"Persona e Comunità" è un blog di riflessione culturale, filosofica, religiosa, pedagogica, estetica. Tutti gli articoli sono scritti da: Gian Maria Zavattaro, Rossana Rolando, Rosario Grillo.
In cosa crede chi non
crede? è un libretto, riedito da Bompiani nell’aprile 2014
(quando Eco era ancora tra noi e Martini era morto due anni prima, nel
2012), che riprende un dialogo epistolare intercorso tra Martini ed Eco nel
1995-96, pubblicato sulla rivista Liberal
e poi in un piccolo volume tradotto in 16 paesi.
Si
tratta di quattro scambi (in tutto otto lettere) sulle seguenti tematiche: il
senso e il fine della storia; l’inizio della vita umana e il problema dell’aborto;
il ruolo della donna nella chiesa e la questione del sacerdozio femminile; i
fondamenti di un’etica laica e le convergenze etiche tra credenti e non
credenti.
Umberto Eco
Mi
soffermo su quest’ultimo aspetto. E’ Martini ad impostare il colloquio su
questo tema, ponendo il problema e chiedendo ad Eco qual è “il fondamento ultimo dell’etica per un laico,
nel quadro del ‘postmoderno’. Cioè, in concreto […],quali ragioni dà del suo agire chi intende
affermare e professare principi morali, che possono richiedere anche il
sacrificio della vita, ma non riconosce un Dio personale?” (pp. 93-94). Martini
prosegue chiarendo il suo pensiero. Egli non intende affatto negare la
possibilità concreta di comportamenti moralmente retti da parte del laico non
credente, ma vuole domandare la giustificazione teorica di tale retto operare. Il
confronto, nell’ottica di Martini, potrebbe portare ad una più intensa e
proficua collaborazione su temi eticamente rilevanti tra credenti e non
credenti, soprattutto in quegli spazi che esulano dai territori delle leggi
civili e penali e toccano le relazioni interpersonali e la responsabilità verso
gli altri.
Pinturicchio, Disputa di Gesù con i dottori del Tempio, particolare (Cappella Baglioni, Spello)
Martini insiste soprattutto sull’etica dell’alterità: quali ragioni
ha un laico non credente per preferire “l’altruismo, la sincerità, la giustizia,
il perdono dei nemici […], anche a costo della vita, ad atteggiamenti contrari?”.
Certo l’appello alla dignità umana può essere condiviso da credenti e non
credenti, ma – conclude Martini – che cosa fonda tale dignità “se non il fatto
che ogni essere umano è persona aperta verso qualcosa di più alto e di più
grande di sé? Solo così essa non può essere circoscritta in termini
intramondani e gli viene garantita una indisponibilità che nulla può mettere in
questione” (p. 102).
Pinturicchio, Disputa di Gesù con i dottori del Tempio, particolare
Raccolto
il tema del dibattere Eco propone le sue risposte. Inizia con il confermare l’ultima
affermazione di Martini, relativamente ad una forma di “religiosità” laica,
utilizzando queste belle espressioni: “fermamente ritengo che ci siano forme di
religiosità, e dunque senso del sacro, del limite, dell’interrogazione e dell’attesa,
della comunione con qualcosa che ci supera, anche in assenza della fede in una
divinità personale e provvidente” (p. 107). Quindi Eco procede sul terreno
proposto da Martini per discutere se, a partire da questi presupposti, sia
possibile la fondazione di un’etica laica. Le argomentazioni sono di due
ordini.
Pinturicchio, Disputa di Gesù con i dottori del Tempio, particolare
La
prima riguarda la presenza di nozioni universali che prescindono dall'appartenenza ad una fede e possono avere una valenza
in termini di fondazione etica. Eco non ricorre all’argomento illuministico
della comune ragione umana in cui sarebbero inscritti principi morali
universali: tesi che non ha retto i colpi dello sgretolamento postmoderno. Egli
sostiene invece l’universalità della percezione che noi uomini tutti abbiamo
del nostro corpo, delle azioni mentali e fisiche che lo riguardano. “Pertanto
(e già si entra nella sfera del diritto) si hanno concezioni universali circa
la costrizione: non si desidera che qualcuno ci impedisca di parlare, vedere,
ascoltare, dormire, ingurgitare, espellere, andare dove vogliamo; soffriamo che
qualcuno ci leghi o ci costringa in segregazione, ci percuota, ferisca o
uccida, ci assoggetti a torture fisiche o psichiche che diminuiscano o
annullino la nostra capacità di pensare”. E’ in base a questi diritti del corpo
che si può fondare un’etica del rispetto della mia e dell’altrui corporalità.
Quello che io desidero per il mio corpo è desiderato dall’altro - che è corpo
come me - per il suo corpo e quindi “la dimensione etica inizia quando entra in
scena l’altro” (p. 111).
Pinturicchio, Disputa di Gesù con i dottori del Tempio, particolare
La
seconda argomentazione posta a fondamento di un’etica laica è invece radicata
nella finitezza e nell’impossibilità da parte del non credente di pensare una
prospettiva ultramondana: amare gli altri può diventare così il modo per dare
un senso alla propria esistenza, per lasciare qualcosa di sé dopo la morte, per
trasmettere un’eredità, un esempio. E così, con un aneddoto, Eco racconta di
quel suo amico che un giorno, celebrando la figura del papa Giovanni XXIII, gli
disse: “Papa Giovanni deve essere ateo.
Solo chi non crede in Dio può volere tanto bene ai propri simili” (p. 114).
Anzi, secondo Eco, proprio la finitezza senza prospettiva ultraterrena del
laico non credente, può indurre quest’ultimo a chiedere perdono agli altri per
il male compiuto e a perdonare a sua volta, perché non essendoci un oltre in
cui venir perdonati, tutto si decide in questa vita e solo l’altro può liberare
dalla pena, altrimenti disperata e senza alcun rimedio, del male compiuto.
Pinturicchio, Disputa di Gesù con i dottori del Tempio, particolare
Né
Eco si sottrae alla considerazione – anticipata da Martini – della provenienza
religiosa di una concezione e di un atto come il perdono. Egli conclude con pagine molto alte sulla
figura di Cristo, il cui esempio può valere anche per il laico non credente: “se
Cristo fosse pur solo il soggetto di un grande racconto, il fatto che questo
racconto abbia potuto essere immaginato e voluto da bipedi implumi che sanno
solo di non sapere sarebbe altrettanto miracoloso (miracolosamente misterioso)
del fatto che il figlio di un Dio reale si sia veramente incarnato. Questo
mistero naturale e terreno non cesserebbe di turbare e ingentilire il cuore di
chi non crede” (p. 122). E, ancor prima: “Se fossi un viaggiatore che proviene da lontane galassie e mi trovassi di fronte a una specie che ha saputo proporsi questo modello, ammirerei soggiogato tanta energia teogonica, e giudicherei questa specie miserabile e infame, che ha commesso tanti orrori, redenta per il solo fatto che è riuscita a desiderare e a credere che tutto ciò sia la Verità” (pp. 121-122).
Ce
n’è abbastanza per continuare il dialogo.
Pinturicchio, Disputa di Gesù con i dottori del Tempio, Cappella Baglioni, Chiesa Collegiata di Santa Maria Maggiore, Spello (Perugia)
Questo scritto è bellissimo. Fa vibrare di commozione intelligente il lettore/la lettrice. Grazie. Anzi, un grazie doppio per aver ricordato il pensiero di "giganti" quali il card.Martini e Umberto Eco e per aver accostato alle loro considerazioni i quadri del Pinturicchio. Buon fine settimana.
Grazie! Sì, un confronto – quello tra Martini ed Eco – gestito in maniera esemplare ed oltremodo rispettoso della diversità. Molto interessante per chi ha il gusto del dialogo. Buona domenica.
Questo scritto è bellissimo. Fa vibrare di commozione intelligente il lettore/la lettrice. Grazie. Anzi, un grazie doppio per aver ricordato il pensiero di "giganti" quali il card.Martini e Umberto Eco e per aver accostato alle loro considerazioni i quadri del Pinturicchio. Buon fine settimana.
RispondiEliminaGrazie! Sì, un confronto – quello tra Martini ed Eco – gestito in maniera esemplare ed oltremodo rispettoso della diversità. Molto interessante per chi ha il gusto del dialogo. Buona domenica.
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