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venerdì 21 gennaio 2022

Eros... sempre.

Anne Carson e le molteplici sfaccettature dell'Eros.
 Post di Rosario Grillo
Immagini delle opere di Gabriel Pacheco (qui il sito instagram),

Gabriel Pacheco
“ Desiderio! La tua intensità mi trafigge
il petto.
Tu rendi possibile l’impossibile
partecipi della natura dei sogni - come può essere?
Sei complice dell’irreale
e ti accompagni al nulla
(W. Shakespeare, il racconto d’inverno).
 
In una breve storiella Kafka descrive il filosofo nella figura dell’appassionato al gioco della trottola.
Più da vicino: è, costui, inesorabilmente attratto dal gioco infantile della trottola quando interrompe i bambini, per il gusto “frenetico” di girare, lui, la trottola. Ma, altrettanto “bruscamente”, getta poi via, indispettito, la trottola.
Il gioco e l’attrazione, con il goffo finale, si ripeterà giorno dopo giorno.
È il ritratto della follia.
 
💥 Fermiamoci un attimo. La follia: non nel segno dell’irrazionale, dell’opposto alla ragione; ma nel segno del “di più della ragione e/o del diverso da essa. (1)
Furono i greci, a cominciare dai poeti, a scoprire tale virtù, rappresentandola nei versi riferiti ad Eros. (2)
Da Saffo ad Archiloco, nel magma delle vicende amorose,è  descritta un’azione di Eros, che, al culmine, viene riassunta e spiegata dai dialoghi di Platone (in specie nel Convivio e nel Fedro).
 
Gabriel Pacheco
💥 Con un background di spessore, costituito da studi di letteratura comparata e di antropologia, messi a frutto in attività poetiche e in saggi, Anne Carson ha dedicato un lavoro per sviluppare le molteplici sfaccettature di Eros.
Punto di partenza (e di arrivo) la sua natura ambivalente che si esplicita nell’attributo rivelatore assegnato da Saffo: il dolceamaro. Eros il dolceamaro: il titolo dell’opera. (3)
Sale per sentieri affascinanti la Carson, deponendo considerazioni di grande significato sulla cultura omerica, sulla natura della religione olimpica, sulla eterogeneità dentro le vicende erotiche, dentro l’universo degli dei e dentro il teatro umano. Si concentra, in modo particolare, sul significato della nascita della scrittura. (4)
 
💥 Proprio la scrittura rivela la differenza tra un sapere orale che conserva la genialità (da Genius): ovvero il momento creativo, contrario ad ogni cristallizzazione, e il sapere codificato nella scrittura. La scrittura risulta asservita all’utilità della memoria, alla legge della trasmissione tra i lettori ed ai posteri .
Di grande impatto, la messa in luce dell’operare per la messa a punto delle lettere: per la loro combinazione e per la loro metrica.
Ne emerge, attraverso il confronto tra Lìsia e Socrate, l’inconciliabilità tra la possibilità di sezionare il testo e di percorrerlo in avanti, dall’inizio alla fine, o all’indietro, dalla fine all’inizio, e di iniziare dal mezzo; e l’obbligo invece di rispettare l’organicità, l’unità, che poi è fluidità: lingua orante.
Fa la sua comparsa la tecnica, che porta il timbro dell’artificio, di qualcosa che viene da fuori, che non rispetta, che anzi lacera l’unicum.
 
Gabriel Pacheco
💥 Interviene qui la questione tempo. Dentro di essa si inseguono Platone, Sant’Agostino, Kierkegaard e più avanti la fisica di Heisenberg.
Focalizzo soprattutto l’immensità del confluire tra l’istante e l’eterno, tra l’ora e il sempre, l’inconciliabilità tra l’inizio e l’iniziato, tra l’ora e il poi, tra il presente eterno e il passato/futuro.
(Sto descrivendo non un presente effimero, che è per non essere, fatalmente instabile su questo crinale, ma il presente permanente, che annulla quindi ogni cronologia).
Le riserve che il Socrate platonico avanza nei confronti del sapere scritto colpiscono proprio tale meccanismo: un artificio che vale nel tempo e per il tempo, che affronta la durata temporale e permette le interruzioni/intermittenze temporali.
Lapidariamente Kafka argomenta: “Se si pensa l’eterno, esso è il presente come la successione tolta, mentre invece il tempo era la successione che passa” e, se è così, “il presente e l’istante non possono essere cifra dell’eterno” (5) anzi l’istante ne è la parodia.
 
💥 Il nodo problematico cui rinvia Eros - ed è come dire Logos - (6) è il desiderio, e, dentro la sua sfera, la triade tra l’amante, l’amato e la mancanza. Da qui: l’amaro che si aggiunge al dolce. Dolce, il desiderio che si muove verso l’amato (il bene), urtante o lancinante il momento del riconoscimento dell’assenza… il bisogno di…, fine ricercato: l’amato.
In un continuum che si prolunga all’infinito, perché d’infinito si tratta. Prendono forma sostanziale, qui, i concetti che Platone tratta nei dialoghi critici (Parmenide, Il Sofista) e riguardano la dialettica. In essa, la relazione tra diairesis (divisione) e συναγωγη (raccolta o sintesi), la ricerca delle giunture, la conferma delle della relazione.
Si mettono in risalto le ali del desiderio e si riconosce il luogo del desiderio: l’anima.
 
Note
Gabriel Pacheco
(1) Risparmio qui il lungo discorso che si potrebbe fare sulla funzione paidetica della follia, svolta nel corso dei secoli.
(2) Bisogna accettare per intero la latitudine dell’Eros greco, inerente l’amore dei giovani, tra i giovani, di adulti verso giovani sconfinante nella pedofilia e nella omosessualità, dell’amore lesbico, nel simposio e nell’educazione dei giovani (paideia ed anche addestramento fisico).
(3) Anne Carson, Eros il dolceamaro, Utopia.
(4) Va ricordata la celebre sentenza di Platone, descritta nel mito di Theut.
(5) Kierkegaard, Il concetto dell’angoscia, pp. 94-5
(6) Spostando il conoscere dall’ astratto e riempiendolo di relazione concreta, si riconosce la matrice del desiderio che si rispecchia nella meraviglia. Si entra in un terreno dove contemplazione sta all’unisono con il progredire morale, salendo per i gradini della illuminazione.

1 commento:

  1. In "Frammenti di un discorso amoroso" di Roland Barthes, vi sono brevi pagine dedicate al legame tra amore e pazzia. Leggo e trascrivo questo passo: "Si dice che ogni innamorato sia pazzo. Ma si può immaginare un pazzo innamorato? No, certo. Io ho solamente diritto a una follia povera, incompleta, metaforica: l'amore mi rende 'come' pazzo, ma io non comunico con il soprannaturale, non sono pervaso dalla sacralità; la mia follia, semplice stoltezza, è piatta, per non dire invisibile; per di più, la cultura l'ha totalmente addomesticata: essa non fa paura.(E tuttavia è proprio nello stato amoroso che certi soggetti pieni di buonsenso intuiscono che la follia è lì davanti, possibile, vicinissima: una follia che travolgerebbe l'amore stesso)."
    Mi pare calzante. Grazie, Rosario, per il tuo post, ricco di rimandi, su un tema tanto suggestivo! Un abbraccio.

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