Post di Rosario Grillo
Immagini tratte dal sito Museo francescano virtuale (qui).
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Mimmo Paladino, San Francesco, 1993
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La misura della crisi, alla luce della feroce guerra arabo-israeliana in corso, è davvero così orribile (1) da legittimare il ricorso al “ritorno alle origini”, come avveniva un tempo? (2) I fatti dicono: che una specie di terza guerra globale “a pezzi” è in corso - sono tanti i focolai accesi. Mettono ancora in evidenza un crescendo di strage di civili durante i conflitti (guerra in Ucraina e guerra in Terra Santa). Suggeriscono la facilità della scelta del ricorso alle armi sia per situazioni conclamate di crisi sia come facile strumento per instaurare un nuovo assetto geopolitico. Rappresentano un’obiettiva défaillance della prassi democratica. Correndo su questo binario, al seguito dell’indicazione data da Umberto Baldocchi, ho fatto l’incontro con il libro che padre Ernesto Balducci ha dedicato alla figura di Francesco d’Assisi. (3)
È veramente, il nostro, un tempo di crisi apocalittica? Quali sono, se ci sono, le analogie tra il nostro e il tempo di Francesco?
Un segnale, di certo, è dato dall’attuale pontefice, che ha voluto assumere il nome del frate d’Assisi, imprimendo al suo pontificato il sigillo della “misericordia di Dio”, adottando in diverse occasioni il volto della povertà: il tocco del “servizio ai deboli e bisognosi”. Nel crinale del paradosso - essere contro il “secolo” ma servirsi degli strumenti tecnici del “secolo” - Papa Francesco ha di recente utilizzato lo strumento mediatico e risposto, nell’intervista del Tg1, spiegando di non considerarsi un “papa comunista” (4). Una risposta confermata dalla consonanza della sua azione ai principi ed alla condotta della Chiesa primitiva, sentita come “esemplare maniera” di mettersi sulle orme di Gesù.
Anche Francesco d’Assisi - ce lo ricordava Machiavelli - si è mosso per riportare la Chiesa alle origini, considerando queste ultime consustanziali alla natura comunitaria: indice incontrovertibile della pratica della fraternità.
Esplorando con autenticità la biografia del Santo, vengono in risalto le motivazioni reali delle scelte del frate assisano, dall’abbandono della casa paterna (e dei suoi agi) all’impostazione della “regula” fino al Testamento, segni tangibili di una Chiesa riportata sulle orme di Gesù. I movimenti pauperistici, diffusi in quel periodo, avevano appunto il comune denominatore della scelta della povertà: rimedio per curare la “malattia della potenza” che affliggeva la Chiesa del tempo. (5)