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venerdì 27 novembre 2020

Pietro Chiodi, un testimone.

Pietro Chiodi “si è dedicato alla filosofia per la stessa ragione per la quale fu partigiano combattente: per difendere la libertà e la dignità".

 Post di Rosario Grillo.

Pietro Chiodi

Viviamo tempi critici se qualcuno scrive: Oggi il diritto è diventato pretesa e il narcisismo diffuso, triste lascito del Sessantotto e ancor più dei movimenti successivi, ci ha portato fino all’ossessione dei selfie o dei finti dibattiti televisivi. Ormai, grazie all’elettronica, tutti noi, anche i più renitenti, siamo diventati mosche prigioniere in una rete di rimandi che più si estende più ci invischia. Lo specchio della Regina di Biancaneve è il nostro emblema. Abbiamo sempre più difficoltà a misurarci con l’altro da noi e a obbligarci nei suoi confronti. Che altro c’è alla base dei sovranismi, dei respingimenti, dell’indifferenza per i bisogni del prossimo, delle fatue ed egoistiche rivendicazioni di autonomia sanitaria (“io la mascherina non la metto!”) se non il rifiuto, il fascista me ne frego, di riconoscere l’umanità degli altri?(1)

Il rimando al nome di Pietro Chiodi mette in moto il mio bagaglio mnemonico, dal quale ripesco: un lettore della filosofia kantiana, un esponente di un esistenzialismo italiano (corrente poco conosciuta, composta dei nomi di Nicola Abbagnano, Enzo Paci, L. Pareyson, C. Fabro).

Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny
Il nodo chiave, tuttavia, si aggruma attorno alla testimonianza politica di P. Chiodi: la partecipazione alla Resistenza. Il caso, oltremodo emblematico, per mettere a fuoco la sterile disapprovazione del disimpegno degli intellettuali italiani nella temperie del fascismo (2), dà modo di provare il legame tra la filosofia - con essa la cultura tout court - e la vita.

Permette inoltre di allargare lo sguardo alla realtà regionale dell’Italia, incrociando il verecondo Piemonte, sempre misurato nelle esternazioni dei moti d’animo; in prima linea, non solo per fatto geografico, nella battaglia resistenziale. Ci conduce con immediatezza al rapporto Chiodi-Fenoglio.

Chiodi fu giovane maestro di Fenoglio nel liceo di Alba, ritratto perciò, sotto il nome di Monti, nel romanzo: Il partigiano Johnny.

All’interno di quel liceo, Chiodi metteva in risalto la primitiva resistenza del maturando Fenoglio, determinato a presentare il foglio in bianco alla prova d’esame reagendo al tema imposto dal regime. (3)

Punto d’attacco di un rapporto che si completerà nelle fila della Resistenza, dove, schierati in gruppi diversi, si confronteranno sul primato della democrazia, al di sopra di ogni opzione partitica.

Ecco il perché dell’andare “verso le somme colline, la terra ancestrale che l’avrebbe aiutato nel suo immoto possibile, nel vortice del vento nero, sentendo com’è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana (4).

La linea “normale (della) dimensione umana: dove normalità non è segno di accomodamento o compromesso, è causa invece di una universale humanitas, intrisa di dignità, fusa con il valore insostituibile della libertà.

Nicola Abbagnano
Chiodi ebbe come maestro Nicola Abbagnano, che così lo ricordava nel 1970 (5): si è dedicato alla filosofia per la stessa ragione per la quale, durante la lotta di Resistenza, fu partigiano combattente: per difendere la libertà e la dignità dell’uomo. Con un’indagine spregiudicata e rigorosa la filosofia deve mettere in luce i mezzi di cui l’uomo dispone per difendere e realizzare l’autentica umanità dell’uomo e per denunciare e smascherare ogni tentativo di evasione da una ricerca diretta in questo senso. Heidegger era il filosofo prescelto da Chiodi per l’approfondimento, prescindendo dalla sua scelta politica, focalizzando da una parte il problema del linguaggio e dall’altra il legame che aveva con Kierkegaard. (6)

Lo scenario: nella storia con la S maiuscola, banco di prova del cimento della libertà, terreno di concretazione della dignità umana.

Riporto a conferma uno stralcio della prolusione al corso di filosofia, da lui tenuta all’università di Lecce. “Indagare un fatto storico significa indagare una possibilità che è stata, cioè il risultato di scelte nel quadro di progetti. La storia non va né ‘di bene in meglio‘ né ‘di male in peggio‘ né ‘sempre allo stesso modo‘, e ciò perché la storia non va in alcun modo: non va in alcun modo perché è via via fatta andare dai progetti umani come risultato della loro collaborazione o del loro scontro. Ecco perché la storia non conosce continuità o svolgimento necessari, ma rotture, salti, riprese. (7)

Una conferma piena dell’impegno umano alla Libertà, cifra dell’indeterminismo della Storia.

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Note.

(1) ripreso da https://volerelaluna.it/ del 17/10/20, Maestri traditi.
(2) All’obbligo del giuramento imposto dal regime furono in pochi, com’è noto, a sottrarsi.
(3) Episodio riportato da Chiodi è ripreso in ABDELHALEEM SOLAIMAN, Il DNA di un intellettuale dilettante e outsider:  sulle tracce dell'engagement di Beppe Fenoglio p. 5.
(4) Il partigiano Johnny.
(5) Chiodi morì prima del maestro, per un’artrite reumatoide, lascito delle privazioni della lotta partigiana.
(6) Nella figura del prof. Monti Fenoglio ritraeva Chiodi e così narra : "Figlio mio, Kierkegaard può benissimo esaurire una vita- E J. - Io sono un orecchiante, ma... è igienico darsi a Kierkegaard di questi tempi? Monti sospirò, nella ineluttabilità della prestazione professionale: - Vedi, l’angoscia è la categoria del possibile. Quindi è infuturamento, si compone di miriadi di possibilità, di aperture sul futuro".
(7) https://www.rivistailmulino.it/  del 22/10/20 P.Chiodi.

2 commenti:

  1. Caro Rosario, sempre ci e mi sorprendi. Bel post: ardente, appassionato, sincero. Ho conosciuto Pietro Chiodi all’Università di Torino, come pure Abbagnano, Pareyson, Vattimo, Cambiano, Riconda ecc…. Con Chiodi ho dato due ottimi esami - se ben ricordo alla vigilia del ’68 - in un contesto di intelligente partecipazione e non fittizio ascolto da parte sua. Lo ricordo come uomo schivo, capace di autentica attenzione nei riguardi di noi studenti, persona di grande umanità e di profonda cultura ma per nulla saccente, al contrario del tronfio snobismo di certi professoroni, causa non prima ma non ultima delle nostre ire sessantottine di poco dopo… Grazie: un inaspettato (almeno per me) omaggio che veramente Chiodi si meritava a 50 anni dalla sua morte. E’ bene ricordare a noi ed ai giovani che «ogni generazione deve riguadagnarsi la propria umanità». E’ bene che tutti i docenti, i specie di filosofia, non dimentichino mai che il compito del filosofare significa assumersi l’impegno di «sentinella non della realtà dell’essere, bensì dell’umanità dell’uomo».

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    1. Caro Gian Maria, ti rispondo qui ringraziandoti del tuo commento. Ti sei accorto che ho voluto associare a Chiodi tutto un ambiente : quello del “verecondo Piemonte “, dove tu sei compreso.
      La nostalgia è profonda, accentuata dalle “ sbandate” continue degli organi d’informazione ( che hanno il predominio nella formazione dell’opinione pubblica).
      So che condividiamo la linea del “ rompere le fila” e, ringraziandoti, ne sono confortato.
      La qualità dell’uomo e del sodalizio mi spingono a farne capitolo di ripensamento “del modo di essere e di fare”.
      Uno specifico grazie a Rossana, che ha collaborato alla buona riuscita, aggiungendo un video di grande peso.

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