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domenica 6 novembre 2016

Dentro la psiche.

Una rivisitazione dell'inconscio che supera la sua erronea limitazione alla sfera del puro istinto e procede oltre la lettura pansessualista – molto lontana dal vero Eros - per trovarvi le radici di una originaria mancanza e di un desiderio profondo di Alterità.
Di Rosario Grillo.
SINTOMO ED INCONSCIO.
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Stanchezza
Il “sintomo” è la manifestazione della malattia, secondo il linguaggio semplice dei medici. Eppure la sua indagine etimologica ci porta alla soglia di una casualità, di una “coincidenza (simptoma, simpiptein), dove l’accento cade su quel sin (con), quindi sulla compartecipazione.
Risalendo per questa via si ha la possibilità di riconoscere nella natura psichica una ambivalenza (passività/attività – presenza/assenza) densa di prospettive.
Ci serve, a tal fine, seguire il percorso di Freud, maestro della psicanalisi. 
Nel “complesso d’Edipo, Freud poneva il test d’ingresso alla vita adolescente, gradino verso la conquista della maturità. In esso, attraverso connotati mitologici, si accentrano le pulsioni libidiche legate al principio del piacere, culminanti nel desiderio incestuoso di possedere la madre.
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Il bacio
Freud stesso metteva in luce che l’epigono/epilogo della vicenda era nel momento della contrapposizione e contemperanza del “principio di realtà, propedeutico a l’ingresso nella società.
Occorre far chiarezza sul “principio di realtà, che, sbrigativamente, è stato letto come un residuo di “positivismo.
Nello stesso tempo, l’analisi del “principio del piacere riconosce che vi si è trasfuso un pansessualismo, molto lontano dal vero Eros. Si è aperta la strada, così, al consenso illimitato al piacere sessuale, rompendo gli argini con l’inganno di realizzare libertà e disinibizione, di trionfare dei tabù.
Non si è rispettata, così, la mescolanza concentrata nell’inconscio di istinto e ragione, desiderio e mancanza (vi è forse dialettica?).
L’inconscio, rivelazione della psicanalisi freudiana, fondata sulla terza deantropomorfizzazione (dopo Galilei e Darwin).
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Al Salon di rue des Moulins
Ed in effetti, l’inconscio testimonia che “l’io non è padrone in casa sua, quindi implica e pratica un Io “limitato”, complementare ad un soggetto debole.
Però, dopo il cammino esaltante del Soggetto moderno, esplorato dalla filosofia e dalla scienza moderne nelle sue competenze conoscitive, tecniche ed etiche, occorre dare la giusta interpretazione di tale debolezza. Essa non nasce da vincoli di autorità o da status di eteronomia; è, invece, la risultanza di una “mancanza”, bisogno di alterità, consapevolezza di natura divisa: in-divido.

DARE VOCE A L’INCONSCIO. 
Henri de Toulouse-Lautrec, 
La passeggera della cabina
Facendo cadere i tabù de l’età vittoriana, oltre la cifra univocamente sessuale de l’inconscio, si superano le ossessioni, le nevrosi legate alla rimozione, e si disvela l’interiorità, mai disgiunta da l’Altro...
Si avverte, anche, un senso di trascendenza: no alla natura onnipotente e smisurata di un io, chiuso nella sua immanenza, sì all’io limitato dall’inconscio, reso completo dalla trascendenza de l’Alterità.
La qualità desiderante dell’Io, assunta attraverso l’inconscio, dispone il soggetto alla volizione, alla creazione, al rischio, al futuro, ma si correla a lacune e vuoti: il peso del finito, del limite. Questa compenetrazione ci rivela l’influenza de l’io sul caos dell’inconscio fluente, esercitato attraverso l’azione del simbolico. Congiuntamente porta chiarezza sulla funzione de l’inconscio, che, in prima istanza, è la materia, in chiave di “mater primordiale”.
Henri de Toulouse-Lautrec,
In una stanza privata 
presso il Rat Mort
La rottura di tale simbiosi, nel corso del dibattito e sotto l’influenza delle mode sociali, ha provocato paura de l’inconscio e quindi la necessità della sua sterilizzazione (sublimazione forzata) fino a l’inibizione totale. Oppure, coincidentia oppositorum, ha implicato esaltazione incondizionata ed unilaterale delle pulsioni libidiche, foriera di un costume libertario ed individualistico, tutt’uno con una morale licenziosa. Può aver comportato dismisura dell’io, artefice onnipotente, tronfio delle sue doti di scienza e di tecnica.

ERRORI E SVIAMENTI. 
Sull’inconscio ha pesato  a lungo l’errore che esso fosse solo “passione”, forza oscura e primitiva, puro istinto. Da fronteggiare quindi con disciplina e vincoli, elevando la capacità plasmatica della morale perbenista e perfezionista.
In questa chiave di lettura è insito il margine di preponderanza dell’Io, artefice del lavoro di modellamento sociale.
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Aristide Bruant
Ne è scaturita la lettura del complesso di Edipo funzionale al ruolo primario del ruolo del padre, incarnazione del codice sociale “reale”. Squilibrio in linea con il maschilismo imperante.
Erratico, soprattutto, l’approccio alla società di massa con una fibra psichica così fragile, priva di una relazione virtuosa tra inconscio ed io.
La società di massa, così tentacolare nel suo tripudio di conformismo, di pensiero unico e d normalizzazione! È diventata così luogo d’esercizio di un io megalomane, tentato da fini di narcisismo e di egocentrismo.
Tutt’al più, è diventata luogo di una simmetria tra strumentalizzazioni massificanti ed ambizioni cesaristiche.
In aggiunta, nel seno della società di massa, ha avuto la maggiore il ruolo  della ragione strumentale, livellatrice.
Ne è scaturita la rivendicazione smisurata di diritti individuali, non accompagnata da senso del dovere, fino a sconfinare in una squilibrata serie di opportunismi.

LA PAROLA.
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Modella a riposo
Già altrove ho scritto della qualità fantastica del bambino, riflessa nel suo linguaggio (la magia della parola).
Quale miglior documento per testimoniare che la parola nasce dalla sfera de l’inconscio ed articola le sue pulsioni! Ecco perché l’analista deve cercare la via de l’interpretazione dentro il processo dell’analisi, al fine di decifrare le pulsioni del paziente ed avvicinarsi ai “punti di rottura”, causa di nevrosi.
Il linguaggio ha una insostituibile funzione sia nella costruzione sia nella comunicazione del Soggetto. Bisogna, per questo, lasciarlo esprimere, facilitando  maieuticamente l’armonia di tutte le sue facoltà, a cominciare da l’immaginazione/fantasia per finire alla razionalità.
Henri de Toulouse-Lautrec, 
Due amiche
Maggiore attenzione va posta su l’uso del linguaggio logico-formale, strettamente concettuale. Il secondo tende a rinchiudere il linguaggio in una “camicia di forza”, privandolo della sua forza evocatrice: si batterebbe la strada del tecnicismo, della retorica, della “persuasione”.
Resta valida e calzante la lezione di Socrate, che indicava la via dialogica: via sovrana per l’incontro con l’altro usando un metodo cruciale per comprendere che la verità non è possesso ma ricerca.


Nota.
Queste riflessioni sono debitrici nei confronti di M. Recalcati e di Gabriella Ripa di Meana (Onore al sintomo, Astrolabio).

Segnaliamo la mostra dedicata all'opera di Henri de Toulouse-Lautrec, presso Palazzo Chiablese a Torino, visitabile fino al 5 marzo 2017. Nel video è possibile ascoltare la presentazione della retrospettiva.


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6 commenti:

  1. Così leggo ed interpreto il sorprendente breve saggio di Rosario, sintesi efficace di tensioni e bisogni esistenziali di cui ognuno di noi ha esperienza. La consapevolezza della nostra ambivalenza (“l’io non è padrone in casa sua”, ma insieme il non-io dell’inconscio non è il nemico oscuro minaccioso nascosto nelle pieghe di pulsioni incontrollabili nella diuturna lotta tra eros e thanatos, ma “mater primordiale”), è o può essere disvelamento di possibile riconciliazione di un’unità in-divisa tra “mancanza” e desiderio, bisogno di alterità, apertura dell’immanenza alla trascendenza, perché “l’interiorità non è mai disgiunta dall’Altro”. Dunque inizio di creazione, accettazione del rischio e del futuro, rivelazione della parola che nasce dalla sfera dell’inconscio ed è tale sole se non è chiacchiera narcisistica, ma interpretazione, solo se insieme convergente e divergente, maieutica socratica, ricerca di verità che trova la sua condizione nella “sintomatica” compartecipazione. Così leggo il tuo saggio, caro Rosario. Grazie.

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    1. Ti ringrazio amico trovato come un dono di Dio. La tua lettura coglie nel segno e porta contributo a svelare il difficile argomentare. Mi preme soprattutto sottolineare che in Freud, capofila della psicoanalisi vedo un " seminatore di dubbi" più che di certezze. Dubbi che invitano non allo scetticismo, ma alla "tensione umanistica" : siamo impasto di materia e spirito e non sempre rispettiamo in noi e negli altri lo spessore etico-spirituale.
      N.B. Che terribile " tirata d'orecchie" nelle parole di ieri del pontefice, senza passare per difficili argomentazioni teologiche. Ecco il modello dell'onestà e della giustizia!

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  2. A me è sembrata un'analisi straordinaria. Efficace e semplice e in ciò profondissima.

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  3. Una materia complessa meandrica (conio questo termine da meandro!) dove la poliedricità e la diramazione del discorso in mille rivoli rende complicata la volontà di sintetizzare eppure ci vuole e pur con mille codicilli si può ragionarne, i testi psicanalitici lo fanno e ci sono vulgate e divulgazioni ( Recalcati mi piace molto perché si dà da fare a parlarne e lo fa molto bene) e soprattutto la preziosità delle trattazioni sta nella miriade di spunti che vengono offerti, alla comprensione e all"approfondimento. Per quel che mi riguarda io ne sono attratta fortemente e fortemente interessata quando ritrovo connessioni e sintonicità con i miei vissuti, con le mie domande; rifuggo invece dalle accademicità, dalle esposizioni e sovrapposizioni di Saperi teorici, tassonomici, avulsi dalla realtà, paradossalmente alieni dalla vita vera.
    Grazie allora di codesto articolo coinvolgente, sfaccettato, ricco perciò di quegli spunti alla pensabilità che sono per ciò stesso sempre un generoso offrire.

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    1. La sintesi? L'uomo è segnato da impulsi narcistici, che travalicano fino all'incontro con il Limite. Importante è considerare che non sempre limite equivale ad autorità; è anche e soprattutto incontro con l'Altro da se'

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