le
rispettive madri tanto somiglianti, come tutte le madri. Dapprima parlano in
francese, poi Pikolo, che è stato un mese in Liguria e vorrebbe imparare l’italiano,
sollecita Primo Levi che, chissà come e perché, ricorda alcuni versi dell’Ulisse
dantesco e comincia a ricostruire
l’intero canto XXVI, cercando di rammendare le parti mancanti in uno
sforzo della memoria che deve procurargli – come nota Mengaldo, citando
situazioni estreme e analoghe - intima soddisfazione. Il parallelismo Inferno –
Lager, da una parte e Poesia – Liberazione, dall’altra parte, è subito evidente.
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Primo Levi, Se questo è un uomo |
Per tutti i casi citati vale il
passaggio in cui Primo Levi vuole spiegare a Pikolo la forza del verso “… Ma misi
me per l’alto mare aperto”, sottolineando la differenza tra il semplice “Je me
mis” e quell’audace “misi me” che indica il movimento di chi vuole “scagliare”
se stesso “al di là di una barriera” “per l’alto mare aperto”; e ancora, notando il ritorno della stessa espressione
(mettere sé), poco dopo, a proposito delle colonne d’Ercole: “… Acciò che l’uomo
più oltre non si metta”.
Ma c’è un aspetto che vorrei
personalmente sottolineare, sulla scorta della lettura di Mengaldo: l’inscindibilità
tra il valore salvifico della cultura - se tale può essere considerato, in
qualche misura - e l'esigenza di parteciparlo
ad altri.
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Primo Levi, I sommersi e i salvati |
Nella logica del Lager non vi è spazio
per l’amicizia: nella lotta per la sopravvivenza “ognuno è disperatamente
ferocemente solo”⁵ e ogni istinto sociale viene ridotto al silenzio, ogni
residuo umano risulta annientato.
Perciò Il canto di Ulisse è anche la storia inconsueta di un’amicizia,
iniziata ad Auschwitz (“Da una settimana eravamo amici, ci eravamo scoperti
nella eccezionale occasione di un allarme aereo…”⁶), e durata ben oltre il
campo di sterminio, come testimonia il carteggio tra Pikolo (Jean Samuel) e
Primo Levi, che lo stesso Samuel ha voluto pubblicare nel 2007 (tradotto ed edito in italiano l'anno dopo): Mi chiamava
Pikolo. Con 13 lettere inedite⁷. Il
libro, oltre ad essere una straordinaria conferma della veridicità di quanto
Primo Levi racconta, è l’omaggio rivolto da Samuel all’amico ormai morto (11
aprile 1987).
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Primo Levi, Il sistema periodico |
Eppure - mi permetto di aggiungere - la rottura del “rinchiuso” si è
già operata, nonostante la possibilità di essere sommersi. L’amicizia nata nel
Lager costituisce la piccola feritoia di questa “chiusura” altrimenti
invalicabile, apre un varco di generosità, “un buco nel tessuto rigido del
Lager”⁹, come Primo Levi dice in Cerio,
a proposito di un altro grande racconto di amicizia: essa è il segno di un’umanità non piegata
totalmente alla logica dell’universo concentrazionario, ancora capace di tenere
accesa la piccola fiamma della parola libera e liberante, comunicata e
condivisa.
Dico per voi, compagni d’un cammino
Folto, non privo di fatica,
E per voi pure, che avete perduto
L’animo, l’anima,la voglia di vita.
O nessuno, o qualcuno, o forse un
solo, o tu
Che mi leggi: ricorda il tempo,
Prima che s’indurisse la cera,
Quando ognuno era come un sigillo.
Di noi ciascuno reca l’impronta
Dell’amico incontrato per via;
In ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene od il male
In saggezza o in follia
Ognuno stampato da ognuno.
(Primo Levi, Agli amici)¹⁰.
1.Primo
Levi, Opere, Einaudi, Torino 1997,
vol. II, p. 623.
2.
Pier Vincenzo Mengaldo, Per Primo Levi,
Einaudi, Torino 2019, pp. 119-128.
3.
Primo Levi, Opere, Einaudi, Torino
1997, vol. I, pp. 105-111.
4. Ibidem, pp. 109-110.
5.
Ibidem, p. 84.
6.
Ibidem, vol. I, p. 106.
7.
J.Samuel e J. –M. Dreyfus, Mi chiamava
Pikolo. Con 13 lettere inedite, Frassinelli, Milano 2008.
8.
Pier Vincenzo Mengaldo, Per Primo Levi,
cit., p. 128.
9.
Primo Levi, Opere, cit., vol. I, pp.
860-866.
Grazie.
RispondiEliminaPrimo Levi è sempre capace di toccare il cuore e di raccontare aspetti veri e profondi della nostra umanità. Un saluto.
EliminaStupendo!🙏 Le parole in più sarebbero superflue, se non fosse per quel “carisma liberante”... e così voglio commentare l’incastro felice e fecondo tra le riflessioni indotte dal libro di Primo Levi e il delicato, sommesso commento di Rossana, Ne emergono “ la forza liberatrice della parola “, l’umanità suprema di Primo Levi, la natura “ superiore” della Amicizia e, dialetticamente la “ sciagurata inutilità “ della guerra.
RispondiEliminaUn rimpianto , su tutto, la perdita di un così grande uomo!
Proprio così: il "carisma liberante" della parola. In questo caso - potremmo dire - al quadrato: è la parola della poesia (Il canto di Ulisse dantesco che nutre la mente nonostante l'Inferno del Lager) ed è la parola della memoria (Il canto di Ulisse di "Se questo è un uomo") che rende il lettore partecipe di quella tensione provata da Primo Levi nella comunicazione di quei versi.
RispondiEliminaSu tutto il valore dell'Amicizia - e della Condivisione di grandi e nobili pensieri - espresso stupendamente nella poesia "Agli amici".
Il tuo post, cara Rossana, offre parecchi spunti di riflessione.
RispondiEliminaMa mi suggerisce innanzitutto che la cultura, quando diviene parte della nostra vita, si fa ponte di comunicazione sul quale è possibile fondare relazioni significative, anche in situazioni difficili come quella vissuta da Levi. Ci si può parlare meravigliosamente anche attraverso i poeti - e non solo naturalmente! - i cui testi diventano un dono da offrire e la base di una condivisione profonda.
Grazie e un abbraccio!!!
Ciao Annamaria. La cultura - la poesia in questo caso - come ponte di comunicazione e, nello stesso tempo, l'atto del comunicare che dilata e approfondisce, diventa occasione per meglio conoscere, per accorgersi - come dice Primo Levi ad un certo punto del suo racconto: "Come se anch'io lo sentissi per la prima volta..." e poco prima: "dovevo venire in Lager per accorgermi...". Un grande abbraccio.
RispondiEliminaCara Rossana, grazie del ricordo di Primo Levi, in particolare di quanto lo abbia potuto aiutare l'ancora della cultura persino nel lager. Mi ha sempre toccato il frangente della rievocazione di Dante nell'inferno del lager. Levi - la sua vicenda umana, i suoi testi densissimi, le sue riflessioni sempre autentiche e sofferte - è una pietra miliare nella mia formazione e per le mie riflessioni esistenziali. Saluti cordiali.
RispondiEliminaCara Maria, ho visto, tra l'altro, che stai leggendo o ri-leggendo "L'altrui mestiere"... Un abbraccio.
EliminaCiao
RispondiEliminaBuongiorno
EliminaBellissima lettura. Proprio oggi mi è arrivato in biblioteca a scuola il libro di Mengaldo e l'altro giorno ho letto in classe il capitolo di Se questo è un uomo e il canto XXVI della Commedia. Grazie
RispondiEliminaGrazie signor Paolo per la gentile attenzione e la condivisione di interessi e sensibilità. Sono testi "vivi" che nutrono la mente. Un saluto da parte mia e di mia moglie.
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