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mercoledì 5 gennaio 2022

Grandi sedentari.

Sedentarietà e viaggio, opposti riconciliati.
Post di Rossana Rolando
Immagini dei dipinti di Peter Ilsted, pittore danese vissuto tra il 1861 e il 1933.

Peter Ilsted, Donna che legge
Una famosa aneddotica, fiorita intorno alla figura di Immanuel Kant, descrive il filosofo sempre legato alla sua Königsberg, da cui non si sarebbe mai allontanato (se si escludono i soggiorni giovanili come precettore). Anzi, secondo un racconto biografico, l’unica volta in cui sta per intraprendere un viaggio, già in carrozza, voltosi a guardare le guglie della città, decide di tornare indietro. Naturalmente si potrebbe insistere sulla leggendaria monotonia del grande pensatore tedesco, sulla abitudinaria scansione della giornata, sugli orologi messi a punto all’ora della sua passeggiata… ma c’è una lettura che mi pare ben più interessante. La presenta, in una ricca conferenza sul viaggio - inserita al termine di questo post -, Claudio Magris, nel momento in cui, per opposizione, cita il valore della sedentarietà, riferendosi proprio a Kant.

💥 Nel tempo prolungato del covid, in queste stesse vacanze di Natale, molti hanno dovuto disdire viaggi e restare a casa. Perciò una riflessione sulla sedentarietà può risultare utile. Il termine richiama proprio la condizione di chi non si muove, rimane fisso in un posto, sta seduto (sedentarius da sedere = stare seduto). Può assumere una sfumatura negativa, quando si riferisce ad una certa pigrizia che trattiene dall’essere attivi. Ma, il latino sedere richiama anche l’idea del piantare, dello stare, del risiedere, quindi evoca la stabilità dell’abitare. Sempre Magris, racconta come, al ritorno da ogni viaggio, anche quando sa di dover ripartire in giornata, disfa comunque la valigia, suscitando il riso dei suoi familiari, proprio per ribadire a se stesso che la casa è la normalità – pur continuamente violata dalle ricorrenti partenze - ovvero il luogo in cui ri-siedere.

Peter Ilsted, Guardando fuori dalla finestra
💥
Certo la sedentarietà di cui parliamo non è quella angusta della difesa del proprio spazio identitario, della propria “zolla”, ma è riferita a grandi spiriti sedentari, che interiorizzano il senso del viaggio (interiore, esistenziale, conoscitivo), pur rimanendo fermi in un solo luogo¹ o che addirittura sentono la propria condizione di uomini in viaggio (homo viator), destinati a non avere un luogo in cui poter pienamente vivere.
A questo proposito mi paiono eloquenti due scritti di Natalia Ginzburg tratti da Mai devi domandarmi: il primo ironico, malinconico, umanissimo, dedicato alla casa; il secondo, meno personale – ma in realtà personalissimo, come rivela la postfazione – volto a descrivere i cosiddetti viaggiatori maldestri.²
 
💥 La casa. Nel racconto di apertura, scritto nell’ottobre del ’65, si narra la ricerca di una casa a Roma, con tutte le considerazioni, i ripensamenti, i tentennamenti della stessa Natalia G., del marito, dei figli, di suocera e cognato, ma soprattutto si concettualizza la dimensione della casa in modo ambivalente: da una parte è simile a una tana, un luogo in cui rifugiarsi, “come in una calza vecchia” per trovare rassicurazione, quando si è tristi; dall’altra parte, è un posto inesistente, perché è impossibile reperire un luogo in cui sentirsi a casa, nel senso più profondo dello stare bene con se stessi, non in fuga dal proprio detestabile io.
Alla fine del racconto vince la prima visione e la casa, comprata a Roma, in centro, vecchia e con molti difetti, ha però, quel carattere di tana, per molti versi tanto agognato.³
 
Peter Ilsted, Giovane donna in abito bianco vicino alla finestra
💥
Viaggiatori maldestri. L’articolo, pubblicato su “La Stampa”, nel novembre del ’69, ha un significato analogo, pur nella apparente diversità. Descrive una doppia tipologia di viaggiatori: per un verso, coloro che intraprendono i loro percorsi itineranti con passo spedito e sicuro, desiderosi di nuove scoperte; per l’altro verso, coloro che non vorrebbero mai partire - “animali sedentari” - e quando lo fanno cercano di riproporre, nel luogo in cui arrivano, le condizioni di protezione che presumono di aver lasciato e tentano di trasformare gli alberghi in cui soggiornano “in una dimora perenne”.
Proprio questi viaggiatori maldestri, incapaci di essere semplicemente dei turisti, sono in cerca di una residenza sicura che avvertono di non avere, non essendo tale né il luogo che hanno lasciato - a cui non vogliono infatti fare ritorno, temendo che in loro assenza possa essere accaduto qualcosa di estraneo e a loro ostile – né il posto che hanno raggiunto. Perciò si sentono come profughi ed emigranti, ovunque precari.

💥 Conclusione. Forse il valore della sedentarietà – così vissuto da grandi filosofi e scrittori – sta nel movimento esistenziale di chi si considera sempre in viaggio anche senza mai partire: verso nuove conoscenze o esplorazioni di senso e valore (le tre Critiche di Kant!) o verso un punto saldo a cui poter davvero ancorarsi (la “dimora perenne” della Ginzburg!).

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💥 Note. 
1. Della sua città Kant scrive: “Una grande città, al centro di uno Stato, in cui si riuniscono gli organi di governo di esso, che ha un’università (per la cultura scientifica) e che è sede di commercio marittimo, collegata per via fluviale con l’interno e con i paesi vicini di diverse lingue e costumi, una simile città, com’è Königsberg sul Pregel, può essere ritenuta adatta allo sviluppo della conoscenza degli uomini e del mondo anche senza viaggiare” (Manfred Kuehn, Kant. Una biografia, ed. Il Mulino 2011. p. 97).
2. Natalia Ginzburg, Mai devi domandarmi, Einaudi, Torino 2021.
3. Ibidem, pp. 3-17.
4. Ibidem, pp. 84-87.

8 commenti:

  1. L'ultimo dipinto che hai pubblicato, "Giovane donna in abito bianco vicino alla finestra", mi colpisce per due motivi. Il primo è che sì, la donna è alla finestra, ma guarda da fuori verso un interno e questo mi fa pensare alla ricerca della propria interiorità.
    Il secondo elemento è l'abito bianco che mi ha ricordato Emily Dickinson e la sua sedentarietà, il suo vivere in una stanza nella quale ha trovato il mondo. Poi, gli spunti di riflessione che ci hai offerto sono molteplici.
    Grazie, cara Rossana, e un abbraccio di Buon Anno!

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    Risposte
    1. Grazie a te,cara Annamaria, per le notazioni che proponi. Il riferimento a Emily Dickinson è molto opportuno. Non è un caso che Natalia Ginzburg,nel libro che ho citato, riprenda anche un articolo dedicato alla sua figura. Racconta di una sua visita ad Amherst, il paese in cui Emily è nata e vissuta, descrive la sua casa, parla del vestito bianco e sottolinea la sua volontaria scelta di solitudine, "inesorabile e tragica":
      "questa è la mia lettera al mondo
      che non scrisse mai a me".
      Un abbraccio e Buon Anno!

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  2. Grazie!
    (io lo sono, sedentaria convinta al gusto della sedentarietà. La casa per me è tana, con un suo potere taumaturgico, lenitivo, confortante, che offre una preziosa compagnia).

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  3. Grande Laura! Oggi poi, le possibilità di "viaggiare" rimanendo a casa sono molteplici e arricchenti (libri, audio, videoconferenze, musica, musei virtuali...).
    Anche a me è piaciuta molto la rappresentazione della casa come "tana", nei significati che tu esprimi e che condivido.
    Un abbraccio e Buon Anno!

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  4. Il post è già completo di tutto. Il punto focale, per me, sta nella capacità di viaggiare con il pensiero. In essa si combinano immaginazione ed intelletto…ed è diletto, ma anche effetto di novità ed invenzioni.
    A confronto, quante sciagure dal turismo vanitoso e vanaglorioso, pendant di un viaggiare frivolo ed inutile (dannoso, poi in effetti).
    Nella modestia, di grande impatto, cara Rossana.

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  5. Sì, è proprio come tu dici. Ci si può anche molto agitare, senza muoversi davvero e,viceversa, si può incontrare il nuovo leggendo un libro, pur rimanendo fermi fisicamente.
    Grazie Rosario del tuo sostegno affettuoso. Un abbraccio a te e Liliana.

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  6. Grazie per questo post e per le immagini che aiutano ad interiorizzare ancor meglio le parole.
    In questo periodo la mia indipendenza e libertà di movimento è molto limitata per problemi famigliari ed effettivamente la tua riflessione mi aiuta a considerare i miei spostamenti possibili in altri modi e poi mi ha richiamato alla mente i tanti “viaggi” fatti con la nostra amica Lorenza. Nonostante la sua malattia che la costringeva a letto, insieme abbiamo condiviso la nostra interiorità e viaggiato e sognato insieme.
    Grazie e buon anno, di vero cuore a te e a Gian Maria
    Patrizia

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  7. Ciao Patrizia! Grazie a te per aver ricondotto il post al tuo vissuto, anche ricordando la cara Lorenza e la ricchezza interiore che ha saputo esprimere e condividere nell'amicizia, nonostante le condizioni "estreme" di forzata sedentarietà.
    Buon anno anche a te e Giuseppe, da parte nostra, con affetto.

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