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sabato 4 maggio 2019

Critica al postmoderno e ritorno del soggetto.

La sfida è questa: conciliare il valore dell'identità plurima, "enciclopedia aperta" di Italo Calvino, con l'esigenza etica di un soggetto che sa orientarsi nel mondo in modo ragionevole, secondo la proposta di Roberto Mordacci, in "La condizione neomoderna".
Post di Rossana Rolando.
Immagini delle opere del pittore spagnolo Juan Gris (1887-1927).

Molteplicità di Italo Calvino. 
Juan Gris, 
Pierrot con libro
Tra i termini che Calvino consegna al nuovo millennio vi è la parola “molteplicità”, riferita alla narrazione del romanzo (visto come rete di connessioni, intreccio di linguaggi e moltiplicazione dei possibili), ma presupposta anche nella concezione di una soggettività plurale da cui il racconto prende forma: “chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili”¹.
Lontano dalla concezione di un self unico, con un’identità già data e compiuta, con una verità da rivelare, Calvino intende l’opera letteraria come specchio di una soggettività molteplice, frutto di una pluralità di esperienze, o addirittura vorrebbe - se mai fosse possibile – “un’opera che ci permettesse d’uscire dalla prospettiva limitata di un io individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola, l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica…”².

La dissoluzione del soggetto forte.
Juan Gris, 
Il fumatore
Sentiamo profondamente nostra questa concezione della vita come “enciclopedia aperta”, come totalità “plurima”³ che attraversa la grande letteratura novecentesca (le maschere di Pirandello, gli eteronimi di Pessoa, gli infiniti possibili universi di Borges…) e che trova nella filosofia la sua precondizione. 
Infatti, in estrema sintesi, il percorso concettuale della soggettività parte da una solida entità metafisica (l’anima immortale di matrice platonica, dal periodo antico al Medioevo e, in età moderna, il cogito cartesiano, pura razionalità trasparente a se stessa), passa attraverso l’identità di Locke (intesa come soggetto consapevole di sé nel tempo), completamente desostanzializzata da Hume (che paragona l’io ad un teatro in cui scorrono scene in successione), e giunge infine alla polverizzazione dell’io di Nietzsche (gioco di maschere), in campo teoretico, e al netto ridimensionamento della razionalità di Freud (dominato da pulsioni inconsce), in ambito psicanalitico.

Il postmoderno.
Juan Gris, 
Tavolo del musicista
Questo processo raggiunge il suo apice nel postmoderno, di cui trovo una descrizione critica nel libro di Roberto Mordacci, La condizione neomoderna⁴. Con riferimento al pensiero di Gianni Vattimo e all’eredità nietzschiana (le maschere) e heideggeriana (l’antiumanesimo) del pensiero debole, Mordacci arriva ad affermare: “Non più “umano”, il soggetto postmoderno non è più fondamento ma solo “comunicazione”. […] tuttavia la comunicazione, specie nella società ipermediatizzata, è per questa teoria una selva di giochi linguistici, tutti ugualmente legittimi, ma proprio per questo ugualmente illegittimi. […]. Secondo i postmodernisti, voler provare a discernere fra ciò che merita la nostra dedizione, o merita di essere protetto, e ciò che non lo merita è già violenza, “metafisica occidentale”, eurocentrismo, illuminismo e oppressione. […] Il pensatore postmodernista non può nemmeno invocare idee come quella di soggetto, individuo, per non dire addirittura “persona”. Sono costruzioni che hanno tentato di imporsi con la violenza della metafisica e vanno smantellate”⁵.
Juan Gris, 
Arlecchino
Due sono le conseguenze negative di questa morte del soggetto, di cui sperimentiamo ancora oggi l’onda lunga: da una parte il riflusso in fasulle identità forti (prima gli italiani, noi contro loro, fino ai recenti rigurgiti razzisti…), dall’altra parte il disimpegno di un io totalmente destrutturato, le cui opinioni sul piano etico valgono tanto quanto le sue contrarie, senza possibilità di ricorrere ad un criterio di giudizio condiviso. Il risultato è l’immobilità scettica di chi rinuncia a denunciare il sopruso e l’iniquità, incapace di difendere i bisogni degli individui, in nome di un relativismo nichilistico per cui tutto è egualmente accettabile nella pluralità delle prospettive⁶.

Il neomoderno e il ritorno del soggetto.
Eppure, secondo Roberto Mordacci, le diverse visioni del mondo non si equivalgono” sul piano morale e “vanno vagliate sia quanto  al rispetto fondamentale per le persone – un principio non negoziabile e tutt’altro che eurocentrico – sia quanto alla loro compatibilità in un determinato tempo e luogo a certe condizioni”⁷.
Juan Gris, 
La finestra aperta
Per questo si deve dare spazio ai tentativi di superamento dell’io postmoderno, ridotto a “una congerie scomposta di forze impersonali”⁸ coltivando la possibilità di un ritorno del soggetto. Si tratta di una soggettività pensata eticamente (non entità metafisica ormai dissolta, né cogito cartesiano dalle idee chiare e distinte), come razionalità capace di dare ordine alle esperienze e alle conoscenze, in grado di sottrarsi alla “deriva dell’irrazionale”, in vista della deliberazione e dell’azione: “Il gioco postmodernista della condanna di ogni forma di ragione è qualcosa che non ci corrisponde e che, soprattutto, non vogliamo più…”⁹. 
Juan Gris, Il libro
Mordacci fa riferimento ad una razionalità neomoderna, critica, costruttiva, che trova il suo parallelo nella prima modernità, collocata tra Cinquecento e Seicento, fino alla grande sintesi illuminista, una razionalità sottratta – secondo la sua proposta – alla critica postmodernista che ha per oggetto la Ragione onnicomprensiva delle grandi narrazioni della modernità ottocentesca, guidate da un unico principio sovra individuale: Progresso, Spirito, Emancipazione….
“Neomoderno” evoca quindi un doppio percorso: significa da una parte ritornare al ruolo critico della ragione che sa smascherare le falsità e sa argomentare, sostenere ed eventualmente condividere determinate tesi, non abdicando al suo ruolo e, dall’altra parte, vuol dire recuperare il valore di una ragione universale, che supera muri e steccati tra gli uomini, permettendo di considerare l’uomo nella sua universalità, come soggetto pensante.


Note.
1. Italo Calvino, Lezioni americane, Mondadori, Milano 2016, p. 121.
2. Ibidem, p. 122.
3. Ibidem, p. 114.
4. Roberto Mordacci, La condizione neomoderna,  Einaudi, Torino 2017.
5. Ibidem, p. 53.
6. Cfr. Ibidem, p. 59-60.
7. Ibidem, p. 60.
8. Ibidem, p. 90.
9. Ibidem, p. 91.
 

10 commenti:

  1. ...devo rileggere: non ci ho capito molto.

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  2. Ciao Gianni! Grazie per la tua lettura amicale... Se poi è anche doppia... Un abbraccio, Rossana.

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  3. Molto condivisibile, argomento complesso ma necessario per riflettere sulle numerose aree di pensiero del XX secolo.

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  4. E' così. Si tratta di un argomento - quello del soggetto - che attraversa "numerose aree di pensiero del XX secolo" (filosofico, letterario, artistico) e che ha oggi "l'urgenza" di essere ripensato, soprattutto per le grandi sfide, sul piano etico, che la contemporaneità ci presenta. Grazie per la condivisione di riflessioni.

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  5. Post interessante anche se molto complesso, almeno per me.
    Due veloci osservazioni su ciò che a tutta prima mi ha colpito.
    - Centratissimo il riferimento a Pirandello a proposito della dissoluzione del soggetto, e oltre al tema della maschera mi viene in mente "Uno, nessuno centomila".

    - Il rischio più pesante della nostra epoca mi pare sia proprio quello identificato in queste parole dell'articolo: "Il disimpegno di un io totalmente destrutturato, le cui opinioni sul piano etico valgono tanto quanto le sue contrarie, senza possibilità di ricorrere ad un criterio di giudizio condiviso". E' purtroppo ciò che, per tanti versi, sta accadendo.
    Grazie, cara Rossana, di questo sguardo sempre acuto e profondo che invita a riflettere.
    Buona domenica!!!

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  6. Ciao Annamaria. Come sempre hai colto il nocciolo di quello che volevo esprimere: in particolare l'antinomia (grande parola, che sa tenere insieme tesi opposte, entrambe legittime) tra la ricchezza di identità plurime (i tanti "io" che ci compongono) e l'esigenza di una razionalità che sappia dare ordine e orientare l'agire, evitando la polverizzazione del soggetto in tante esperienze slegate e fini a se stesse.
    Dissonanza e armonia... per usare un linguaggio che ti è caro.
    Grazie, ti abbraccio e buona domenica anche a te.

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  7. Invito alla riflessione, necessario in un tempo che ci vede sottoposti ad una omologazione conseguente al predominio di “ forze impersonali “. Quelle che hanno sostituito un “io eccessivo”. Necessario,infatti, lo stop ad un Soggetto egemonico...
    Ricominciamo con un soggetto “umile”. Grazie Rossana!

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    1. Nell'ottica di Roberto Mordacci il verbo giusto è proprio quello che tu utilizzi: "ri-cominciare", nel senso del riandare alle origini dell'età moderna e alla freschezza di una ragione critica, propositiva, e anche direi "umile" (non "eccessiva" come è accaduto nella assolutizzazione ottocentesca del Soggetto). Ne avremmo davvero bisogno... Un caro saluto.

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  8. Cara Rossana, sto segnando in agenda il testo di Roberto Mordacci. Dalla tua disamina, mi pare intrigante. Addirittura da leggere con gli amici delle cenette filosofiche. Grazie della segnalazione. Buona settimana.

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  9. Credo proprio che sarebbe una lettura feconda, capace di sollecitare nuovi percorsi per la contemporaneità. Sono felice di aver dato - eventualmente - il mio piccolo contributo alle "cenette filosofiche". Un abbraccio.

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